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Introduzione
Questo lavoro rappresenta lo studio di uno specifico ambito della
produzione artistica della civiltà etrusca in uno dei suoi centri di primaria
nascita e diffusione: la produzione di oreficerie e la lavorazione dei metalli
nobili a Vetulonia.
1
In particolare, l’obiettivo principale della ricerca
consiste nell’elaborazione di un catalogo di questa caratteristica classe di
manufatti, concentrato sui periodi tardo villanoviano e Orientalizzante,
momenti durante i quali il centro etrusco di Vetulonia ha restituito una
notevole varietà di produzioni. Prendendo in esame i corredi delle sue vaste
necropoli, è stato possibile suddividere il catalogo in due parti distinte,
classificando il materiale in base alla provenienza.
2
La prima parte dello studio si concentra sulle oreficerie di sicura
attribuzione ai contesti tombali di Vetulonia e analizza i corredi funebri più
eloquenti, ricchi di questi particolari ornamenti personali. Fanno parte di
questo gruppo i monili provenienti da tre tipologie distinte di sepolture,
ovvero i circoli di pietra “interrotti”, i circoli di pietra “continui” e le tombe
a tholos, ai quali si aggiungono i cosiddetti “ripostigli degli stranieri”.
I primi (n. 1 del presente catalogo) hanno restituito materiale per lo più
databile alla fine dell’VIII secolo a.C., ma sono noti già a partire dalla fine
del IX secolo a.C. A questo periodo (terzo quarto del IX secolo a.C.) risale
una fibula in bronzo con arco rivestito di filo d’oro (n. 1.1), proveniente
dalla Tomba I del I circolo di pietre “interrotte”. Nonostante appartenga ad
un periodo antico della facies villanoviana, è opportuno inserirla nel
catalogo data l’importanza che riveste nel panorama dello sviluppo della
1
Con il termine “oreficerie” intendo riferirmi agli ornamenti personali (fibule, armille, spirali,
collane, aghi crinali, anelli, borchie, bulle, frontali) eseguiti in oro, in argento e in elettro.
2
Il criterio scelto per ordinare il catalogo è di natura topografica: partendo dal Poggio alla
Guardia, colle limitrofo all’abitato moderno, si prosegue seguendo il naturale pendio in direzione
nord-est. Le schede del catalogo sono invece suddivise in base al materiale, presentando prima le
oreficerie in oro, poi quelle in argento e infine quelle in elettro.
2
metallotecnica vetuloniese. È una testimonianza infatti della precocità con
la quale Vetulonia iniziò a lavorare l’oro, oltre che il segno di una prima
differenziazione all’interno della società, processo che si accentuò nel corso
dell’VIII secolo a.C. fino a rendersi evidente con la nascita del ceto
aristocratico strutturato su base gentilizia. Eloquenti al riguardo sono i
circoli di pietra “continui”, sepolture a cremazione o a inumazione databili
alla fine dell’VIII e nel corso del VII secolo a.C., che hanno restituito
numerosi ornamenti personali in oro, in argento e in elettro, come il Circolo
dei Monili (n. 4), delle Pellicce (n. 13), degli Acquastrini (n. 9), del
Tridente (n. 12) e dei Leoncini d’Argento (n. 17).
La tomba più sontuosa dell’Orientalizzante maturo, le cui oreficerie sono il
simbolo dell’alta perizia tecnica raggiunta dagli orafi vetuloniesi nella
lavorazione dell’oro, è sicuramente quella del Littore (n. 10), il cui corredo
è composto oltre che da fibule decorate a stampo e a pulviscolo, tecnica
peculiare di Vetulonia, da un ago crinale, una collana e una coppia di
armille, finemente decorate con motivi tratti dal tipico repertorio
Orientalizzante.
Sono stati inoltre presi in esame gli ornamenti personali scoperti nelle
tombe a tholos, ascrivibili alla fase più recente del periodo Orientalizzante
(II metà del VII secolo a.C.), considerando sia i ricchi corredi provenienti
dalle sepolture più decentrate del monumentale Tumulo della Pietrera (n.
18), sia la suppellettile della più modesta tomba della Fibula d’Oro (n. 19).
Appartengono infine alla prima parte del catalogo anche i cosiddetti
“Ripostigli degli Stranieri”. Si tratta in realtà di semplici tombe a
incinerazione o a inumazione (fine dell’VIII - metà del VII secolo a.C.)
considerate erroneamente al momento della scoperta semplici ripostigli
colmi di oggetti preziosi e di importazione.
3
La seconda parte del catalogo raccoglie invece quelle oreficerie che a
partire dalla fine dell’Ottocento furono acquistate da proprietari privati
3
Si vedano nn. 2-3 del presente catalogo.
3
(acquisto Guidi, Bambagini e Camaiori) e che confluirono per la maggior
parte nella collezione del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
4
Degna di nota è inoltre la fibula con arco a sanguisuga e finissimo decoro a
pulviscolo (n. 25.1), donata al Museo Civico Archeologico “Isidoro Falchi”
di Vetulonia nel 2006 dalla proprietaria Nilia Renzetti-Poli.
Per redigere il catalogo sono state prese in considerazione principalmente
due tipi di fonti. Il primo sono testi di fine Ottocento, tra i quali assumono
primaria importanza le relazioni di scavo di Isidoro Falchi, scopritore di
Vetulonia, pubblicate nel periodico “Notizie degli Scavi di Antichità” dal
1887 fino ai primi anni del Novecento, oltre che la monografia “Vetulonia e
la sua necropoli antichissima”. Entrambi i testi forniscono informazioni sui
contesti archeologici e tombali utili a comprendere lo sviluppo che ebbe
l’artigianato orafo vetuloniese nella sua fase più fulgida, corrispondente
cioè al periodo Orientalizzante (VII secolo a.C.). Più specifici
sull’argomento sono invece gli scritti di Georg Karo, pubblicati a cavallo
tra il XIX e il XX secolo, nei quali l’archeologo analizza le oreficerie
scoperte a Vetulonia fino a quel momento.
5
Oltre alle fonti di fine Ottocento, sono stati consultati cataloghi di mostre
relativi sia all’ambito delle oreficerie antiche che alla civiltà etrusca in
generale, eventi che si sono svolti nei principali musei archeologici del
territorio italiano ed europeo.
6
I dati provenienti dalle relazioni di scavo
sono stati pertanto confrontati con quelli più recenti, ricavati dai cataloghi.
Il presente studio è inoltre corredato da due capitoli introduttivi nei quali si
espone la storia del centro etrusco di Vetulonia prendendo in esame in
4
Il nucleo più ampio delle oreficerie vetuloniesi è conservato a Firenze presso il Museo
Archeologico Nazionale. Un secondo gruppo, meno numeroso, è invece esposto presso il Museo
Civico Archeologico “Isidoro Falchi” di Vetulonia.
5
KARO 1899-1901, pp. 235-283 e KARO 1902, pp. 97-147
6
Le più numerose sono state ospitate presso il già citato Museo Civico Archeologico di Vetulonia.
In particolare, nel 2002 si è svolta la mostra Vetulonia. “L’Età dell’Oro” che aveva come tema
appunto le oreficerie etrusche scoperte a Vetulonia e nel suo territorio relative ai periodi
villanoviano, Orientalizzante e arcaico: si veda ETÀ DELL’ORO 2002
4
particolar modo il periodo Orientalizzante, momento in cui si ha il fiorire
dell’artigianato orafo nonché la diffusione di preziosi monili in oro. Sono
stati perciò analizzati i contatti che la città intrattenne con le diverse civiltà
del bacino orientale del Mediterraneo, rapporti che avevano natura
commerciale (si veda par. 2.1 ), ma anche culturale: è infatti fondamentale
per Vetulonia e le sue botteghe artigiane la conoscenza in materia orafa
trasmessa da maestranze di origine orientale, giunte in Etruria alla fine
dell’VIII secolo a.C.
Segue poi un capitolo in cui si illustrano le diverse tecniche orafe proprie
dell’artigianato etrusco alle quali si ricorreva per realizzare e decorare i
preziosi monili in oro, argento e elettro. Da tener presente è il fatto che
alcuni di questi procedimenti sono ancora oggi piuttosto oscuri, come nel
caso delle complesse tecniche della granulazione o del pulviscolo,
nonostante lo sviluppo di metodi di analisi scientifica dei reperti e il
supporto fornito dall’archeologia sperimentale. Pur con questi problemi,
comprendere la storia delle tecniche orafe antiche permette non solo di
analizzare e conoscere le oreficerie etrusche da un punto di vista storico-
artistico, ma anche di rivelare quelle contraffatte e prodotte nelle botteghe
dei falsari, immesse nei mercati antiquari già dalla fine del XIX secolo.
5
Vetulonia: nascita e sviluppo della città.
1.1. La scoperta di Vetulonia e il suo territorio.
Vetulonia è situata in Toscana, a nord-ovest di Grosseto, nel comune di
Castiglion della Pescaia, su un’altura (345 metri s.l.m.) distante circa 15 km
dalla costa del Mar Tirreno (Fig. 1).
Durante la tarda antichità e per tutto il Medioevo si perse ogni notizia sulla
sua esistenza. A partire dal XV secolo si tentò più volte di localizzarla in
diversi centri dell’Etruria antica, ma le ricerche che furono effettuate
all’epoca non condussero ad esiti certi.
7
La sua definitiva scoperta fu resa
possibile grazie alle ricognizioni guidate da Isidoro Falchi,
8
medico
7
Si suppose che il centro di Vetulonia fosse situato a Viterbo, a Vulci, a Orbetello, a Marsiliana
d’Albegna e a Massa Marittima: SIGNORI DI MAREMMA 2009, p. 43, con bibl.
8
Isidoro Falchi fu prima medico condotto a Campiglia Marittima (1862-1871) e durante gli anni
successivi sindaco e consigliere comunale di Montopoli. Entrò in contatto con l’archeologia, in
particolare con Vetulonia, quasi per caso, consultando alcuni documenti medievali d’archivio nei
Fig. 1. Vetulonia e il suo territorio (Fonte: CAMPOREALE
2011, p. 359
6
originario di Montopoli Valdarno e grande appassionato di archeologia, tra
la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Gli scavi, che si protrassero per
circa trenta anni, si svolsero sul colle di Colonna di Buriano, piccolo borgo
della Maremma toscana, dove già da tempo gli abitanti del luogo avevano
dato notizia di alcuni ritrovamenti
9
, tra cui le tre monete etrusche con la
leggenda Vatl che per prime suscitarono la curiosità di Isidoro Falchi.
10
Una
volta localizzata dallo scavatore, il 22 luglio 1887 Umberto I re d’Italia
emanò un decreto regio che restituì a Colonna di Buriano l’antico nome di
Vetulonia.
11
A quanto si deduce dalle fonti, la storia dell’antica Vetulonia si intrecciò
con quella di Roma; stando infatti a quanto riporta Silio Italico (Punica,
VIII, 484-489) le insegne del potere romano, come i fasci littori, la toga
purpurea, la sella curule e la tromba da guerra deriverebbero proprio da
questa città etrusca. Questo fatto indica come nel I secolo d.C. Vetulonia
fosse considerata una delle più importanti città dell’Etruria
12
. Un ruolo
fondamentale era svolto dalla sua ubicazione che risultava favorevole per
gli scambi commerciali e per la sua economia: a sud-est era delimitata dal
fiume Bruna, mentre a sud confinava con il lago Prile. Il fiume Bruna
permetteva a Vetulonia di collegarsi direttamente al distretto delle Colline
quali si nominava il toponimo antico della città: “Trovai un documento del Mille che ricordava il
poggio di Vetulonia con molti altri nomignoli di confinazione, ebbi altresì la fortuna di avere
alcune monete con la iscrizione “vatl” che provenivano da Colonna, e il giorno Corpus Domini
dell’anno 1800 mi portai colà […]. Quella gita è uno dei più belli episodi della mia vita. Il primo
incontro furono le mura ciclopiche: domandai dei tanti nomi di confinazione ricordati nel
contratto del 1181 con nome di Vetulonia e tutti li ritrovai. Vetulonia era là.”: BRUNI 1994, p. 21,
con bibl.
9
“[…] un grande animale in bronzo” e uno “[…] ziro di terra cotta, pieno di oggetti”: FALCHI
1891, p. 8 e ss.
10
Si veda nota n. 8
11
Isidoro Falchi sostenne un’accesa polemica con Dotto de Dauli, che ipotizzava invece la
localizzazione del centro etrusco a Poggio Castiglione, vicino a Massa Marittima: CYGIELMAN
2000, p. 16
12
CAMPOREALE 2011, p. 356
7
Metallifere dalle quali essa attingeva ai metalli necessari per la
realizzazione di oggetti d’artigianato destinati, tra il IX e il V secolo a.C.,
ad un giro di scambi sia locale che esterno, rivolto all’Europa transalpina e
al mar Mediterraneo. Contemporaneamente la città possedeva un punto di
approdo sul lago Prile, oggi scomparso, il quale costituiva anche un
importante sbocco sul Mar Tirreno, configurando Vetulonia come una vera
e propria città marittima, nonostante la sua lontananza dalla costa.
13
A partire dall’VIII secolo a.C. la città sviluppò un vero e proprio
programma di occupazione e sfruttamento del territorio circostante. Lungo
queste vie di comunicazione infatti nacquero una serie di centri etruschi sui
quali Vetulonia esercitava il controllo: si tratta degli abitati dell’Accesa
(Massa Marittima), di Val Berretta, di Poggio Zenone, di Selvello, di San
Germano e di Santa Teresa di Gavorrano, centri che ebbero come scopo
quello di “costituire una rete di comunicazioni fra la metropoli e la regione
mineraria per assicurarsi il completo controllo dell’intero ciclo della
produzione metallurgica, dall’estrazione del minerale alla sua
lavorazione”.
14
1.2. Vetulonia dalla facies villanoviana al periodo Orientalizzante.
A differenza del periodo protovillanoviano (X secolo a.C), difficilmente
definibile a causa della scarsa documentazione in nostro possesso, la facies
villanoviana ha restituito maggiori evidenze archeologiche che dimostrano
come Vetulonia fosse un centro attivo e sviluppato già a partire dalla fine
13
Il lago Prile, un tempo tra Vetulonia e Roselle, si trasformò con il passare degli anni in palude,
poi bonificata sotto i Lorena. Oggi è la pianura di Castiglione e Grosseto. Forse lo sbocco sul mare
era garantito anche dalla presenza di un porto sul fiume Alma che sfociava alla fine del suo corso
nel mar Tirreno (CAMPOREALE 2011, pp. 356-357). Per quanto riguarda l’importanza che l’attività
nautica assunse a Vetulonia, si ha un chiaro esempio nel cosiddetto Trono Claudio scoperto a
Cerveteri (si veda nota n. 34 e DONATI-CAPPUCCINI 2008, p. 27, con bibl.).
14
DONATI-CAPPUCCINI 2008, p. 29. I rapporti tra i centri elencati e Vetulonia si intuiscono grazie
ai confronti tra i tipi tombali (tombe a pozzetto, a fossa e a tumulo) o alcuni oggetti tipici
dell’artigianato vetuloniese, come i vasi di impasto configurati a stivaletto o gli alabastra con
corpo allungato e decorato con protomi femminili: CAMPOREALE 2011, p. 366
8
del IX secolo a.C. Durante questo periodo il rito funebre era quello
dell’incinerazione: le ceneri del defunto venivano conservate in vasi che
potevano avere una conformazione biconica, globulare o a capanna,
adagiati in pozzetti scavati nel terreno. La presenza dell’urna cineraria a
capanna costituisce una particolarità, dato che fuori da Vetulonia è attestata
nei centri etruschi dell’Etruria meridionale.
15
Lo studio della suppellettile
funebre contenuta in queste prime sepolture ha evidenziato come già a
partire dalla fine del IX secolo a.C. si abbia una prima differenziazione
sociale all’interno della società vetuloniese
16
: si assiste infatti alla nascita di
un’aristocrazia che si era arricchita grazie alla fitta rete di commerci che lei
stessa aveva creato, favorita dalla vicinanza con il distretto delle Colline
Metallifere, dal quale venivano estratte le materie prime necessarie alla
produzione di beni destinati allo scambio. La potenza di questa nuova
classe sociale, che crebbe sempre più lungo tutto il corso dell’VIII secolo
a.C., è testimoniata anche dalla presenza dei primi oggetti preziosi nei
contesti funerari villanoviani di cui è un primo esempio la fibula con arco
serpeggiante proveniente dal I Circolo di Pietre Interrotte sul Poggio alla
Guardia (n. 1).
17
A partire dalla metà dell’VIII secolo a.C. in poi gli scambi commerciali, che
vedevano Vetulonia in stretti rapporti soprattutto con la Sardegna, con la
zona meridionale dell’Etruria e con l’area bolognese, si fecero sempre più
15
Il suo uso è attestato a Vetulonia fino alla metà dell’VIII secolo a.C. e non oltre: CYGIELMAN
1994, p. 281; CYGIELMAN 2000, pp. 35-36
16
Nella fase più antica la suppellettile è composta perlopiù da fibule ad arco serpeggiante e a
sanguisuga, da punte di lancia e da rasoi lunati. Dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C.
compaiono anche morsi da cavallo e oggetti esotici di importazione. Per quanto riguarda la
produzione ceramica, è tipica della cultura villanoviana vetuloniese una brocca eseguita con
impasto non depurato, dal corpo globulare e dal lungo collo decentrato, forse importata dalla
Sardegna: MICHELUCCI 1981, p. 138; CYGIELMAN 1994, p. 281; CAMPOREALE 2011, pp. 359-360,
con bibl.
17
È databile al terzo quarto del IX secolo a.C. (ETÀ DELL’ORO 2002, p. 11, n. 1 - si veda n. 1.2 del
catalogo). La fibula è una delle più antiche oreficerie rinvenute a Vetulonia e testimonia un primo
utilizzo dell’oro, in questo caso ridotto ad un filo e avvolto sull’arco di bronzo.
9
intensi e coinvolsero nuove direttrici (par. 2.1); indicativi al riguardo sono i
corredi provenienti dai cosiddetti “Ripostigli degli Stranieri” (n. 2),
ascrivibili alla fase di transizione tra il tardo villanoviano e il periodo
Orientalizzante. Quest’ultimi presentano materiali di importazione
provenienti dal bacino orientale del Mediterraneo (per esempio coppe
fenice, idoletti egizi e collane dal Vicino Oriente) e dall’area del mar
Baltico (soprattutto ambre). Il rito funerario che caratterizza questo periodo
è ancora quello dell’incinerazione, ma fanno la loro comparsa anche le
prime tombe a fossa.
18
È però con il periodo Orientalizzante che Vetulonia raggiunse il suo
splendore. Dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. l’Etruria, data la sua
ricchezza di risorse, divenne uno dei principali poli di attrazione per quei
mercanti fenici e euboici che cercavano nel Mediterraneo occidentale nuovi
centri con cui entrare in contatto, dopo l’invasione assira delle coste della
Palestina, della Siria e della Cilicia. Vetulonia, grazie allo sfruttamento del
bacino minerario delle Colline Metallifere, che permetteva di disporre dei
metalli richiesti dai commercianti orientali, divenne così, a partire
soprattutto dal VII secolo a.C., una delle più ricche e potenti città
etrusche.
19
La circolazione di genti e merci provenienti dal mondo del Vicino Oriente
influenzò in modo profondo la cultura vetuloniese: “[…] l’evidenza
archeologica mostra soprattutto nel rituale funerario l’adeguamento ad
un’ideologia con profonde influenze orientali”
20
.
18
Queste prime tombe a fossa della fine dell’VIII secolo sono i cosiddetti “circoli con buca
centrale” e i “ripostigli stranieri” (quest’ultimi potevano presupporre anche il rito
dell’incinerazione oltre che quello dell’inumazione): si vedano i nn. 1 e 2 e CYGIELMAN 1994, p.
281
19
Si estraevano il rame, lo stagno, il ferro, il piombo e l’argento: CAMPOREALE 2011, p. 361
20
CYGIELMAN 2000, p. 48
10
Per quanto riguarda l’architettura funeraria, tipici della facies
Orientalizzante sono il circolo di pietra (I metà del VII secolo a.C.)
21
e la
tomba a tholos (II metà del VII secolo a.C.)
22
, tipologie di sepolture che
ribadiscono il potere e il prestigio del ceto gentilizio, unitamente ai
numerosi oggetti esotici
23
e alle sontuose oreficerie di produzione locale
(par. 2.2) presenti nei loro corredi.
Profondi mutamenti investirono anche l’arte e l’artigianato di Vetulonia,
soprattutto nel campo della metallotecnica. Nacquero infatti vere e proprie
officine specializzate nella lavorazione dei metalli, dai più preziosi, come
l’oro e l’argento, ai meno pregiati. Con il bronzo si realizzavano soprattutto
oggetti legati alla cerimonia del simposio,
24
decorati con figure tratte dal
repertorio dell’arte del Vicino Oriente
25
e destinati ad un mercato non
necessariamente locale. Allo stesso modo si lavorava il ferro, utilizzato
soprattutto nella produzione di armi.
1.3. Le necropoli villanoviane e orientalizzanti di Vetulonia: tombe a
pozzetto, a circolo e a tumulo.
La necropoli di Vetulonia era una delle più estese d’Etruria. Le tombe
ascrivibili al periodo villanoviano restituirono ossuari biconici o urnette a
capanna, ed erano della tipologia a pozzetto, talvolta con copertura a scudo.
21
Si veda n. 4 e ss. Il circolo di pietre si può definire come “[…] un’area funeraria destinata ai
membri di una comunità aventi gli stessi diritti e che nel mondo dei vivi ha il corrispettivo nel ceto
gentilizio”: CAMPOREALE 2011, p. 360
22
Si vedano nn. 18-19
23
Per citare alcuni esempi: faïances dall’Egitto, lebeti dalla Siria del Nord (Circolo dei Lebeti:
VITE PARALLELE 2013, p. 160 e ss.) e una brocca d’argento da Cipro (scoperta nella Tomba del
Duce). Dalla Sardegna provengono invece navicelle nuragiche (Circolo delle Tre Navicelle, n. 14):
CAMPOREALE 2011, pp. 361-362
24
Reggivasi, incensieri, lebeti, situle e tripodi. Sempre a destinazione simposiaca erano anche
kantharoi e coppe, eseguiti con l’utilizzo di un impasto depurato a tal punto da far assumere ai vasi
un aspetto “buccheroide”. Nell’ambito della ceramografia le decorazioni sono ancora legate al
repertorio geometrico: ibidem., pp. 360-361
25
Mostri fantastici, leoni, protomi di animali e figurine umane, soprattutto il cavaliere sul cavallo:
CAMPOREALE 2011, p. 361