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L’operazione di fusione diventa così oggetto di studio, oltre che della scienza
giuridica, anche della dottrina aziendalista e di quella più prettamente
ragionieristica e fiscale, tanto che si rende a volte necessario un approccio
interdisciplinare alle norme.
Nel nostro ordinamento, non si usano solo operazioni di acquisizione e fusione per
realizzare processi di concentrazione; molti sono gli strumenti, variamente
combinati, tra cui giova ricordare l’affitto e il conferimento d’azienda, la cessione
di partecipazioni societarie, la costituzione di joint ventures, di consorzi o società
consortili, la realizzazione di “holdings” e, talvolta, gli accordi di “cartello”.
Ciò che differenzia però la fusione dalle altre forme di aggregazione – caratterizzate
in sostanza da collegamenti fra imprese il cui risultato è il controllo di alcune sulle
altre - è che la fusione è l’unico istituto che, grazie all’effetto estintivo-costitutivo
che la caratterizza, comporta l’estinzione di alcuni (nella fusione per
incorporazione) o di tutti (nella fusione c.d. “propria”) i soggetti che vi prendono
parte. E’ cioè l’unica combinazione che “semplifica” il panorama giuridico e che
attua una concentrazione “economica” anche formale.
Nelle pagine che seguono si analizzerà solo il processo di fusione, anche alla luce
delle recenti modifiche all’istituto introdotte dall’entrata in vigore del nuovo diritto
societario.
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Si analizzerà in primo luogo le motivazioni economiche che stanno alla base delle
operazioni di fusione, cercando di individuare le molteplici finalità che vendono
addotte da imprenditori e managers a giustificazione dell’operazione.
Dopo una breve disamina degli aspetti giudici della fusione, si ripercorrerà
l’evoluzione della relativa normativa, a partire dalla III Direttiva CEE e sino al
D.Lgs. 22/1991, per poi approdare alla recente riforma del diritto societario del
2003, individuando – rispetto al passato – le principali novità dell’attuale disciplina.
Il secondo capitolo della tesi è riservato al procedimento di fusione e agli atti
necessari per la sua attuazione.
Si esaminerà la funzione di trasparenza e di informativa propria del progetto di
fusione e la possibilità, recentemente introdotta, di procedere a modifiche dello
stesso purché le stesse non incidano sui diritti dei soci o dei terzi. Verrà quindi
posta l’attenzione su quali debbano essere le indicazioni minime contenute in tale
progetto, sul significato e sul contenuto della relazione che l’organo amministrativo
deve approntare, in accompagnamento al progetto, per illustrare e giustificare sotto
il profilo giuridico ed economico, l’operazione di fusione e in particolare la scelta
del rapporto di concambio.
Tale rapporto – che costituisce il vero focus economico dell’operazione di fusione –
non è, come si vedrà, una semplice operazione aritmetica di divisione dei valori di
bilancio delle società coinvolte, ma – per le sue caratteristiche di discrezionalità e
negoziabilità tra le parti coinvolte – può rappresentare motivo di possibili conflitti
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tra i soci. Da qui le garanzie procedimentali che il legislatore ha voluto inserire,
quali oneri di motivazione, obblighi di illustrazione e giustificazione di tale
rapporto da parte degli amministratori, i pareri di congruità degli esperti, il tutto
ispirato al principio che maggiori sono le informazioni e i controlli e minori sono i
rischi del manifestarsi di tali conflitti.
Si tratta, in definitiva, non di cercare una assoluta giustizia del rapporto di cambio,
ma di fissare le regole attraverso cui tale rapporto possa essere considerato congruo
ed adeguato, regole improntate alla logicità, trasparenza e completezza del
procedimento. Il parere degli esperti ha quindi la funzione di verificare i metodi
utilizzati dagli amministratori per la definizione di tale rapporto di cambio,
segnalando le eventuali difficoltà, il tutto per consentire ai soci di valutare, sotto il
profilo del loro particolare interesse, la convenienza dell’operazione di fusione.
Particolare attenzione verrà poi posta alla disamina della tutela, che il codice
riserva, ai creditori e agli obbligazionisti delle società che partecipano alla fusione,
approfondendo i loro diritti, i rischi di pregiudizio a cui sono sottoposti e le
possibilità di opposizione alla delibera di fusione.
Verrà inoltre illustrata la cosiddetta “efficacia sanate” dell’iscrizione dell’atto di
fusione, illustrando le motivazioni – sia di ordine giuridico sia dal punto di vista
economico - che hanno spinto, prima il legislatore comunitario, e poi con maggior
vigore quello italiano, a precludere la dichiarazione di nullità una volta che la
fusione ha esplicitato i suoi effetti.
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A conclusione del capitolo, si approfondirà la fusione a seguito di acquisizione per
indebitamento: è il cosiddetto leveraged buy-out. Dopo la ricostruzione della
complessa operazione che - attraverso un articolato disegno finalizzato a scaricare il
costo dell’operazione sul patrimonio della società acquistata e ricorrendo alla
capacità di indebitamento della stessa - , si riporteranno le perplessità e le critiche
che tale operatività ha sollevato in passato in dottrina e giurisprudenza.
La recente riforma del diritto societario si è così posta l’obiettivo di risolvere alla
radice il problema del levaraged buy-out ammettendone la liceità purché
nell’ambito degli specifici limiti sanciti dall’art. 2501-bis c.c., il tutto nella
consapevolezza del rischio sempre elevato che tali operazioni comportano a causa
del cospicuo indebitamento connesso all’acquisizione della società target.
Da ultimo, si porrà l’attenzione sulle semplificazioni che il legislatore ha ritenuto
opportuno predisporre sia nel caso di fusioni per incorporazione di società
interamente possedute o possedute nella misura del novanta per cento, e sia laddove
le fusioni interessino società il cui capitale non è rappresentato da azioni.
Particolare attenzione viene di seguito posta alle operazioni di fusione che
coinvolgono gli Istituti di crediti. La globalizzazione dei mercati e la sempre più
rapida integrazione europea in uno alla compressione dei tradizionali margini di
redditività, hanno spinto molti Istituti di credito a ricercare forme di aggregazione
sempre più spinte con l’obiettivo di conseguire vantaggi competitivi e incrementare
le quote di mercato. Le pagine dei giornali – anche in questi giorni “caldi” per
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l’annunciata operazione di fusione tra Banca Intesa e San Paolo IMI - sono piene di
notizie sul cosiddetto “risiko” bancario e suggeriscono articolate riflessioni sulle
possibili economie di scala e, di contro, sui costi che tali integrazioni comportano.
L’argomento merita, inoltre, un particolare approfondimento in quanto le
operazioni di fusione tra le banche sono soggette alla vigilanza e alla autorizzazione
della Banca d’Italia che si ispira, nelle proprie decisioni, a politiche di “sana e
prudente gestione dei soggetti vigilati”. Da qui l’esigenza di approfondire le
istruzioni e le modalità operative attraverso le quali la Banca d’Italia esercita la
propria funzione di stabilizzazione del sistema creditizio.
L’occasione dell’esame delle fusioni tra banche consente anche un
approfondimento della più generale problematica delle fusioni eterogenee, cioè di
quelle operazioni che vedono coinvolte banche strutturate come società per azioni e
banche in forma cooperativa, distinte, come noto, in popolari e di credito
cooperativo. Si esaminerà quindi le ripercussioni sui diritti patrimoniali dei soci
laddove lo sbocco di una fusione sia una banca cooperativa e le implicazioni sulle
riserve indisponibili e sui fondi cooperativi laddove la conclusione dell’iter di
fusione dia luogo ad una banca società per azioni.
Si è deciso, nell’ambito della più generale rappresentazione delle operazioni di
fusione, di focalizzare una speciale attenzione all’importante argomento della
“tutela dei soci di minoranza”. A partire dalle norme inserite nel Testo Unico della
Finanza e dopo una breve panoramica sull’obbligo di OPA ove venga assunta una
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delibera di fusione nel dodici mesi successivi all’iniziale offerta volontaria, si
procederà ad un approfondito esame delle azioni esperibili dal socio che si ritiene
danneggiato da un’operazione di fusione. Si esamineranno le motivazioni adducibili
per l’impugnazione della delibera di fusione – conflitto d’interessi, inesatta
determinazione del rapporto di cambio, omissione di elementi essenziali al
procedimento - e si valuterà l’iter operativo per richiedere la sospensione di tale
delibera prima che venga trascritta nel registro delle imprese, iscrizione che
comporta, come noto, la preclusione della pronuncia di invalidità dell’atto di
fusione. Resta fermo per il socio danneggiato, in caso di perfezionamento della
fusione, il diritto al risarcimento del danno; si esporranno, di conseguenza, i
soggetti passivi legittimati a tale risarcimento e la definizione dell’area del danno
risarcibile.
Da ultimo, si approfondirà il “diritto di recesso”, istituto questo tra quelli
maggiormente modificati in occasione della recente riforma del diritto societario.
L’idea di riformulare completamente tale diritto è derivata dalla manifesta
inefficienza che lo stesso aveva dimostrato, nella precedente formulazione del
codice civile, in un tema – quello del diritto del socio a svincolarsi, in tutto o in
parte, dall’investimento effettuato – di centrale importanza per le implicazioni
economiche e giuridiche nei confronti di coloro che investono in attività di impresa.
Esso rappresenta, in definitiva, una particolare “rete di sicurezza” rispetto ad
eventuali modifiche – ad esempio derivanti da operazioni di fusioni non condivise -
nelle caratteristiche di rischio del proprio investimento.
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Il legislatore, con la recente riforma, ha significativamente modificato la precedente
visione di tale istituto, visione che era improntata a diffidenza, se non a vera e
propria ostilità. Si prenderà quindi in esame le novità della recente disciplina –
l’aumento e la diversificazione delle cause di recesso, la possibilità per il socio di
disinvestire solo parzialmente e le modalità di determinazione del valore della
quota spettante al recedente – e si sottolineeranno le profonde differenze che
caratterizzano l’applicazione del diritto di recesso per le società per azioni da quelle
della società a responsabilità limitata. A conclusione di questo lavoro, si porrà in
evidenza la nuova impostazione che ha ispirato il legislatore nel ridisegnare
complessivamente le srl e che vede nell’atto costitutivo lo strumento principe per
regolare i rapporti tra i soci, diritto di recesso compreso.