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Nel terzo capitolo si studia il modo in cui le agenzie pubblicitarie che lavorano per le imprese
affrontano le tante sfide che le devono vincere per far si che la pubblicità sia accolta bene dal
cliente, con i relativi adattamenti geografici.
Infine nel quarto capitolo si provvederà a cercare di capire quali sono gli elementi e la strategia
adatta per la gestione e lo sviluppo di una marca globale, come la Illycaffè che, come si dirà nel
prosieguo di questo capitolo, è portabandiera del made in Italy.
Capitolo 1
MARKETING INTERNAZIONALE E COMUNICAZIONE
1.1 LA COMUNICAZIONE D’IMPRESA: NASCITA, SVILUPPO E SFIDE FUTURE
Tutta la storia antica, come anche quella moderna è costellata d’esempi di
comunicazione dei soggetti più diversi. Ma una vera e propria “disciplina” della
comunicazione d’impresa, intesa come “quell’attività consapevole e programmata di
un’organizzazione che si propone di sviluppare, governare e migliorare le relazioni
con quei soggetti (interni, esterni o di confine) che influiscono sul raggiungimento
degli obiettivi perseguiti mediante l’ideazione, la programmazione, la realizzazione e
la distribuzione d’appositi strumenti di comunicazione e la valutazione dei risultati
conseguiti” nasce nei primi anni del secolo scorso.
Nel corso del ventesimo secolo la comunicazione d’impresa ha svolto un ruolo
fondamentale per l’affermazione sociale dei valori e del modo di vivere occidentale:
prima nei Paesi di cultura anglosassone, poi in Europa e quindi progressivamente in
buona parte degli altri Paesi “sviluppati”. Dalla fine degli anni ‘70 - sulla scia della
progressiva espansione economica delle imprese multinazionali nei Paesi in via di
Sviluppo (PVS) e del parallelo consolidarsi del dominio politico, sociale e culturale
dell’Occidente su tutti i mercati fino alla fine del bipolarismo avvenuto nel 1989 con
la caduta del muro di Berlino - l’impetuoso processo di globalizzazione ha imposto
quasi ovunque un modello di comunicazione d’impresa imperniato prevalentemente
sulle regole del marketing, della pubblicità, dell’espansione dei consumi, della
“ingegnerizzazione del consenso” e della persuasione delle opinioni pubbliche. Alla
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base furono soprattutto le idee di Sigmund Freud e di Walter Lippman: l’individuo
nutre in sé ansie e desideri inconsci pericolosi e - continua il nipote americano
Edward Bernays, che nel secolo scorso ha più di chiunque contribuito a divulgare il
marketing e la comunicazione fra le imprese e le forze politiche e sociali - una
democrazia funziona se l’élite si mostra capace di governare queste ansie e questi
desideri comunicando e offrendo prodotti e servizi, e leadership sociali e politiche
adeguate, anche grazie ad un’estesa applicazione della psicologia motivazionale e
dell’analisi dell’impatto dei mass media, compreso l’impetuoso avvento della
televisione.
Dalla seconda metà degli anni ‘90, e più ancora in questo primo decennio del
ventunesimo secolo, la pervasività delle tecnologie Internet e Mobili in quasi ogni
area del pianeta ha fatto esplodere non solo la comunicazione istantanea 24 ore su 24,
7 giorni su 7 e 365 giorni l’anno, ma ha reso un sempre più ampio numero di persone
consapevoli delle miriadi di diversità sociali, culturali, religiose, sessuali ed
economiche esistenti. L’insieme di tutti questi elementi spinge oggi le organizzazioni
più consapevoli ad impostare un modello di comunicazione d’impresa fondato sul
dialogo, sull’ascolto e sul continuo monitoraggio delle attese dei pubblici influenti,
nella convinzione che conoscere e - nei limiti del possibile - tenere conto di quelle
attese nella gestione dei processi decisionali le aiuta a migliorare non solo la stessa
qualità delle decisioni ma anche a raggiungere con maggiore efficacia gli obiettivi
perseguiti, sia in termini di risorse investite che di tempi d’attuazione. La
comunicazione d’impresa è una disciplina in continua evoluzione, anche teorica,
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perché - assai più di altre - si realizza al centro di quel triangolo relazionale per sua
natura incessantemente dinamico, ove la comunità economica interagisce con quella
politica, e tutte e due interagiscono con quella dell’informazione per poi tutte
confluire ad alimentare quella che il filosofo tedesco Jürgen Habermas ha definito la
sfera pubblica.
Dalla fine del secolo scorso fino ai giorni nostri il settore della comunicazione
aziendale, a seguito del grande affollamento del panorama pubblicitario e della
conseguente omogeneizzazione dei messaggi, ha conosciuto una continua ricerca di
strade alternative all’advertising classico, nel tentativo di aggirare le barriere
percettive erette da un pubblico sempre più scettico e sospettoso. Ed è proprio
l’alternatività alla pubblicità una delle cause della continua crescita della diffusione
della sponsorizzazione
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, intesa come l’esplicito appoggio di un’attività con lo scopo
di ottenere in cambio promozione commerciale. Gli elementi prioritari in una buona
gestione delle scelte di sponsorizzazione sono generalmente: la coerenza con
l’immagine e la posizione del brand, l’aderenza al target, il grado di differenziazione
dai concorrenti, la congruenza con le scelte di communication-mix, la limitazione e il
controllo delle distorsioni o dei rumori di tale canale di comunicazione. Riguardo ai
tipi di sponsorizzazioni, diversi possono essere gli obiettivi connessi. Sponsorizzare
eventi artistici o sportivi sta diventando uno strumento sempre più utilizzato per
1 <<La sponsorizzazione consiste nell’associazione dell’immagine di un’organizzazione o di un prodotto – che divengono sponsor
– a quella di un evento sponsorizzato, appartenente allo sport, alla cultura, allo spettacolo, al sociale e al tempo libero in genere. Essa è
regolamentata da un contratto ed è sostenuta dalla relativa comunicazione, al fine di far acquisire allo sponsor un plus emozionale,
beneficiando dei valori, della capacità e delle potenzialità comunicazionali dell’evento prescelto>>. Invernizzi E. (2001-2002), Relazioni
pubbliche, Milano, McGraw-Hill.
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generare impressioni positive nei confronti dell’impresa o del brand
2
. Nonostante gli
oggetti che si prestino ad essere sponsorizzati siano tanti e variegati tra loro, una
particolare forma di sponsorizzazione sta guadagnando sempre più spazio, tanto da
poter essere considerata probabilmente la forma di comunicazione commerciale che
meglio si candida a sostituire del tutto la pubblicità, ad assumere un ruolo
complementare a lei e a coadiuvarla colmando le sue lacune: è la sponsorizzazione
d’eventi. Questa prevede che lo sponsor, affiancando l’evento con il proprio brand, si
leghi all’esperienza che esso offre al pubblico e faccia di tal esperienza un’arma per
differenziarsi dai concorrenti, in modo da rispondere ai dettami espressi dai teorici
del marketing dell’ultima generazione, il cosiddetto marketing esperienziale.
All’interno della sponsorizzazione degli eventi, una particolare attenzione merita
quella degli eventi musicali. Dal 1998, infatti, primo anno dell’Heineken
Jammin’Festival che può essere considerato il capostipite di questa particolare forma
di sponsorizzazione, le estati dei giovani italiani hanno visto la partecipazione a
sempre più festival o concerti sponsorizzati dalle più svariate marche. Il Cornetto
Algida (con il Cornetto Free Music Festival), la Coca Cola (con il Coca Cola Live),
la Tim (con il Tim Tour), sono solo alcuni degli esempi delle marche che hanno
scelto la sponsorizzazione di un evento musicale quale mezzo di comunicare con il
proprio pubblico. Sull’importanza delle sponsorizzazioni come mezzo di
comunicazione di marketing numerose sono le ricerche che verificano quanto sia
effettivamente un fenomeno mondiale. In questo quadro l’Italia, ad esempio, si
2 Cherubini S. (1998) Il Co-Marketing sportivo, Franco Angeli, Milano.
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colloca tra i sei Paesi che più investono in sponsorizzazioni e che da soli
rappresentano il 70% delle spese totali nel settore
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. Fino ad una decina d’anni fa, la
posizione prevalente della funzione comunicazione all’interno delle organizzazioni
era sia nell’ambito della direzione marketing nel caso d’imprese di beni di consumo e
di servizi; sia nell’ambito della direzione generale, in posizione laterale (di staff), nel
caso d’altre imprese, sia commerciali sia pubbliche e sociali.
Il ruolo svolto dalla persona o dagli addetti alla comunicazione era prevalentemente
operativo, d’attuazione di programmi di comunicazione decisi da altri. Negli ultimi
anni, la pervasività della comunicazione nella società contemporanea e i suoi impatti
sulle dinamiche dei mercati (sia dei consumi sia dei voti, o del consenso sociale) ha
indotto le imprese ad auto-rappresentarsi di continuo verso i pubblici influenti,
esprimendo in tal modo valori e opinioni che contribuiscono ad orientarne le
opinioni, i comportamenti e gli atteggiamenti, sollecitando anche critiche e reazioni
in parte favorevoli. Questa novità ha rafforzato il ruolo della funzione di
comunicazione e alimentato lo sviluppo degli apparati comunicativi sia all’interno sia
all’esterno, insieme con un progressivo allargamento di compiti.
Si è dunque anche sviluppato un rilevante ruolo manageriale, inteso come una
funzione che progetta, sviluppa e realizza programmi di comunicazione in proprio,
per contribuire a raggiungere obiettivi decisi dal vertice e che coordina molteplici
competenze tecniche e operative interne ed esterne. La funzione esce così da un ruolo
3 Lambin J. - J. (2004), Marketing strategico e operativo. Market driver management, VI° ed., Milano, McGraw-Hill.
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meramente verticale e strettamente operativo, per passare ad un ruolo maggiormente
trasversale e più integrato nel cuore dell’impresa.
In alcuni casi poi, man mano che il responsabile della comunicazione si va integrando
col resto del management dell’impresa, si affaccia anche un terzo ruolo: quello
strategico. Da quest’ultimo punto di vista sono almeno due le declinazioni del
concetto:
ξ Un ruolo riflettivo, nel quale la coalizione dominante affida alla funzione di
comunicazione anche il compito di interagire, ascoltare ed interpretare le attese dei
pubblici influenti affinché gli obiettivi operativi dell’impresa possano tenerne conto e
quindi migliorare in qualità ed essere raggiunti con maggiore efficacia;
ξ Un ruolo educativo, nel quale alla funzione di comunicazione è affidato il
compito di assicurare una coerenza trasversale alla costante auto-rappresentazione
dell’impresa attuata da ciascuna singola funzione manageriale gestendo - anche con
l’aiuto di competenze messe a disposizione dalla funzione di comunicazione - i
sistemi di relazione con i rispettivi e specifici pubblici influenti.
Intorno alla comunicazione d’impresa, come anche in altre professioni, sono cresciute
ambiguità imperniate su questioni semantiche che, come sempre, nascondono
significati più corposi e ricchi d’implicazioni operative.
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1.2 LE FUNZIONI
La comunicazione d’impresa ha il compito di creare un’immagine forte e attrattiva
che dà facoltà all’impresa di ottenere il consenso necessario a ricevere le risorse
esterne per lo svolgimento dell’attività economica. Obiettivo principale della
comunicazione è di mostrare e far conoscere il patrimonio tangibile e intangibile
dell’impresa. Tale obiettivo si può raggiungere a condizione che l’impresa sia in
grado di influenzare il suo ambiente, apportando modifiche in seno all’impresa e alle
sue relazioni con i terzi per migliorarsi e per aumentare il proprio valore.
In altre parole, l’obiettivo ultimo della comunicazione è la creazione e diffusione del
valore dell’impresa, in altre parole aumentare la dimensione del capitale economico.
Da ciò si evince che la fase della creazione e quella della diffusione sono inscindibili.
La creazione del valore è un obiettivo razionale, in quanto determina la priorità di
concetti come la ricerca di una crescente capacità reddituale ed il controllo dei rischi.
La razionalità è determinata dal fatto che tale obiettivo affida una direzione precisa
all’impresa. Ancora, l’obiettivo attribuisce priorità alla tutela dei diritti degli
azionisti. La creazione del valore è ampiamente condivisibile dagli stakeholders che
hanno il potere d’influenza sull’attività aziendale e sono, direttamente o
indirettamente, portatori di risorse, consensi e contributi per il regolare svolgimento
delle sue attività. Di seguito, ricordiamo i seguenti interlocutori e i loro principali
obiettivi da loro perseguiti:
ξ I concorrenti: di solito la comunicazione d’impresa nei loro confronti può
assumere due raffigurazioni. La prima di natura “competitiva” la seconda di natura
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“cooperativa e collaborativa”, allorché le circostanze ambientali suggeriscono la
formazione d’unioni interaziendali per il raggiungimento di risultati singolarmente
raggiungibili;
ξ I fornitori: i loro obiettivi sono di natura economica e finanziaria; rientrano fra
i primi la standardizzazione e la stabilizzazione dei flussi di domanda oltre alla
continuità e allo sviluppo della relazione con i propri clienti; rientrano fra i secondi il
ricavo derivante dai pagamenti a scadenze ravvicinate;
ξ I clienti: i loro obiettivi possono essere particolarmente articolati in funzione
della tipologia dei beni oggetti di scambio, della natura del cliente stesso, delle
condizioni concorrenziali presenti nei mercati di fornitura; tra gli obiettivi vanno
ricordati l’importanza dell’immagine che l’impresa deve trasferire ai suoi mercati di
vendita e della fiducia che deve permeare il rapporto impresa-mercato;
ξ I conferenti di capitale di rischio: si possono classificare in differenti gruppi in
funzione del grado d’interesse nei confronti della gestione dell’impresa;
ξ I finanziatori: il loro obiettivo consiste nella tutela e nel rafforzamento della
struttura economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa;
ξ I conferenti di lavoro e servizi: essi perseguono sia obiettivi qualitativi sia
quantitativi;
ξ Il mondo politico, i sindacati, la pubblica opinione: questi soggetti presentano
proposte contrariamente pressanti e condizionanti secondo il clima socio-politico e
secondo la rilevanza che l’impresa riveste nel territorio in cui opera.