innovazioni per la BOP possono essere adottate nei mercati ad alta intensità di risorse ed energia del
mondo sviluppato, tutto ciò recando contributi incalcolabili all’umanità.
La tesi è strutturata in tre capitoli. Nel primo capitolo si esamina nella prima parte l’impresa
multinazionale, definendola e analizzandone le motivazioni di espansione nei mercati esteri. La
seconda parte del capitolo verte su un’analisi dell’assetto organizzativo dell’IMN. Si individueranno
gli orientamenti ed i modelli organizzativi, gli approcci teorici, focalizzando l’attenzione sui
contributi apportati dalla scuola di Uppsala con l’approccio processuale, i critici, fino ad arrivare ai
contributi più recenti.
Il secondo capitolo si concentra sulle strategie di penetrazione del mercato estero da parte delle
IMN. Nello specifico verranno trattate le varie modalità di ingresso, le politiche del marketing mix,
concludendo dedicando spazio al tema della responsabilità sociale dell’impresa internazionalizzata.
Il terzo ed ultimo capitolo è dedicato al tema principale di analisi, ovvero la bottom of the pyramid.
Sarà strutturato fornendo inizialmente una definizione ed una prima analisi allargata del tema, per
poi focalizzarsi sugli elementi chiave indispensabili alle IMN che vogliano entrare a competere in
questo mercato. La parte finale del capitolo riguarderà i casi aziendali di Approtec e Simputer.
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1. L’IMPRESA MULTINAZIONALE
1.1 Introduzione
L’attuale fase di globalizzazione dei mercati e delle imprese che caratterizza questo terzo millennio,
accresce la competizione concorrenziale, l’ampliamento delle prospettive di mercato e la necessità
per le imprese di definire condotte competitive in una dimensione mondiale. In tale contesto esse
devono agire nel rispetto dei vincoli imposti dai mercati internazionali, e contemporaneamente
ricercando i vantaggi derivanti da una gestione interconnessa delle proprie unità organizzative ed
attività internazionali, attraverso l’integrazione delle risorse e delle competenze geograficamente
disperse. E’ in questo dinamico e complesso ambiente che operano e si articolano le imprese
multinazionali, delle quali in seguito si andranno ad analizzare sia gli aspetti più generici relativi
alla definizione, al perché della loro espansione nelle aree estere, sia gli aspetti più specifici,
riguardanti gli orientamenti ed i modelli organizzativi, per concludere con una disamina degli
approcci teorici concernenti la configurazione organizzativa allo scopo di fare chiarezza su temi che
in questa sede verranno trattati data la loro continua evoluzione.
1.2 Definizione
Definiamo imprese multinazionali le imprese che operano in più mercati. Le caratteristiche
fondamentali che le caratterizzano sono le seguenti quattro:
ξ operano in più paesi, dunque in diversi sistemi politici ed economici con una pluralità di
unità operative ( di produzione, distribuzione, ricerca);
ξ le unità operative estere sono da essa direttamente controllate, ovvero il capogruppo deve
essere in grado di influire in modo rilevante sulla gestione delle consociate;
ξ le politiche gestionali delle varie unità operative devono far parte di una strategia unica e
comune;
ξ le attività internazionali devono avere grande rilevanza sul totale delle attività dell’impresa;
ovvero occorre che i volumi dell’attività estera rispetto a quelli del mercato di origine siano tali da
spingere l’impresa ad avere al proprio orizzonte l’analisi e l’integrazione dei mercati internazionali
e non solo il mercato nazionale.
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Dunque è multinazionale l’impresa che svolge all’estero gran parte della propria attività tramite
unità operative delle quali controlla direttamente la gestione, guidate da una strategia che considera
più nazioni come appartenenti ad un unico mercato, (Giorgio Pellicelli, 1989).
Tuttavia, il modo migliore per ulteriormente definire l’impresa multinazionale, è di esaminare come
le varie funzioni in cui essa si articola, sono coinvolte nell’attività internazionale. Seguendo
un’analisi fondata su tali criteri ci si rende conto come funzioni quali marketing, produzione,
distribuzione e finanza sono per la maggiore le funzioni che prima delle altre raggiungono lo stadio
di multinazionali, mentre risultano essere poche le imprese multinazionali che operano con
laboratori di ricerca in più paesi. In genere questa è infatti una funzione che si preferisce accentrare
nel paese di origine, poiché il controllo delle conoscenze tecnologiche viene giudicato come fattore
fondamentale che le IMN preferiscono non dissipare nei vari paesi e sul quale mantenere un
controllo diretto. Risulta altrettanto minimo il numero delle imprese con una quota sensibile del
capitale azionario distribuito in molti paesi, la sua quota dominante proviene solitamente dal paese
di origine dell’impresa multinazionale. Per finire, anche il paese di provenienza dei manager ai
quali sono assegnate le maggiori responsabilità di governance dell’impresa, risulta essere
prevalentemente quello originario della multinazionale. Nelle consociate estere è diffusa la politica
di assegnare posti di comando a dirigenti locali, per quanto concerne invece la Corporate, essi sono
occupati prevalentemente da manager del paese di origine dell’impresa (Giorgio Pellicelli, 1989).
Seguendo dunque questa logica ci accorgiamo quanto possa risultare aleatoria l’assegnazione o
meno della denominazione multinazionale ad un’impresa, infatti ciò dipende in maniera rilevante
dalla scelta delle funzioni di essa esaminate per giungere a tale giudizio.
1.3 Motivazioni che spingono le imprese a divenire multinazionali
1.3.1 I fattori interni ed esterni che spingono l’impresa all’espansione in aree estere
Possiamo dividere i fattori che spingono l’impresa all’espansione della propria attività produttiva e
commerciale in due categorie:
ξ fattori connessi allo sviluppo della posizione competitiva, i quali enfatizzano l’origine
interna all’impresa del processo di espansione estera;
ξ fattori collegati all’adeguamento o sfruttamento di sollecitazioni derivanti dall’ambiente
rilevante, che invece si concentra sui fattori esterni di spinta.
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Il processo di espansione estera risulta essere il risultato di cause provenienti da entrambe le
categorie menzionate, infatti “il manifestarsi di spinte ambientali che non vengono correttamente
comprese e assorbite all’interno dell’impresa rischia di tradursi in una frattura del quadro
competitivo tradizionale a cui l’azienda non sa far fronte, con il conseguente scatenarsi di elementi
di crisi. Di converso, se le spinte all’internazionalizzazione provenienti dall’interno della stessa
impresa vanno ad inserirsi in un quadro ambientale non coerente, il rischio è di veder diluita o del
tutto vanificata la loro forza propulsiva”,(Caroli, M., 2000, p. 77).
Tuttavia l’enfasi deve essere posta per lo più sui fattori interni, in quanto il processo di espansione
all’estero è il risultante delle caratteristiche dell’impresa dal punto di vista organizzativo, strategico
e dei meccanismi di creazione delle conoscenze, (Caroli, M., 2000).
Varrà la pena richiamare due considerazioni di fondo riguardo l’espansione. La prima fa riferimento
alla natura storica dell’impresa, e ci spinge a riflettere sull’importanza assunta dall’esperienza
maturata, dalle relazioni stabilite con altri soggetti, dai risultati ottenuti dall’impresa. Per
individuare dunque le cause dell’internazionalizzazione, bisogna allora considerare anche la storia
passata dell’azienda. La seconda considerazione ci spiega che l’espansone estera non si manifesta
come un fatto unico ma che esso si snoda sottoforma di un processo articolato in diversi step.
Ovvero un insieme di motivazioni che agiscono in diversi momenti temporali con valenza
differente, ragioni che, sono ciascuna alla base di un determinato passaggio del processo di
espansione estera, ma che prese singolarmente nessuna di esse spiega completamente la dimensione
internazionale raggiunta dall’azienda. Lo sviluppo della presenza internazionale dell’impresa
sottende la disponibilità al suo interno di un determinato livello adeguato di risorse, sia tangibili che
intangibili, e dunque la maturazione da parte della stessa delle competenze adatte a gestire
l’espansione all’estero. Più in dettaglio, lo sfruttamento di un vantaggio competitivo in altre aree
implica la detenzione da parte dell’impresa di determinate competenze distintive che permettano di
ottenere una valida posizione competitiva anche nel mercato estero. Viceversa, la ricerca di
generatori di vantaggio competitivo in aree estere può derivare dalla percezione di mancanza di
competenze rilevanti e dall’opportunità di svilupparle tramite la realizzazione di determinate
operazioni in aree estere. Secondo tale prospettiva, l’internazionalizzazione è vista come un
processo naturale dell’espansione dell’impresa. Ottenute determinate dimensioni produttive e di
mercato nell’ambiente originario, il sistema organizzativo dell’impresa si orienta automaticamente
su una strategia di crescita verso nuove aree geografiche, (Caroli, M., 2000).
Ad influenzare la modalità di risposta dell’impresa agli stimoli esterni sono le competenze, le
risorse disponibili e la configurazione organizzativa, risposta che, può consistere nell’avvio
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dell’internazionalizzazione o di un ripensamento nel mercato locale o, anche, l’abbandono del
settore.
“Le forze interne alla base del processo di internazionalizzazione dell’impresa sono di tre tipi:
a) L’acquisizione di vantaggi competitivi determinati intrinsecamente dalla gestione
appropriata della presenza internazionale;
b) Lo sfruttamento in nuove aree geografiche di vantaggi competitivi detenuti nel mercato
originario;
c) La ricerca nelle aree estere di condizioni che possono tradursi in elementi di vantaggio
competitivo per l’impresa”, (Caroli,M., 2000).
1.3.2 L’espansione estera come fonte intrinseca di vantaggio competitivo
Il paradigma “eclettico” (Dunning, 1997, 1978, 1988, 1994) dell’espansione internazionale
dell’impresa interpreta la strategia di sviluppo della presenza estera come una via in grado di
ridefinire in maniera più efficiente il processo produttivo, sfruttando l’integrazione verticale ed
orizzontale con soggetti esteri, ovvero, internalizzando le relazioni di scambio. Seguendo questo
approccio le leve che inducono l’impresa all’espansione sono di tre tipologie:
a) La prima leva è costituita dagli atout derivanti dalla natura stessa dell’impresa; essi sono
rappresentati dalla disponibilità di risorse particolari o di vantaggi competitivi rilevanti sui mercati
internazionali, o ancora dalla possibile riduzione dei costi di transazione attraverso una struttura
organizzativa internazionale risultante più efficiente rispetto allo scambio sul mercato.
b) La seconda leva riguarda invece i vantaggi di internazionalizzazione, riguardanti la
convenienza a trasferire i propri punti di forza alle unità operative del gruppo anziché licenziarli ad
imprese estere, ma anche perchè l’impresa vuole evitare possibili monopoli bilaterali; vuole
impedire che la propria tecnologia venga impiegata in maniera non consona e vuole prevenire le
costose negoziazioni tra licenziante e licenziatario.
c) L’ultima leva riguarda l’opportunità di ridurre alcune tipologie di costo. Fanno parte di
questa tipologia gli investimenti market seeking (entrata in mercati con alti tassi di sviluppo nei
quali l’impresa riesce a sfruttare vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti), investimenti natural
resource seeking (permettono all’impresa l’accesso facilitato ad alcuni input produttivi considerati
cruciali) e gli investimenti low cost seeking (ricercano vantaggi di costo tramite insediamento di
attività della catena del valore in aree dove la realizzazione di tali attività risulta meno onerosa).
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