Presentazione del lavoro
Il lavoro che espongo in questa tesina mira ad esplorare il lessico della grammatica nel
particolare contesto della manualistica dell’italiano come lingua seconda. Nelle pagine che
seguono, infatti, mi propongo di descrivere ed analizzare come la terminologia metalinguistica
dell’italiano si presenti in alcuni dei piø importanti manuali di italiano L2, scelti tra quelli che si
rivolgono ad apprendenti di livello A1-A2. In particolare, mi occuperò di Contatto 1, Piazza
Navona e Rete 1.
Esaminerò, innanzitutto, come vengano proposti termini e locuzioni grammaticali:
ovvero, se e quanto ci si preoccupi di renderne chiaro il significato, e con quali strategie, quanta
consapevolezza vi sia dei problemi che possono rappresentare per gli apprendenti, quanto spazio
vi si dedichi, se e quanto si cerchi di limitarne o favorirne la presenza, e per quali motivi.
Inoltre, cercherò di capire, al di là delle intenzioni degli autori, quanto la terminologia
grammaticale possa risultare accessibile e comprensibile per gli apprendenti che fruiscono dei
manuali. Per valutare questo punto, non ho potuto fare riferimento a statistiche e dati derivanti da
indagini “sul campo”, e perciò baso le mie considerazioni unicamente sulla mia capacità
interpretativa e, in qualche caso, su esperienze dirette che ho avuto durante la mia finora breve
attività di insegnante di italiano L2. Esistono, in effetti, studi che analizzano il metalinguaggio
nell’ambito della didattica delle L2, e in seguito vi farò qualche breve accenno, ma non sono
stato in grado di trovarne che propongano dati statistici quanto alla percezione da parte degli
apprendenti del metalinguaggio nei manuali di italiano L2 o di altre lingue seconde.
A conclusione di questa tesina, dopo l’analisi dei manuali, cercherò di proporre alcune
idee e suggerimenti utili su quale lessico grammaticale potrebbe essere opportuno adottare nei
manuali di italiano L2 e su come sarebbe meglio presentarlo. A questo scopo, farò riferimento
anche alla mia breve esperienza di docenza in questo settore, oltre che ad alcuni studi che si
occupano a livello generale di metalinguaggio nella didattica delle lingue seconde.
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1. Cenni su alcuni studi di settore
Prima di affrontare l’analisi del lessico grammaticale dei manuali, propongo in breve qui
di seguito qualche cenno su alcuni degli studi che sono stati realizzati in passato a proposito del
metalinguaggio nella didattica delle lingue seconde. Quest’argomento era una sorta di tabø
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durante il pieno fiorire dei metodi comunicativi , ma dagli anni ’90 si è cominciato a pensare al
metalinguaggio come ad un mezzo che può favorire la discussione e, di conseguenza, una
migliore comprensione dei meccanismi di funzionamento delle L2.
Partendo dal presupposto che la consapevolezza da parte dei docenti delle conoscenze
degli studenti è cruciale per il successo del processo didattico, Berry (1997) propone uno studio
volto a fare chiarezza in tal senso, prendendo in esame, in particolare, le conoscenze di 372
studenti di inglese L2 in materia di terminologia metalinguistica e indagando in che misura i loro
docenti siano consapevoli di tali conoscenze e intendano servirsi di questa terminologia. Lo
studio ha messo in luce, in primo luogo, che le conoscenze terminologiche degli studenti presi in
esame sono disomogenee (per via dei diversi percorsi formativi vissuti). Inoltre, ha dimostrato
che in molti casi i docenti si rendono conto delle lacune terminologiche degli apprendenti, e, se
intendono impiegare il lessico non conosciuto, attueranno delle strategie per introdurlo; ma ha
dimostrato anche che ci sono diversi casi in cui gli insegnanti intendono ricorrere a termini dei
quali sovrastimano la conoscenza da parte dei loro studenti, e questi casi risulteranno
sicuramente problematici. Lo studio (i cui risultati sono limitati ad un contesto specifico, ma
presumibilmente si possono estendere alla didattica delle L2 in generale) pone l’accento sul fatto
che bisognerebbe evitare di dare per scontate le conoscenze di terminologia grammaticale da
parte degli apprendenti di L2 e che è opportuno studiare e approfondire quest’aspetto della
didattica delle lingue seconde, cercando delle soluzioni ai possibili problemi di comunicazione in
ambito metalinguistico.
Propone uno studio di tipo diverso Borg (1998), che analizza il modo di parlare di
grammatica in classi di inglese L2 da parte di due docenti di età diverse, esplorando la modalità e
i risultati delle rispettive attività metalinguistiche e interpretando le differenze dei loro approcci
in chiave metodologica, esperienziale e psicologica. Tra i parametri di analisi adottati per il
confronto (orientamento metodologico, punto di partenza delle focalizzazioni grammaticali, ecc.)
rientra anche il livello di tecnicità del linguaggio impiegato dall’uno e dall’altro docente: il
diverso impiego che fanno di terminologia grammaticale dipende, piø che da ragioni
metodologiche, dal loro modo di vedere questa terminologia sulla base delle rispettive esperienze
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Lamenta per primo l’assenza di interesse per questo settore di studi Faerch, in due suoi lavori risalenti al 1985 e al
1986.
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scolastiche (positive o negative). Risultano interessanti, a mio avviso, oltre alle opinioni dei due
docenti sul lessico della grammatica, il loro punto di vista rispetto al ricorso alla L1 come aiuto
per la riflessione sulle regole della L2.
Si concentrano invece unicamente sul lessico metalinguistico, e nel particolare contesto
della focalizzazione linguistica in lezioni incentrate sulla comunicazione, Basturkmen - Loewen
- Ellis (2002). Lo studio che conducono sul focus on form mira ad esplorare se e quale
terminologia metalinguistica (sia tecnica che di uso comune) si utilizzi in questo contesto, e
quanto essa incida sulla comprensione delle regole. Tra i risultati dello studio, mi sembra
importante citare il fatto che la terminologia metalinguistica, quando presente, è emersa spesso
nelle focalizzazioni che hanno preso avvio da domande di chiarimento poste dagli studenti e,
inoltre, che è risultata per questi ultimi un mezzo valido per avviare le riflessioni sulla lingua. Si
è anche notato che i termini non tecnici non sembrano influire negativamente sulla riuscita delle
attività di focalizzazione. Per quanto riguarda la comprensione delle regole, si è visto che risulta
significativa soprattutto nelle focalizzazioni che gli studenti hanno avviato per chiarire un
proprio dubbio, senza aver commesso precedentemente un errore al riguardo, forse perchØ in
questi casi sono piø interessati alle regole che loro per primi richiedono, ma forse anche perchØ
queste sono le focalizzazioni nelle quali si usa maggiormente il metalinguaggio, che significa
esplicitezza, ed è possibile che quest’ultima favorisca l’attenzione e la comprensione.
Si occupano del metalinguaggio in modo solo marginale, invece, Marra e Pallotti (2007).
Lo studio, infatti, mira principalmente a indagare, nell’ambito della didattica dell’inglese LS e
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dell’italiano L1, il repertorio logonimico di docenti e studenti, in modo da poter dedurre come
gli uni e gli altri percepiscano le attività di classe (a cui i logonimi fanno riferimento), con lo
scopo di proporre, in base ai dati ricavati, soluzioni che possano migliorare la comprensione tra
insegnanti e studenti nell’ambito di tali attività. L’analisi quantitativa dei dati ricavati
dall’indagine dimostra che i docenti si servono di una quantità di termini tecnici (entro cui si
includono anche i logonimi) superiore a quella che gli studenti dimostrano di conoscere: si
sottolinea ancora una volta, perciò, quanto sia importante, ai fini della buona riuscita
dell’insegnamento, preoccuparsi che gli studenti conoscano il lessico tecnico impiegato dai
docenti.
Di natura diversa è il saggio che Lo Duca (in stampa) dedica all’analisi dei rapporti tra
linguistica e didattica dell’italiano come L2. La studiosa tratta sia degli apporti della linguistica
descrittiva e di quella acquisizionale alla didattica, sia delle lacune presenti tra i diversi ambiti
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I due studiosi definiscono logonimi le parole attraverso cui i parlanti di una lingua definiscono le azioni, gli attori e
i prodotti della comunicazione linguistica (per esempio, parlare, ascoltatore, discorso). Nel contesto delle classi di
lingue, diventano logonimi anche parole come docente, studente, ecc., che assumono un valore strettamente
connesso con la dimensione linguistica.
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presi in esame, suggerendo i possibili contributi che linguistica tipologica e comparativa
potrebbero fornire alla didattica dell’italiano L2, dal momento che queste discipline
permetterebbero di fare luce sulle differenze tra italiano e lingue materne degli apprendenti, di
prevedere le difficoltà a cui questi ultimi potrebbero andare incontro e di prevenirle con strategie
di insegnamento appropriate. Afferma, inoltre, l’opportunità di ricercare un lessico tecnico che
risulti adeguato per aiutare gli apprendenti a comprendere gli aspetti formali dell’italiano che
possono rientrare nel loro percorso di apprendimento.
Fin qui ho parlato di studi e saggi che affrontano in modo piø o meno diretto e mirato
l’argomento della terminologia grammaticale nella didattica delle lingue seconde, ma al di fuori
dell’ambito specifico della manualistica, sia italiana che straniera. Sono riuscito a reperire un
unico testo che parla di lessico metalinguistico nei manuali di italiano lingua seconda. Si tratta di
una presentazione che Villarini (2008) fa del L.A.I.C.O. (Lessico per Apprendere l’Italiano -
Corpus di Occorrenze), un corpus che indicizza, classificandolo secondo le sue diverse funzioni,
tutto il lessico presente in sette dei manuali di italiano L2 piø utilizzati nell’insegnamento a
immigrati. Lo scopo di L.A.I.C.O. è quello d favorire ricerche che aiutino a capire, per esempio,
quali sono le parole piø usate nel contesto dei manuali, quali aree semantiche vi sono piø
rappresentate, quali scelte glottodidattiche emergono dai dati, e così via. Tra le categorie di
lessico individuate rientra anche quella del lessico impiegato nella descrizione degli usi della
lingua (aspetti grammaticali inclusi, naturalmente). Se quest’ambito non è molto rappresentato
come numero di occorrenze, è invece il piø presente, insieme a quello delle indicazioni
procedurali, dal punto di vista delle aree semantiche. E’ il piø presente, inoltre, anche nel lessico
che viene valutato come specifico dei manuali, cioè in quello che si distacca maggiormente
dall’italiano di uso comune. La presentazione di L.A.I.C.O. propone, per concludere, un esempio
di analisi che il corpus consente, incentrata, nel caso specifico, sulle denominazioni che nei
manuali presi in esame sono state adottate per i modi verbali: si presuppone che una maggiore
quantità di occorrenze sia sintomatica di una maggiore attenzione verso il modo che le
occorrenze identificano. In quest’ottica, il modo che risulta di gran lunga piø trattato è
l’indicativo. Osservando, invece, le occorrenze dei modi verbali nella loro distribuzione
all’interno delle diverse parti dei manuali, si vede che l’indicativo risulta piø trattato nelle parti
iniziali e passa in secondo piano in quelle successive, secondo un andamento contrario a quello
del condizionale. Nei manuali indicizzati (tutti di livello iniziale), comunque, i modi piø attestati,
e quindi quelli su cui si lavora di piø, restano l’indicativo e, in misura minore, il participio.
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2. Analisi dei manuali: premessa
2.1 Strutturazione dell’analisi
Nei capitoli che seguiranno proporrò innanzitutto un’analisi dettagliata della terminologia
grammaticale presente in Piazza Navona, Contatto 1 e Rete 1, prendendo come campione di
analisi le prime tre unità didattiche di ciascun manuale. In seguito proporrò, invece, degli elenchi
sintetici di tutta la terminologia presente nei tre testi, in modo da fornire dati utili per valutazioni
di tipo quantitativo.
L’analisi dettagliata mira ad indagare, sul piano qualitativo, se in questi testi ci si
preoccupi o meno di chiarire il significato dei termini e delle locuzioni grammaticali di cui ci si
serve, e, in caso affermativo, quali siano le modalità secondo cui i significati vengono presentati.
Inoltre, verranno messi in evidenza altri aspetti relativi al metalinguaggio e all’atteggiamento
degli autori verso i problemi che esso può determinare per gli apprendenti. L’analisi prenderà in
esame in primo luogo il punto di vista degli autori, ma cercherà di fare luce anche su come gli
apprendenti possano percepire la terminologia che incontrano, al di là delle intenzioni di chi
scrive: ciò avverrà in particolare per la terminologia che non viene fatta oggetto di
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chiarificazioni.
L’analisi dei tre manuali sarà anticipata da una loro descrizione generale e verrà scandita
graficamente in capoversi che corrisponderanno ciascuno ad una pagina del testo originale, in
modo che la consultazione e la ricerca nei manuali delle parole grammaticali individuate in ogni
pagina risultino piø agevoli. Di ciascuna parola grammaticale verrà considerata in genere
soltanto la prima occorrenza, e ogni nuovo termine, o locuzione, sarà messo in evidenza con il
grassetto. L’analisi si concluderà con un commento che discuterà e analizzerà complessivamente
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gli elementi emersi.
2.2 La terminologia presa in esame
Nell’analisi che mi appresto a condurre terrò conto sia dei termini sia delle locuzioni che
identificano lessicalmente aspetti grammaticali dell’italiano. Nella maggior parte dei casi si tratta
di terminologia molto specifica (per esempio verbo, singolare, preposizione articolata, ecc.), ma
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Le valutazioni che propongo riguardo alle intenzioni degli autori e alla percezione dei termini da parte degli
apprendenti derivano unicamente da mie interpretazioni, che possono non essere sempre rispondenti alle intenzioni e
alle percezioni reali. In molti casi, comunque, credo che le valutazioni non lascino spazio a dubbi.
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Fornirò indicazioni piø dettagliate riguardo agli elenchi sintetici delle parole grammaticali in seguito, subito prima
di proporli.
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in altri casi anche di lessico che di solito non ha un valore grammaticale e che lo assume soltanto
in un contesto metalinguistico (per esempio irregolare e variabile).
Terrò conto, inoltre, di alcune parole che in genere nei manuali non vengono impiegate in
senso grammaticale, bensì logonimico (come frase e parola), e di altre che riguardano di solito la
fonologia o altri aspetti della lingua (per esempio vocale, sillaba, ecc.): sono parole, infatti, che
possono occorrere anche molto spesso all’interno di spiegazioni grammaticali e che, quindi, ne
condizionano in modo rilevante la comprensione.
2.3 Aspetti del significato della terminologia grammaticale
In molti casi (forse in quasi tutti) la comprensione del significato di un termine o di una
locuzione grammaticale dipende in gran parte dalla comprensione della funzione degli oggetti
linguistici che il termine o la locuzione designano: per comprendere, ad esempio, cosa si intenda
con articolo, non è sufficiente conoscere a memoria tutta la serie degli articoli italiani, la loro
declinazione, distribuzione, ecc., ma è necessario prima di tutto capire quale funzione rivestano
nei meccanismi della lingua. Per questo motivo, nel valutare come le locuzioni e i termini
vengano spiegati, darò un peso molto rilevante al chiarimento delle relative funzioni
grammaticali.
Va anche notato, però, che ci sono locuzioni costituite da un termine grammaticale e da
un aggettivo che lo specifica le quali non si distinguono dal “termine-base” perchØ fanno
riferimento a funzioni grammaticali diverse o piø specifiche (come per aggettivo possessivo
rispetto ad aggettivo), bensì perchØ ne identificano una sotto-categoria contraddistinta da
particolari caratteristiche morfologiche, come l’andamento della coniugazione o della
declinazione, o sintattiche, come il tipo di complemento retto: è il caso, per esempio, di verbo
irregolare o verbo regolare rispetto a verbo, oppure di verbo transitivo o verbo intransitivo. In
questi casi, dunque, la comprensione del significato è legata ad una funzione grammaticale solo
nella misura in cui gli apprendenti non conoscono la funzione identificata dal termine-base. In
tutte le locuzioni, comunque, una volta che si conosca il significato del termine che viene
specificato, la parte piø importante della comprensione dipende dal significato del termine che lo
specifica (di qualunque tipo esso sia).
Svincolata da funzioni grammaticali è anche, naturalmente, la comprensione delle parole
non strettamente grammaticali di cui terrò conto: in ambito fonologico, per esempio, la
comprensione di cosa sia una vocale non fa capo ad una funzione grammaticale e può essere
chiarita anche da un semplice elenco (anche se è auspicabile, magari a livello intuitivo, una
comprensione piø cosciente delle caratteristiche che portano un suono ad essere definito in
questo modo).
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Tra le parole che considero, poi, è possibile che gli apprendenti capiscano il significato
dei termini che vengono usati anche nel linguaggio comune (per esempio irregolare e
invariabile) in ragione della loro esperienza extra-scolastica, al di là delle spiegazioni presenti
nei manuali. Nell’analisi, in ogni caso, non terrò conto di preconoscenze motivate
dall’esperienza quotidiana, nØ da altri fattori, a meno che non siano gli autori dei manuali a farvi
riferimento in modo esplicito.
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