Premessa
I minerali possono essere molto più complessi rispetto a quanto creduto fino ad
uno o due decenni fa. Si è arrivati a questa conclusione dalla scoperta che le loro pro-
prietà chimiche e fisiche, specie quando i minerali in questione sono nell’ordine dei na-
nometri, variano con le dimensioni. Queste variazioni sono per lo più dovute a differen-
ze nelle strutture atomiche di superficie o prossime ad essa, ed in questi piccolissimi re-
gni dimensionali la forma dei cristalli e la topografia superficiale variano in funzione
delle dimensioni. Ѐ stato stabilito che queste variazioni possono modificare in maniera
importante la cinetica e la modalità di reazioni geochimiche e biogeochimiche impor-
tanti. Questo riconoscimento allarga ed arricchisce il nostro punto di vista sull’influenza
che hanno i minerali nell’idrosfera, la pedosfera, la biosfera e l’atmosfera (Hochella et
al., 2008).
Le tematiche affrontate in questa tesi sono la natura ed il comportamento di alcuni
nanominerali e dei colloidi. Attraverso un lavoro di laboratorio ed una fase di raccolta
bibliografica si è mirato ad approfondire la conoscenza riguardo alcune fasi mineralogi-
che presenti alla nanoscala, al fine di ottenere un quadro meglio definito sul contributo
e l’influenza che queste hanno sui processi naturali.
Verranno affrontati, a tal proposito, i casi specifici della crisocolla e delle ocre; la
prima è un minerale secondario associato a giacimenti di calcopirite, descritto nei ma-
nuali di mineralogia come un silicato idrato di rame con una probabile struttura smecti-
tica; le seconde formano depositi caratterizzati dalla presenza di ossidrossidi di Fe (III),
conosciuti fin dalla preistoria per le loro proprietà pigmentali. I campioni di crisocolla
provengono dalla Val di Cornia e più precisamente dalle gallerie del parco archeomine-
rario di S. Silvestro, mentre le ocre sono state campionate sia dalle stesse gallerie che
da depositi di acque di versante nella zona di Massa Marittima, in prossimità del fiume
Merse.
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Capitolo 1 - La Nanogeoscienza
La parola in greco antico νανος e più tardi la parola in latino nanus, significano
entrambe “nano”. Secondo la sua moderna definizione scientifica, il prefisso “nano” si-
gnifica un miliardesimo, ovvero 10-9.
Per varie ragioni e convenzioni scientifiche ed ingegneristiche, la parola “nano-
scala” sta a significare l’intervallo di dimensioni che va, approssimativamente, da un na-
nometro a 100 nanometri. La Fig. 1.1 rende l’idea di quanto sia piccola questa dimen-
sione (per questo alla scala va dato un valore approssimativo), e dà una spiegazione per
capire come mai è così difficile comprendere il comportamento delle nanoparticelle nel-
l’incredibile complessità del sistema Terra.
Figura 1.1 – Le differenze di scala dimensionale tra la Terra ed una lampadina, e tra
quest’ultima ed una nanoparticella (NP), sono le stesse.
La Nanoscienza è la scienza dell’osservare, del misurare e del capire le proprietà
ed il comportamento degli oggetti nanometrici, il che spesso si tramuta in un qualcosa di
enigmatico ed allo stesso tempo eccezionalmente interessante. La Nanotecnologia trae
vantaggi dalla moltitudine di proprietà esibite dai nanomateriali sfruttandole al fine di
ottenerne un uso vantaggioso per una grande varietà di prodotti ed applicazioni com-
merciali.
Alcuni esperti in Scienze dei Materiali ed in Mineralogia delle argille ritengono
che le nanoscienze non sono una novità ma nient’altro che una materia già studiata da
decine d’anni a cui semplicemente è stato attribuita una nuova definizione. Altri, addi-
rittura, affermano che la Nanoscienza è una sorta di estensione di campi di ricerca già
esistenti nella nanoscala, usando teorie e metodi messi a disposizione solo negli ultimi
anni.
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La Nanogeoscienza si interessa dell’analisi quantitativa delle proprietà delle nano-
particelle minerali e della loro comparazione con quelle di grani più grandi degli stessi
minerali.
Nella nanoscienza si studiano le variazioni delle proprietà termodinamiche, mec-
caniche, elettriche, strutturali, ottiche e chimiche in funzione della dimensione fisica e
della forma del materiale. Per quanto riguarda i minerali in scala nanometrica, queste
variazioni sono molto pronunciate intorno alle decine di nanometri, e possono essere
spiccatissime sotto i 10 nanometri.
Ѐ stato creato uno schema di classificazione (Hochella et al., 2008) per i minerali
alla nanoscala. Questo schema è basato su due tipologie di minerali nanometrici: nano-
minerali e nanoparticelle minerali; suddivisi in 3 tipologie di abiti: nanobacchette, nano-
lamine e nanoparticelle. I minerali nanometrici devono avere per definizione almeno
una dimensione alla nanoscala, e, a seconda di quante dimensioni essi hanno in questo
intervallo, possono essere ulteriormente suddivisi. Nanolamine, nanobacchette e nano-
particelle hanno, rispettivamente, una, due e tre dimensioni nel nanointervallo (Fig. 1.2
A, B, C).
Figura 1.2 – Esempi di tre abiti minerali nanometrici. (A) Nanolamine, in questo caso
vernadite. (B) Nanobacchette, in questo caso il minerale palygorskite. (C) Nanoparti-
celle, in questo caso ferriidrite.
I nanominerali esistono solo sotto forma di una delle tre tipologie di minerali alla
nanoscala illustrate; ciò significa, che non ne esistono in natura equivalenti ad una scala
maggiore. Un esempio a riguardo è la ferriidrite, un nanominerale il cui diametro si ag-
gira mediamente intorno ai 10 nm o meno.
Le nanoparticelle minerali sono minerali che esistono alla nanoscala, ma che si ri-
trovano tranquillamente anche a scale maggiori.
Presumibilmente la grande maggioranza dei minerali consiste di specie che posso-
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no esistere sia come nanominerali che come minerali alla scale convenzionali.
I nanominerali e le nanoparticelle minerali sono comuni ed ampiamente diffusi
nell’atmosfera, negli oceani, nel suolo, nelle acque superficiali, nei suoli ed in quasi tutti
gli organismi viventi comprese alcune proteine. Ѐ abbastanza verosimile affermare, infi-
ne, che la maggior quantità sia ospitata negli oceani.
In termini di rilevanza della Nanogeoscienza nelle Scienze della Terra in generale,
i punti di maggior importanza, riguardanti processi legati alla nanoscala e che spesso ve-
dono la partecipazione di geomateriali nanometrici, sono: processi riguardanti la distri-
buzione degli elementi; interazione tra il mondo abiotico e quello biologico; processi di
catalisi eterogenea; percorsi di reazione; crescita dei minerali, trasformazioni ed altera-
zioni. L’importanza della nanogeoscienza sta nel fatto che ciò che accade in questo re-
gno non ha equivalenti né a scale maggiori né tantomeno a scale minori, ed è questo il
punto capitale che spinge l’attuale ricerca e quella futura nel settore.
L’interesse per la nanogeoscienza può essere verificato nel rapido crescere della
letteratura a riguardo. Un esempio dell’importanza globale rivestita da questa materia
sta negli studi condotti sul fitoplancton presente negli oceani; la produttività di fito-
plancton nelle acque oceaniche dipende in massima parte dalla disponibilità di nutrienti,
tra cui il ferro è uno dei più importanti. Nuove ricerche in questa direzione hanno dimo-
strato che un significativo apporto di ferro negli oceani è dovuto a nanoparticelle che si
aggirano in un intervallo di 2-20 nm.
La nanogeoscienza è inoltre a capo della ricerca volta a capire i processi di tra-
sporto dei metalli tossici negli ambienti superficiali. Studi condotti presso un sito conta-
minato negli Stati Uniti, precisamente nel Montana occidentale, in un’area di circa 1600
km2 contaminata da Cu, Zn, As, Pb e Cd a causa di attività di miniera cominciate circa
un secolo e mezzo fa, hanno dimostrato come i più grandi trasportatori di questi elemen-
ti siano nanominerali e nanoparticelle minerali, e più precisamente ossidrossidi di ferro
e manganese (Hochella et al., 2005).
Di notevole importanza sono anche le proprietà meccaniche dei nanominerali e
delle nanoparticelle minerali che, sebbene ancora poco studiate ai tempi d’oggi, possono
avere notevoli impatti sulle dinamiche delle Terra, e restano una delle aree più eccitanti
ed interessanti per il futuro della mineralogia. Aree interessate da queste proprietà sono
le superfici di faglia della crosta superficiale e poco profonda, create a seguito di feno-
meni sismici, in cui si riscontra una naturale produzione di nanoparticelle minerali do-
vuta allo sfregamento meccanico. La roccia polverizzata in queste zone di faglia, spesse
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più di 100 m, contiene notevoli quantità di frammenti di minerali con dimensioni di cir-
ca 10-20 nm ed è stato ipotizzato che queste nanoparticelle minerali possano avere un
ruolo importante nelle meccaniche di faglia (Wilson et al., 2005; Dor et al., 2006). Ѐ
stato inoltre suggerito come la nanoparticelle di silicati di alta pressione, come la ring-
woodite e la wadsleyite, possano giocare un ruolo centrale nell’innesco di sismi profon-
di a circa 300-700 km nel mantello terrestre (Green & Burnley, 1989). Ulteriori studi
sulle proprietà meccaniche delle nanofasi hanno mostrato l’importanza di queste ultime
per quanto concerne le variazioni di compressibilità delle fasi minerali in funzione delle
dimensioni alla nanoscala (Gilbert et al., 2006), proprio come agiscono le nanoparticelle
di TiO2 nel granato, il che può essere usato per ottenere ulteriori informazioni sui pro-
cessi di metamorfismo e sui tassi di esumazione (Hwang et al., 2007).
A dispetto però dell’ampia diffusione dei nanominerali e delle nanoparticelle mi-
nerali e della loro importanza nelle dinamiche del pianeta, il loro studio e la loro com-
prensione risultano comunque molto difficili. La stessa cosa, con ulteriori complicazio-
ni, può essere detta per quanto riguarda i nanomateriali amorfi. A causa delle limitate
informazioni diffrattometriche, delle misurazioni spettroscopiche difficili da interpretare
e della grande varietà di chimismo e forme, sappiamo molto poco riguardo ai nanomate-
riali amorfi rispetto a quelli cristallini. Tuttavia, da alcuni anni si sta cominciando a ri-
conoscere questi nanomateriali amorfi, data la loro importanza ed abbondanza in natura.
Zhu et al. (2006) hanno studiato le nanopellicole amorfe trovate sulle superfici dei
feldspati dell’arenaria di Jurassic Navajo alla Black Mesa in Arizona, Usa (Fig. 1.3 A).
Non è ancora chiaro se queste nanopellicole, ricche in silice e dello spessore di circa 10-
50 nm, provengano dalla lisciviazione del feldspato o dalla precipitazione di silice da
acque sotterranee. Qualsiasi sia l’origine, Zhu (2005) e Zhu et al. (2006) hanno stimato
che il tasso di alterazione dei K-feldspati è circa 105 volte più lento nelle condizioni na-
turali attuali rispetto alle rocce sottoposte ad esperimenti in laboratorio, dando spiega-
zione, in generale, di come le misurazioni dei tassi di alterazione in natura ed in labora-
torio possano essere così diverse.
Nel sito di Hanford nello stato di Washington, USA, estesamente contaminato da
radionuclidi, nanofasi scarsamente cristalline e/o amorfe sono state rinvenute come siti
ospiti per l’uranio (Stubbs et al., 2008). Cavità alterate all’interno di clasti basaltici nella
zona vadosa contengono vetro e i precursori scarsamente cristallini dell’argilla. Un’im-
magine TEM (Fig. 1.3 B) di un tipico silicato, precursore alla formazione di argilla, mo-
stra tipici caratteri che vanno ben al di sotto dei 10 nm in spessore. Sono proprio questi
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precursori scarsamente cristallini dell’argilla, e non il vetro adiacente, che portano in ca-
rico l’uranio contaminante. Lo scambio dentro o fuori, o l’assorbimento al loro interno,
può giocare un ruolo importante nel dettare la mobilità dell’uranio attraverso la zona va-
dosa del sito.
Un altro esempio di nanomateriali amorfi naturali viene dallo studio di Hochella
et al. (2005) riguardante il trasporto e l’associazione di metalli pesanti nel sito Super-
fund in una porzione del bacino del fiume Clark Fork nel Montana occidentale, USA.
Qui, silice amorfa secondaria contenente metalli pesanti tossici è relativamente comune
nel letto del fiume Clark Fork e nelle adiacenti piane alluvionali. Sono state trovate,
inoltre, nanoparticelle aggregate di solfuro di zinco nelle zone riducenti dei sedimenti
del letto fluviale (Fig. 1.3 C). Immagini TEM indicano che queste nanoparticelle sono
nell’ordine dei 10 nm come dimensioni. I metalli tossici che questi silicati amorfi e que-
sti solfuri contengono devono essere presi in considerazione come molto più biodisponi-
bili rispetto agli equivalenti cristallini, a causa delle loro solubilità considerabilmente
maggiori.
Fino a poco tempo fa, l’esistenza di questi nanomateriali trasportatori era comple-
tamente ignorata, o per lo meno poco documentata. Questo tipo di materiali, in questo
tipo di sistemi e in molti altri nel mondo, forniscono una straordinaria opportunità di ri-
cerca per il futuro (Hochella, 2008).
Figura 1.3 – A) Un grano di K-feldspato proveniente dall’arenaria di Navajo; B) Su-
perficie di basalto alterata nella zona vadosa al di sotto del sito Hanford; C) Nanoag-
gregati amorfi di nanoparticelle di solfuro di Zn, Clark Fork River.
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Capitolo 2 - Inquadramento Geologico
2.1 Inquadramento Geografico
Il territorio della Val di Cornia, nel quale sono comprese le valli del Temperino e
dei Lanzi sedi del parco archeominerario di S. Silvestro, costituisce l'estremo lembo me-
ridionale della provincia di Livorno, sul territorio della Maremma piombinese; si esten-
de nell'area a cavallo tra la Maremma livornese (storicamente Maremma pisana) e la
Maremma grossetana. L’area ricade nel foglio 306 (Massa Marittima) della Carta Topo-
grafica d’Italia alla scala 1:50.000 dell’I.G.M. (Istituto Geografico Militare).
Il territorio risulta prevalentemente collinare nell'entroterra dove si insinua verso
le ultime propaggini sud-occidentali delle Colline Metallifere e si inoltra nella parte me-
ridionale della provincia di Pisa; è pianeggiante invece lungo la fascia costiera, fatta ec-
cezione per il promontorio di Piombino che separa l'omonima città dal Golfo di Baratti.
L'area include, lungo la fascia costiera, il territorio comunale di Piombino e quello
di San Vincenzo, mentre nell'entroterra interessa i comuni di Campiglia Marittima, Su-
vereto, Sassetta, Monteverdi Marittimo.
2.2 Caratteristiche Geo-Tettoniche della Val di Cornia
Sulla base delle relazioni geometriche tra le diverse litofacies presenti nell’area, si
riscontrano sei complessi strutturali che sono i seguenti, a partire dal più profondo:
• Basamento metamorfico;
• Complesso del Dominio Toscano;
• Complesso del Dominio Austro-alpino;
• Complesso del Dominio Ligure;
• Complesso Neoautoctono;
• Complesso magmatico neogenico, costituito da rocce intrusive ed effusive.
Quest’ultimo, responsabile dell’innesco dei fenomeni che poi hanno portato alla
formazione delle mineralizzazioni metalliche nel Campigliese, si è messo intorno a 5,7
Ma ed è costituito dall’intrusione granodioritica di Botro ai Marmi (che ha metamorfo-
sato i calcari triassici e liassici con i quali è venuto a contatto), dai filoni di porfido gra-
nitico a cordierite, dai filoni di porfido augitico talora associati a Skarn e dalle Vulcaniti
di S. Vincenzo. Queste sono costituite da una serie di colate che si sovrappongono an-
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