2
come: il dividend-yield , il bias size effect , ecc.) che possono rendere
ambigua la valutazione della performance complessiva.
Le conclusioni di questo secondo periodo di studi hanno invalidato modelli
tradizionali unifattoriali di asset-pricing come il CAPM utilizzati per il risk-
adjustment nella misurazione della performance e incentivato l impiego di
modelli multifattoriali alternativi come l Arbitrage Pricing Theory (APT) con
Lehman-Modest (1987); altri come Grinblatt-Titman hanno cercato di
misurare la performance dei fondi utilizzando le quote di composizione di
portafoglio senza ricorrere ad alcun modello di asset-pricing. Questi nuovi
approcci alternativi hanno consentito di superare i problemi di efficienza
dell indice di mercato e del benchmark di riferimento impiegato per la
determinazione della relazione di equilibrio necessaria per la valutazione della
performance. Il lavoro dopo un breve e critico riesame dei principali indici di
performance ed un attenta analisi dell indice di Sharpe e della sua distorsione
( bias ), provocata dalla durata temporale dell holding period , si sofferma
sulle nuove tecniche di valutazione del rischio e della performance di
portafoglio. In particolare vengono trattati: il Downside-Risk o Downside-
Deviation che consente di misurare il rischio in termini di sola volatilit
negativa (e non positiva e negativa come la deviazione standard tradizionale)
rispetto al MAR ( minimal acceptable return o tasso hurdle ), tasso minimo
di rendimento prefissato consentendo una valutazione piø obiettiva del rischio
per i fondi comuni che cercano sempre di assicurare all investitore un tasso
minimo di rendimento (MAR). Il Downside-Risk Framework viene
proposto sia nell ipotesi di distribuzione discreta dei rendimenti dei fondi che
tende alla normale che in quella di distribuzione log-normale (quindi
distribuzione continua dei rendimenti). Vengono trattate anche nuove misure
di valutazione della performance di portafoglio come: il Risk Adjusted
Performance (RAP o RAPA) di Modigliani che consente di misurare l extra-
3
performance in termini di trade-off rispetto al rischio di mercato (σ m); il
Downside-Risk Ratio di Sortino che utilizza la downside-deviation
(volatilit negativa degli Ri sotto il MAR), come misura del rischio e la
distribuzione log-normale dei rendimenti. Infatti Sortino-Forsey (1996) hanno
dimostrato che la normale non approssima piø con precisione la distribuzione
dei rendimenti ex-post dei fondi e che l utilizzo di una funzione di
distribuzione continua degli Ri (la log-normale a tre parametri) consente di
ottenere risultati migliori rispetto a quella discreta e soprattutto di non
sottostimare il rischio ( downside-risk ). In questo caso essendo la
downside-deviation il momento campionario di una distribuzione continua
verr calcolato mediante integrale e non piø in termini di valore atteso. Nella
seconda parte del lavoro viene proposto un nuovo metodo alternativo di
valutazione della performance: l Upside-Reward Potential Ratio (URPR).
L URPR ideato da Sortino, Forsey, Platinga e Van Der Meer (1999) consente
di misurare quelle che sono le reali potenzialit di rialzo, guadagno o successo
dei funds managers sul MAR; si basa, come il DRR, sulla distribuzione log-
normale dei rendimenti e si calcola rapportando la volatilit positiva degli Ri
sul MAR ( upside-reward ) a quella negativa o downside-risk sotto il MAR
(essendo i momenti campionari di una distribuzione continua vengono
calcolati entrambi mediante integrale). Nella parte conclusiva del lavoro si
cerca di realizzare un ranking per 24 fondi italiani (azionari, obbligazionari
e bilanciati) su di un orizzonte temporale di sette anni (1992-98) applicando
proprio queste nuove tecniche di valutazione del rischio e della performance
di portafoglio in base al modello log-normale.
4
CAPITOLO I
LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE E DEL RISCHIO
NEI FONDI COMUNI MOBILIARI
1.1 Il processo evolutivo dei fondi d investimento italiani
I fondi comuni d investimento di diritto italiano sono stati istituiti con la
legge n 77 del 23/03/83 che ne ha disciplinato le tipologie operative, i
requisiti delle societ di gestione, la vigilanza sulle medesime e la tenuta
dell albo di categoria presso la Banca d Italia. I fondi comuni possono
essere considerati come una particolare categoria d intermediari finanziari
che raccolgono risorse finanziarie liquide presso i risparmiatori
trasformandole in apporti di capitale destinati a finanziare il rischio
d impresa di altri operatori economici. Durante i primi anni di vita la
crescita strutturale del settore Ł stata molto rapida. La loro espansione Ł
stata favorita da molteplici fattori quali: la crescita del mercato azionario, la
novit dello strumento e le esigenze di diversificazione del portafoglio
finanziario degli stessi risparmiatori. Dopo un effimera impennata delle
sottoscrizioni nel biennio 1985-86 per alcuni anni sono stati superati in
termini di flusso monetario anche dai tradizionali risparmi postali
diventando il fanalino di coda delle attivit finanziarie. La fase critica dei
fondi comuni italiani
1
si Ł aggravata notevolmente in seguito alla caduta del
1
F. Panetta, E. Zautzik Evoluzione e performance dei fondi comuni mobiliari italiani Temi di
discussione del Servizio Studi della Banca d Italia, n 142, ottobre 1990; F. Cesarini Fondi comuni
d investimento e strutture del mercato mobiliare italiano , Banche e Banchieri n 12 1983; F. Baccolini, L.
Lusignani Politiche d investimento, performance e rischio dei fondi comuni d investimento italiani nei
primi cinque anni d attivit , Quaderni di documentazione e ricerca, Assofondi, n 4 1989.
5
mercato borsistico del 1987 e al necessario adeguamento strutturale del
settore stesso al mercato finanziario, alle pressioni concorrenziali dirette e
indirette dei prodotti bancari e alle nuove esigenze d investimento dei
risparmiatori. Il calo delle sottoscrizioni nel periodo considerato secondo
alcuni analisti Ł stato causato anche da un cambiamento della struttura di
offerta dei servizi finanziari alle famiglie da parte del sistema bancario. I
risultati migliori sono stati conseguiti da quei fondi che:
• si sono separati dal sistema bancario sia in termini di prodotto
che di utilizzo dei canali distributivi;
• hanno soddisfatto le esigenze di diversificazione di portafoglio
della clientela investendo in attivit finanziarie estere.
La performance complessiva dei fondi italiani Ł la risultante di un accorta
selectivity dei money managers e della loro scarsa capacit di
anticipare il trend di mercato ( timing ). Al contrario i mutual funds
americani godono di una incontrastata supremazia sui mercati finanziari
grazie ad una costante ed incisiva azione di marketing che consente loro di
amministrare patrimoni di oltre 1600 miliardi di dollari. E necessario
chiedersi se i fondi italiani seguiranno l esempio di quelli americani o se
l unico vero fondo comune italiano continuer ad essere il Tesoro che ha
raccolto per anni migliaia di miliardi dai privati risparmiatori. Il ruolo dei
fondi italiani diventer sempre piø importante dell’attuale in virtø di due
considerazioni: una generale e l’ altra di carattere settoriale.
2
Il primo
aspetto riguarda un piø equilibrato rapporto tra azioni ed obbligazioni
dovuto ad una progressiva riduzione del fabbisogno statale e ad un notevole
sviluppo del mercato azionario che faranno dei fondi l unico canale
2
G. De Marchi, G. Roasio, I Fondi comuni d investimento Le Guide de Il Sole 24 Ore, giugno, 1998;
G. Bordi F. Erzegovesi, Le performance dei fondi comuni mobiliari italiani , Quaderni di ricerca BNL,
febbraio 1990.
6
naturale e di avvicinamento a basso rischio del piccolo risparmiatore al
mondo azionario. I mutual funds italiani si stanno preparando con grande
maturit alle sfide del futuro attraverso un intenso e dinamico processo
riorganizzativo interpretando in modo piø aggressivo il loro ruolo sul
mercato finanziario. Recentemente si Ł notevolmente ridotta la
concentrazione settoriale, vicina alla media europea, e cos pure quella
patrimoniale. Il numero delle societ di gestione Ł diminuito mentre Ł
aumentato quello dei fondi. Il primo fenomeno risponde ad esigenze di
razionalizzazione della struttura organizzativa e di riduzione dei costi
mentre il secondo ad un bisogno di diversificazione e di maggiore
specializzazione dei prodotti finanziari trattati. Il processo d innovazione
settoriale dei fondi italiani Ł continuato attraverso l abbinamento del fondo
a servizi finanziari (es.: il collegamento di un fondo obbligazionario puro
ad un c/c bancario) e la possibilit di passaggio da un fondo all altro
( umbrella funds ) senza il pagamento di commissioni aggiuntive,
scgliendo quello che di volta in volta offre le migliori prospettive
reddituali. L operazione di switch da un fondo all altro Ł cos sofisticata
e complessa dal punto di vista finanziario da richiedere un immediato
processo d aggiornamento del know how e delle capacit di vendita
dell intero canale distributivo (promotori finanziari e sportelli bancari). La
legge sui fondi comuni mobiliari di diritto italiano N 77 Ł stata integrata
dai decreti legislativi N 83 e N 84 del 25 gennaio 1992 emanati per il
recepimento di una specifica direttiva CEE. Il primo ha rivoluzionato
l attivit gestoria e distributiva dei fondi consentendo loro di operare a
premio, a riporto e con gli strumenti derivati. Il decreto N 84 ha ampliato i
confini delle possibili scelte d investimento istituendo le SICAV e
disciplinando anche gli organismi d investimento collettivo in valori
mobiliari di diritto estero operanti in Italia.
7
1.2 La gestione di portafoglio nei fondi mobiliari e le componenti della
performance
Il processo formativo del portafoglio investimenti dei mutual funds segue
diverse fasi:
• la determinazione della tipologia di titoli da inserire nel portafoglio;
• la scelta dell holding period (durata temporale dell investimento).
Questi due obiettivi che ogni buon manager deve stabilire dipendono dal
grado di rischio che la societ di gestione del fondo vuole sostenere
tenendo conto delle richieste della propria clientela. Esse rappresentano le
fasi iniziali del processo costitutivo del portafoglio e fanno parte della
politica d investimento del gestore. Le ultime due fasi in cui si esplica la
gestione di portafoglio sono:
• la capacit microprevisiva ( selectivity );
• la capacit macroprevisiva ( market timing ).
A queste quattro fasi va poi aggiunta una quinta che Ł la misurazione della
performance di portafoglio ovvero del risultato conseguito in termini di
rendimento per valutare, se ci sono stati, eventuali scostamenti rispetto al
target remunerativo prefissato. La selettivit consiste nell abilit del
manager di individuare azioni sovra e sottoquotate per poi venderle o
acquistarle realizzando extra-profitti rispetto al mercato. Il timing ,
invece, rappresenta la capacit di modificare il mix dei titoli di portafoglio
in funzione delle future tendenze di mercato Ł la capacit previsiva del
gestore di anticipare il mercato. La capacit macroprevisiva e
8
microprevisiva fanno parte della strategia d investimento
3
. Un recente
lavoro di Brinson, Hood e Beebower
4
realizzato su un campione di 91 fondi
pensione americani con riferimento ad un orizzonte temporale di 10 anni ha
dimostrato che il contributo della capacit microprevisiva e macroprevisiva
alla performance media di portafoglio Ł marginale mentre risulta essere
sempre piø determinante la politica d investimento rispetto alla strategia. In
passato anche Jensen
5
precursore della letteratura finanziaria dei fondi
giunse alle stesse conclusioni. L autore misur la capacit selettiva dei
gestori basandosi sul modello standard del Capital Asset Pricing Model
(CAPM) di Sharpe-Lintner-Mossin-Black utilizzando il Γ di Jensen cioŁ
l intercetta del Single Index Market Model (SIMM) stimata con il metodo
OLS. Le intercette stimate sul campione di fondi analizzato erano
significativamente negative; la capacit dei gestori di conseguire extra-
profitti attraverso l individuazione di titoli mispriced era del tutto
inesistente. Ippolito
6
, piø recentemente, ha ottenuto ,su un campione di 143
fondi americani per il periodo 1965-84 utilizzando la stessa metodologia di
Jensen , risultati contrastanti rispetto alla prima generazione di studi
(Jensen, Sharpe e altri) perchŁ la performance dei fondi risultava essere
positiva anche dopo il caricamento per spese e costi di transazione. Il
lavoro di Ippolito sebbene innovativo nelle sue conclusioni era molto
debole dal punto di vista metodologico in quanto le sue stime risultavano
distorte da problemi di efficienza del "benchmark utilizzato.
3
F. Caparrelli Economia dei mercati finanziari , Cap. 12, McGraw-Hill, 1998; F. Caparrelli, A.
Cassuto, I fondi comuni non approfittano degli alti e bassi di borsa , Bancaria, n 4 1989; idem F.
Caparrelli, A. Cassuto, Fondi comuni e gestione attiva di portafoglio , Il Risparmio n 1 1990.
4
G. P. Brinson, C. R. Hood e G. L. Beebower Determinants of portfolio performance , Financial
Analysts Journal, gennaio-febbraio 1995.
5
M. Jensen, The performance of mutual funds in the period 1945-64 , The Journal of Finance, maggio
1968.
6
R. A. Ippolito, Efficiency with costly information: a study of mutual funds performance 1965-84 The
Quartly Journal of Economics, febbraio 1989.
9
Successivamente Elton, Gruber, Das e Hlavska
7
osservarono che la
performance dei fondi era negativa ed i risultati di Ippolito viziati
dall inadeguatezza del benchmark utilizzato (S&P 500 Index); infatti le
distorsioni nelle sue stime potevano essere corrette utilizzando un modello
multifattoriale di asset pricing . Lo studio della performance dei fondi
d investimento ha interessato anche il mercato italiano portando a risultati
identici a quelli esistenti in letteratura tradizionale. Panetta e Zautzik
8
hanno misurato la capacit microprevisiva e macroprevisiva di un
campione di 60 fondi italiani (azionari, misti e obbligazionari) nel periodo
1986-87 utilizzando sia il CAPM che l Arbtrage Pricing Theory (APT). La
selettivit Ł stata misurata con il gamma di Jensen mentre il timing con il
modello di Henrikson e Merton. I fondi italiani hanno dimostrato in media
una selettivit positiva che Ł stata piø che compensata da un timing
negativo. La performance complessiva Ł risultata essere negativa rispetto al
benchmark di riferimento (media del MIB storico e dell indice sui CCT
della Banca d Italia). Un lavoro piø recente sempre sui fondi italiani Ł stato
realizzato da Gottardo e Murgia
9
su un campione di 37 fondi nel periodo
1988-94 utilizzando come benchmark il MISE (piø efficiente e robusto
del MIB e del COMIT). L analisi viene effettuata ricorrendo ad un
approccio econometrico diverso da quelli tradizionali che tiene conto delle
variabili strumentali in grado di influenzare la strategia di portafoglio. Il
risultato Ł ancora una volta una performance media negativa dovuta
all inefficiente capacit macroprevisiva dei managers. Secondo gli autori la
negativit del timing Ł imputabile all errate previsioni sul mercato dei
7
E. J. Elton, M. J. Gruber, J. Das e M. Hlavska, Efficiency with costly information: a reinterpretetion of
evidence from managed portfolios , Review of Financial Studies, n 1 1993.
8
F. Panetta, E. Zautzik, Evoluzione e performance dei fondi comuni mobiliari italiani , Temi di
Discussione del Servizio Studi della Banca d Italia, n 142, ottobre 1990 op. cit..
9
P. Gottardo, M. Murgia, Variabili fondamentali e performance dei fondi comuni d investimento ,
Convegno: La gestione del rischio finanziario per gli investitori istituzionali nel contesto italiano ,
Centro d Economia Monetaria Paolo Baffi , Bocconi, maggio 1995.
10
cambi e dei tassi d interesse. Le verifiche empiriche viste in precedenza
evidenziano come il contributo della strategia d investimento alla
performance complessiva di portafoglio sia minimo. La gestione strategica
del portafoglio investimenti dei fondi pu essere di tipo passivo o attivo. La
prima consiste nell eliminazione del rischio specifico che ciascun titolo
presenta mediante la diversificazione di portafoglio. Essa risponde ad
esigenze teoriche perchŁ presuppone che il mercato sia efficiente nel senso
che tutte le informazioni relative al titolo siano riflesse nel prezzo in modo
corretto. Le condizioni d efficienza del mercato prevedono: l esistenza di
una pluralit di operatori razionali non collegati tra loro ( price takers ), la
diffusione delle informazioni deve avvenire in modo casuale e disponibili
istantaneamente, l accesso al mercato deve essere libero da barriere o
frizioni e le aspettative degli investitori devono essere omogenee. La
presenza di queste ipotesi consente un aggiustamento istantaneo dei prezzi
agli inputs informativi per cui non esistono titoli mispriced , il prezzo
rappresenta il giusto valore di ogni singola attivit quindi Ł praticamente
impossibile battere il mercato conseguendo extra-performance. Per il
gestore passivo il prezzo di oggi Ł la migliore previsione di quello di
domani pertanto Ł inutile sostenere costi aggiuntivi per la ricerca di titoli
sovra o sottoquotati perchŁ non esistono. L obiettivo principale del
manager che segue questa strategia Ł quello di minimizzare i costi
attraverso lo snellimento delle strutture di analisi e di previsione costruendo
un portafoglio che presenta una combinazione di rischio e rendimento
identica al benchmark di mercato. L approccio attivo, invece, presuppone
che il mercato sia inefficiente e che il prezzo di ogni singola attivit non
esprima il suo giusto valore per cui il gestore individuando titoli
mispriced pu sempre anticipare la tendenza di mercato vendendo alto e
acquistando basso. In pratica poichŁ le informazioni non entrano nel
mercato a cerchi concentrici il market trend pu sempre essere previsto
11
e battuto aggiustando istantaneamente il mix di portafoglio e quindi lo
stesso β . La gestione attiva di portafoglio prevede in caso di borsa toro
l inserimento nel portafoglio investimenti di titoli con β elevato quindi piø
rischiosi e reattivi rispetto all indice di mercato per sfruttare meglio la
tendenza al rialzo e guadagnare di piø; nella fase orso , invece, si cercher
di limitare i danni acquistando titoli con β piø basso meno reattivi rispetto
alla tendenza ribassista del mercato. Una gestione dinamica del portafoglio
investimenti si basa sempre sull inefficienza del mercato sfruttata dalla
capacit dei gestori di essere meglio informati degli altri e cioŁ avere il
famoso tocco di re Mida .
10
Le tante verifiche empiriche realizzate sul
mercato italiano dimostrano come la gestione passiva ha finito per
prevalere su quella piø dinamica anche perchŁ quei pochi gestori che hanno
cercato di battere il mercato hanno conseguito rendimenti addirittura
inferiori ad esso. La valutazione della performance Ł molto importante
perchŁ ci consente di individuare proprio quei manager migliori che sono
stati in grado di incrementare il valore del portafoglio gestito o di ottenere
risultati superiori al mercato. E possibile cos stilare una graduatoria di
merito ( ranking ) dei fondi comuni ed utilizzarla per fare previsioni sulle
loro prestazioni future. Sfortunatamente le performance storiche dei fondi
non sempre ci consentono di fare previsioni future significative perchŁ
influenzate dalla distribuzione casuale dei rendimenti dei titoli in
portafoglio.
11
10
F. Caparrelli, A. Cassuto, I fondi comuni non approfittano degli alti e bassi di borsa , Bancaria, n 4
1989, op. cit.; F. Caparrelli Economia dei mercati finanziari Cap. 14, McGraw-Hill, 1998, op. cit..
11
M. P. Kritzman, S. J. Brown, Quantative methods for financial analysis , Cap. 7, a cura di The
Institute of chartered financial analysts , Business One Irwin 1990; E. Fama, The behavior of stock
market price The Journal of Business, 1965.
12
1.3 Gli indici di valutazione della performance
Investitori ed analisti finanziari sono stati da sempre interessati alla
misurazione della performance dei funds managers .
12
Inizialmente la
performance veniva misurata confrontando i rendimenti periodali di un
portafoglio gestito con quelli di un portafoglio non gestito casuale
( dartboard portfolio ). Piø tardi con l introduzione del concetto di
efficienza i gestori iniziano a considerare come benchmark di riferimento
per la valutazione della performance il portafoglio di mercato,
perfettamente diversificato. Il rendimento di portafoglio da solo Ł una
misura incompleta della performance in quanto non considera il rischio,
una variabile molto importante per gli investitori che possono conseguire
rendimenti elevati solo se disposti a sopportare piø alti livelli di rischio;
quindi quanto piø piccolo Ł il rischio assunto tanto maggiore sar la
probabilit di conseguire rendimenti inferiori al mercato o addirittura
negativi. Il rischio si pu misurare attraverso due indicatori statistici di
dispersione: la varianza e la deviazione standard. Entrambe misurano il
rischio in termini di volatilit , variabilit dei rendimenti ex-post rispetto al
valore del rendimento atteso di conseguenza quanto piø alta Ł la
dispersione tanto piø rischioso Ł l investimento.
13
La spiegazione di questo trade-off tra rischio e rendimento Ł che il
risparmiatore Ł avverso al rischio e richiede sempre un compenso, rispetto
al livello di incertezza sostenuto, nella forma di un premio per il rischio.
12
Per un ampia rassegna sugli strumenti di valutazione della performance consultare M. Grinblatt, S.
Titman Performance evaluation in R. Jarrow, V. Maksimovic,W. T. Ziemba Finance, an handbook in
operations research and management science , Cap. 19, North-Holland, Amsterdam, 1995; F. Caparrelli
Economia dei mercati finanziari , Cap. 12, McGraw-Hill, 1998.
13
H. M. Markowitz, Portfolio selection , Cap. 1-2, second edition, Blackwell, 1992; idem H. M.
Markowitz Portfolio selection: efficient diversification of investments , Willey, 1959; F. Modigliani, G.
Pogue An introduction to risk and return: concepts and evidence Financial Analysts Journal maggio-
giugno 1974.
13
L avversione al rischio del risparmiatore Ł strettamente soggettiva anche se
il mercato gli consente di scegliere tra diverse combinazioni di rischio-
rendimento. Per questo motivo non Ł possibile valutare la performance di
un portafoglio gestito solo in termini di rendimenti ma bisogna aggiustare
gli stessi in funzione del livello di rischio che l’investimento comporta.
L’adeguamento degli strumenti di misurazione della performance al rischio
di portafoglio si realizza attraverso il CAPM, un modello che consente di
descrivere in modo lineare la relazione rischio-rendimento. Gli indici di
valutazione della performance che vedremo di seguito sono tutti risk-
adjusted-return e utilizzeranno il CAPM.
1.3.1 Il Γ di Jensen
Gli indici di misurazione della performance piø usati e conosciuti si basano
sul Capital Asset Pricing Model uno dei modelli piø importanti della
moderna teoria di portafoglio che esprime la relazione lineare tra il
rendimento atteso e il rischio sistematico di mercato non diversificabile
beta:
E[Rp] = Rf + β p(E[Rm] Rf); [1]
L equazione consente di determinare il rendimento di equilibrio di un
qualsiasi portafoglio o titolo. La relazione [1] cos com Ł definita non Ł
applicabile praticamente perchŁ le variabili sono valori attesi che devono
essere sostituiti da dati ex-post.
14
La seguente sostituzione ci consente di
stimare il β p con il metodo dei minimi quadrati ordinari (OLS):
14
G. P. Szego, K. Shell, Optimal utilizations of market forecasts and the evaluation of investments
performance in Mathematical methods in investment and finance , North-Holland, 1972.
14
Rpt = Rft + β p(Rmt Rft) + ept; [2]
Il metodo OLS prevede un ulteriore ipotesi e cioŁ la stazionariet del beta,
quindi il gestore non deve adeguare il mix del portafoglio al trend di
mercato (assenza di market-timing). Se questa condizione viene violata le
stime OLS non risultano piø valide in quanto vengono meno le propriet
distributive dei parametri e l attendibilit dei test di verifica (gli errori sono
eteroschedastici e la varianza delle stime aumenta riducendo il valore della
t di Student). La relazione [2] pu essere riscritta come :
(Rpt Rft) = β p(Rmt Rft) + ept; [3]
Il β p Ł il coefficiente d inclinazione della retta che si ottiene regredendo i
rendimenti in eccesso del portafoglio considerato rispetto al tasso Rf di
un attivit risk free con quelli del portafoglio proxy di mercato. Se il
manager Ł dotato di una particolare capacit selettiva (perchŁ dispone di
informazioni che il mercato non ha) conseguir un rendimento certamente
superiore a quello di equilibrio. La selettivit del gestore pu essere
misurata regredendo i rendimenti in eccesso del portafoglio gestito (sempre
rispetto a Rf = tasso di un titolo di stato a reddito fisso a breve termine
come il BOT) con quelli di mercato stimando l intercetta Γ p della seguente
retta di regressione:
(Rpt Rft) = Γ p + β p(Rmt Rft) + ept; [3]
dove: Rpt=rendimento realizzato dal portafoglio gestito;
15
Rft + β p(Rmt Rft)=rendimento di equilibrio della Security Market Line
del CAPM.
Riscrivendo la [3] otteniamo:
Γ p = Rpt [Rft + β p(Rmt Rft)]; [4]
L intercetta Γ p sar data dalla differenza tra il rendimento realizzato Rpt e il
rendimento di equilibrio rappresentato dall equazione della Security
Market Line (SML) del CAPM. Il gamma di Jensen misura la capacit
microprevisiva del gestore pertanto se Γ p ≠ 0 la retta stimata non passer
per l origine degli assi e si percepiranno rendimenti superiori a quello di
equilibrio. Per Γ p = 0 ,invece, si realizzer lo stesso rendimento del
portafoglio di equilibrio (politica del buy and hold ) rappresentato
dall equazione della SML (Fig. 1.1).
Il gestore Ł in grado di selezionare titoli mispriced se Γ p > 0; se Γ p < 0 la
performance realizzata Ł inferiore a quella di equilibrio, questo valore
SML
Γ p ≠ 0
β p
Fig. 1.1
(Rpt Rft)