Si può affermare, al riguardo, che l’esperienza e l’identità della
comunità hacker sono state filtrate dai mass media e dalle istituzioni che
hanno creato una rappresentazione senz’altro fuorviante degli hackers
tanto che questi ultimi sono stati etichettati come gruppi socialmente
devianti
3
e pericolosi poiché trascendono le norme e i valori legalmente e
moralmente accettati.
E’ necessario, quindi, per comprendere il significato del termine
hacker conoscerne le connotazioni che assume all’interno della comunità
hacker e nell’opinione pubblica influenzata dai mass media.
Il termine hacker deriva dal verbo “to hack” che assume numerosi
significati.
La letteratura internazionale sul computer crime
4
riporta più di 20
mila definizioni del termine hacker dimostrando che su tale figura
esistono diversi atteggiamenti e connotazioni più o meno criminali
5
.
Il significato letterale del verbo to hack è “fare a pezzi”, ma in
senso positivo; vuol dire, cioè, prendere un oggetto e scinderlo nelle sue
parti fondamentali per studiarne il funzionamento.
3
S. Cohen
, J.Young , “Folk devil and moral panics: the creation of moods and rockers”, London:
Constable.
4
Vedasi nota alla pag.
5
M. Strano et alt., “Aspetti personalogici degli hacker: uno studio clinico: relazione al convegno
computer crime” 27 aprile 2000, Biblioteca del CNEL, Roma.
Da tale significato deriva, dunque, la identificazione degli hackers
come persone curiose ed appassionate verso il mondo dell’informatica
che mettono a disposizione le loro qualità per creare programmi gratuiti
utilizzabili da chiunque, spesso fondamentali nel mondo delle
telecomunicazioni.
Al contrario, chi abusa delle proprie abilità per compiere atti
illegali e dannosi per gli utenti viene denominato “cracker”.
Questo termine deriva dal verbo “to crack” che significa “fare a
pezzi” in senso negativo, ovvero “distruggere”
6
.
Il Wwwebster Online Dictionary
7
alla voce hacker riporta tra i vari
significati: “Esperto della programmazione e nel risolvere problemi con
un computer” e “Persona che guadagna illegalmente l’accesso e
qualche volta manomette le informazioni di un sistema informatico”. Per
una definizione più precisa il Jargon File
8
alla voce hacker riporta diverse
definizioni: “Persona che prova piacere nell’esplorare i dettagli dei
sistemi programmabili e come estendere le loro capacità, in opposizione
alla maggior parte degli utenti, che preferiscono imparare solo il
minimo necessario”; oppure: "Persona che programma con
6
Copyright © 2002 by Marco Zanon (www.marcozanon.com).
7
Dizionario on line di terminologia hacker.
8
Il più prestigioso dizionario di tecnologia hacker: “Un compendio del gergo, della tradizione, del
folklore e dell’humor hackeristico”, iniziato da R. Finkel nel ’75 fino ad essere stampato nel 1983 con il
titolo: “The hacker’s Dictionary”, curato e pubblicato da E. S. Raymond.
entusiasmo”; o ancora: “Persona che prova piacere nella sfida
intellettuale di scavalcare o aggirare creativamente dei limiti”.
Un’altra definizione storica del termine hacker fu data da S. Levy
9
che ritiene gli hacker come individui che praticano l’esplorazione
intellettuale a ruota libera delle più alte e profonde potenzialità dei
sistemi di computer (o la decisione di rendere l’accesso all’informazione
quanto più libera e aperta possibile).
Tale definizione implica il riconoscere che nei computer si possa
ritrovare la bellezza e la forma estetica quasi come nell’arte e compito
degli hacker è di liberarle. A tal riguardo si ritiene che gli hacker sono
artisti, e alcuni artisti sono hacker. L’arte, di fatto, rompe i modelli e le
abitudini della percezione.
Il termine arte deriva dal latino “ars” che significa anche scienza o
tecnica ed in questo senso l’hacking è fortemente legato allo sviluppo
della tecnologia e quindi alla nozione più antica di arte.
Le molteplici possibilità d’utilizzo del termine hacker sono state
sintetizzate da diversi autori.
Ira Winkler
10
li distingue in tre categorie: i geni, gli sviluppatori e
gli altri.
9
Autore del libro “Hacker: eroi della rivoluzione informatica”, Ed. Shake, Milano,1984.
10
I. Winkler, “Corporate espionage”, Hardcore, 1997 (direttore del NCSA – National Computer
Security Association - ).
I geni sono individui particolarmente intelligenti e capaci di
penetrare la natura ed il funzionamento dei sistemi informatici e
telematici al punto di essere in grado di contribuire all’evoluzione della
scienza e della tecnologia.
Gli sviluppatori migliorano gli strumenti di lavoro esistenti o ne
creano di nuovi.
Gli altri si limitano a sfruttare l’evoluzione tecnologica e
scientifica che deriva dagli strumenti di lavoro per i fini più disparati.
Chiunque ha un buon bagaglio culturale nel campo
dell’informatica e della telematica è in grado di utilizzare tali strumenti
in modo sovversivo per trarne un ingiusto profitto o per arrecare danno.
Ad ogni modo il termine hacker è utilizzato correttamente solo se
indica le prime due categorie di individui: i geni e gli sviluppatori.
Un’altra distinzione è stata costruita da Marco Strano
11
che li
distingue in:
1. “Hacker tradizionale”, che è colui il quale agisce spinto dal gusto
per la sfida e per dimostrare a sé e agli altri la perizia acquisita in
campo informatico.
2. “Hacker distruttivo vandalico”, che sparge virus con l’intento di
comunicare la sua rabbia contro il sistema.
11
Direttore tecnico e psicologo del Centro di Neurologia e psicologia medica della Polizia di Stato,
nonché dirigente dell’UACI (unità di analisi del crimine informatico).
3. “Hacker distruttivo professionista”, che agisce spinto dalla logica
lucrativa.
4. “Hacker spia”, che opera veri e propri furti d’informazioni su
commissione.
5. “Hacker antagonista”, che agisce spinto da motivazioni di lotta
alla strumentalizzazione commerciale o alla politica delle
informazioni.
6. “Hacker terrorista”, che usa le tecniche dell’hacking con lo scopo
di destabilizzazione sociale all’interno della comunicazione
istituzionale.
Nel Jargon file il termine hacker tende a connotare l’appartenenza
ad una comunità globale; ciò implica che l’hacker aderisce in qualche
modo a principi condivisi da altri, ma la caratteristica che
contraddistingue in ogni caso il vero hacker è la curiosità
unita ad
un’intelligenza brillante, dinamica al di sopra della norma, capace di
liberarsi da ogni condizionamento e prediligendo argomenti scientifici
12
.
Oltre alla curiosità, i principali elementi tra loro strettamente
connessi, che da sempre hanno accomunato gli hackers sono: il principio
dell’hands-on
13
, la creatività, la ricerca della perfezione, la sfida nel
12
V. Capello, “Essere hacker – sul significato di essere hacker” (www.thepentagon.com/valcap)
Copyright © 1999.
13
Vedasi nota n. 10, pag. 8.
superare i limiti, la ricerca del consenso meritocratico, un atteggiamento
antiautoritario e antiburocratico e, soprattutto, la convinzione che la
libera informazione sia il presupposto necessario per il progresso della
società
14
.
Del resto gli hacker ritengono che comprendere il funzionamento
delle cose permette di dominarle, di acquistare potere su di esse e
trovare, in fondo, in questo potere, una soddisfazione assoluta.
Solo intervenendo fisicamente sulle cose è possibile conoscerne la
logica più intrinseca e verificarne le intuizioni che possono migliorarle.
Perennemente alla ricerca delle debolezze, dei limiti dell'oggetto
di indagine, l'hacker sfida sé stesso tentando di superarli.
A questo proposito Steven Levy afferma che gli hacker sono
posseduti non da mera curiosità, ma da una assoluta lussuria di sapere
15
.
Il concetto di “curiosità” viene chiarito in uno spezzone del
manifesto hacker; “The coscience of a hacker”
16
:
“Noi esploriamo…e voi ci chiamate criminali.
Noi cerchiamo la coscienza…e voi ci chiamate criminali.
Noi esistiamo senza colore della pelle, senza nazionalità,
senza pregiudizi religiosi…
e voi ci chiamate criminali.
Ma soprattutto, noi cerchiamo conoscenza…
Ed è per questo che ci chiamate criminali…
14
E. S. Raymond, “How become a hacker” (in http://virgolamobile.50megs.com/hacker-howto-it.html).
15
S. Levy, op. cit., pag. 12.
16
Trad. it. “La coscienza di un hacker”. Scritto da The Mentor (uno dei membri della Legion of Doom,
famoso gruppo dell’underground digitale degli anni 80) l’8 gennaio 1986. Testo integrale consultabile
all’indirizzo www.hacker.com.
Guardatevi, avete paura di noi. Mobilitate risorse enormi per
prenderci.
Voi costruite bombe atomiche, voi fate la guerra, voi
uccidete, imbrogliate e ci mentire e tentate di farci credere
che è per il nostro bene, eppure siamo noi criminali.
Si, sono un criminale. Il mio crimine è sapere quello che voi
non vorreste dire, desiderare di sapere tutto ciò che la mia
natura di essere umano mi dà il pieno e inalienabile diritto
di conoscere.
Il mio crimine è quello di giudicare la gente
in base a quello che pensa e dice,non per come appare.
Il mio crimine è di essere più furbo di voi,
una cosa che non potrete mai perdonarmi. […]
Il testo è persuasivo: l’hacker non è mosso dalla volontà di ledere
gli altrui diritti o di arricchirsi rapidamente, bensì dalla curiosità, dalla
sete di conoscenza e dalla voglia di confrontarsi con sé stesso e gli altri.
2.2 I principi dell’etica hacker
Gli hackers sono per natura indisciplinati, tendenzialmente
anarchici, restii ad adeguarsi a qualsiasi tipo di regola, in contrasto con
ogni tipo di dogma e di dottrina prestabiliti e preconfezionati.
Per questo mal si adattano a qualsiasi struttura gerarchica e
all'organizzazione del lavoro, che non consente loro di spaziare, pensare
ed agire liberatemene.
L’innata curiosità che pervade la loro esistenza, li porta a
confrontarsi quotidianamente con sé stessi e con gli altri, a raccogliere in
ogni modo e con ogni mezzo le informazioni ritenute interessanti, a
studiarle fino ad apprenderne ogni possibile sfumatura ed
interpretazione, a farne un uso dinamico e produttivo, nel tentativo di
aggiungere sempre qualcosa a quanto è già stato scritto e definito, con
l’intento di migliorare quello che già esiste o di scoprire e creare quanto
è ancora nascosto o ignoto.
Nella filosofia degli hacker, le misure di sicurezza poste a
protezione dei sistemi informativi costituiscono solo un ostacolo da
rimuovere rapidamente, un limite imposto da quanti vogliono controllare
l’informazione per dominare le masse.
L’hacker, quindi, non assalta i sistemi per finalità tipiche della
criminalità comune ed organizzata. Non è hacker chi si introduce in un
sistema per danneggiarlo o per provocarne il malfunzionamento con
l’intenzione di trarne un ingiusto profitto: tale filosofia di
comportamento è in netto contrasto con la filosofia dell’hacking.
Gli hacker sono, invece, mossi da quella che essi stessi
definiscono un “eroica passione antiburocratica", la quale si fonda sulla
convinzione che autorità e burocrazia costituiscano un limite alla ricerca
della conoscenza, alla libera circolazione delle informazioni ed un
ostacolo al progresso sociale.
Alla base del loro comportamento sta il principio secondo cui i
sistemi informatici possono concretamente contribuire al miglioramento
della società, grazie alla capacità di diffondere le informazioni in modo
capillare e veloce.
Le informazioni sono considerate patrimonio dell’umanità, al pari
dell’aria, dell’acqua, delle risorse naturali e quindi, dove vengano frenate
dai governi al solo fine di ottenere il controllo della collettività, non per
migliorarne le condizioni di vita ma per esercitare su di essa il potere,
devono essere recuperate e diffuse. I sistemi protetti da misure di
sicurezza sono violati non per non perché vengano bloccati o
danneggiati, ma affinché siano recuperate e diffuse le informazioni
riservate in essi contenute
17
.
Dice Raymond
18
: "Chiunque possa darti degli ordini, può fermati
dal risolvere problemi dai quali sei affascinato ... Gli autoritari
prosperano sulla censura e sulla segretezza. Essi distruggono la
cooperazione volontaria e lo scambio di informazioni. L'unica
'cooperazione' che piace è quella di cui hanno il controllo".
E Levy
19
: "L'ultima cosa di cui c'è bisogno è la burocrazia.
Questa, che sia industriale, governativa o universitaria è un sistema
17
G. Pomante, op cit., pag. 31.
18
E.S. Rymond, op. cit.
19
S. Levy, op. cit.
imperfetto, ed è pericolosa perché è inconciliabile con lo spirito di
ricerca dei veri hackers.
I burocrati si nascondono dietro regole arbitrarie: si appellano a
quelle norme per rafforzare il proprio potere e percepiscono l'impulso
costruttivo degli hackers come una “minaccia".
L'etica degli hacker è, quindi, il vero collante di questa
controcultura
20
: si tratta, di un sistema di valori profondi non scritta o
codificata, mai oggetto di dibattito, implicitamente accettata: una sorta di
manifesto programmatico di tutti gli hacker caratterizzato dallo spirito
libertario e tipicamente controculturale degli anni ’60.
Ovviamente ogni comunità culturale è mediata e modulata dal
contesto storico-sociale.
Tale ideologia parla di un'audace simbiosi fra uomo e macchina di
cui gli hacker sono divulgatori, con il fine di alfabetizzare le masse alla
nuova tecnologia informatica.
Per gli hacker del MIT la pratica dell’hacking era incentrata su sei
principi fondamentali:
20
Il termine controcultura è usato per riferirsi ad un’amalgama di culture giovanili alternative tipiche
della classe media (per esempio i figli dei fiori, gli hippy), che si svilupparono a partire dagli anni
Sessanta. La comunità degli hacker, come tutte le controculture, presenta la sua opposizione alla cultura
dominante in forme dichiaratamente politiche e ideologiche (coscienza politica, coerenza filosofica,
manifesti, in sintesi un'etica); mette in opera istituzioni "alternative" (stampa underground, gergo, propri
spazi simbolici e fisici); fornisce un sistema diverso di percepire,di agire e di valutare, ma provvede
anche alla identità e ai ruoli, simboli di interpretazione e discorso per i suoi
partecipanti.(www.portalehacker.it/controcultura_hacker.asp)
1) L’accesso ai computer deve essere illimitato e completo.
L'imperativo è hands on (metterci su le mani): gli hacker,
infatti, credono nella possibilità di imparare smontando le cose,
osservando come funzionano e usando questa conoscenza per
creare cose nuove.
2) Tutta l'informazione deve essere libera. Ogni controllo
proprietario su di essa è negativo. Dovere etico degli hackers è
la condivisione del proprio sapere e della propria esperienza
con la comunità d'appartenenza, separata dal resto della
società. Nell'underground
21
tutto circola liberamente e
rapidamente sia che si tratti di materiale coperto da copyright o
meno: secondo questa ideologia il copyright è, infatti, un
concetto ormai superato nella futura società dell'informazione.
L’arte dell’hackeraggio per esplorazione e divertimento è
eticamente corretta fino al momento in cui non siano commessi
intenzionalmente furti, atti di vandalismo, distruzione di
privacy, danno ai sistemi informatici: è contro l'etica alterare i
dati che non siano quelli necessari per eliminare le proprie
tracce, evitando così d'essere identificati.
21
Underground: agg. ingl. “sotterraneo, clandestino”. Termine per indicare, in questo caso, un ambiente
di produzione artistica o letteraria che, per contestare il sistema, non viene affidata ai normali canali di
diffusione o distribuzione
3) Dubitare dell’autorità. Promuovere il decentramento. La
burocrazia è politicamente inconciliabile con lo spirito di
ricerca costruttiva e innovativa degli hackers, il quale
incoraggia l'esplorazione e sollecita il libero flusso delle
informazioni.
22
Il sogno, l’utopia degli hacker, come sintetizza
Levy, è portare i “computers alle masse, i computers come
giradischi, livellando le ineguaglianze di classe, la tecnologia
non più come strumento di potere nelle mani delle classi
egemoni”.
23
4) Gli hackers dovranno essere giudicati per il loro operato e
non sulla base di falsi criteri quali ceto, età, etnia e posizione
sociale. La comunità hacker ha un atteggiamento
meritocratico: non si cura dell’apparenza mentre è attenta al
potenziale dell'individuo nel far progredire lo stato generale
dell'hackeraggio e nel creare programmi innovativi degni
d'ammirazione. La stratificazione di status si basa quindi sulla
conoscenza, l’abilità e l’estro digitale.
22
B.Sterling, “The hacker Crackdown: law and Disorder on the electronic frontier”, 1992; trad. It.
“Giro di vite contro gli hacker”, Milano, Shake Edizioni underground, 1993).
23
S. Levy, Op. cit.
5) Con un computer si può fare arte. Emerge una certa estetica
dello stile di programmazione. Nei computers si può ritrovare
la bellezza e la fine estetica di un programma perfetto che,
spinto al massimo delle sue potenzialità, può liberare la mente
e lo spirito: ogni programma dovrebbe essere ammirevole e
progettato per espandere le possibilità dell’utenza. Il computer
è l'estensione illimitata della propria immaginazione personale.
6) I computers possono cambiare la vita in meglio. Gli hackers
hanno profonda fede nel computer come strumento di
liberazione e di trasformazione della realtà.