INTRODUZIONE
La disamina delle politiche del lavoro è una delle questioni più
e sue
problematiche. La sua applicazione al contesto attuale, sia a livello
pone tra temi di studio più interessanti del momento.
Nel primo capitolo viene introdotto il concetto di politiche del lavoro
intese abitualmente come quelle politiche che, oltre ad agire
direttamente nel mercato del lavoro, vi agiscono in maniera
selettiva, così distinguendosi dagli assetti istituzionali e
regolamentativi complessivi. Le politiche in questione sono solo
quelle specificatamente indirizzate ad individui con particolari
esigenze e difficoltà perché alla ricerca di un lavoro, a rischio di
perdere il posto di lavoro o scoraggiati nella loro azione di ricerca.
Le politiche del lavoro vengono generalmente distinte tra politiche
passive ed attive. Le prime sono identificate come quelle miranti a
lenire il disagio sociale creato dalla disoccupazione, con un effetto
tendenzialmente peggiorativo degli equilibri occupazionali. In
concreto le politiche passive sono identificate nei diversi schemi di
sussidi di disoccupazione, quelli che in Italia sono definiti come
ammortizzatori sociali, e negli schemi di prepensionamento. Le
seconde invece sono spesso identificate con quegli interventi che
mirano a incidere sulle opportunità occupazionali dei singoli
individui, in particolare aumentando la probabilità di trovare un
lavoro per i soggetti più a rischio.
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Nel secondo capitolo vengono approfondite le tematiche riguardanti
gli orientamenti, le direttive comunitarie e le principali misure
Viene quindi illustrata la Strategia Europea per
progressi decisivi nella lotta alla disoccupazione. Infatti fin dalla sua
nascita essa ha instituito un quadro di sorveglianza multilaterale che
comprende un
nazionali e le raccomandazioni del Consiglio dei Ministri, destinate
ai diversi Stati membri. Si parla del Libro Bianco di Jacques Delors,
presentato dalla Commissione europea nel dicembre del 1993, che
ha come argomento principale il problema della disoccupazione nei
paesi membri della Comunità Europea e rappresenta il contributo
più autorevole proposto dalle istituzioni comunitarie per affrontare la
più grave emergenza economica e sociale che affligge l'Unione
Europea. Contiene numerose indicazioni di politica economica che i
singoli Stati membri e la Comunità nel suo complesso dovrebbero
seguire per combattere un fenomeno preoccupante che ha afflitto
l'Europa.
Poi viene analizzata la situazione italiana prendendo in
considerazione le riforme recenti più importanti in tema di lavoro
come il Pacchetto Treu e la Legge Biagi. Il primo contiene al suo
interno numerose novità. Viene introdotto infatti il lavoro interinale, si
una regolazione più flessibile del suo utilizzo, diventano meno rigide
le possibilità di utilizzo e si precisano le incentivazioni per i contratti
di apprendistato, tirocinio, per le borse di lavoro e piani di
8
inserimento professionale. Si punta quindi sulla flessibilità in entrata,
att
più flessibili alcuni rapporti di lavoro già esistenti e che si
aggiungono al tradizionale e molto più diffuso contratto di lavoro a
tempo indeterminato. Rimane però aperta la questione della
flessibilità in uscita, in particolare la questione dei licenziamenti, sia
individuali che collettivi.
Il secondo invece ha lo scopo di promuovere un lavoro regolare e
non precario e di fornire tutele effettive. Regole più moderne e più
europee vogliono infatti favorire il reciproco adattamento fra le
esigenze dei lavoratori e quelle delle imprese, con particolare
riguardo all'orario di lavoro. L
cui la flessibilità in ingresso nel mercato del lavoro è il mezzo
migliore, nella congiuntura economica creatasi, per agevolare la
creazione di nuovi posti di lavoro e inoltre che la rigidità del sistema
crea spesso alti tassi di disoccupazione.
Infine viene descritta la Strategia di Lisbona, ovvero una serie di
misure trasversali a più settori, che compongono un vero e proprio
confronti
degli altri grandi protagonisti mondiali, ed esposti gli interventi del
Fondo Sociale Europeo (FSE) che è uno dei più importanti strumenti
finanziari dell'Unione Europea, infatti, nell'ambito delle politiche
comunitarie la sua e nel
finanziamento di una serie di progetti volti allo sviluppo e alla
promozione della coesione tra i diversi stati membri.
Nel terzo capitolo vengono esposte le politiche attive del lavoro e le
bito di applicazione, e la collocazione
Si parla quindi di
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come strumento di intermediazione, della formazione professionale,
della Job r
dei disabili, della creazione diretta di posti di lavoro, e degli incentivi
alle nuove attività.
che, ricordiamo,
prevenire il rischio di disoccupazione dei gruppi di popolazione più
generale processo di attivazione delle politiche di assistenza e
sostegno del reddito.
Il quarto ed ultimo capitolo riporta i piani e le strategie occupazionali
per la Regione Umbria descritti attraverso il Piano Operativo
Regionale che prende in considerazione la politica di coesione
, finalizzata a promuovere
uno sviluppo equilibrato e sostenibile della comunità, riducendo le
disparità economiche e sociali tra gli stati membri. Infine, dopo aver
illustrato ercato del lavoro in Umbria degli ultimi
anni, vengono tracciate le linee guida e gli scenari di intervento da
seguire per contrastare la crisi attuale.
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CAPITOLO I
LE POLITICHE DEL LAVORO
1.1 Aspetti generali e distinzione tra politiche del lavoro attive
e passive.
Nel contesto di elevata disoccupazione prevalente in molti paesi
europei negli anni novanta, i cui strascichi sono ancora ben evidenti
in t le politiche del lavoro e, più in generale,
la regolamentazione del mercato del lavoro sono state viste come
possibile rimedio, risultando al centro del dibattito di politica
economica. Anche se la distinzione tra politiche del lavoro, in senso
proprio, e regolamentazione ed assetti istituzionali più complessivi
del mercato del lavoro, è spesso difficile da tracciare, nel proseguo
e politiche in senso proprio, come
convenzionalmente intese. Lo scopo è di tracciare il quadro
di individuare le tendenze esistenti del mercato del lavoro.
La prima considerazione nza
cruciale che la Costituzione italiana attribuisce al lavoro, come
1
del lavoro. Sarebbe tuttavia un errore interpretare tale articolo come
una sorta di diritto al mantenimento del posto di lavoro: esso è da
intendere correttamente come un più generale diritto al lavoro. Nella
realtà contemporanea, infatti, il comprensibile desiderio personale di
stabilità lavorativa (nello stesso posto e/o luogo), si scontra con
del settore privato, dovuta a
1
La centralità del lavoro nella nostra Costituzione è ulteriormente iluppata e precisata negli articoli
35, 36, 37 e 38.
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sv
vari
una crescente mobilità lavorativa anche per i lavoratori dipendenti
intendere come avallo della tutela massima dei lavoratori insiders
sottolinea invece la necessità di favorire la creazione continua di
reali opportunità occupazionali anche per gli outsiders (cioè tutte le
persone in cerca di occupazione), al fine di perseguire la piena
occupazione, proprio perché è il lavoro nel suo complesso il
2
fondamento della Repubblica .
Alcuni cenni storici possono aiutare ad evidenziare come
demagogia, logica di conflitto e contrapposizione ideologica hanno
sovente spinto le parti coinvolte ad assolutizzare tematiche
specifiche del mercato del lavoro, perdendo la visione complessiva
della realtà e fornendo, perciò, risposte parziali o del tutto
inadeguate.
Va innanzitutto ribadito che, soprattutto dagli
conflittualità nel mercato del lavoro italiano è stata particolarmente
elevata, condizionando pesantemente il livello del dibattito
economico e politico.
Statuto dei lavoratori; in esso, tuttavia, insieme a molte norme
certamente utili, si stabilì anche una discutibile distinzione nel grado
3
dei quindici addetti, art. 18 ).
2
P. Grasselli e C. Monesi, Le che a va e e, FrancoAngeli,
Milano, 2010, p. 4 1.
3
Legge 30 maggio 1970, numero 300 S l , art. 18.
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oriatoravdeiutoatt uncombeneldpettiproslneloroavldelevattitiipolt
Dimenticando le ragioni originarie di tale tutela particolare per i
lavoratori nelle imprese medio -
tutelarvi la presenza sindacale), tale articolo di fatto è stato sovente
interpretato, anche nel contenzioso del lavoro, come un diritto al
mantenimento del posto di lavoro, determinando così una maggiore
prudenza delle imprese medio grandi nel realizzare incrementi
occupazionali, mentre una quota eccessiva di imprese è rimasta
(sostanzialmente o solo formalmente), al disotto di tale soglia
dimensionale.
le spinse taluni a considerare i
acquisto delle retribuzioni, si pervenne nel 1975 alla riforma della
4
salari
svalutazio
divisioni anche fra i principali sindacati; paradossalmente pochi anni
dopo (1992 1993), si pervenne ad accordi sociali, sostanzialmente
meccanismo della scala mobile.
co
dibattito sulle trentacinque ore. Dopo pochi anni, similmente alla
4
Con il termine scala mobil eera chiamato fino agli anni novanta il sitema di aggiornamento automatico
della retribuzione da lavoro dipendente ripetto all'aumento del costo della vita.
La scala mobile venia calcolata seguendo l'andamento variabile dei prezzi di particolari beni di consumo
(l'indice era lIPC, indice dei prezzi al consumo ), generalmente di larga diffusione, costituenti il
cosiddetto paniere. Un'apposita commisione aveva il compito di determinare ogni tre mesi le variazioni
del costo della vita utilizzando, come ind ice di riferimento, le variazioni dei prezzi di tali beni .
Accertata e resa uguale su base 100 la somma mensile necessaria per la famiglia tipo, in riferimento ad
un dato periodo per l'acio dei prodotti del paniere, le successie variazioni percentuali dei prezzi dei
beni di consumo dieniano i punti di variazione dell'indice stesso del costo della vita.
15
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scala mobile, anche le trentacinque ore furono archiviate e
dimenticate.
Nei primi anni di questo decennio, la conflittualità politico
18 dello Statuto dei lavoratori ha costituito un altro esempio di
esaltazione eccessiva di un particolare, in questo caso un diritto di
legge ordinaria ritenuto demagogicamente da taluni quasi
assimilabile a legge costituzionale; salvo poi costatare che poco più
del 20% degli elettori italiani ne sostenne esplicitamente
imprese con meno di 15 addetti.
Gli anni più recenti sono stati anni di enfasi, in maniera a volte
altrettanto demagogica, della lotta alla precarietà, proponendone
5
e arrivando semplicisticamente ad
6 7
quelle del pacchetto Treu e della riforma Biagi che, come emerge
8
dalle evidenze empiriche
occupazione regolare (soprattutto di lavoro dipendente a tempo
indeterminato).
5
M. Signorelli (2009), Lav, ne, e che ve, a cura di P.
Grasselli e C. Montesi, Le che a a ene une, FrancoAngeli,
Milano, 2010, p. 4 4.
6
Il cosiddetto pacchetto Treu (legge 196/97), "Noe n a one ",
prende il nome da Tiziano Treu (Vicenza, 22 agosto 1939), politico italiano vol pi e Minitro della
Repubblica.
Il Pacchetto Treu ha recato profonde modifiche al mecato del lavoro. La legge contiene disposizioni che
regolano diretamente determinati itituti (apprendistato, tiocini, lavoro interinale), disposizioni lla
produzion e legislatia futua e disposizioni di rinvio della contrattazione sociale. Il lavoro interinale,
precedentemente vietato dalla Legge n umero 1369 del 1960 (Diieto di intermediazione e
interposizione nelle prestazioni di lavoro), entra a far parte dell'ord inamento italiano del lavoro con
esta legge.
7
La legge 30 chiamata anche legge Bia gi (Legge 14 2003, . 30 o, più brevemente, legge
30/2003 -‐ "Deega al G in mata d e mercato lvoro" ) è una legge di riforma del
me rcato del lavoro che fu varata dal secondo governo Berlusconi.
8
M. Signorelli (2009), Lav, ne, e che ve, a cura di P.
Grasselli e C. Montesi, Le che a a ene une, FrancoAngeli,
Milano, 2010, p. 4 4.
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