Introduzione
Oggetto del presente lavoro è la disciplina degli assetti proprietari delle
banche, sotto il duplice profilo delle partecipazioni detenibili dalle banche e nel
capitale delle banche. Tale tematica rappresenta uno degli aspetti principali del
nostro sistema bancario e, negli ultimi anni, ha subito profondi cambiamenti per
la necessità di adeguare l’ordinamento italiano alla normativa europea
intervenuta in materia.
La disciplina sulle partecipazioni bancarie origina dal bisogno di regolare i
rapporti proprietari tra banche e industrie che, in Italia, comincia ad avvertirsi già
dai primi decenni del secolo scorso.
Pertanto, il nostro discorso comincerà proprio dall’evoluzione storica degli
incroci partecipativi tra banche e industrie e dall’analisi dei primi provvedimenti
che sono intervenuti a disciplinare tale fenomeno. La regolamentazione dei
rapporti tra banche e industrie, nel corso degli anni, ha assunto dei contorni più
ampi ed è sfociata nell’elaborazione di una normativa organica sia in materia di
partecipazioni detenibili dalle banche che di partecipazioni detenibili nel capitale
delle banche.
La scelta di procedere secondo un criterio storico si rende necessaria, ad
avviso di chi scrive, per i forti condizionamenti che le vicende che hanno
caratterizzato l’economia italiana, dai primi decenni del Novecento ad oggi,
hanno avuto sulla regolamentazione degli assetti proprietari delle banche
1
.
Infatti, le scelte effettuate dal legislatore italiano (o, più frequentemente, dalle
nostre autorità di vigilanza) sono state spesso la diretta conseguenza di eventi
storici che, nel corso delle varie epoche, hanno coinvolto il nostro sistema
bancario ed industriale.
Come anticipato, l’esigenza di definire il rapporto tra banche e industrie si
1
Cfr. R. COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, IV ed., 2007, p. 23, secondo cui “i sistemi
bancari, più di altri settori economici, hanno assunto caratteri profondamente condizionati dalle
vicende complessive delle economie nelle quali si sono collocati, con la conseguente
conformazione del loro ordinamento giuridico” ss.
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pone, fin da subito, come uno degli aspetti più significativi dell’ordinamento
bancario italiano e, per questo, è da sempre oggetto di un intenso dibattito. Una
connessione troppo stretta tra soggetti bancari e soggetti industriali potrebbe,
infatti, mettere a rischio la stabilità e la tenuta del nostro intero sistema
economico
2
.
2
Sui rapporti tra banca e industria v., ex multis: F. MAZZINI, Entrano nel capitale delle
banche italiane anche i soci che svolgono attività industriale, in Guida al Diritto, 2010, fasc. 13,
p. 30 ss.; A. BENOCCI, Rapporto banca-industria e tramonto della separatezza, in Diritto della
banca e del mercato finanziario, 2010, II, p. 293; D. LUCARINI, Il tramonto della separatezza tra
banca e industria, in Rivista di diritto dell’impresa, 2010, fasc. 2, pp. 401 ss.; S. AMOROSINO, La
fine della separazione tra banche ed imprese, in Giornale di diritto amministrativo, 2009, fasc. 8,
p. 897 ss.; A. POPOLI E C. TOLINO, Banca e Industria, in F. VELLA (a cura di), Banche e Mercati
Finanziari, Torino, 2009, p. 137 ss.; A. BENOCCI, Fenomenologia e regolamentazione del
rapporto banca-industria. Dalla separazione per soggetti alla separazione per ruoli, Pisa, 2007;
ASSOCIAZIONE DISIANO PREITE, Banche e Imprese: alla ricerca di nuovi equilibri, in Banca
Borsa e titoli di credito, 2006, fasc. 2, pt 1, p. 234 ss.; C. BRESCIA MORRA C. – U. MORERA,
Troppe regole in Italia sui rapporti banca-industria? Un’analisi comparata, in Analisi giuridica
dell’economia, 2006, p. 6 ss.; M.E. SALERNO, Il principio di separatezza banca-industria e la
concorrenza tra ordinamenti giuridici, in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2006,
fasc. 2, pt 2, p. 441 ss.; PELLEGRINI, La separatezza banca-industria, in F. CAPRIGLIONE (a cura
di), L'ordinamento finanziario italiano, Padova, 2005, p. 436 ss.; M. MESSORI, La separatezza
tra industria e banca: il punto di vista di un economista, in Analisi giuridica dell’economia,
2004, p. 5043 ss.; D. LUCARINI, La separatezza tra industria e banca: il punto di vista di un
giurista, in Analisi giuridica dell’economia, 2004, p. 66; A. CONFALONIERI, I rapporti banca-
industria, Banca Commerciale Italiana, Milano, 1997; A. GUACCERO, La partecipazione del
socio industriale nella società per azioni bancaria, Milano, 1997; R. COSTI, Banca e Industria, in
M. RISPOLI FARINA (a cura di), La nuova legge bancaria. Prime riflessioni sul testo unico in
materia bancaria e creditizia, Napoli, 1995, p. 115; F. M. FRASCA, Il rapporto banca-impresa e
la nuova normativa sulle partecipazioni, in Bancaria, n. 5, 1994, p. 10; R. COSTI, Rapporti
banca-industria: profili normativi e contributi allo sviluppo del sistema finanziario italiano, in
Bancaria, n. 2, 1994; P. ANELLO E S. RIZZINI BISINELLI, Partecipazioni delle banche e dei gruppi
bancari in imprese industriali, in Le Società, 1994, n. 17, p. 19; C.A. RISTUCCIA, Il rapporto
Banca-Industria. Regole istituzionali e trasferimento delle informazioni, in Bancaria, 1994, n. 1,
p. 26 ss.; V. SANTORO, I rapporti di partecipazione tra banca e industria, in A. BROZZETTI e V.
SANTORO (a cura di), Le direttive comunitarie in materia bancaria e l’ordinamento italiano,
Milano, 1990, p. 149 ss.; F. CAPRIGLIONE, Costituzione di banche e rapporto banca-industria, in
Banca e Borsa, 1988, I, p. 718 ss.; P. CIOCCA-F. FRASCA, I rapporti fra industria e finanza:
problemi e prospettive, in Pol. Econ., 1987, p. 29 ss.; M. PORZIO, I rapporti banca-impresa nella
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Infatti, per la funzione istituzionalmente svolta dalle banche – consistente
nella raccolta del risparmio e nell’esercizio del credito
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– l’esistenza di forti
rapporti partecipativi con le industrie potrebbe fare emergere significativi
conflitti di interesse, con ripercussioni sulla corretta allocazione del credito e, più
in generale, sulla solidità del sistema creditizio e la tutela del risparmio.
Tuttavia, l’esistenza di rapporti partecipativi tra banche e industrie non è, da
sola, in grado di generare conflitti di interesse. Questi, infatti, insorgeranno
soltanto qualora – tra gli stessi soggetti – venga ad esistere un rapporto di tipo sia
partecipativo che creditizio. Pertanto, laddove una banca partecipi al capitale di
un’industria senza che, contemporaneamente, ne sia anche creditrice (ovvero
esista soltanto un rapporto di tipo partecipativo nella direzione banca-industria),
gli effetti che potrebbero prodursi sono neutri o addirittura positivi. In questi casi
sarebbero, infatti, favoriti i processi di salvataggio di imprese industriali in crisi
attraverso la loro ricapitalizzazione e il sostegno, da parte delle banche, alle
iniziative imprenditoriali delle industrie in difficoltà. Le banche, inoltre,
avrebbero la possibilità di acquisire competenze industriali e di espandere la loro
attività in nuovi settori economici.
Considerazioni analoghe valgono anche in presenza del fenomeno
partecipativo inverso ossia qualora un’industria partecipi al capitale di una banca
senza che, contemporaneamente, ne sia anche debitrice (ovvero esista soltanto un
rapporto di tipo partecipativo nella direzione industria-banca). Anche in questo
caso gli effetti che potrebbero prodursi sono sostanzialmente neutri o positivi;
potrebbero, infatti, essere favoriti processi di capitalizzazione del sistema
bancario mediante l’apporto di nuovi mezzi patrimoniali da parte delle industrie,
normativa vigente, in Rassegna Economica, 1987, P. 917; R. PEPE, Riflessioni e confronti in tema
di separatezza tra banca e industria, in Temi di discussione della Banca d'Italia, Banca d'Italia,
Roma, 1986. Per un quadro comparato dei vari ordinamenti v. per tutti i contributi contenuti in A.
PORTA (a cura di), The separation of industry and finance and the specialization of financial
institutions, Milano, 1990.
3
Per un’approfondita analisi del ruolo svolto dalla banca e dall’industria sul mercato v. A.
BENOCCI, Fenomenologia e regolamentazione del rapporto banca-industria, cit.; ID, Rapporto
banca-industria e tramonto della separatezza, cit., p. 293.
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potrebbero altresì essere incentivati gli apporti di nuove qualità manageriali, così
come potrebbero ridursi le asimmetrie informative tra il settore bancario e quello
industriale, e così via
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Quelle appena descritte, tuttavia, sono ipotesi piuttosto astratte poiché, nella
normalità dei casi, al rapporto partecipativo tra una banca e un’industria si
aggiunge anche un rapporto di tipo creditizio, circostanza – questa sicuramente –
idonea a determinare l’insorgere di conflitti di interessi.
Ed in effetti, nel caso in cui la banca che controlla un’industria conceda a
quest’ultima dei finanziamenti, la banca assumerà contemporaneamente il ruolo
di erogatore di fondi e di prenditore di fondi. Una situazione di questo tipo, da un
lato, ha sicuramente il vantaggio di consentire alla banca di accedere a
informazioni private dell’industria favorendo una più efficace negoziazione dei
contratti di finanziamento
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; d’altro canto, però, pone la banca in una situazione di
conflitto di interessi che potrebbe compromettere i meccanismi alla base di
un’efficiente allocazione del credito. Infatti, la banca, nella sua veste
istituzionale di “ente creditizio”, avrà interesse a offrire fondi all’industria e a
conseguirne la restituzione per massimizzare gli interessi applicati sulle somme
erogate; allo stesso tempo, però, la banca, nella sua veste di “socio”
dell’industria, avrà interesse ad assicurarsi che l’industria si conservi in bonis per
non essere travolta da un suo eventuale dissesto e per evitare che un evento del
genere possa avere ripercussioni sulla stabilità del sistema creditizio e la tutela
dei risparmiatori. Tali circostanze potrebbero indurre la banca a concedere
credito alle industrie che controllano a condizioni ingiustificatamente
vantaggiose, a consentire dilazioni per la restituzione dei fondi erogati ovvero a
rinegoziare vecchi contratti di finanziamento a prescindere dalla valutazione del
merito creditizio dei soggetti affidatari, finendo così per compromettere la
corretta allocazione del credito e l’efficienza del sistema finanziario
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A. BENOCCI, Fenomenologia e regolamentazione del rapporto banca-industria, cit.; ID,
Rapporto banca-industria e tramonto della separatezza, cit., p. 300 ss.
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M. A. PETERSEN E R. G. RAJAN, The benefits of lending relationships: Evidence from small
business data, in Journal of Finance, 1994, pp. 3 - 37.
6
M. DEWATRIPONT E E. MASKIN, Credit and efficiency in centralized and decentralized
economies, in Review of Economic Studies, 1995, pp. 541 – 555.
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Simili conflitti di interessi potrebbero verificarsi anche in presenza del
fenomeno partecipativo inverso ovvero nelle ipotesi in cui l’industria detenga
delle partecipazioni di controllo nel capitale della banca. In questi casi, infatti,
l’industria riveste il ruolo sia di azionista che di cliente della banca: in quanto
azionista, l’industria partecipa alle scelte strategiche della banca, rivestendo –
indirettamente – il ruolo di erogatore di fondi; in quanto cliente della banca,
invece, l’industria ha interesse a chiedere fondi, per cui agisce in qualità di
prenditore di fondi. L’industria potrebbe finire, così, per finanziare se stessa!
Tale conclusione è tanto più vera laddove si consideri che un’industria che
controlla una banca ha la convenienza a garantirsi un più facile accesso ai servizi
bancari, possibilmente a condizioni più favorevoli, specie se si trova in difficoltà
economica e rappresenta, perciò, un cliente bancario ad alto rischio. Ne deriva
che una significativa presenza di imprese industriali nel capitale azionario delle
banche aumenta le probabilità di un’allocazione inefficiente dei servizi finanziari
offerti dalle stesse banche, con tutti i pericoli che possono conseguirne in termini
di stabilità del sistema economico
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Per tutte queste ragioni, la regolamentazione del rapporto tra banche e
industrie, in Italia, si è a lungo tradotta nel divieto per le banche di controllare le
industrie e per le industrie di controllare le banche. In questo modo, infatti, si
crea una separazione istituzionale fra banche e imprese industriali (c.d.
“separatezza banca-industria”) che evita qualsiasi tipo di commistione tra queste
due categorie di soggetti.
Le vicende storiche che hanno caratterizzato il sistema economico italiano
durante i primi decenni del ‘900 hanno sottolineato la necessità di regolamentare,
dapprima, il fenomeno rappresentato dalla partecipazione delle banche nel
capitale delle industrie, portando all’elaborazione del principio di separatezza
nella direzione “banca-industria”.
I forti intrecci partecipativi esistenti, in quegli anni, tra banche e società
industriali sono, infatti, diffusamente considerati una delle cause principali delle
gravi (e periodiche) crisi creditizie che hanno interessato il sistema economico
7
M. MESSORI, La separatezza tra industria e banca: il punto di vista di un economista, cit.,
p. 54.
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nazionale in quel periodo. I provvedimenti legislativi del 1936-’38 – che hanno
determinato la nascita di un sistema improntato ad un rigido principio di
separatezza fra il capitale bancario e quello industriale – hanno rappresentato, in
effetti, la risposta alla critica condizione in cui versava il sistema economico
italiano, ed in particolare quello bancario-finanziario, nel primo dopoguerra.
L’ordinamento introdotto dalla legge bancaria del 1936-38 ha avuto una lunga
tenuta e i primi – significativi – interventi di modifica si sono registrati soltanto
intorno alla metà degli anni ’80 per effetto, principalmente, dell’integrazione dei
mercati europei e della massiccia comparsa di nuovi prodotti finanziari. È in
questi anni che si avverte, per la prima volta, la necessità di disciplinare il
fenomeno partecipativo inverso, rappresentato dalla partecipazione delle
industrie nel capitale delle banche. I primi provvedimenti al riguardo sono
rappresentati, dapprima, da una fitta produzione regolamentare della Banca
d’Italia e, successivamente, dalla legge 287/1990 e dal D.Lgs. 481/1992 i quali, a
distanza di diversi decenni, hanno introdotto il principio di separatezza anche
nella direzione “industria-banca”.
La regolamentazione del rapporto banca-industria è confluita, infine, nel testo
unico bancario (“tub”)
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, portando all’elaborazione di una più ampia disciplina sia
delle partecipazioni detenibili dalle banche (c.d. “partecipazioni a valle”) che
delle partecipazioni detenibili nel capitale delle banche (c.d. “partecipazioni a
monte”). Anche nel nuovo contesto normativo introdotto dal tub sono, tuttavia,
mantenuti fermi i limiti all’assunzione di partecipazioni tra banche e industrie, in
entrambe le direzioni, al fine di tutelare “la separatezza tra la banca e
l’industria”.
Oltre alle norme in tema di separatezza, la disciplina elaborata dal tub si
caratterizza per un articolato sistema di controlli che assume rilievo soprattutto
con riferimento alle partecipazioni a monte: l’acquisizione (diretta e indiretta) di
partecipazioni nel capitale delle banche oltre determinate soglie e, in ogni caso,
l’acquisizione del controllo sono (tuttora) sottoposte alla preventiva
autorizzazione della Banca d’Italia: l’operazione è consentita soltanto qualora
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Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, Testo Unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia, come successivamente integrato e modificato.
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ricorrano condizioni “atte a garantire la sana e prudente gestione” della banca
partecipata. Nell’impianto originario del tub, il processo di valutazione dei
progetti di acquisizione è completamente rimesso alla discrezionalità
dell’Autorità di Vigilanza che – al di là di alcune generali indicazioni contenute
nelle Istruzioni di Vigilanza – è lasciata sostanzialmente libera di determinare
l’idoneità dell’operazione ai fini della sana e prudente gestione della banca
oggetto di acquisizione.
Lo scenario normativo introdotto dal tub è stato recentemente sottoposto ad
una profonda revisione, sia per quanto riguarda la disciplina del rapporto banca-
industria, sia con riferimento al procedimento di autorizzazione dei progetti di
acquisizione. In particolare, il recepimento in Italia delle Direttive 2006/48/CE e
2007/44/CE hanno portato, rispettivamente, al superamento del principio di
separatezza (riaprendo il dibattito sulla regolamentazione del rapporto banca-
industria) e all’introduzione di un procedimento chiaro e di criteri predefiniti che
la Banca d’Italia deve rispettare nella valutazione dei progetti di acquisizione.
Delineati i contenuti del presente studio, nei prossimi capitoli analizzeremo i
provvedimenti che abbiamo qui rapidamente introdotto, ponendo attenzione alle
vicende storiche ed economiche che hanno caratterizzato le varie epoche in cui
gli stessi si sono inseriti, con l’obiettivo di fornire una chiave di lettura
dell’ordinamento attualmente vigente.