Introduzione.
ruolo e sulla crescente importanza critica che queste nuove industrie rivestono oggi
nell’assicurare la futura prosperità delle economie nazionali.
Anche a causa del fatto che i Governi hanno in realtà pochi poteri per influen-
zare le decisioni delle grandi multinazionali operanti nei settori ad alta intensità di
tecnologia, basti pensare a IBM, Sony o Philips, la maggior parte degli sforzi fatti per
incentivare l’espansione delle industrie technology-based da parte di molte Nazioni è
stata focalizzata, quasi automaticamente, verso la creazione e la crescita di piccole
imprese ad alto contenuto tecnologico.
Inoltre, ulteriori interessi nei confronti delle piccole imprese ad alto contenuto
tecnologico sono dovuti dalla presa di coscienza, da parte dei responsabili di politica
economica, che la crescita locale è una delle poche opzioni realistiche per lo sviluppo
industriale per gli anni ‘90. Sebbene molto difficile da essere realizzato,
l’incoraggiamento alla creazione ed allo sviluppo di imprese locali high-technology-
based situate in aree regionali ad economia depressa è stata una delle principali armi
strategiche di politica economica di molte agenzie di sviluppo europee, come la Scottish
Development Agency.
Questo entusiasmo per la crescita locale si è inoltre sviluppato congiuntamente
a quello per i Parchi Scientifici e Tecnologici che si è avuto in Europa. Ovviamente,
quando i Parchi Scientifici sono pianificati in regioni economicamente depresse, viene
aggiunto, al soltanto teorico concetto della crescita di piccole aziende tecnologicamente
avanzate, un vero e proprio “polo di crescita” fisico, tangibile, dove la “massa critica” di
conoscenze nel campo dell’alta tecnologia può essere raggiunta.
Introduzione.
Sebbene solo raramente molte delle affermazioni riguardo alle risorse ed ai re-
quisiti logistici necessari alle start-up technology-based siano basate su un’evidenza em-
pirica consolidata, e di conseguenza alcuni sforzi indirizzati verso il loro sviluppo pos-
sano essere male orientati, appare fuori di dubbio che la promozione, la creazione e la
crescita di queste entità aziendali continuerà ad essere uno degli obiettivi principali delle
politiche economiche ed industriali dei principali Paesi industrializzati. Infatti queste
imprese già costituiscono, ed ancora di più costituiranno una effettiva fonte di crescita
industriale fin oltre l’anno 2000, sia in termini del loro potenziale occupazionale a livello
aggregato, sia attraverso la oramai provata crescita dimensionale che può essere rag-
giunta da alcune di queste imprese.
Un’analisi, largamente basata su dati pubblicati durante gli anni ‘70, sul ruolo
innovativo delle imprese di piccole e medie dimensioni (PMI), e sulla propulsione da
queste generata verso la creazione di posti di lavoro e contestuale crescita regionale
(Rothwell e Zegveld, 1982), suggerisce che:
1) le più piccole imprese degli Stati Uniti producono un numero molto più
alto di brevetti per dollaro speso in Ricerca & Sviluppo rispetto alle più
grandi corporation;
2) le PMI giocano un ruolo sempre più importante nell’innovazione indu-
striale del Regno Unito, ruolo d’altronde già ricoperto da tempo negli
Stati Uniti;
3) le giovani imprese high-technology-based ricoprono un ruolo
fondamentale nella creazione di nuovi posti di lavoro, tanto negli Stati
Uniti, quanto nel Regno Unito;
Introduzione.
4) le piccole imprese indipendenti si sono rivelate essere migliori veicoli
per le politiche di innovazione, e di susseguente sviluppo a livello regio-
nale, rispetto agli impianti produttivi di grandi imprese non locali.
Una ragione che spiega il rapido aumentare di start-up technology-based che si
è verificato in Europa fin dai primi anni ‘70, risiede nell’emergere di nuove “nicchie
tecnologiche”. Ad esempio, nelle aree dell’information-technology e della biotecnolo-
gia, i costi di entrata per le nuove imprese sembrano essere relativamente bassi, dato
che l’innovazione in queste industrie emergenti è knowledge-intensive, piuttosto che
capital-intensive. Si può quindi giustificare, con una certa ragionevolezza, il fatto che gli
accademici ed i programmatori di politica economica tendano a vedere le piccole im-
prese ad alta intensità tecnologica come una panacea per tutti i problemi economici del-
le moderne economie avanzate.
Inoltre il completamento del Mercato Unico Europeo se, da un lato, ha riaperto
il dibattito sull’accettabilità di analisi e di politiche fondate sulla ripartizione Nazione-
Stato, dall’altro porta a considerare con maggiore attenzione l’opportunità di un inter-
vento pubblico di dimensione locale. Tale interesse è riemerso, peraltro, non solo per
una pragmatica esigenza di ridurre le asimmetrie dei costi e dei benefici del processo di
integrazione, ma piuttosto per la necessità di prendere atto dell’esistenza di realtà eco-
nomiche con percorsi di crescita differenziati.
In definitiva, il passo decisivo compiuto dai responsabili delle Politiche Eco-
nomiche dei vari Paesi, è stato quello di riconoscere alle PMI un ruolo decisamente più
ampio di quello di semplice “riempimento” degli spazi marginali lasciati liberi dalle im-
prese di grandi dimensioni, nonché di semplice soddisfacimento di alcuni bisogni di
carattere prettamente locale. La riduzione degli investimenti necessari per superare le
barriere commerciali tra i Paesi, la richiesta di prodotti sempre più specializzati, la mino-
Introduzione.
re attenzione dei consumatori ai marchi, la diffusione di tecniche per il controllo della
qualità anche nelle imprese minori, la crescente efficienza ed internazionalizzazione dei
mercati finanziari, l’aumento dei costi della burocrazia nelle grandi imprese e, soprattut-
to, il calo dei prezzi delle nuove tecnologie di gestione delle informazioni, sono tutti
fattori che stanno offrendo alle PMI la possibilità di interpretare ruoli ben più significa-
tivi all’interno dei vari contesti economici.
Quanto finora esposto vale anche (ed a maggior ragione) per l’Italia. In un arti-
colo di rassegna sull’economia italiana, “The Economist” da una parte rileva che la no-
stra Nazione occupa il quarto posto nella graduatoria dei Paesi capitalistici (come effet-
to del più alto tasso di crescita del PIL in termini reali, realizzato dal nostro Paese
nell’ultimo decennio), dall’altra segnala tra i diversi fattori di instabilità reali - alto livello
del deficit pubblico, inflazione e disoccupazione - sia il basso contenuto innovativo dei
prodotti esportati, sia il pesante squilibrio economico-sociale tra Mezzogiorno e Cen-
tro-Nord. A questo squilibrio viene attribuito il rango di uno dei problemi più gravi
dell’Europa Comunitaria.
In questo contesto si inserisce tale lavoro, il cui obiettivo principale consiste nel
mettere in luce l’importanza fondamentale della gestione delle tecnologie innovative da
parte delle imprese di medie e piccole dimensioni. Più in particolare, si vorrà dimostrare
come la propensione e la capacità ad innovare non siano esclusive delle imprese di
grandi dimensioni. Pur se queste ultime dimostrano di possedere notevoli vantaggi
nell’adottare e nel gestire delle innovazioni tecnologiche, si vuole mettere in luce come
le PMI possiedano due “armi” competitive che possono annullare il gap che le separa
dalle grandi corporation.
La capacità di coalizzarsi e di collaborare è infatti una opportunità che le PMI
possono sfruttare per avvicinarsi ai risultati competitivi e reddituali tipici delle grandi
Introduzione.
aziende. Inoltre, uno strumento di fondamentale importanza per la valorizzazione delle
competenze imprenditoriali è rappresentato dai Parchi Scientifici e Tecnologici che, con
il loro operare, possono essere di grande ausilio all’imprenditoria locale nello sviluppare
nuovi approcci alle nuove tecnologie, nonché nuovi modi di interpretare il business. La
tesi suesposta verrà supportata da un’esperienza empirica verificata sul campo. Verrà
descritto, infatti, il processo che ha portato una piccola azienda pugliese, - la Manifattu-
ra Settebello -operante nel sistema Tessile/Abbigliamento, a rinnovare in maniera radi-
cale le proprie strutture e la propria strategia, grazie all’adozione e all’implementazione
di diverse innovazioni tecnologiche. Il processo, impensabile per una qualsiasi azienda
meridionale di piccole dimensioni, è stato reso possibile grazie al supporto del Parco
Scientifico e Tecnologico di Bari, Tecnopolis Novus Ortus, che ha ricoperto un ruolo
guida prezioso quanto insostituibile.
Il lavoro è suddiviso in quattro capitoli, seguiti da delle conclusioni che hanno
lo scopo di raccordare il tutto.
Nel primo capitolo viene presentata un’approfondita analisi del settore nel qua-
le l’azienda in esame opera, il Tessile/Abbigliamento (T/A). Oltre ad un’analisi storica
dell’evoluzione del sistema T/A, si presenta la situazione attuale del mercato italiano,
con delle ipotesi riguardo ai possibili sviluppi futuri del settore. La seconda parte del
capitolo analizza più in dettaglio quali siano le problematiche e le opportunità derivanti
dall’adozione di innovazioni tecnologiche nel sistema T/A, da parte delle piccole e me-
die imprese.
Il secondo capitolo offre uno “spaccato” di quelli che sono i principali spazi per
la cooperazione tra le PMI, con un particolare riguardo a quelle del sistema T/A. Ven-
gono analizzati quindi i sistemi di imprese quali le costellazioni ed i distretti industriali.
Infine, si descrivono le principali opportunità che un Parco Scientifico e Tecnologico
Introduzione.
può fornire alle PMI, per sviluppare in maniera professionale le proprie idee imprendi-
toriali.
Il terzo capitolo è incentrato sull’esperienza empirica che ha visto protagonisti
la Manifattura Settebello e Tecnopolis Novus Ortus. In questa parte sono analizzate le
principali problematiche che l’azienda pugliese ha affrontato, nonché quelle che dovrà
affrontare, per la totale implementazione delle innovazioni, introdotte nel 1991 e nel
1994.
Il quarto ed ultimo capitolo presenta una metodologia per la valutazione dei
fabbisogni di innovazione per le PMI. Situata più a valle rispetto alle problematiche ri-
guardanti l’analisi dei beni immateriali e del patrimonio tecnologico, il problema della
definizione del fabbisogno di innovazione è stato completamente trascurato dalla lette-
ratura. In questo capitolo viene proposta una metodologia che possa essere di supporto
ai vari criteri di valutazione del patrimonio tecnologico aziendale. L’ambizione è quella
di fornire uno strumento il più possibile utile al management della piccola impresa,
troppe volte insensibile agli argomenti di gestione dell’innovazione.
CAPITOLO PRIMO
Il sistema Tessile/Abbigliamento: evoluzione e struttura attuale. Il ruolo delle
PMI.
Nella prima parte di questo capitolo si vuole presentare il sistema Tessi-
le/Abbigliamento (T/A) italiano e la sua evoluzione negli ultimi 30 anni, evidenziando
il peso che questo ha assunto nel corso degli anni rispetto all’industria manifatturiera
nel suo complesso. Più in particolare, si desidera delineare il ruolo svolto dalle PMI del
sistema in esame, a confronto con il settore delle PMI in generale. Risulta inoltre inte-
ressante inserire tale analisi in un contesto più ampio: quello europeo e mondiale, al fine
di poter esaminare le nuove dinamiche competitive e i punti di forza e di debolezza ri-
spetto a queste nelle imprese del sistema T/A, nonché delle PMI del sistema stesso.
Assume ormai un’importanza fondamentale, nel T/A, il commercio e gli scambi inter-
nazionali, i quali impongono determinate scelte strategiche per poter far fronte alla cre-
scente concorrenza a livello mondiale.
Il sistema T/A: evoluzione e struttura attuale. Il ruolo delle PMI.
1.1. Efficienza e dimensione.
La relazione tra efficienza e dimensione assume un significato particolare nello
svolgimento dell’analisi del sistema T/A, soprattutto se si considera che tale sistema è
stato protagonista negli ultimi 30 anni di momenti di declino e quindi di ritrovata forza
competitiva; è stato definito maturo, per poi riscoprire in esso una ritrovata giovinezza.
Le principali caratteristiche del sistema T/A possono riassumersi in:
1) la differenziazione del prodotto, che si presenta più elevata nel settore
dell’abbigliamento piuttosto che nel tessile, per cui coesistono elementi
di non-price competition insieme a quegli elementi che fondano sulla
riduzione dei costi la determinazione delle performance;
2) un’elevata intensità del lavoro che offre un vantaggio competitivo dure-
vole ai Paesi a più basso livello salariale, a meno di adottare strategie di
internazionalizzazione, grazie alle quali è possibile sfruttare tali vantaggi
competitivi;
3) una notevole facilità di entrata ed uscita, connessa a barriere alla mobili-
tà abbastanza basse, in modo che il sistema presenta una struttura indu-
striale molto frammentata, con un alto tasso di natalità/mortalità delle
imprese e bassi livelli di profitto;
4) un elevato tasso di natalità/mortalità delle imprese piccole. Tale tema è
stato per vari anni poco dibattuto, in parte anche a causa delle difficoltà
di reperire dati attendibili per una riflessione più approfondita
sull’argomento in questione. Tuttavia un simile approccio, pur se non
esaustivo, permette di evidenziare il tasso di turnover delle imprese nel
Efficienza e dimensione.
sistema industriale, e quindi il grado di dinamicità e turbolenza, nonché
il livello delle barriere all’entrata ed all’uscita del sistema stesso (Contini,
1988).
Se si pone a confronto l’analisi empirica della demografia d’impresa del settore
manifatturiero nel suo complesso e quella più specifica del sistema T/A,
infatti, si possono mettere in evidenza alcuni aspetti di notevole impor-
tanza:
i) i tassi di natalità/mortalità sono molto alti anche in quei com-
parti a più alta intensità di capitale, dove ci si aspetterebbe di
trovare più alte barriere all’entrata;
ii) come per il resto dell’industria manifatturiera, anche per sistema
T/A la grande maggioranza delle nuove imprese sono piccolis-
sime: su cento nuove aziende, ben 90 impiegano meno di 6 ad-
detti;
iii) la probabilità di sopravvivenza di una nuova impresa è legger-
mente maggior nel T/A che nel manifatturiero in generale: in-
fatti, mentre per il manifatturiero nel complesso la probabilità di
sopravvivenza è circa 15%, per il T/A è soltanto del 22%.
La struttura che emerge è caratterizzata da nuclei stabili di imprese con
dimensioni minime efficienti, accompagnate da una “frangia” di piccoli
produttori marginali, destinati molto spesso ad un grado molto elevato
di turbolenza in entrata/uscita;
5) canali distributivi altamente organizzati e spesso notevolmente concen-
trati.
È bene inoltre chiarire come una delle caratteristiche salienti dell’evoluzione
tecnica degli ultimi anni sia da ritrovarsi nell’attenuazione della distinzione fra le diverse
Il sistema T/A: evoluzione e struttura attuale. Il ruolo delle PMI.
fasi del ciclo. Per il tessile è interessante notare come anche i confini con gli altri settori
siano andati attenuandosi: ad esempio un ruolo sempre più importante è assunto dalla
chimica che è ormai entrata a pieno titolo nella cosiddetta filiera tessile (Mariotti, Cai-
narca, 1986). L’influenza che il progresso tecnologico ha avuto sulle materie prime, por-
tando per esempio all’utilizzo di fibre chimiche, sui prodotti, consentendo la produzio-
ne dei tessuti misti, e, infine, sui mercati, ha progressivamente modificato i confini tra le
diverse attività che fanno parte della filiera: non si parla più di industria cotoniera o la-
niera, includendo in ciascuna i vari stadi della produzione per giungere al prodotto fini-
to, bensì di industria della filatura, della tessitura o del finissaggio.
Come risulta dall’analisi fin qui svolta, il sistema T/A è caratterizzato da un for-
te dinamismo, le cui principali determinanti possono farsi risalire ai seguenti fattori:
1) sostituzione delle fibre naturali con quelle chimiche, con conseguente
mutamento del mercato delle materie prime, dei processi e dei prodotti,
nonché dei mercati finali;
2) l’innovazione tecnologica in alcune lavorazioni che da labour-intensive
sono diventate capital-intensive (come la filatura ed finissaggio), provo-
cando l’espulsione della forza lavoro accompagnata da un aumento del-
la produttività;
3) tendenze verso nuove divisioni internazionali del lavoro, in forza delle
quali si è potuta ottenere una maggiore competitività sfruttando i bassi
costi salari dei Paesi in via di sviluppo (PVS), creando cosi strutture de-
centrate;
4) mutamento del mix di consumi tessili, dovuto ad un sostanziale cam-
biamento nei modelli di comportamento del consumatore (da intendersi
sia come impresa, sia come consumatore finale).
Efficienza e dimensione.
Alcune correnti della letteratura (Mariotti, Baccarini, 1986) sono d’accordo nel
ritenere che la struttura produttiva del sistema T/A in Italia abbia caratteri di sub-
ottimalità, legati alle dimensioni delle imprese. Queste infatti sono inferiori alla scala
efficiente minima ed anche alla dimensione minima necessaria per il raggiungimento
degli obiettivi. di efficienza dinamica. Le PMI, quindi, che avevano costituito la risposta
vincente alla turbolenza ambientale del settore tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli
anni ‘70, sarebbero ormai un esempio di adattamento passivo all’ambiente. Le possibili-
tà di sopravvivenza di tali imprese, risiederebbero unicamente nell’eventuale verificarsi
di distorsioni nell’ambito del mercato del T/A, quali la polverizzazione dell’apparato
distributivo, misure protezionistiche, nonché diffusione di un’economia sommersa, ca-
ratterizzata da un differenziale di costo della manodopera. Tuttavia se le dimensioni
presentano tali svantaggi è giusto notare che una rigida integrazione verticale incontre-
rebbe un forte vincolo: le forme di organizzazione intermedie sono quelle che meglio si
prestano a consentire sia il raggiungimento della necessaria flessibilità produttiva, sia un
orientamento all’efficienza dinamica. A tale proposito sarebbe opportuno evidenziare le
diverse modalità di decentramento produttivo tipicamente adottate nella formazione dei
distretti industriali, fenomeno largamente diffuso e per certi versi caratterizzante il T/A:
in questi casi le imprese usufruiscono di economie esterne relative alla specializzazione
produttiva, alla intermediazione, all’innovazione ed ai processi di apprendimento.
Tuttavia le PMI in generale - e in modo del tutto particolare quelle del settore
T/A - hanno assunto un ruolo crescente nello sviluppo economico ed occupazionale
dei Paesi industrializzati, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni ‘60. Lo sce-
nario si è notevolmente modificato nell’ultimo quindicennio: si è assistito, infatti, a cla-
morosi insuccessi ed a perdite occupazionali sul fronte delle grandi imprese da un lato,
e si è cominciato ad osservare uno sviluppo nuovo e sorprendente nel settore delle PMI
dall’altro. Sorprendente perché si tratta di un rovesciamento di tendenza rispetto alla
crescita dimensionale delle imprese cominciata negli anni ‘60 in Italia come negli Stati
Uniti ed in molti Paesi europei, dopo che per diversi decenni le PMI erano state consi-
Il sistema T/A: evoluzione e struttura attuale. Il ruolo delle PMI.
derate strutture organizzative artigianali, con scarsa professionalità del corpo dirigente
ed utilizzo di tecnologie arretrate: come tali le PMI sembravano destinate a scomparire.
Le PMI invece hanno accelerato la riconversione del processo produttivo verso
le piccole dimensioni - come numero di addetti - e la tendenza verso processi di disin-
tegrazione verticale ed orizzontale, non solo della funzione produttiva, ma anche di
quella distributiva e di R&S, grazie a un insieme di fattori quali:
1) la ricerca di una maggiore flessibilità produttiva di fronte alla caduta del-
la domanda ed all’aumento della sua variabilità, nonché della sua
differenziazione;
2) la diffusione di nuove tecnologie, in particolare l’elettronica e
l’informatica, che rendono possibile un uso molto più flessibile del capi-
tale attraverso l’opportunità di smembrare e quindi riaggregare le varie
fasi del processo produttivo e di rendere così una stessa macchina o
impianto adatti a diverse varianti dello stesso prodotto, riducendo così
la dimensione efficiente minima degli impianti.
Efficienza e dimensione.
Nel 1986 l’OCSE concludeva che il settore delle PMI stava svolgendo un ruolo
insostituibile in tutti i Paesi membri, soprattutto sotto il punto di vista occupazionale. Si
stava affermando infatti la convinzione che il modo più efficace per combattere la di-
soccupazione a livello mondiale fosse quello di affidarsi allo sviluppo delle PMI, che
rispondevano all’esigenza di decentramento produttivo. Quindi le PMI si sono fatte
“agenti” del recupero di flessibilità indispensabile di fronte al crescente irrigidimento del
mercato del lavoro e della struttura dei costi delle imprese, verificatisi nel corso degli
anni 70, e di fronte alla maggior incertezza nei mercati dei fattori produttivi e dei pro-
dotti finiti. Non si devono tuttavia dimenticare quegli elementi che possono rappresen-
tare degli ostacoli allo sviluppo delle PMI, come ad esempio i crescenti fabbisogni fi-
nanziari e la necessità di una continua capacità innovativa e di un’accresciuta presenza
sui mercati internazionali, fattore questo sempre più rilevante in una situazione di mag-
gior competitività a livello mondiale.