6
contribuisce per quasi il 20% all‟avanzo commerciale dell‟industria
manifatturiera italiana;
occupa l‟8% degli addetti del settore manifatturiero, senza considerare i
consistenti effetti occupazionali in termini di indotto;
è un bacino di imprenditorialità diffusa. Infatti con il 15% delle imprese
del settore manifatturiero rappresenta il secondo settore italiano per
numero di imprese2.
Le imprese italiane si trovano ad operare in un mercato interno particolarmente
dinamico: gli acquisti di mobili incidono per oltre il 2% sul totale dei consumi
privati (una percentuale che all‟interno dell‟Unione Europea raggiunge valori
analoghi solo in Germania, mentre in Francia e nel Regno Unito è di poco
superiore all‟1%)3.
Il settore del mobile presenta in Italia una struttura produttiva peculiare, almeno se
confrontata con i maggiori concorrenti e con la Germania in particolare. Tale
struttura è infatti costituita − come peraltro in molti settori manifatturieri − da una
miriade di piccole e medie imprese, che, a dispetto delle loro ridotte dimensioni, si
mostrano estremamente dinamiche e capaci di attivare strategie aggressive anche
sui mercati internazionali.
2
Dopo il settore metallurgico (“Produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo”),
fonte www.istat.it/censimenti/industria.
3
Dal sito www.laipp-eu.com.
7
Analogamente a quanto è avvenuto in altri rami produttivi appartenenti alla
cosiddetta industria “leggera” (calzature, abbigliamento, strumenti musicali,
ceramica per l‟edilizia), il fattore che ha fatto scattare il meccanismo di sviluppo
del settore mobiliero in Italia è risultato un processo di formazione
dell’imprenditorialità di tipo schumpeteriano4. I nuovi imprenditori hanno così
iniziato la propria attività imitando i prodotti che al momento riscuotevano
maggiore successo sul mercato e poi, in un successivo stadio di crescita
dell‟azienda, hanno attuato una politica di prodotto caratterizzata da una
progressiva differenziazione rispetto agli articoli offerti dai concorrenti, o,
talvolta, una politica di riconversione produttiva, specializzandosi nella
fabbricazione di componenti accessori per mobili5.
La concentrazione territoriale di tali imprese specializzate nel settore mobiliare ha
portato alla creazione del concetto di distretto industriale del mobile.
Il distretto industriale, nella sua canonica accezione, è rappresentato da un sistema
locale caratterizzato dalla presenza di un‟attività produttiva principale svolta da un
insieme di piccole imprese indipendenti, che però sono altamente specializzate in
fasi diverse di uno stesso processo produttivo. Questo particolare modello
organizzativo imprenditoriale consente di sviluppare delle sinergie che
determinano una produzione più efficiente rispetto a quanto accadrebbe
4
Schumpeter, 1972.
5
Per approfondimenti si veda Silvestrelli, 1978.
8
all‟interno di un singolo grande stabilimento. In Italia il riconoscimento giuridico
dello status di “distretto industriale” è stato sancito dalla legge6; secondo queste
disposizioni, vengono definiti distretti le aree territoriali locali caratterizzate da
elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto
tra la presenza delle imprese stesse e la popolazione residente, nonché alla
specializzazione produttiva dell‟insieme delle unità produttive coinvolte.
Geograficamente parlando, lo sviluppo del settore mobiliero si è “localizzato”
soprattutto nelle regioni centrali e nord-orientali del nostro paese, al di fuori cioè
delle aree allora sottosviluppate del mezzogiorno, e di quelle sviluppate
“congestionatamente” del triangolo industriale (con l‟evidente eccezione della
zona della Brianza, in Lombardia).
Tale processo ha dato vita a veri e propri comprensori mobilieri, i cui limiti non
coincidono con quelli degli enti pubblici territoriali, e nell‟ambito dei quali si
sono localizzate non solo le imprese trasformatrici del legno e quelle produttrici di
parti componenti, ma anche quelle ausiliarie (fornitrici di ferramenta, cristalli,
vernici, parti plastificate ecc.).
Il modello in esame si è perciò prevalentemente espanso in alcune regioni della
nostra penisola, e precisamente in Toscana, Marche, Emilia Romagna, Lombardia,
Veneto e Friuli-Venezia Giulia (Figura 1.1). I due principali “prerequisiti” che
6
Legge 317/1991, “Interventi per l‟innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese”.
9
hanno contribuito a dare l‟avvio del processo di industrializzazione del settore in
tali zone sono:
una considerevole accumulazione del capitale in settori non industriali
(agricoltura, commercio, ecc.);
un alto grado di approvazione sociale verso la figura dell‟imprenditore da
parte dell‟ambiente, il quale era fortemente esposto a modifiche
nell‟ambito di un processo generale di modernizzazione della società7.
D‟altro canto questi due prerequisiti non sono sufficienti a spiegare da soli perché
lo sviluppo del settore si è manifestato, per così dire, per “poli” ad elevata
specializzazione produttiva. Tra le ulteriori condizioni socio-economiche va
ricordata innanzitutto una peculiare situazione sociale, contraddistinta, da un lato,
dalla presenza di soggetti economici propensi ad affrontare l‟“avventura”
imprenditoriale, e dall‟altro, dalla disponibilità di manodopera, che abbandonava
le attività agricole e artigianali per cercare un posto di lavoro nella fabbrica.
Determinante è risultata inoltre la possibilità di reperire capitali necessari per dar
vita a nuove iniziative produttive autonome; non si può trascurare infine la
relativa mancanza di settori che avessero ormai raggiunto un avanzato stadio di
industrializzazione e fossero caratterizzati dalla presenza di complessi economici
di grandi dimensioni.
7
Si veda al riguardo Pagani, 1964, p. 233.
10
Figura 1.1 – Localizzazione dei principali distretti italiani del mobile.
Fonte: elaborazioni IPI8 da fonte Istat (censimento 1996) su www.riditt.it
8
Istituto per la promozione industriale.
11
1.1 IL MERCATO MONDIALE DEL MOBILE
Il consumo mondiale di mobili valutato a prezzi di produzione (escluso il markup
per la distribuzione) è attualmente di circa 310 miliardi di dollari Usa. Il grado di
apertura dei mercati (cioè il rapporto fra importazioni e consumi) continua a
crescere, ed è passato dal 20% nel 1997 al 30% nel 20069 (Grafico 1.1).
Grafico 1.1 – L’apertura del mercato mondiale di mobili, 1997-2006:
rapporto importazioni/consumi.
29,9%30,0%
29,7%
28,3%
26,5%
24,8%24,3%
22,5%
21,6%
20,2%
0,0%
5,0%
10,0%
15,0%
20,0%
25, %
30,0%
35,0%
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Fonte: World Furniture Outlook 2007, Csil Milano
I principali paesi importatori di mobili a livello mondiale risultano essere gli Stati
Uniti, la Germania, il Regno Unito, la Francia e il Giappone.
Le importazioni degli Stati Uniti (che hanno risentito della crisi del 2001 ma sono
in ripresa a partire dal 2002) continuano a rappresentare il motore principale della
9
Dati tratti dal World Furniture Outlook 2007, Csil Milano.
12
crescita del commercio mondiale di mobili; notevole risulta anche l‟aumento delle
importazioni del Regno Unito (Grafico 1.2).
Grafico 1.2 – Il commercio mondiale di mobili. Principali paesi importatori,
1996-2006 (miliardi di dollari Usa correnti).
Fonte: ONU, Eurostat in World Furniture Outlook 2007, Csil Milano
L‟Italia, che era il più grande paese esportatore di mobili a livello mondiale, è
stata superata dalla Cina che ha visto crescere le sue esportazioni da circa 1
miliardo nel 1996 a 16 miliardi di dollari nel 2006 (Grafico 1.3).
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
26
Stati Uniti Germania Regno Unito Francia Giappone
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
13
Grafico 1.3 – Il commercio mondiale di mobili. Principali paesi esportatori,
1996-2006 (miliardi di dollari Usa correnti).
Fonte: ONU, Eurostat in World Furniture Outlook 2007, Csil Milano
E‟ importante osservare che queste statistiche indicano il paese di origine delle
esportazioni indipendentemente dalla nazionalità dei proprietari delle imprese. In
realtà molti nuovi impianti in paesi emergenti (Cina, Polonia, Romania, Brasile)
sono di fatto controllati (attraverso partecipazioni azionarie o a mezzo di accordi
tecnici e di marketing) da società americane ed europee che delocalizzano parte
delle loro attività produttive per conservare e rafforzare la loro competitività
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
26
Cina Italia Germania Polonia Canada
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
14
complessiva. Nel caso dei produttori italiani di mobili tale tendenza al
decentramento produttivo si sta orientando verso vari paesi (tra i principali, Cina,
Russia, Romania, Brasile).
1.2 IL MERCATO ITALIANO DEL MOBILE
Il sistema Legno-Arredamento italiano, con i suoi 38 miliardi di euro di fatturato,
oltre 410.000 addetti ed oltre 80.000 imprese, realizza oggi il 20% del saldo attivo
commerciale dell'industria italiana ed è il secondo settore italiano per numero di
imprese (15% delle imprese manifatturiere)10.
Il settore produttivo dei mobili nel nostro paese ha registrato nella seconda metà
del secolo scorso un rapido processo di sviluppo economico, grazie al quale si è
trasformato da grosso “artigianato” a vera “industria”, anche se la sua struttura è
ancora prevalentemente caratterizzata dalla presenza di un elevato numero di
piccole e medie unità produttive.
Il primo stadio del processo di industrializzazione coincide approssimativamente
con il periodo del boom economico che l‟Italia ha vissuto dal 1953 al 1963. Dopo
la congiuntura economica sfavorevole degli anni 1964-1965 è iniziata una fase di
espansione, contraddistinta da una rapida crescita della produzione, degli addetti,
degli investimenti, della produttività per addetto e da un notevole progresso
tecnico-organizzativo delle imprese.
10
Dati tratti dal sito www.federlegno.it.
15
In un tempo relativamente breve (una sola generazione industriale) l‟industria
italiana del mobile ha compiuto il salto dall‟artigianato ad un‟industria leader nel
mondo. Un ruolo fondamentale per tale cambiamento è stato giocato dalle
“aree−sistema”, ovvero dai distretti mobilieri, dove sono sorte − quasi ovunque
per aggregazione spontanea, ma poi immediatamente coordinate a molti livelli
organizzativi e territoriali − realtà autonome e complementari: dall‟azienda
produttrice del mobile finito alla media azienda specializzata nella lavorazione di
particolari materiali, dalla piccola azienda artigianale fornitrice di specifici
componenti o lavorazioni sino all‟artigiano modellista capace di realizzare il
prototipo.
Analizziamo ora l‟evoluzione che ha caratterizzato il settore mobiliero nel corso
di questi ultimi sessant‟anni, con riferimento ai dati statistici tratti dai censimenti
ISTAT a partire dal 1951.
1.3 L’EVOLUZIONE DEL SETTORE MOBILIERO ITALIANO: I
CENSIMENTI DELL’ISTAT
Partiamo analizzando il censimento industriale del 1951.
La totalità delle imprese addette al settore del legno e del mobile era di 113.697
unità nella nostra penisola, con un ammontare di addetti pari a 293.570 unità.
Nella Tabella 1.1 e nei Grafici 1.4 e 1.5 possiamo notare la suddivisione delle
imprese e degli addetti per regione.
16
Tabella 1.1 – Localizzazione delle industrie del mobile e del legno.
REGIONI
industrie del mobile
e del legno
% sul totale
numero di
addetti
% sul totale
Piemonte 9.013 7,9% 28.319 9,6%
Valle d'Aosta 244 0,2% 708 0,2%
Lombardia 18.209 16,0% 64.934 22,1%
Trentino Alto
Adige
3.482 3,1% 10.712 3,6%
Veneto 8.778 7,7% 25.722 8,8%
Friuli-Venezia
Giulia
2.410 2,1% 10.204 3,5%
Liguria 2.827 2,5% 8.957 3,1%
Emilia Romagna 8.432 7,4% 21.421 7,3%
Toscana 8.372 7,4% 21.043 7,2%
Umbria 1.853 1,6% 3.221 1,1%
Marche 3.404 3,0% 7.195 2,5%
Lazio 5.246 4,6% 12.846 4,4%
Abruzzo 2.789 2,5% 5.459 1,9%
Molise 1.179 1,0% 1.667 0,6%
Campania 9.806 8,6% 20.753 7,1%
Puglia 6.975 6,1% 12.007 4,1%
Basilicata 1.948 1,7% 3.043 1,0%
Calabria 5.065 4,5% 11.345 3,9%
Sicilia 10.783 9,5% 18.076 6,2%
Sardegna 2.882 2,5% 5.938 2,0%
TOTALI 113.697 100,0% 293.570 100,0%
Fonte: Istat, censimento industriale del 1951