6
La mia tesi sarà dedicata proprio allo studio ed all’analisi dei principali
aspetti che hanno contribuito alla fioritura di quest’istituto, non solo in
Italia ma anche in altri paesi europei ed extraeuropei. Verranno dapprima
ricercate le cause economiche, politiche e sociali che hanno permesso di
formulare il testo legislativo del 1903 (capitolo 1). In seguitò procederò
ad un excursus storico della municipalizzazione, partendo dalle
esperienze medioevali in Italia fino ad arrivare alle prime esperienze
continentali nell’Inghilterra dell’Ottocento (capitolo 2).
L’indagine continuerà nel terzo capitolo soffermandosi in particolare
sugli eventi che hanno preceduto l’emanazione della legge, in particolare
il “clima favorevole” instauratosi nel nostro Paese e i contributi politici
forniti da movimenti in ascesa come il Partito socialista, il movimento
cattolico e liberale. In questo contesto non poteva mancare lo spazio per
Giovanni Montemartini, giurista pavese, che diede un apporto
fondamentale alla municipalizzazione con l’opera del 1902
“Municipalizzazione dei pubblici servigi”. Ampio spazio sarà dedicato
alla discussione parlamentare che animò le aule del Parlamento giolittiano
di inizio secolo (capitolo 4). Un lungo dibattito, diversificato tra Camera e
Senato, in cui si scontrarono opposte visioni politiche ed economiche, ma
che in definitiva diede il via libera alla legge sulla municipalizzazione. Il
7
quinto capitolo, invece, sarà interamente rivolto all’analisi degli aspetti
principali della legge del 1903 e del successivo regolamento di attuazione
dell’anno successivo. La tesi proseguirà l’indagine sullo sviluppo
dell’istituto fino al fascismo (capitoli 6). Infine la conclusione sarà
dedicata all’analisi del testo unico del 1925 e dei cosiddetti provvedimenti
“occulti” che si insinuarono tra le maglie della legge sulle
municipalizzazioni (capitolo 7).
8
CAPITOLO 1
IL CONTESTO
POLITICO - ISTITUZIONALE
9
1.0. INTRODUZIONE.
L’inizio del nuovo secolo coincise con il ritorno ad un clima politico ed
istituzionale rinnovato dopo la parentesi autoritaria e il regicidio di
Umberto I (29 luglio 1900) e, soprattutto, segnò un cambiamento
importante e radicale nel volto dell’amministrazione pubblica con
l’avvento di Giovanni Giolitti, prima nelle veci di Ministro dell’Interno
del Governo presieduto da Giuseppe Zanardelli e, a partire dall’ottobre
del 1903, come Presidente del Consiglio.
Si aprì così una fase di ripresa economica, pacificazione e
democratizzazione delle istituzioni
1
e si verificò un rasserenamento del
clima politico grazie alla sapiente condotta dello statista di Dronero che
riuscì a mescolare accenti riformisti e conservatori con un programma di
governo improntato quasi esclusivamente a problematiche di politiche
interna e, secondo l’affermazione di molti, attraverso il cosiddetto
“riformismo senza riforme”. Una politica che si pose al passo con i
processi di modernizzazione in atto nel Paese e capace di trovare un
sostanziale equilibrio in alcune importanti riforme che influirono non
poco sullo sviluppo della penisola. Sicuramente, la legge 29 marzo 1903,
1
AIMO, Stato e poteri locali in Italia1848-1995, Carocci, Roma, 1998.
10
n. 103, relativa alla “assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei
comuni” fu indirizzata in quest’ottica e dettata da esigenze legate ai
numerosi fattori di sviluppo che si stavano intrecciando in quegli anni. Il
periodo che va dagli inizi del secolo alla vigilia della prima guerra
mondiale, anche se non riuscì a dotare il Paese di un sistema industriale
tale da assicurare una certa autonomia economica, tuttavia ebbe il merito
di contribuire all’evoluzione dell’ambiente sociale e pose la basi per
l’avvento e per lo sviluppo di settori come l’industria chimica, siderurgica
ed elettrica
2
. Proprio in quegli anni si evidenziò un processo di
trasformazione del mondo dell’industria, con notevoli divari territoriali,
capace di localizzarsi prevalentemente nel ben noto “triangolo
industriale”, formato da Genova, Torino e Milano, lasciando dietro di sé
un immobilismo preoccupante nel Mezzogiorno, legato ancora ad una
società agraria, in uno stadio quasi precapitalista. In quest’ottica Giolitti
seppe muoversi con abilità puntando sulla modernizzazione degli apparati
burocratici, senza però dimenticarsi di utilizzare i meccanismi di uno stato
accentratore di matrice liberale
3
. Egli puntò in particolare a rafforzare la
macchina amministrativa dello Stato attraverso un attento sistema di
2
GIACCHI, La Municipalizzazione, in “Amministrazione civile”, 1962.
3
GHISALBERTI, Storia costituzionale d’Italia1848-1948, Laterza, Bari, 1992.
11
controlli; sotto il profilo istituzionale invece si dedicò al rafforzamento e
al consolidamento del legame con il Governo, allargando la sua visione
politica anche alle nuove forze presenti in Parlamento. L’età giolittiana,
un’egemonia che durò all’interno della vita pubblica italiana per quasi
undici anni, fino cioè alle dimissioni del marzo 1914, rappresentò un
periodo di evoluzione e sviluppo a cui contribuirono notevolmente due
importanti fattori. Innanzitutto l’emergere di un nuovo ceto medio
formato dalla classe di lavoratori subordinati che soppiantò la “vecchia”
borghesia costituita da commercianti, artigiani e piccoli proprietari
terrieri. Una nuova classe che godeva dei benefici portati dall’industria, in
particolare dall’aumento dei salari reali che favorì indubbiamente un
incremento di benessere nella popolazione
4
.
4
BINI, Municipalizzazione e pensiero economico: il controverso dibattito in Italia all’ inizio del
12
1.1. L’URBANESIMO E LA CRESCITA DEMOGRAFICA.
Un altro elemento impossibile da trascurare fu il fenomeno
dell’urbanizzazione. L’espansione demografica e delle città ebbe una
forte accelerazione all’inizio del secolo e proprio questo fattore ebbe una
spinta decisiva sul fronte delle municipalizzazioni. Basti pensare che il
processo di urbanizzazione portò la percentuale dei residenti nei centri
urbani, superiori ai ventimila abitanti, dal 19,6% del 1861 al 28,1% nel
1901. Di fatto il numero delle amministrazioni con una popolazione tra i
cinquanta e i centomila abitanti si era più che raddoppiato negli ultimi
quarant’anni (solo 12 nel 1861, 25 nel 1901) e lo stesso fenomeno si era
verificato relativamente a quelle città superiori ai centomila abitanti.
In questo caso, rispetto ai dati relativi al 1861, era stata solo una città ad
aggiungersi a quelle già preesistenti all’inizio del secolo, ma
quelle
superiori ai duecentomila abitanti erano più che raddoppiate, passando da
tre a sette, e accanto a Napoli, che già nel 1861 superava come
popolazione i quattrocentomila abitanti, si aggiunsero nel 1901 città come
Milano e Roma
5
. Nel giro di quarant’anni la popolazione italiana era
secolo, in “La Municipalizzazione in area padana” Milano, 1988.
5
RUGGE, Trasformazioni delle funzioni dell’amministrazione e cultura della municipalizzazione,
Giuffré, 1985.
13
aumentata di ben sette milioni di unità e, già fin d’allora, questo
incremento aveva colpito principalmente i capoluoghi di Provincia
6
. La
nozione di “crescita urbana”, al di là di quelle che sono le peculiarità e le
caratteristiche di sviluppo per i singoli centri, era ormai un fenomeno
comune a tutto il Paese. Anzi, come sostiene lo studioso Franco Rossella,
“è certamente acquisita (…) la consapevolezza che l’urbanesimo non sia
un fenomeno occasionale o in qualche modo reversibile, bensì un
processo dinamico, la cui accelerazione è effetto più o meno diretto, ma
inevitabile, dello sviluppo economico e comporta a livello politico -
istituzionale una ridefinizione dei compiti, delle funzioni e dei poteri
d’intervento dell’ente locale, investito com’è da bisogni ed esigenze
nuovi e diversificati che l’evolvere e l’articolarsi delle collettività urbane
esprimono in termini di infrastrutture e servizi”
7
.
Proprio su questo fenomeno si soffermarono sia il Ministro dell’Interno
Giovanni Giolitti, nella seduta dell’11 aprile 1902 , nella relazione
introduttiva al disegno di legge sulla municipalizzazione, sia il deputato
Angelo Majorana nella seduta del 23 maggio 1902 quando cioè venne
presentata alla Camera la vasta ed esauriente relazione (di ben 72 pagine)
6
PISCHEL, Prime linee di sviluppo dell’economia delle imprese pubbliche in Italia, (1861 - 1957),
Milano, 1957.
7
ROSSELLA, Il dibattito sui servizi pubblici e la municipalizzazione all’inizio del secolo XIX, in
“Pavia economica”, marzo - giugno 1979, cit., p. 78 - 79.
14
elaborata dalla Commissione, presieduta dall’onorevole Giuseppe Fasce,
incaricata di perfezionare il disegno di legge
8
. Una relazione fiume che al
secondo paragrafo, dal titolo “La città moderna”, toccava nello specifico
lo sviluppo dei centri urbani.
“Il principale motivo, - si legge nella relazione Majorana - per cui il
problema della municipalizzazione dei pubblici servizi rendesi sempre più
interessante ed urgente, deve, senza dubbio, attribuirsi non soltanto al
progressivo ingrandimento delle città, ma ben pure alla crescente
intensificazione della vita urbana”
9
.
Il documento si soffermava soprattutto sul cambiamento dimensionale e
della struttura interna della città, “non soltanto - proseguiva la relazione -
crescono le città, ossia i centri urbani diventano più popolosi, ma in essi, a
parità di popolazione, la vita si rende più socievole, affrettasi lo scambio
di servizi fra cittadini, moltiplicansi i bisogni collettivi, ai quali torna
sempre meno facile che gli individui soddisfino da soli, e viceversa, è
sempre più necessario che si provveda con mezzi sociali”
10
.
8
PISCHEL, La municipalizzazione in Italia ieri, oggi e domani, Roma, 1965.
9
RUGGE, Trasformazioni delle funzioni dell’amministrazione e cultura della municipalizzazione,
Giuffré, 1985, cit., p. 1237.
10
ROSSELLA, Il dibattito sui servizi pubblici e la municipalizzazione all’inizio del secolo XIX, in
“Pavia economica”, marzo - giugno 1979, cit., p. 79.