4
E l’impatto di una scelta presa al di fuori di un meccanismo realmente
democratico, soprattutto in questa “società dell’informazione”, nella quale, il non
partecipare alle decisioni che contano è difficilmente tollerabile.
La domanda di democrazia diretta, deriva anche dal fatto che gli schieramenti
politici si affidano sempre più a deleghe tecniche, svalutando le strutture della
democrazia rappresentativa, passando di fatto agli organismi tecnici, le reali
decisioni progettuali, anche con visioni a lungo termine, Pertanto si sente il
bisogno di commissionare al processo democratico le scelte progettuali sul
futuro (essenza della pianificazione).
La testimonianza di crescita della democrazia diretta è dimostrata sempre più
dallo strumento referendario, a tutti i livelli.
La comunicazione tra decisore e singoli cittadini è una forma di
partecipazione “verticale”(top down) che ha la caratteristica di tenere informato
il cittadino su cosa sta facendo l’amministratore (trasparenza), ma da sola non
può essere cons iderata partec ipaz ione (Richardson, 1993:22), in quanto
bisogna considerare anche il verso opposto: dal singolo cittadino al decisore.
Lo strumento utilizzato a questo fine è in genere il sondaggio o il questionario.
E' interessante notare che il sondaggio si presta molto ad un trattamento
"tecnico" della partecipazione.
Rorbert Wiener, padre della cibernetica e quindi iniziatore di tutto un filone di
pensiero che culmina nella System dynamics e che ai nostri fini potremmo
senz'altro dire tecnocratico, in un suo scritto inedito ipotizza una società perfetta
il cui "decisore" rileva la Volontà Popolare attraverso un evoluto sistema di
retroazione.
Il punto chiave di questa linea di pensiero è che esista a priori un qualche cosa
come la "volontà generale", che una qualche tecnica (come il sondaggio) sarebbe
poi in grado di estrarre.
Questa concezione della democrazia, che ha il suo momento più importante
nell'atto del voto (sia elettorale, referendario o nel sondaggio), viene
chiamata plebiscitaria o populista (Arterton, 1987); l'enfasi pertanto è nella
formazione del consenso.
5
L'enfasi invece sulla comunicazione "orizzontale" è rappresentata dal
dibattito tra cittadini.
Non vi è qui una volontà generale da rivelare, ma piuttosto un insieme
eterogeneo di interessi da contemperare, mediante la negoziazione e il
compromesso. Questa versione della democrazia viene chiamata pluralista; se il
momento culminante della democrazia populista è il voto, quello della
democrazia pluralista è il dialogo. Rilevante, in quest'ottica, è il confronto tra le
parti sociali.
E' importante che questi interessi siano manifestati e attraverso il dialogo, si
creino linee politiche volte alla maggior soddisfazione di tutte le parti interessate.
La partecipazione in questa visione è dunque quel processo che,
puntando a coinvolgere quante più parti possibili nel processo
decisionale, rende visibile la complessità e incentiva la negoziazione, lo
scambio di idee, la soluzione collettiva dei problemi, dalle quali possono
contribuire efficacemente al progetto di un prodotto migliore, sia esso
un piano, un manufatto, una tecnologia, o un servizio.
Vi sono anche altre ragioni che vedono i benefici della partecipazione nel
processo partecipativo stesso, ancora indipendentemente dagli effetti concreti
sulla decisione:
-l'educazione del cittadino, che riceve indirettamente dalla sua esperienza di
partecipazione, intesa sia come educazione (prevalentemente tecnico-
scientifica) relativa agli argomenti oggetto del dibattito, sia come educazione in
senso lato al processo politico, al dialogo, alla partecipazione alla società
(educazione alla cittadinanza).
-II minor rischio di conflitti successivamente alla realizzazione concreta del
progetto, da parte della cittadinanza che non è stata coinvolta negli stadi
iniziali.
Non mancano gli scetticismi rispetto all’opportunità di una maggiore
partecipazione pubblica. Le principali critiche riguardano:
6
-Costi: la creazione di ulteriori strutture comporta ulteriori oneri per la società,
sia in termini di costi diretti che di complicazione dei processi.
-Non competenza: la popolazione non è in grado di comprendere le questioni
ormai sempre più tecniche.
-Disinteresse: non vi è una reale richiesta di partecipazione.
-Estremizzazione: il coinvolgimento della popolazione in ogni decisione
renderebbe più difficili i compromessi.
-Demagogia: sarebbe difficile la creazione di linee guida di lungo periodo.
Nell’ambito di questa tesi si cercherà di ridurre se non di eliminare i problemi
qui sopra descritti, attraverso la creazione di una serie di strumenti che
permettano una maggior partecipazione attraverso la comunicazione tra il
cittadino e il decisore, (down-top).
Internet si è immediatamente fatto notare come media ideale, rispetto agli
altri, per il supporto degli strumenti ideati, qui sotto brevemente descritti e più
ampiamente ripresi nel capitolo a loro dedicato, infatti, presenta una semplicità
e flessibilità di programmazione, economicità di collegamento e ampia
diffusione.
Naturalmente tutti questi termini che abbiamo usato relativi ad internet sono
da considerarsi relativi: non tutti sanno programmare, non tutti sono nelle
condizioni economiche per potersi permettere un computer o di passare varie
ore in un cybercafè, non tutti possono/vogliono collegarsi a internet.
Altro fattore preso in considerazione nella progettazione di questi strumenti è
che sono messi a disposizione dall’Amministrazione Pubblica, quindi una forma
di comunicazione dall’alto verso il basso. Si è cercato di creare degli strumenti
che fossero allo stesso tempo utili per la Pubblica Amministrazione e per il
cittadino/utente, cercando di lasciare la maggior libertà possibile, pur senza
perdere di vista l’efficacia e l’obiettivo dello strumento.
7
Gli strumenti ideati sono:
-Mappa delle idee nella quale è indicata, attraverso alcuni parametri, la
“qualità di vita” di ogni edificio. Questo strumento permette di raccogliere la
visione futura e idealizzata che ogni persona ha del suo quartiere e della città,
quindi una serie di dati più utili su di un periodo medio/lungo.
-Mappa delle idee2 nel quale ogni cittadino può esprimere la sua idea, il suo
progetto, i suoi desideri per una o più zone della città. Questo strumento
permette di raccogliere tutti i “desiderata” e tutte quelle idee del tipo “se fossi
al posto del pianificatore farei…”, quindi idee che, se condivise da molti,
potrebbero trasformarsi in progetti nel breve, medio o lungo periodo.
-Questionario/Sondaggio visivo nel quale il cittadino riceve e fornisce
informazioni relative ad un problema specifico. Questo strumento serve a
raccogliere pareri su di un progetto che deve essere avviato a breve o
comunque su di un argomento specifico.
Tali strumenti sono integrati in un sistema di comunicazione, che guida per
mano l’utente cittadino alla consultazione e interazione, senza limitare la
flessibilità della navigazione.
Descrizione dei capitoli
Nel capitolo I si descriverà brevemente l’evoluzione della democrazia dalla polis
ateniese all’e government.
Nel capitolo II è trattata l’evoluzione della città, che ha reso necessario e
possibile gli strumenti obiettivo di questa tesi.
Nel capitolo III sono brevemente spiegate le principali tecnologie che sono alla
base dell’idea che si è poi sviluppata negli strumenti proposti da questa tesi.
Il capitolo IV tratta dei casi esistenti, approfondisce i concetti di base e gli
obiettivi che si intendono raggiungere, descrivendo nel dettaglio le
caratteristiche degli strumenti creati.
Il capitolo V riporta le conclusioni alle quali si è giunti alla fine del lavoro.
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CAPITOLO I Descrizione delle forme di partecipazione
I.1 La Democrazia
Possiamo definire due grandi periodi nella storia della rappresentanza di
libertà: il primo caratterizzato dalla cosiddetta "democrazia diretta", quella di
Atene che si è ripetuta in parte verso i comuni; l’altro quello della cosiddetta
"democrazia indiretta" attuata attraverso i rappresentanti in parlamento, che è
stata la sola, possibile soluzione dei problemi che creava la democrazia diretta
con l’espandersi del territorio e della popolazione a cui rivolgersi.
Bisogna anche definire che la rapida esposizione delle diverse forme di
democrazia succedutesi dall'antichità ai nostri giorni mostra quanto sia difficile
trovarne una definizione comune, in quanto il concetto di popolo in una data
società politica può variare e addirittura escludere parte della popolazione.
Inoltre, ogni democrazia, è permanentemente esposta al duplice pericolo di
cedere il potere a una o più caste, o di abbandonarlo nelle mani di un dittatore
o di un partito.
Quindi in mancanza di una definizione assoluta, è possibile almeno stabilire ciò
che la democrazia non deve essere :
-non deve essere sottomissione dello Stato, più o meno consapevole, a una
casta, a un partito, a un gruppo, a un individuo;
-non deve essere, in nome della libertà, un governo anarchico
1
.
-Deve permettere l'espressione effettiva e libera della volontà di tutti gli
individui retti dallo Stato, al quale spetta, una volta espresse e rese note tali
volontà, distinguere fra tutte quella della maggioranza e applicarla nel rispetto
dei diritti e delle libertà fondamentali, riconosciuti e garantiti a tutti.
1
Anarchia: mancanza di governo; situazione di caos politico conseguente alla mancanza di
governo
9
I.1.1 Le democrazie antiche.
La parola democrazia
2
comparve in Grecia per designare, all'origine, non tanto
un particolare tipo di organizzazione dello Stato, quanto una concezione
politica sostenuta da un partito, che, come partito democratico, si opponeva in
loco al partito aristocratico, cioè alla concentrazione del potere nelle mani di
poche grandi famiglie.
La modesta estensione e la limitata popolazione delle città-Stato della Grecia,
nonché la porzione ridotta degli abitanti che formavano il "popolo", spiegano
come fosse possibile una democrazia diretta, cioè un'assemblea del popolo cui
partecipavano tutti i cittadini.
Questa assemblea, che era il simbolo stesso del governo popolare, veniva
assistita da altre istituzioni rappresentative (come l’elezione o la scelta a sorte
dal popolo di magistrati e giudici).
Il popolo, era concepito dai Greci, non come l'insieme della popolazione e
neppure dalla totalità degli uomini adulti: il popolo era l'insieme dei cittadini,
concetto fortemente restrittivo, che escludeva gli schiavi, i forestieri domiciliati
nella polis (meteci) e quelli a loro assimilati, come coloro che avevano un solo
genitore in possesso del diritto di cittadinanza.
Da tutto ciò risulta che non esisteva, in diritto, una differenza reale fra il
sistema ateniese, considerato democratico, e il sistema spartano, denunciato
già dagli Ateniesi come aristocratico.
I poteri che detenevano i Lacedemoni (spartani) erano altrettanto larghi, se
non più larghi, di quelli dei cittadini di Atene.
Fu il medesimo spirito che privò dei diritti politici gli iloti*
3
e i perieci*
4
a
Sparta, gli schiavi e i meteci*
5
ad Atene.
2
Democrazia: démokratìa, da demos, popolo e kràtos, autorità). Autogoverno del popolo. Preponderanza del potere
popolare in un qualunque governo, o controllo di questo governo da parte del popolo.[ UTET]
3
Ilota: appartenente alla più bassa delle tre classi in cui era suddivisa la popolazione di Sparta (schiavo spartano) [
UTET]
4
Perieci: nell'antica Grecia, chi apparteneva a comunità stanziate nelle regioni periferiche di uno stato e, in genere, a
esso soggette; in particolare., a Sparta, abitante della Laconia e della Messenia, che godeva dei diritti civili, ma non di
quelli politici. .[ UTET]
5
Meteci:nella Grecia antica, straniero che risiedeva nel territorio di una città, godendo di prerogative giuridiche ma
non dei diritti politici.[ UTET]
10
-La differenza consisteva nell'assise*
6
diversamente numerosa del corpo dei
cittadini, che oscillava sulle 40.000 persone ad Atene, mentre a Sparta, per
processo di involuzione, si ridusse progressivamente a qualche centinaio.
-Un altro elemento d'opposizione fra le due città era costituito dai diversi
metodi di governo.
Per distinguere la democrazia da un altro regime si è dunque obbligati,
nell'antichità, a tener conto non solo delle forme del governo, ma anche dello
spirito che presiedeva al suo funzionamento e, insieme, dell'evoluzione del
corpo dei cittadini.
Atene fu una città democratica, perché restò aperta: il suo corpo civico non si
irrigidì in una cerchia ristretta, ma si rinnovò di continuo, almeno in parte, e la
proporzione di esso in rapporto all'assemblea popolare si mantenne
ragionevole. (Il regime detto " aristocratico " dei Trenta, dopo la disfatta del
405 a.C., ebbe come caratteristica, appunto, la restrizione del corpo dei
cittadini.) Essa fu pure democratica perché il popolo ateniese non fu oppressivo
nei riguardi dei non cittadini con cui conviveva.
Sparta fu una città aristocratica, per la rigidezza del suo sistema politico e
perché, per difetto di rinnovamento, i suoi cittadini divennero di anno in anno
meno numerosi, assumendo ben presto l'aspetto di una piccolissima classe
privilegiata in mezzo a una massa di non-cittadini oppressi.
In essa il popolo divenne una vera aristocrazia, al punto di far causa comune
con i partiti aristocratici delle altre città; ad Atene, invece, rimase "popolare" e
la democrazia poté funzionare per qualche secolo, sebbene ci siano stati
periodi in cui il libero gioco delle istituzioni democratiche fu interrotto (da un
tiranno, da un demagogo onnipotente, o dall'influsso di forze esterne).
6
Assise: grande assemblea giudiziale; nell'attuale ordinamento giudiziario, organo competente a giudicare dei
reati più gravi in primo e in secondo grado (corte d'assise d'appello), composto da giudici togati e giudici popolari. .[
UTET]
11
A tale proposito si deve ricordare che per Aristotele la democrazia era una
forma degenerata di governo, perché in essa gli strati più bassi della
popolazione assumevano il potere a loro esclusivo vantaggio, in polemica con
gli altri gruppi sociali, specialmente i ricchi, e senza un’equa difesa degli
interessi dell’intera comunità.
Roma non conobbe mai la democrazia del tipo ateniese, ma è inesatto definirla
una repubblica aristocratica
All'inizio l'abbattimento della monarchia etrusca condusse sì al potere il
"popolo", cioè l'insieme delle gentes romane, in opposizione al rimanente della
popolazione formata da non-cittadini, per cui si ebbe una democrazia di
principio; ma l'estensione di Roma e del numero di individui che popolavano il
suo territorio fece delle gentes una aristocrazia di fronte alla plebe.
È vero che questa, progressivamente, acquistò la parità dei diritti, ma era
sempre il Senatus populusque romanus che veniva considerato il reggitore di
Roma e del mondo;
Con l'organizzazione del sistema centuriato comparve a Roma un regime
censuario che distingueva fra i cittadini i ricchi, i meno abbienti e i poveri e
che, di fatto, dava il potere ai ricchi. Poi, a partire soprattutto dal III sec. a.C.,
quando la plebe parve aver ottenuto tutti i diritti dei patrizi*
7
, si costituì una
casta nobiliare, patrizio-plebea, che aveva il suo fondamento sia nella ricchezza
sia nell'esercizio tradizionale delle cariche pubbliche; e così si ricreò una vera
aristocrazia. Alla fine della repubblica si formò una seconda classe
aristocratica, rivale della prima, quella dei cavalieri.
A un regime aristocratico quindi, di contenuto differente secondo i secoli, restò
di fatto legata la " democrazia " romana. Lo stesso avvenne al tempo della
creazione dell'Impero: per reazione contro l'aristocrazia, alcuni capi del partito
popolare avevano cercato, fin dal II sec. a.C., di occupare il potere, prima in
modo temporaneo e disinteressato (i Gracchi), poi a proprio beneficio (Mario,
Siila, Pompeo, Cesare).
7
Patrizio: nell'antica Roma, la dignità di patrizio si identificava con il ceto dei patrizi, il ceto dei nobili, l'aristocrazia,
facenti parte per diritto di nascita all'ordine senatorio, e di conseguenza alla classe. .[ UTET]