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civilistici ed economici che caratterizzano le operazioni in oggetto. In merito
al primo punto, si è illustrato il contenuto del decreto legislativo 16 gennaio
1991, n. 22, il quale, in attuazione della III e IV direttiva comunitaria, ha
provveduto non soltanto ad introdurre nel nostro ordinamento l’istituto della
scissione, costituendo la premessa per una successiva regolamentazione
fiscale, ma ha anche apportato significative modifiche alla disciplina del
procedimento di fusione e di scissione rendendolo più trasparente ed
informativo. Nell’individuare poi le diverse modalità con le quali tali
operazioni possono realizzarsi, sono state illustrate le possibili motivazioni di
carattere economico-aziendale che sono alla base delle scelte strategiche di
riorganizzazione societaria, evidenziando, inoltre, come proprio alcune
considerazioni di ordine tributario possano in alcuni casi indirizzare gli
operatori economici ad optare, tra varie alternative, verso operazioni di
fusione e scissione in quanto fiscalmente meno onerose.
Nel secondo capitolo si è proceduto ad individuare le ragioni per le quali
le operazioni di fusione e scissione vengano considerate neutrali ai fini delle
imposte dei redditi in applicazione del principio di conservazione dei valori
fiscalmente riconosciuti e della loro continuità nel tempo, rilevando tuttavia,
come in particolari ipotesi di fusione e scissione - definite senza concambio -
2
risulti necessario attribuire una certa rilevanza fiscale a determinate voci di
bilancio proprio al fine di rispettare il principio di neutralità. Successivamente
è stata analizzata l’evoluzione della disciplina fiscale nel tentativo di
comprendere le cause per le quali essa sia stata più volte modificata ed
integrata, nell’arco di pochi anni, da continui interventi legislativi che peraltro
non sempre sono state condivisi in campo dottrinale. Un ulteriore aspetto
esaminato in questa parte del lavoro ha poi avuto ad oggetto la normativa
antielusiva recentemente introdotta con il D. Lgs. 358/97, con la quale si è
provveduto, con risultati assai soddisfacenti, a sostituire il previgente art. 10
della L. 408/90, dimostratosi al riguardo assai carente nel contrastare i sempre
più diffusi comportamenti elusivi derivati da un distorto utilizzo delle
operazioni in oggetto.
Nel terzo capitolo è stata posta particolare attenzione al trattamento
fiscale delle differenze di fusione e scissione in quanto ad esse è rivolta larga
parte della disciplina fiscale dettata per queste operazioni. In quest’ottica, e
partendo da considerazioni di ordine civilistico-contabile, si è dimostrato che
le differenze derivanti dall’annullamento di partecipazioni, poiché hanno
origini e natura economica che le distinguono da quelle derivanti dal
concambio, dovrebbero essere assoggettate, di conseguenza ad un diverso
3
regime fiscale. Ciò stabilito, si è proceduto all’analisi della relativa normativa
fiscale con l’obiettivo di verificare in che misura tale criterio sistematico abbia
trovato conferma nelle singole disposizioni fiscali, e quali ragioni abbiano
potuto indurre il legislatore ad effettuare delle scelte differenti, come avvenuto
con l’introduzione dell’art. 27 della L. 724/1994.
Nell’ultimo capitolo, infine, sono stati analizzati, in via sommaria,
ulteriori aspetti di carattere fiscale aventi ad oggetto da un lato, la disciplina
prevista per i fondi in sospensione d’imposta e delle possibili alternative
offerte dal legislatore al fine di scongiurare l’immediata tassazione di tali
fondi in capo alla società incorporante o beneficiaria, dall’altro
l’individuazione dei limiti contenuti dalla normativa fiscale in merito alla
possibilità da parte della società incorporante o beneficiaria di riportare le
perdite pregresse sostenute dalle società incorporata o scissa in periodo
anteriore all’operazione di fusione o di scissione. Infatti, in applicazione del
principio civilistico secondo cui le società risultanti dalle operazioni in
oggetto subentrano in tutti gli obblighi e diritti della società incorporata o
scissa, si verifica l’esigenza di trasferire, anche ai fini fiscali, le posizioni
soggettive di queste società consentendo loro sia di ricostituire eventuali fondi
in sospensione sia di poter compensare le perdite subite prima dell’operazione
4
con gli eventuali redditi prodotti dal nuovo organismo produttivo. In entrambi
i casi la normativa fiscale si preoccuperà di stabilire limiti e condizioni
all’esercizio di codesti diritti al fine di evitare la diffusione di comportamenti
elusivi da parte dei contribuenti.
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Capitolo 1
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Le operazioni di fusione e scissione si caratterizzano in particolare per le
indubbie analogie insite negli istituti per ciò che concerne la disciplina
civilistica, i presupposti economici degli istituti ed i conseguenti aspetti
fiscali; per questa ragione appare opportuno effettuare un’analisi parallela
delle distinte operazioni straordinarie, concentrando l’attenzione sia sulla
normativa civilistica per esse dettata, sia sulle finalità di carattere economico
che con la loro realizzazione si intendono perseguire.
Riguardo agli aspetti civilistici degli istituti in oggetto, sarà dedicata
particolare interesse alla disciplina contenuta nel Decreto Legislativo 16
gennaio 1991, n. 22 con il quale è stata data attuazione alla III e VI direttiva
CEE in materia societaria; tale indagine evidenzierà come il legislatore
italiano abbia, da un lato, modificato significativamente la disciplina del
procedimento di fusione lasciandone sostanzialmente immutato l’ambito
d’applicazione ed i caratteri dell’istituto, dall’altro, introdotto e regolato
quello della scissione accogliendo nel nostro ordinamento una definizione
dello stesso istituto più ampia rispetto all’impostazione proposta dalla VI
direttiva.
Nell’individuare poi le finalità economiche delle fattispecie analizzate
risulterà agevole comprendere come la scissione sia, in generale, operazione
7
inversa rispetto alla fusione e avente quindi caratteri strutturali
tendenzialmente opposti. Sarà possibile constatare inoltre come entrambi gli
istituti possano talvolta essere utilizzati dagli operatori economici per
raggiungere obiettivi economico-strategici molto simili, addirittura identici in
alcuni casi specifici
1
, con la conseguente applicazione di identica disciplina
fiscale.
1
E’ il caso della “cosiddetta scissione parziale per incorporazione che si presenta anche nelle modalità
identica alla fusione differenziandosene solo per l’aspetto quantitativo, giacché limita il trasferimento
8
1.1. Profili civilistici della fusione e scissione
1.1.1 Profili civilistici della fusione
§ Riferimenti normativi e natura giuridica dell’istituto
L’istituto della fusione è attualmente regolato dal codice civile nella
Sezione II, Capo VIII del Titolo V negli articoli 2501 - 2504 -sexies, il cui
attuale contenuto è frutto delle molteplici modifiche apportate dal D.Lgs. 16
gennaio 1991, n. 22, emanato in attuazione della III e VI direttiva in ambito
comunitario.
In proposito, va rilevato che tale istituto, a differenza di quello della
scissione, già risultava disciplinato nel nostro ordinamento dal vecchio codice
di commercio, nonché successivamente, nella versione del codice civile (artt.
2501-2504) anteriore all’entrata in vigore del suindicato decreto.
Le modifiche introdotte dal legislatore, nel lasciare quasi del tutto
inalterati i caratteri strutturali dell’istituto, hanno interessato in particolare le
norme sul procedimento di fusione, fino ad allora risultate non solo carenti ma
soprattutto inadeguate a rendere l’operazione sufficientemente trasparente ed
ad una parte solo del patrimonio”, in Verna G., La Scissione. Prime considerazioni economico-
contabili e tributarie, Rivista dei dottori commercialisti, Giuffrè, Milano, n. 5/1991, p. 823.
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informativa, a dispetto degli interessi sia dei creditori sia soprattutto delle
minoranze sociali.
Prima di concentrare l’attenzione sui contenuti normativi dell’attuale
disciplina, occorre precisare che non vi è stata, in dottrina, piena concordanza
circa la natura giuridica della fusione.
In particolare essa risulta sostanzialmente divisa in due filoni
interpretativi.
Una prima teoria definita estintivo-creativa
2
, sorta sotto la vigenza
dell’abrogato codice di commercio e ulteriormente sviluppatasi negli anni,
considera la fusione alla stregua di un fenomeno di tipo successorio
comportante l’estinzione di una o più società (partecipanti alla fusione) e la
conseguente successione, in tutti i rapporti giuridici ad esse facenti capo, da
parte di un’altra società già in vita (incorporante) o da costituire.
2
Appartengono a questo prima teoria, pur se con conclusioni non sempre coincidenti circa il tipo di
successione che si realizza (se inter vivos o mortis causa), Graziani A., Diritto delle società, Morano,
Napoli, 1963; Ferri G., Le Società, in Trattato di Diritto Civile, UTET, Torino, 1987; Cottino G.,
Diritto Commerciale, Cedam, Padova, 1987.
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Un secondo orientamento, che ha peraltro riscosso nella più recente
dottrina ampi consensi
3
, appare, invece, alla luce delle recenti modifiche
normative, più adatto a individuare la natura giuridica dell’istituto in oggetto.
Sulla base, infatti, di questo secondo filone, l’operazione di fusione è reputata
come una mera modificazione dell’organizzazione sociale. Nell’aderire a
questa visione, il Di Sabato afferma opportunamente che “con la fusione non
vi è formazione di un nuovo contratto di società , ma unificazione di due o più
contratti; non vi è trasferimento della qualità di socio, ma ciascun socio
conserva la qualità di parte del contratto e dell’organizzazione così unificate;
non vi è trasferimento dei beni dalle società partecipanti a quella risultante
dalla fusione, ma conservazione della proprietà di essi in capo al soggetto
unificato”.
4
Se è vero, quindi, che la fusione si risolve in una vicenda meramente
modificativa, deve coerentemente escludersi che qualcuna delle società
3
Tra i sostenitori di questo secondo orientamento troviamo, invece, Santagata C., La fusione tra
società, Morano, Napoli, 1964; Di Sabato F., Manuale delle società, UTET, Torino, 4° ed., 1992;
Simonetto E., Della trasformazione e fusione delle società, in Commentario del codice civile Scialoja-
Branca, Zanichelli, Bologna, 1976; Tantini G., Trasformazione e Fusione di società, in Trattato di
diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, Cedam, Padova, 1985; Galgano F., Diritto
civile e commerciale, III, tomo 2°, Cedam, Padova, 1990.
4
Di Sabato F., Manuale delle società, UTET, Torino, 4° ed., 1992, p. 698.
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coinvolte pervenga ad estinzione per effetto di essa, come pure afferma il
codice civile con riferimento alle società incorporate o fuse
5
: tra
modificazione ed estinzione sussiste infatti un insuperabile dissidio logico, il
primo termine implicando - all’opposto del secondo - la persistenza
dell’organizzazione societaria, sia pure sotto una comune veste giuridica
6
.
Del resto, la stessa giurisprudenza non è rimasta indifferente dinanzi ad
un così acceso dibattito dottrinale. Pur restando fondamentalmente ancorata
alla concezione estintivo-creativa della fusione
7
, ha successivamente
temperato il proprio atteggiamento
8
nel tentativo di individuare una formula
giuridica di per sé capace di conciliare le due opposte teorie, in considerazione
5
Nell’articolo 2504 bis 1°comma.
6
Zizzo G., Considerazioni di carattere generale sulla natura giuridica della fusione.., in Rass. Trib. n.
4/1990, p.279.
7
In un primo tempo la giurisprudenza si era espressa affermando che “a seguito della incorporazione
non sembra possa dubitarsi del conseguente fenomeno di estinzione della società ... con effetto che il
patrimonio viene distribuito al socio avente diritto, nella specie la società incorporante”. Comm. Trib.
Centr., sez. IX, 20-10-1977 n. 12740; Comm. Trib. Centr., sez. X, 23-2-1980 n. 1704.
8
Successivamente, superando tale orientamento, essa ha sostenuto che “nell’incorporazione si ha,
bensì, l’estinzione di un soggetto d’imposta, ma non l’estinzione vera e propria della società
incorporata, il cui patrimonio semplicemente confluisce in una più ampia sfera giuridico-economica”.
Cass. Sez. Un.., 2-2-1984, n. 3217., in Dir. Prat. Trib., 1985, II, p. 333.
12
soprattutto dei conseguenti riflessi fiscali
9
che una rigida posizione avrebbe
invece determinato.
In realtà, quando si affronteranno le problematiche fiscali inerenti la
fusione, la tesi seguita dalla seconda teoria, risulterà sicuramente più
confacente rispetto al trattamento che il legislatore tributario ha riservato
all’operazione medesima. Considerare, infatti, la fusione, una semplice
modifica statutaria anziché un fenomeno estintivo-costitutivo, renderà
facilmente comprensibili le ragioni per cui, ai fini impositivi, tale operazione,
proprio perché non realizza alcun trasferimento dei beni da una società
all’altra, bensì una semplice unificazione dei rispettivi patrimoni, sarà
assoggettata, in via generale, al regime di neutralità fiscale
10
.
9
Se la fusione, infatti, “venisse concepita come un mero trapasso di patrimoni, sia pure a titolo
universale, la continuità si spezzerebbe a vantaggio dell’idea della separazione e risulterebbe difficile
sfuggire alla conseguenza di dover tassare i plusvalori inglobati nei beni che vengono trasferiti”.
Falsitta G., La tassazione delle plusvalenze e delle sopravvenienze nelle imposte sui redditi, Padova,
1978, pp. 141 e ss.
10
A conclusioni simili ma non identiche giunge Lupi R., Profili tributari della fusione di società,
Cedam, Padova, 1989, pp. 34-37, il quale, pur condividendo la tesi secondo cui la fusione rappresenta
una mera modifica statutaria, riesce a dimostrare che, anche ove si acceda a una concezione estintivo-
creativa della fusione, il risultato cui deve giungere il legislatore fiscale è comunque il medesimo in
quanto anche in quest’ipotesi si avrebbe un’estinzione senza liquidazione, non idonea a produrre quella
riattribuzione del patrimonio alla disponibilità dei soci che risulterebbe invece tassabile ai fini fiscali.