4
importanti per la vita di relazione degli anziani e per aumentare il loro
legame con il loro territorio in cui vivono. La funzione di bene pubblico
degli orti sociali bolognesi è sicuramente preminente su tutte le altre. Ho
richiamato il Laboratorio svolto a Bologna, perché da esso ho acquisito il
metodo di lavoro sul campo, basato su tecniche di indagine che fanno parte
della geografia umana e sociale. In particolare, mi riferisco al questionario
da sottoporre ai proprietari, tramite il quale raccogliere i diversi tipi di
informazione sia in maniera dettagliata che sistematica.
Le aree ortive Caggianesi, invece, non hanno mai avuto una funzione
pubblica, nonostante siano sempre state lo specchio della società del paese.
Fin dal medioevo, tutto il territorio di campagna del paese è stato terreno di
conquista per gli eserciti stranieri invasori che si recavano in Lucania. Con
il passare dei secoli, questi terreni sono diventati i possedimenti dei vari
signori e nobili che si sono susseguiti alla guida del paese e che tramite i
terreni controllavano a loro piacimento le ignoranti masse contadine.
Dal 1800’ e con l’Unita’ d’Italia tutta la nazione è venuta a conoscenza del
terribile fenomeno del latifondismo meridionale, che interessava
maggiormente paesi come Caggiano e quelli dell’antica Lucania, a causa
della loro posizione periferica rispetto alle città importanti ed alle vie di
comunicazione. Il dilagare del latifondismo è stato favorito ed accentuato in
realtà d’entroterra come Caggiano, dove le istituzioni del governo centrale
arrivarono in ritardo, forse perché la mancanza di popolazione e la povertà
di risorse del paese non valevano la spesa di uomini e denaro. La situazione
inizio a cambiare solo con la fatica del popolo caggianese emigrato in
Europa o negli Stati Uniti. Nei primi anni del 1900’, gli emigrati iniziarono
a comprare i terreni dei latifondisti, ormai in crisi, per riscattare la
condizione di povertà delle loro famiglie. Si può affermare che da quella
generazione, dalla generazione dei miei bisnonni, sia nata la storia delle aree
ortive attuali, cioè dei tanti piccoli terreni di proprietà familiare. Nel secolo
scorso, a causa dei molti cambiamenti della società e dello stile di vita degli
italiani, le peculiarità delle aree ortive caggianesi si sono modificate ad un
ritmo velocissimo rispetto all’immobilità dei secoli precedenti. Oltre ad
evidenziare le caratteristiche che esse hanno avuto ed hanno ancora, vorrei
gettare uno sguardo sui possibili sviluppi futuri delle aree ortive caggianesi.
Tecnicamente, ho suddiviso il mio studio in due fascicoli separati:
1-) Il lavoro classico di ricerca e stesura.
2-) Il fascicolo contenente gli allegati cartografici e fotografici.
In tal modo, la cartografia acquisisce un’importanza maggiore nell’analisi
della realtà, anche se resta comunque inseparabilmente legata alla parte
scritta. I motivi per cui ho optato per questa scelta di impaginazione, anche
se importanti, sono solamente di carattere pratico e funzionale. Ad esempio,
la parte scritta trae vantaggio dall’assenza delle numerose mappe, in quanto
risulta più omogenea e meno frammentata. Inoltre, si possono analizzare
5
contemporaneamente i dati scritti e le relative cartine senza cambiare
continuamente pagina.
Per quanto riguarda il lavoro classico, esso è composto da tre capitoli ed
un’appendice finale, contenente la spiegazione del significato dei toponimi
citati nello studio. Il primo capitolo : “Percezione e conoscenza del
territorio” ha lo scopo fondamentale di far conoscere la realtà territoriale in
cui è stato svolto il lavoro. In tal senso, la cartografia di base è
indispensabile per inquadrare geograficamente il territorio di Caggiano, ed
anche per avere un’idea generale della sua altimetria, dell’idrografia, dei
confini amministrativi, ecc. Inoltre, nel primo capitolo, ho ricostruito per
linee generali la storia e il ruolo sociale che le aree ortive rivestivano in
passato, partendo dai dati storici e dall’analisi dei toponimi, ed esaminando
successivamente la situazione odierna delle zone ortive, attraverso lo studio
del 5° Censimento Generale Dell’agricoltura Istat del 2000’.
Il secondo capitolo : “Gli strumenti geografici di analisi della
trasformazione ed organizzazione del territorio”, è diviso in due paragrafi. Il
primo si basa sul Sistema Informativo Territoriale della Regione Campania,
dal quale ho ricavato numerose cartografie relative all’uso del suolo,
presenti nel fascicolo cartografico. Il secondo paragrafo è il riassunto del
lavoro svolto sul campo, basato sul questionario posto agli “ortolani”. Prima
della presentazione dei risultati statistici dei questionari e di alcune
interviste campione, ho inserito un prologo riguardante il P.R.G. , utile per
comprendere in linea generale gli obiettivi e i vincoli che il comune
attribuisce alle zone di campagna.
Voglio sottolineare che i primi due capitoli si occupano solamente della
spiegazione e dello studio degli argomenti trattati. Per quanto riguarda
l’analisi complessiva dei dati emersi dal lavoro, che ci consentono di
formulare alcune conclusioni ed ipotesi riguardanti lo sviluppo futuro delle
zone ortive, si rimanda al terzo ed ultimo capitolo : “I segni del
cambiamento”, ed al paragrafo relativo alle conclusioni.
Infine, voglio spendere due parole riguardo alla scelta della bibliografia. Il
motivo per cui sono presenti pochi volumi, sia di carattere generale che
specializzati, consiste nel fatto che il mio lavoro si basa sullo studio di un
caso locale, con la conseguenza di una scelta obbligata verso testi e
documenti prevalentemente locali. A parte alcuni testi generali sulla
cartografia e sulla geografia, vi sono dei volumi che raccontano Caggiano
nel suo complesso, ed altri che analizzano dei fenomeni specifici che
maggiormente mi interessavano.
6
Capitolo 1 : Percezione e conoscenza del territorio
1.1 - Descrivere il territorio attraverso la cartografia
“La carta può essere utilizzata per un’indagine mirata, volta cioè a fornire
una risposta ad uno specifico quesito o problema, oppure per un’analisi
complessiva dell’area rappresentata. Nel primo caso la lettura punta
direttamente a quegli elementi che interessano, interpretando i segni che
racchiudono l’informazione cercata; nel secondo caso, si attua invece un
esame che tuttavia richiede anch’esso un procedimento selettivo.”
3
Il futuro dei piccoli centri urbani non può prescindere dalla presa di
coscienza del proprio back-ground storico e culturale, a partire dal quale si
possono gettare le basi per uno sviluppo possibile.
Solo la conservazione dei nostri luoghi e del loro valore costituisce il
presupposto per la conservazione e la valorizzazione degli stessi.
Da tempo, ormai, si stanno concretizzando nuove forme di turismo, lontane
dai grandi centri e che pongono un’attenzione particolare alla qualità della
vita, in particolare nel rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostante.
Rapporto che può essere realizzato in maniera più organica soprattutto nei
piccoli centri urbani. La posizione geografica del paese, in prossimità del
neonato Parco Nazionale del Cilento - Vallo di diano, può favorire se
supportata da un’adeguata promozione, lo sviluppo di un turismo
sostenibile. L’utilizzo della “cartografia tematica”
4
è sicuramente uno dei
metodi migliori per conoscere e pubblicizzare un territorio. Le carte
tematiche possono essere suddivise in due grandi gruppi, a seconda che
trattino temi di tipo antropico, cioè temi con riferimento alla presenza e alla
attività dei gruppi umani, ad esempio la densità demografica,le
caratteristiche socio-economiche della popolazione e le forme di utilizzo del
suolo, oppure temi di tipo fisico legati cioè a fenomeni naturali come il
clima, la geologia e geomorfologia del suolo, la vegetazione e la fauna. Non
a caso, “la realizzazione di carte tematiche non si limita al campo delle
ricerche di ordine geografico, fisico od antropico, ma sono molte le scienze
sociali che ne fanno largo uso per la presentazione ed analisi con riferimento
alla loro collocazione spaziale”.
Per quanto riguarda il mio lavoro, oltre alla cartografia di base ed a quella
tematica, riveste un ruolo importantissimo la cartografia catastale, in quanto
3
A. Lodovisi, S. Torresani, op. cit., pag 342;
4
La cartografia tematica è stata elaborata utilizzando il Sistema informativo territoriale
della Regione Campania;
7
consente di individuare precisamente sulla mappa la posizione delle
particelle catastali che costituiscono l’area ortiva oggetto dello studio.”
“Gli elementi costituenti del catasto sono : la mappa particellare, la tavola
censuaria,il registro delle partite e la matricola dei possessori.
Il primo documento è una rappresentazione cartografica destinata a
delineare << figura ed estensione delle singole proprietà e delle diverse
particelle catastali >> ed è ottenuta mediante rilevamento a cura di periti
delegati dalla Amministrazione del catasto. Il contenuto del documento
cartografico è costituito, dunque, dalla figura ed estensione delle singole
proprietà e delle diverse particelle catastali, con riferimento alla
qualità(specie differenti di colture), alla classe (differenza di produttività e
condizioni), ed alla destinazione (uso a cui serve un ente da introdurre in
catasto, sebbene non soggetto a coltura). Altri elementi rilevati e
rappresentati, pur non essendo particelle catastali da numerarsi sono: i limiti
amministrativi, gli edifici di proprietà dello stato( sottratti alla produzione
per un pubblico servizio), parte del reticolo idrografico naturale ed
artificiale, della viabilità e dei manufatti connessi.”
5
Purtroppo, la mappa
catastale deve essere considerata come una mappa tematica e non come una
carta di base del territorio nazionale perché non può fornire un’assoluta
garanzia di precisione e rispondenza alla verità del terreno, essendo circa il
95% delle mappe catastali di tipo planimetrico, cioè prive degli elementi
relativi all’altimetria(quote,isoipse). Per questo motivo, credo che prima di
poter esaminare i dati statistici ISTAT e la cartografia catastale, sia
necessario avere un’idea generale del territorio su cui si lavora.
A questo scopo, risulta utile visionare tre piante cartografiche di base del
territorio
6
ed una foto area dello stesso, visionabili da pagina 2 a pagina 4,
nel fascicolo degli allegati cartografici. La “prima mappa” è una visione
unitaria della Regione Campania, in cui è evidenziata l’altimetria del
territorio. La “seconda mappa”, rappresenta un ingrandimento sul territorio
di Caggiano, utile per avere una visione della disposizione delle zone
montuose nel paese. Nella terza mappa sono evidenziate le altezze ed i nomi
delle cime montuose, i nomi di alcune strade importanti ma soprattutto i
confini territoriali del comune rispetto ai paesi limitrofi, alcuni dei quali
fanno parte della Regione Basilicata. La fotografia area, sviluppata tramite
il programma Google Earth 4.2 è di supporto alla cartografia è raffigura
quasi tutto il territorio comunale.
Dall’esame delle tre mappe si ha un’idea abbastanza precisa del territorio in
cui è collocato il comune di Caggiano.
Il tenimento di Caggiano è il più esteso tra i comuni vicini: tocca ad est il
Melandro e Sant’Angelo le Fratte; a sud il territorio di Polla fin quasi alle
5
A. Lodovisi, S. Torresani, op. cit., pag 215;
6
SIT REGIONE CAMPANIA, MAPPE NUMERO1-2-3;
http://213.21.159.40/sportellocartografico/home.jsp.
8
<<Nares lucanae>>
7
, tocca poi a sud-ovest il territorio di Pertosa ed Auletta;
taglia, longitudinalmente, a nord.ovest, monte di Serramezzano o di San
Giacomo e, spingendosi a nord, tocca le terre di Salvitelle, il bacino del
Melandro e, a nord-est, Vietri di Potenza. Il centro di Caggiano si trova a
828 metri sul livello del mare, arroccato sul versante tirrenico delle ultime
propaggini dell’Appennino Lucano. Dall’alto delle sue rupi si osservano le
sottostanti valli del Tanagro e del Meandro, di fronte, a sud-ovest, la
compatta catena degli Alburni selvosi,e più lontano, a ponente, la piana di
Paestum, ed in fondo il mare.
Il resto del territorio comunale è compreso tra i 499 metri di altitudine della
zona pianeggiante e collinare, confinante con i paesi di Polla,Pertosa ed
Auletta ed i 1141 metri della cima del Monte Capo la Serra. Il clima, a parte
alcune stagioni invernali molto rigide, è mite. L’agricoltura e i prodotti
variano a seconda della posizione altimetrica del luogo. Logicamente, gli
oliveti e gli altri prodotti agricoli tipici del meridione si trovano nelle zone
collinari più basse del paese, mentre nel centro storico e sui monti sono
presenti coltivazioni simili a quelle del Nord Italia, come alcune specie di
radicchio(tipo quello trevigiano), molte varietà di mele e le
patate(tipicamente montane).
Il paese dista circa 160km da Napoli(capoluogo di regione della Campania),
circa 90km da Salerno(capoluogo di provincia), mentre dista soli 30km circa
da Potenza(capoluogo di regione della Basilicata). La distanza del centro del
paese dall’autostrada Salerno-Reggio Calabria e dalla linea ferroviaria è
rispettivamente di circa 10km.
Il problema dell’isolamento e dell’abbandono in cui ha vissuto il paese fino
a qualche decennio fa non è da imputare alla distanza effettiva rispetto alle
città campane, ma alla differenza storica e culturale che differenzia la nostra
popolazione da quella campana.
Gran parte del territorio a sud di Salerno è stato sempre parte dell’antica
Lucania, fino all’unità d’Italia, quando per ragioni amministrative fu
annesso alla Campania. La lontananza del nostro territorio, sconosciuto
dalla maggior parte degli amministratori regionali, lo rende ai loro occhi
solamente una fonte di risorse e spazio da utilizzare, senza che vi si
improntino progetti di sviluppo locale.
Non a caso, da qualche anno un movimento di cittadini chiede un
referendum di annessione alla Regione Basilicata, con lo scopo di uscire
finalmente dalla posizione marginale e periferica che rivestiamo nell’attuale
regione.
7
<<Ad Nares lucanae>>: naris, nel significato di <<bocca>>, <<apertura>>: tale
appellativo dovrebbe indicarci lo sbocco di acque in qualche gola tra i monti lucani.
9
1.2 – Gli orti Caggianesi del passato secondo le fonti e la toponomastica
Per avere un’idea chiara di com’erano gli orti Caggianesi alcuni decenni fa,
sono di fondamentale importanza le informazioni ed i dati che ricaviamo dal
libro a cura di Giuseppe barra
8
. Il volume riporta le cifre degli ettari agricoli
di terreno nel paese ed la loro partizione per tipo di colture. Seppure queste
cifre derivino da fonti orali, non confermate da rilevamenti Istat o di altri
organi, sono molto precise in quanto derivano da una indagine diretta. Nel
libro, si trovano inoltre delle cifre molto interessanti, riguardanti la raccolta
standard annuale per le maggiori coltivazioni in atto. Tali cifre sono riferite
ad anni antecedenti il 1970 e non riportano le unità di misura ufficiali
italiane ma ancora unità di misura locali, che rappresentano un retaggio
molto forte dell’antica tradizione contadina. L’unità di misura
dell’estensione del terreno è il tomolo.
Un ettaro (ha)equivale a circa 3,668378577 ¦ 3,67 tomoli.
Il Sistema Metrico Decimale, per la sua semplicità e per i suoi rapidissimi
passaggi, ha avuto una grande diffusione, ed è molto usato anche a
Caggiano, ma non è riuscito a sradicare l’attaccamento popolare alle vecchie
unità di misura, soprattutto quelle agrarie, che nel linguaggio comune sono
quasi le sole ad essere usate e negli atti notarili di qualche decennio fa
avevano un uso vastissimo; infatti i notai riportavano per gli immobili la
misurazione in ettari, are e centiare, la parola "pari" e poi la misurazione in
tomoli, coppe e canne, quindi si aveva una convivenza tra il sistema di
misura ufficiale e quello locale. D’altronde anche la Gran Bretagna,
nonostante l’Unione Europea, ha ostacolato testardamente l’introduzione del
Sistema Metrico Decimale sul suo territorio, continuando per anni ad usare i
sistemi di misura complessi, ad esempio la lunghezza in yards, feet, inches e
via dicendo. Secondo i dati del volume
9
, riferiti agli anni che vanno dal
secondo dopoguerra alla fine degli anni 60’, l’estensione agricola del
comune di Caggiano era di circa 10.000 tomoli(ossia 2724,59ettari) distinti
come segue :
- Orti e case rurali, 90 tomoli = ettari 24,52 circa
- Seminatori scelti, 60 tomoli = ettari 16,34 circa
- Seminatori semplici, 3180 tomoli = ettari 866,48 circa
- Montuosi, 1420 tomoli = ettari 386,92 circa
- Alberi da frutti ed olivi, 1570 tomoli = ettari 427,79 circa
- Arbusti, 40 tomoli = ettari 10,89 circa
- Oliveti scelti, 50 tomoli = ettari 13,62 circa
- Oliveti, 420 tomoli = ettari 114,44 circa
- Vigne, 50 tomoli = ettari 13,62 circa
8
G. Barra ( a cura di),Cajanus, Cagiano, Caggiano, Edizioni “Il segno”,Salerno,1994;
9
Barra, op. cit., pag.56;
10
- Vigne con piante da frutti ed olivi, 556 tomoli = ettari 151,49 circa
- Selve cedue, 60 tomoli = ettari 16,34 circa
- Macchia mediterranea, 100 tomoli = ettari 27,24 circa
- Pietroso ed incolto 2404 tomoli = ettari 605,04 circa
- Totale 10.000 tomoli = ettari 2724,79 circa
Si nota come gli ulivi, la vite e le diverse specie di piante da frutta erano già
le coltivazioni più importanti, in quanto occupavano la maggior parte del
territorio agricolo;
Per quanto riguarda le forme di monocoltura da reddito, esisteva solamente
qualche abbozzo di olivicoltura. Il territorio non utilizzato per scopi agricoli
era occupato prevalentemente da zone pietrose ed incolte, da macchia
mediterranea e da zone montuose. Generalmente, a parte stagioni di raccolto
straordinariamente produttive o meno, le produzioni del paese(in kg) erano
le seguenti
10
:
GENERI QUANTITA’
RACCOLTA
CONSUMO
PER
SEMINA
ECCEDENZA MANCANZA
Grani
diversi
tomoli
14.000 10.000 4.000
Granone
tomoli
6.000 5.000 1.000
Orzo ed
avena
tomoli
3.330 2.000 1.300
Segala
tomoli
2.550 1.700 0.800
Vecce
tomoli
0.500 0.500
Legumi
diversi
tomoli
0.200 0.200
Patate
tomoli
4.000 4.600 0.600
Olio
quarantini
2.000 1.110 0.900
Vino
quartare
4.500 4.500
L’agricoltura caggianese degli anni successivi al dopoguerra (1950-1970),
citata nel libro a cura di Giuseppe Barra, è ancora una pratica legata alla
sussistenza, infatti l’autore del volume afferma che “difficilmente si hanno
10
Barra, op. cit., pag.58;
11
delle eccedenze di raccolto che permettono di ricavare del reddito dal lavoro
negli orti.”
11
Lo studio della toponomastica permette attraverso la ricerca e
l’interpretazione dei termini relativi alla denominazione delle località di una
determinata area, la verifica del livello di antropizzazione, nell’ambito del
rapporto tra le caratteristiche naturali di quella e l’incidenza sulla medesima
dell’opera dell’uomo, nei vari aspetti: culturale, economico ed altro.
La consultazione a questo fine di fonti di epoche diverse, consente, inoltre,
di porre le basi di un discorso storico, che anche attraverso il recupero e
quindi l’eventuale ripristino e tutela dei termini scomparsi, soprattutto per il
centro urbano, ricostruisca per ampie linee l’evoluzione del territorio nel suo
complesso.
Nel caso specifico di Caggiano, l’indagine si pone come primo approccio ad
una problematica di notevole rilievo e complessità, tenendo conto di alcune
documentazioni fondamentali come: lo Stato di Sezione del Catasto
provvisorio del Comune, conservato presso l’Archivio di Stato di Salerno e
datato 1835 che suddivide l’agro in otto sezioni (A-H) ed il centro abitato in
un’altra (la I): fonte che risulta di grande importanza anche per ricostruire
l’onomastica delle famiglie registrate nei loro beni agrari ed il loro grado di
benessere, anche in relazione alle professioni ed alle strutture produttive
elencate (taverne,forni, mulini, tappeti,ecc..), considerato comunque
l’assodato dato storico che il maggior guadagno proveniva dalla proprietà
terriera. Inoltre, un ulteriore approfondimento permetterebbe di stabilire il
rapporto culturale tra le aree contraddistinte dai toponimi, il che servirebbe a
chiarire maggiormente il loro significato. Di grande utilità è stata anche la
consultazione del quadro di Unione (scala 1:10.000) della mappa catastale
del Comune, datata 1959, e suddivisa in 33 fogli che recano la
denominazione delle contrade, che in gran parte, anche se con alcune
varianti, riconducono alla toponomastica dei secoli precedenti; infine,
l’indicazione della rete viaria principale e secondaria, fondamentale per
comprendere la connessione tra territorio e vicende storiche e il
collegamento con ci comuni vicini. Numerosi nomi di contrade si
conservano ancora oggi nel centro abitato, di cui ho analizzato il
corrispondente foglio catastale 10, datato al 1979, che non presenta
differenze sostanziali rispetto ai nomi delle strade, vicoli e piazze di una
planimetria, in scala 1:500 del 1987 e di quelle odierne datate Febbraio
2002, di cui dispongo per il mio studio.
Nel complesso si tratta di un ambiente che non ha subito variazioni di
rilievo, per cui non si sono affermati elementi toponomastici diversi ( a parte
i nomi collegati a proprietari di masserie), come si può verificare nell’ultima
fonte cartografica di riferimento
12
, che comprende quasi tutto il territorio
11
Barra, op. cit., pag.59;
12
Foglio 199 SW dell’IGM, scala 1:25.000;
12
comunale di Caggiano. Lo studio presenta un elenco quanto più completo
possibile dei toponimi, con accanto i riferimenti cartografici e bibliografici.
Sulla spiegazione dei termini non sempre lo sforzo ha avuto esiti positivi, in
quanto alcuni di essi hanno subito nei secoli una trasformazione che talora
ha condotto ad uno stravolgimento del proprio significato originario; sia
perché essi andrebbero verificati molto attentamente sul terreno, sulla base
di un riscontro con la memoria storica locale, facendo appello anche al
ricordo conservatosi presso gli anziani, anche se non sempre, come spesso
si è verificato, essi conoscono il giusto significato di parte della
toponomastica.
Una seconda fase della ricerca è consistita nell’inquadrare i toponimi in
alcune categorie, dalle quali è stato possibile ricavare alcune osservazioni di
natura geografica, ed in senso più ampio, storica.
Il territorio di Caggiano presenta toponomasticamente una prevalenza di
termini collegati alle caratteristiche fisico-naturali ( n. 121 esempi tratti da
circa 35 toponimi di base ).
Ad esempio, alla formazione geologica sono riferiti termini come :
“ARENOSA, MURGE, con le varianti di MORICE o MURICE e
TUFOLO”; alla natura calcarea ed al fenomeno carsico sono riferiti nomi
come : “ CRIVI, PERTUSILLO, GROTTA”; alla formazione rocciosa sono
attribuibili termini quali : “CARRA, PIETRA, SILICI ed ARMO;
all’erosione sono attribuibili termini riferiti alle frane ed agli smottamenti
tipo : “LAVANGHE, LAMA; alla conformazione del paesaggio articolato
in rilievi, altipiani e valli, sono documentate le cime isolate : “PIZZO,
TEMPE, COPPONE”, le cime lunghe: “ SERRE, CRESTA”, i declivi
montani “ CHIAIA, COSTA, FRAJA, PARETE, PEDALI, SCALA”, i
pianori: “ PIANO, CHIAIA”, i profondi anfratti: “ CUPOLICCHIO”. Talora
si specifica la posizione di un confine con un termine di un fronte, o piede “
FRONTE LI ROCCHI o PIEDIMORICE”, o anche la sua esposizione :
“MANCA o MANGA, cioè a nord, come in “MANGA DI PIZZO”,o se si
vuol dare un originario riferimento geografico al termine, con “MATTINA”,
cioè rivolto ad oriente. Collegato sia alla natura geologica che all’attività
artigianale è il toponimo “CALCARA” indicante la fornace per la cottura
del locale materiale calcareo o calcareo-marmoso per ricavarne la calce.
La categoria inerente all’IDROGRAFIA segue alla precedente, nella fascia
tra i 60 e i 70 esempi: se escludiamo i termini che riflettono una
sistemazione artificiale delle sorgenti per particolari fini ( tipo abbeveratoi
per animali e fontane), per il resto si tratta di idrografia naturale: esso
richiama le sorgenti “FONTE”, l’acqua che scorre superficialmente
“ACQUA”, i rigagnoli “PISCIOLO”, che scorrono coi torrenti negli alvei
delle fiumare “ARNACI” o in strette cavità “FOSSI, VALLI, VALLONI” ,
modellando il caratteristico ciottolate “RUMMOLO”. Non mancano termini
riferiti all’acqua che ristagna in aree basse “LACCO, LAGO”.
13
Il quadro paesaggistico è completato dall’incidenza della vegetazione
spontanea ed artificiale; Quest’ultima rientra anche nella categoria
dell’agricoltura e delle sedi umane, cui si devono, inoltre, le sfere
economica (allevamento, caccia, artigianato, trasporti e mezzi di
comunicazione), religiosa (strutture ecclesiastiche e angionimi) e
l’onomastica collegata a nomi ed a cognomi.
La categoria della VEGETAZIONE è presente con circa 30 esempi, tra cui i
caratteristici “BOSCO e FORESTA”, che alcuni secoli orsono erano ben più
estesi; tra gli alberi ad alto fusto sono attestati la quercia “CERRI”,
dominante tra i 500 ed i 1000 metri, ed il leccio”ELCE”; per lo più i
toponimi riguardano però la vegetazione non alta, disposta a macchia
“MACCHIA, FRATTA”; Nelle aree abbandonate e degradate troviamo
toponimi come “SPINOSIELLO, CARDONE” che documentano la
presenza di spine e cardi.
Nella fascia tra i 25 ed i 30 esempi troviamo la categoria relativa
all’AGRICOLTURA, nella quale possono rientrare gli alberi da frutta come
il ciliegio “CERASO”, il fico “FICAROLA”, il pero “PIRO e PERILLO”,
l’olivo “OLIVELLA”. Interessanti sono i toponimi relativi a colture
intensive cui sono destinati i grandi appezzamenti di terreno “MASSA” nei
fertili terreni suburbani “BRAIDA”, che nelle loro rispettive origini latine e
germaniche presuppongono antichi insediamenti (si veda MASSAVETERE
E VETERANURSO).
Alla possibilità di coltivare il terreno si riconducono le motivazioni
dell’INSEDIAMENTO UMANO che dopo la crisi del tardoantico e delle
invasioni barbariche torna a rifiorire con i Bizantini ed i Longobardi.
Le SEDI UMANE documentate sono del tipo permanente: “CASA,
CASINO, MASSERIA, PALAZZO, VILLA”. Non mancano, con le stesso
numero di esempi (circa 8-9) centri fortificati risalenti ed età medievale
“CASTELLO, CASTIGLIONE, ROCCA, ROCCHI”, o tracce di
insediamenti non più esistenti “FABBRICATA” che indica i resti di
strutture, oppure “ CASE BRUCIATE E CARBONE” quanto alle cause
della loro distruzione, od infine “TIESTI”, che identifica il cocciame che
testimonia la cultura materiale dell’insediamento scomparso, che
rinvenimenti archeologici successivi, per lo più di superficie hanno
confermato.
Circa 10 esempi attengono sia alla categoria della comunicazione e dei
trasporti sia quella dell’artigianato. La prima basato su 6 toponimi tra cui
“BOCCA”, che nel significato di passaggio, è il più documentato,
“TRAJNATA” che esprime mezzi di trasporto, “CAVALLARO” che
esprime il personale addetto alla consegna della posta, “PONTE, VARCO”
riferiti ai punti di passaggio e “DOGANA”riferito ai fini di esazione fiscale.
Quanto all’artigianato ritroviamo le produzioni tradizionali di calce
“CALCARA”, di ferro”FERRAZZO”, di laterizi “FORNACE”, della farina