1.1 Introduzione al ruolo della marca
Negli ultimi anni, la centralità del ruolo della marca in tutti i settori del
commercio ha assunto sempre maggiore importanza, divenendo una presenza
obbligata in qualsiasi contesto associato al consumo di beni e servizi: difatti,
l‟apposizione di una marca su di un prodotto ne esprime l‟appropriazione,
l‟identificazione e la differenziazione rispetto a quelli concorrenti. Se, ipotizzando
per assurdo, un individuo entrasse in un negozio che espone solo scatole, flaconi,
barattoli e lattine completamente bianchi, senza etichetta, senza nome e senza
logo, probabilmente si sentirebbe disorientato: come scegliere di fronte
all‟omologazione e all‟uguaglianza? Che possano esistere differenze tra un
prodotto e l‟altro? E se sì, quali? Ci sarà un prodotto che meglio soddisfa le
esigenze di quel cliente? Confezioni colorate, nomi, loghi, etichette e pubblicità
vengono allora in aiuto durante il processo d‟acquisto: questi caratteri distintivi non
sono un lusso delle aziende ma rispondono al bisogno di riconoscimento da parte
dei consumatori. La marca è un concentrato di informazioni sulle caratteristiche
dell'offerta, è la memoria del prodotto, che guida ed orienta il consumatore come
1
una bussola nelle decisioni. L'American Marketing Association definisce la marca
come: "un nome, un termine, un simbolo, un design o una combinazione di essi
che identifica i beni o i servizi di un venditore e le differenzia da quelli dei
2
concorrenti". Essa serve essenzialmente a identificare, distinguere il prodotto: tale
differenziazione potrà manifestarsi sul piano tangibile, a livello di funzionalità o
prestazioni, ma anche sul piano intangibile, a livello di emotività e valori. Il brand
può essere paragonato ad un pacchetto di significati, una sorta di cultura:
Mercedes dal punto di vista delle caratteristiche tangibili è un prodotto di qualità,
con ottime prestazioni, che tocca picchi di lusso estetico in molti dei modelli offerti,
1
MINESTRONI L., Il manuale della marca, Bologna, Fausto Lupetti Editore, 2010, p. 119.
2
MINESTRONI L., Il manuale della marca, Bologna, Fausto Lupetti Editore, 2010, p. 50.
11
ma rappresenta anche, sul piano intangibile, la cultura tedesca, organizzata ed
efficiente; Gatorade è una bibita dal gusto gradevole, è dissetante e funzionale
perché compensa i sali minerali che si espellono durante l‟attività fisica, ed incarna,
a livello simbolico, la cultura dello sport, del tempo libero e del corpo sano.
Tabella 1: Le funzioni della marca
Fonte: MINESTRONI L., Il manuale della marca, Bologna, Fausto Lupetti Editore, 2010, pag. 120
Più il brand è forte, più facilita i processi decisionali del consumatore,
riducendo i costi di ricerca del prodotto o servizio desiderato e i tempi d'acquisto:
riconoscendo la marca, infatti, il consumatore accerterà l‟identità del produttore e
troverà la garanzia di qualità e di performance costante nel tempo. Che la marca
faccia la differenza in tutti i sensi, a livello di scelte oltre che a livello comunicativo,
emerge palesemente dal regolare comportamento d‟acquisto dei consumatori: in
12
3
tal proposito, si pensi ad un semplice esperimento, condotto negli anni ‟90 negli
Stati Uniti, che ha dimostrato quale influenza eserciti il nome della marca nelle
quotidiane scelte di consumo. In quell‟occasione, un gruppo di bevitori di birra
venne invitato ad un fittizio test di degustazione promosso da una prestigiosa
rivista enogastronomica. L‟esperimento consisteva di due fasi: nella prima, le birre
venivano assaggiate “alla cieca”, in altre parole senza possibilità di riconoscerne la
marca, nella seconda le etichette apparivano invece senza coperture. In entrambe
le fasi si chiedeva ai partecipanti di valutare quali birre fossero per gusto più simili
fra loro. Ciò che stupì, non fu il semplice fatto di registrare una similarità maggiore
tra le birre con le etichette coperte, ma la misura in cui crescevano le differenze
percepite dopo aver letto le marche: si passò, infatti, da una situazione di
sostanziale omogeneità (in cui le birre potevano essere facilmente scambiate fra
loro senza che ce ne si accorgesse), ad una in cui si tracciavano marcatissime
differenze tra singole birre e le altre. Come se le marche avessero potuto (ed
effettivamente è ciò che accadde) alterare le facoltà sensoriali dei degustatori,
enfatizzando le minime differenze tra i prodotti. E‟ perciò evidente che uno dei
primi effetti della marca è proprio quello di esaltare, nell‟immaginario del
consumatore, le seppur minime differenze, legittimando un‟identità basata su forti
caratterizzazioni: in tal modo ci si sposta dall‟ambito commodity (prodotti
estremamente simili e sostituibili gli uni con gli altri) a quello di brand (marche-
prodotto estremamente particolari, quindi con poche o nessuna alternativa). Tale
caratterizzazione dovrebbe sostenere e preservare una situazione ideale in cui,
tendenzialmente, vorrebbe ritrovarsi qualunque produttore: ovvero quella di avere
una marca poco sostituibile (perché con caratteristiche uniche), che sia preferita a
tutte le altre marche (perché con le caratteristiche più desiderabili) e quindi
reputata la migliore (almeno basandosi su tali parametri), garantendo così un‟alta
fedeltà di marca. Ma, sopra ogni altra cosa, l‟obiettivo principale è quello di
3
CACCIAPUOTI G., Direttore di ricerca Makno & consulting, Come studiare il valore della marca, in
www.makno.it, 27 Ottobre 2008.
13
acquisire una legittimazione ad imporre un premium price agli acquirenti,
diminuendone la sensibilità al prezzo (o, in termini micro-economici, riducendo
l‟elasticità della domanda alla variabile prezzo). Questo equivale ad affermare che
tanta più è alta la brand reputation, e quindi il valore aggiunto di marca, tanto
maggiore sarà il prezzo che il consumatore (fidelizzato) sarà disposto a pagare per
avere la sua marca (di birra, ad esempio). Anche se quella birra (di marca)
sarebbe valutata simile a tante altre, se non se ne conoscesse l‟etichetta.
1.2 Teoria neoclassica e teoria di marketing a confronto
Da diversi anni, oramai, le strutture di marketing più avanzate riconoscono
alla marca un‟importanza particolare, tanto da considerarla uno degli asset
aziendali più importanti. Così si impostano, sempre più spesso, strategie di
marketing volte al consolidamento, allo sviluppo e al sostegno della marca; la
valutazione stessa della brand equity è oramai parte fondante della definizione del
valore economico e finanziario di un‟azienda. Tra i vari settori,
quello dell‟abbigliamento (assieme a quello delle sigarette, degli alimentari e dei
prodotti chimico-farmaceutici) è forse quello in cui la marca, con le sue
caratterizzazioni, le sue associazioni e i suoi valori evocati, ha acquisito un ruolo
addirittura dominante nell‟influenzare le scelte dei consumatori. Le stesse
quotazioni azionarie delle aziende riflettono, in gran parte, il valore derivante dal
nome del marchio. Esso si pone pertanto come una sorta di sigillo, una firma non
legata esclusivamente a politiche commerciali e di marketing, ma con un significato
che affonda le proprie radici nella storia. Infatti, l‟apparizione delle prime marche
4
importanti risale al periodo compreso tra il XIX secolo e la prima metà del XX;
successivamente, il fenomeno ha raggiunto un‟estensione ed uno sviluppo tali che
4
Levi‟s è nata nel 1850, Coca Cola nel 1887, Michelin nel 1889, Camel nel 1913 e Malboro nel 1937.
14
al giorno d‟oggi sarebbe impensabile introdurre sul mercato un prodotto senza un
nome riconoscibile ed una personalità. Per quanti hanno a che fare con le marche
nella loro vita professionale quotidiana, appare evidente la strategicità della marca:
basti pensare che, mentre fino a pochi anni fa la valutazione finanziaria di
un‟azienda si basava quasi esclusivamente sui suoi beni materiali e finanziari,
attualmente il valore delle marche possedute dall‟azienda viene sempre più
computato nella valutazione finale, pur non esistendo alcuna procedura
standardizzata per determinare il valore finanziario di una marca. Per capire
profondamente il ruolo strategico di cui si sta argomentando, non conviene certo
rifarsi all‟economia classica: focalizzandosi, infatti, sulla nozione di prodotto
piuttosto che sulla teoria dei bisogni, essa non ha permesso di comprendere la
5
rilevanza del fenomeno-marca. Secondo la teoria economica neoclassica, i
bisogni individuali sarebbero semplicemente radicati nella natura umana: i beni
materiali hanno per loro natura la capacità di soddisfare tali bisogni e in questo
risiede la loro utilità. I prodotti sono perciò mezzi con una duplice funzione: da un
lato sono strumentali alla soddisfazione dei bisogni, dall‟altro collegano la
produzione al consumo, nel senso che mettono in contatto il produttore con il
6
consumatore. In particolare, Theodore Levitt propone una rappresentazione del
prodotto tale per cui esso si porrebbe su quattro livelli in rapporto ai bisogni del
consumatore: il prodotto generico soddisfa il bisogno generico e costituisce
pertanto un beneficio essenziale per il consumatore; il prodotto atteso incontra
invece i desideri e le aspettative, promettendo al consumatore determinati benefici;
il prodotto integrato ed il prodotto potenziale infine permettono all‟impresa di
esplorare nuovi attributi, arricchendo la loro offerta al consumatore. Se ne deduce
che i prodotti intercettano una pluralità di bisogni, offrendo attributi, tangibili o
intangibili, talvolta collegati direttamente a determinati benefici, anch‟essi tangibili o
5
GRANDINETTI R. (a cura di), Marketing – mercati, prodotti e relazioni, Roma, Carocci Editore, 2009, p. 96.
6
Sociologo americano nonché direttore della Harvard Business Review, icona monumentale in ambito di
marketing a livello mondiale.
15
meno. Tenendo presente questa classificazione, nella teoria neoclassica emerge
che durante il processo di acquisto le preferenze del consumatore si formano in
modo automatico dal confronto tra i bisogni da soddisfare e l'utilità dei beni,
risultando pertanto indipendenti dall'influenza di altri soggetti, dinamiche o elementi
esterni; il consumatore è un operatore autonomo, perfettamente razionale, che
conosce la composizione completa dell'universo dei beni offerti a cui applica le sue
preferenze, mantenendo una dimensione di sovranità sul processo di acquisto. In
questa visione, non è contemplata l‟influenza della marca. Dall'altra parte, la teoria
del marketing condivide l'impostazione sulla strumentalità del consumo rispetto ai
bisogni; il bisogno è uno stato di insoddisfazione dell'individuo, e il suo
riconoscimento costituisce lo stimolo rispetto al quale l'acquisto di beni rappresenta
la risposta orientata al superamento dello stato di insoddisfazione. Mantenendo
questa base teorica, gli studiosi di marketing rimuovono però il postulato di
indipendenza delle preferenze, discostandosi dalla teoria standard, anche per
quanto riguarda la soddisfazione istantanea dei bisogni del consumatore, il
marketing rivolge piuttosto il proprio interesse ai singoli prodotti, all'ampia varietà di
marche, alla razionalità limitata del consumatore, creando uno scollamento di
visioni rispetto alla matrice neoclassica. Anzitutto, è necessario distinguere i
7
bisogni dai desideri: per Kotler, i desideri individuano qualcosa di specifico in
grado di soddisfare i bisogni, cioè un determinato prodotto. Questa definizione
colloca i desideri ad uno stadio superiore rispetto ai bisogni, in quanto si traducono
nella domanda di prodotti specifici, mentre i bisogni restano sul piano della
generalità. Attraverso i desideri, lo spazio tra i bisogni e le preferenze nella scelta
d'acquisto si articola, dimensione che resta invece vuota per il consumatore
neoclassico. Inoltre, l'evoluzione dei bisogni generici in specifici dipende da un
complesso di fattori ambientali, economici, culturali in cui le imprese esercitano
una grande influenza; basti pensare al mondo della moda, che spesso anticipa a
7
GRANDINETTI R. (a cura di), Marketing – mercati, prodotti e relazioni, Roma, Carocci Editore, 2009, p. 97.
16
livello di espressività estetica aspetti che emergono poi nel sociale, canalizzando i
desideri di un certo numero di consumatori verso un determinato prodotto e
contribuendo in misura importante al processo di specificazione dei bisogni
generici. Tale semplice considerazione va direttamente a smentire l'ipotesi di
indipendenza delle preferenze del consumatore, che risulta invece attorniato da
dinamiche ed elementi di varia natura che ne influenzano profondamente scelte e
comportamento d'acquisto. A questo punto, si riconosce il valore centrale del
marketing e della sua variabile fondamentale, il prodotto, visto come insieme di
attributi, tangibili e non, che spingono il consumatore all'acquisto non solo per
motivi funzionali. I beni non vengono acquistati solo per soddisfare bisogni, ma
anche sulla base di altre motivazioni riassumibili in due categorie: il potere
evocativo che i beni di consumo possono esercitare su individui, e l'impiego dei
beni come strumenti di comunicazione e di relazione sociale. Focalizzando
l'attenzione su questi due aspetti, ed in particolare sul primo, appare intuitivo perciò
che i beni, oltre ad un valore d'uso, possiedono un valore simbolico, che spesso
dipende dalla forza e dalla notorietà della marca.
1.3 Uno sguardo più approfondito alla natura della marca
Ad un primo livello di analisi, la marca sembra rappresentare un semplice
insieme di attributi del prodotto: un nome (brand name) e un'immagine (brand
8
mark) che distinguono un prodotto di un'impresa da quello di altre concorrenti.
Volendo specificare le caratteristiche tecniche della dimensione marca, si ricordi
che il nome e l'immagine possono identificare un solo prodotto-marca (ad esempio
il formaggio Philadelphia) oppure una determinata linea di prodotti/marca-gamma
(come Findus) o ancora un insieme più vasto di beni, detti marca-ombrello. A
8
GRANDINETTI R. (a cura di), Marketing – mercati, prodotti e relazioni, Roma, Carocci Editore, 2009, p. 128.
17
questo elementare stadio di definizione, la marca tende unicamente a coincidere
con una struttura, e svolge una funzione meramente informativa nei confronti del
consumatore, che è in grado di riconoscere un dato prodotto. In realtà, la marca è
l'entità più complessa tra le dimensioni del prodotto, in quanto contribuisce a
generare il prodotto nella percezione del consumatore e lo rappresenta nella sua
globalità: il consumatore riconosce e deposita nella marca una certa immagine del
prodotto. Essa possiede un ruolo critico e strategico per l'impresa, poiché
rappresenta una differenza dinamica rispetto alla concorrenza oltre che un attributo
semantico del prodotto, che riassume in sé la strategia di differenziazione del
produttore, indica in che misura l'impresa ha saputo sfruttare il potenziale del
prodotto e ne segnala la volontà di progetti futuri. Pur potendo sembrare una
considerazione banale o scontata, è opportuno sottolineare quanto, per il valore
segnaletico di cui è dotata, la gestione della marca rappresenti un valore
inestimabile tra le politiche di prodotto dell'impresa, in quanto si presta a svolgere
una funzione generativa dell'identità del prodotto, il quale assumerebbe altrimenti
un'identità diversa in assenza della marca stessa o in presenza di una nuova
marca. Questa proprietà della marca è definibile come trasferibilità e si riflette nei
9
casi di brand extension: ad esempio, se un‟impresa utilizza una marca per
commercializzare una linea di cosmetici (riscuotendo successo presso i
consumatori ed affermandosi con un‟immagine elevata) e successivamente vi
inserisce un nuovo prodotto, quest‟ultimo acquisirà da subito una connotazione
positiva nella percezione dei consumatori, grazie appunto alla marca, che ne è la
garanzia. Inoltre, le politiche di marketing impongono all'impresa di mantenere
costante nel tempo gli attributi del prodotto e la sua qualità, giacché costanza,
rispondenza ai benefici dichiarati e coerenza sono fattori fondamentali nella
valutazione da parte del consumatore, motivo per cui la marca si ripropone
nuovamente come attributo semantico, assumendo e verificando il progetto di
9
Cfr. GRANDINETTI R. (a cura di), Marketing – mercati, prodotti e relazioni, Roma, Carocci Editore, 2009, p. 129.
18
qualità dell'impresa, svolgendo la funzione fondamentale di garanzia del prodotto.
A fronte di tali considerazioni, si delinea sempre più la complessa dimensione della
marca; se poi consideriamo che la differenziazione del prodotto-marca si
costruisce non solo sulla presenza di specifici attributi tangibili o servizi ma spesso,
e a volte solo, sul valore simbolico che attribuiscono i consumatori, intuiamo
quanto esteso possa essere il raggio d'azione dell'attributo di cui stiamo
argomentando. La marca, di più, non rappresenta solo un attributo semantico del
prodotto, come abbiamo appena dimostrato, ma svolge un ruolo complesso di
interfaccia tra le azioni del produttore e il sistema cognitivo dei consumatori, che è
un fondamentale riferimento nella comunicazione di marketing. Per sopravvivere in
questo articolato rapporto, la marca deve possedere personalità e tale
10
supplemento le viene dato dalla sua messa in discorso, vale a dire dalla sua
immersione in un bagno di comunicazione. Nel 1989, nel libro La Marque, Jean-
Noel Kapferer e Jean-Claude Thoenig affermavano che: “La marca non è una
rendita, né un diritto acquisito. La marca non dura se non porta un reale valore
aggiunto. Sottoposta a continua verifica dai consumatori, che confrontano e che si
abituano velocemente alle innovazioni al punto di considerare normale l’ultimo
progresso portato dalla marca, essa non ha altra scelta per sopravvivere che
rimettersi continuamente in discussione.”
A questo proposito, è utile notare come la marca venga concettualizzata
nell'approccio semiotico, ricordando che la semiotica è la scienza che studia le
caratteristiche distintive dei segni e si collega alla semantica, che indaga il
11
significato dei segni. Riportando qui la definizione di Andrea Semprini: "una
marca è costituita dall'insieme dei discorsi tenuti su di essa dalla totalità dei
10
Tale messa in discussione si focalizza molto sugli aspetti immateriali del prodotto, cioè sugli aspetti legati
all‟immaginario evocato dal prodotto stesso, legati al simbolismo o alla percezione soggettiva, che per essere
evidenziati devono necessariamente essere “discorsivizzati”. In tal proposito, si veda SEMPRINI A., Marche e
mondi possibili – un approccio semiotico al marketing della marca, Milano, Franco Angeli, VI edizione, 2002, p.
29.
11
SEMPRINI A., Marche e mondi possibili – un approccio semiotico al marketing della marca, Milano, Franco
Angeli, VI edizione, 2002, p. 55.
19
soggetti coinvolti nella sua generazione", aggiungiamo che la marca è al tempo
stesso lo strumento che consente di produrre questi discorsi. Si tratta pertanto di
una vera e propria macchina semiotica, in grado di costruire un'intelaiatura di
senso intorno al prodotto e di contribuire in modo fondamentale alla
differenziazione di esso nella percezione dei consumatori.
Tabella 2: Natura della marca
Fonte: GRANDINETTI R. (a cura di), Marketing – mercati, prodotti e relazioni, Roma, Carocci Editore
2009, p. 131
1.4 La marca generatrice di valore
La marca proietta e trasmette forti valori, intesi come aggregati di senso,
cognitivi e affettivi, coerenti, duraturi, capaci di guidare le scelte individuali per un
periodo di tempo prolungato; elementi che fondano l'identità sociale e individuale di
gruppo attraverso cui passano e si consolidano i processi di differenziazione
sociale. Occorre precisare che la vera conditio sine qua non perché la marca
possa esprimere il suo grande potenziale e trasformarsi in uno straordinario
20
moltiplicatore di valore, è che essa si giustapponga ad un buon prodotto o servizio;
al contrario, quando la marca, pur avendo costruito intorno a sé un grande
patrimonio simbolico, diviene inadempiente sotto il profilo della qualità, la sua
attrattività perde rapidamente di richiamo. Per restare costantemente ancorata agli
attributi qualitativi che ne determinano il successo, e perciò per continuare a
produrre valore, la marca necessita l'apporto della scienza: creatività,
immaginazione, fantasia sono importanti per attribuire protagonismo alla marca,
ma si devono coniugare ad un approccio rigoroso e sistemico, ad un pensiero
strategico ed innovativo. Tuttavia, le attuali campagne pubblicitarie testimoniano
che sono poche le imprese a dedicare alla marca quell'attenzione e
quell'intelligenza strategica che i mercati richiedono: questo canale di
comunicazione rappresenta da sempre uno degli strumenti privilegiati per
potenziare il valore della marca, ma il più delle volte si rivela essere elusivo e
generico, frutto di ricerche poco approfondite, poco orientato a creare sinergie tra i
tanti media. La marca ha valore se riesce a sedimentarsi con un‟identità chiara,
12
distintiva e coinvolgente nella mente dal consumatore: la forza della marca e la
sua capacità di creare significati ed equity si basano su ciò che il consumatore ha
appreso, visto, sentito, percepito, sperimentato personalmente nel tempo. La
famosa COBE (customer oriented brand equity) si attiva quando il consumatore
elabora un elevato livello di conoscenza e familiarità con la marca.
12
FABRIS G. – MINESTRONI L., Valore e valori della marca – come costruire e gestire una marca di successo,
Milano, Franco Angeli, 2004, p. 16.
21
1.4.1. Valore in che senso?
Quando si parla di valore, s‟intende innanzitutto valore per il consumatore,
poiché la marca riduce l'incertezza nel momento della scelta: la marca è sicurezza
di non incorrere in un rischio funzionale, economico, sociale, psicologico,
temporale. Essa attribuisce un cuore e un'anima al mondo delle oggetti, trasforma
una mera prestazione d'uso in un comportamento dotato di senso, diventa una
nuova forma di linguaggio con cui comunicare se stessi e con cui trasmettere agli
altri significati, mondi, valori condivisi.
Inoltre, s‟intende anche valore per l‟impresa, poiché la marca è un
moltiplicatore di valore oggettivo in caso di vendita dell‟azienda stessa: essa
determina un dato posizionamento sul mercato, conferisce maggior potere
contrattuale nei confronti della distribuzione, consente eventuali operazioni di
estensione dell‟azienda e dona al prodotto un maggiore apprezzamento sul
mercato azionario. Si parla si valore per l‟impresa ma anche di valori: valori che
partono dal miglior adempimento della basica promessa di buon prodotto, fino ad
arrivare ad un prezzo competitivo, passando per il basso o nullo impatto
ambientale, mantenendo una certa coerenza alle culture cui si offre il prodotto ed il
massimo rispetto per chi lavora nell'impresa.
1.4.2. Il valore della marca oltre il prodotto
Si è detto che la marca è una risorsa preziosa per le aziende, e che pur non
avendo consistenza sul piano della realtà fisica, è dotata di una vitalità unica, che
evolve parallelamente alla storia, alla società e agli individui. La visione economica
classica tende a concepire la marca esclusivamente come il differenziale di prezzo
che il consumatore è disposto a pagare per un prodotto branded rispetto ad un
22
prodotto analogo ma unbranded; così è stato fino agli anni „80, poi a seguito
dell'ondata di fusioni e acquisizioni sui mercati occidentali, ci si è resi conto che le
marche avevano acquisito un proprio peso autonomo ed erano diventate
determinanti nello stabilire il valore delle aziende sul mercato. Nel giro di alcuni
decenni, il mondo economico si è adeguato a questo rivoluzionario mutamento di
visione, superando la tradizionale separazione tra prodotto e marca. La marca oggi
è concepita come un addensato di attributi tangibili intangibili, di performance
effettive e affettive, di qualità e coerenza. La marca è sintonia, fiducia,
appartenenza in qualsiasi ambito, dagli alimenti (marche di frutta, verdura, carni,
salumi), ai prodotti per la casa, agli accessori, all‟abbigliamento, all‟arredamento, ai
veicoli, fino ai prodotti per la cura personale, la cosmesi, ecc. Si potrebbe
addirittura affermare che certi personaggi cinematografici, televisivi, sportivi o della
13
musica sono delle vere e proprie marche: Madonna individua un certo tipo di
universo, è un modello estetico ben definito con un proprio stile di vita (tecniche
new age, tendenze alimentari, attività sportive, dinamiche familiari), Jennifer Lopez
incarna la logica della marca di culto (crea tribù del consumo in interi comparti
merceologici, dai CD, ai DVD, all‟abbigliamento, fino agli accessori, ai profumi,
oltre che al cinema). Non a caso, Ritzer ha parlato di mcdonaldizzazione della
14
società, proprio riferendosi a questo processo di branding della società e dello
star system: Luciano Pavarotti è una marca, che firma dall‟eau de toilette agli
eventi benefici, il Grande Fratello ha un mercato di merchandising di straordinaria
varietà al di là del piccolo schermo, Michael Jordan e David Beckham sono solo
due esempi tra i personaggi sportivi diventati fenomeno-marca.
13
FABRIS G. – MINESTRONI L., Valore e valori della marca – come costruire e gestire una marca di successo,
Milano, Franco Angeli, 2004, p. 33.
14
RITZER G., Il mondo alla Mc Donald’s, Bologna, Il Mulino, 1997.
23
1.4.3. Il valore della marca si trasforma in fiducia: trustmarks, goodwill,
commitment
Per farsi riconoscere e per riuscire a distinguersi rispetto alla concorrenza
diventa necessario per le aziende rendere memorabile il trademark, il marchio di
fabbrica, con il suo verbo e le sue icone, il nome e il logo, puntando sul ricordo.
Bisogna quindi perseguire la memorabilità e la notorietà presso il consumatore;
dalla visibilità si passa alla fiducia, per cui una volta acquisita notorietà e
riconoscibilità la marca tende a divenire a una sorta di garanzia. Parliamo, infatti, di
trustmarks, ossia di marche fiduciarie, legittimate sul mercato grazie agli
elevatissimi standard di qualità, innovazione e servizio, notevolmente superiori
rispetto alla concorrenza, tali da rappresentare una sorta di contratto di fiducia per
il futuro rapporto con il consumatore (ricordiamo in proposito i famosi spot:
"Galbani vuol dire fiducia” oppure “Volkswagen, c'è da fidarsi”). Ulteriore step è
quello di perseguire il goodwill, cioè un'attitudine psicologica favorevole da parte
del consumatore nei confronti della marca, un sentimento che diventa obiettivo
strategico per impresa, poiché tale stato d'animo orienterà la scelta del cliente e
favorirà la benevolenza dei distributori, giacché l'atteggiamento positivo del
pubblico assicura la presenza del prodotto sul punto vendita, l'appoggio dei
15
grossisti e dei rivenditori, l'eventuale estensione della marca, oltre che la fedeltà.
16
La marca approda poi alla fase del commitment: un sentimento ancora più
persistente e durevole, consolidato nel lungo termine, che non evapora nel tempo.
Una volta conquistate onorabilità e fiducia presso il pubblico, la marca si posiziona
nella mente del consumatore e ad essa viene collegato un insieme di associazioni
che ne costituiscono l'identità. Se si pensa ad esempio a Mc Donald‟s, esso sarà
una somma di tante dimensioni: divertimento, americanità, efficienza, hamburger,
15
Cfr. FABRIS G. – MINESTRONI L., Valore e valori della marca – come costruire e gestire una marca di
successo, Milano, Franco Angeli, 2004, p. 61.
16
Cfr. FABRIS G. – MINESTRONI L., Valore e valori della marca – come costruire e gestire una marca di
successo, Milano, Franco Angeli, 2004, p. 62.
24
patatine, salse, bontà, gusto, rapidità, pulizia, risparmio, colori, cortesia, gioventù,
onnipresenza a livello mondiale. Una marca propone un sistema di valori in cui si
identifica: la libertà di Levi‟s o il mangiare sano di Mulino Bianco, sono concetti
astratti ma desiderabili e condivisibili, che infondono fiducia, armonia, rispetto,
amore nel consumatore. Si tratta di dimensioni simboliche, etiche e sociali che
trovano legittimazione della società; la marca produce senso e crea un contatto fra
l'universo della produzione e quello del consumo, sia a livello di valori direttamente
connessi ai prodotti (la naturalità per un frollino, la creatività per un PC) sia nei
valori sociali generici (la tolleranza e la fraternità per Benetton).
Le nuove frontiere della marca si ampliano sino a raggiungere, in termini
geografici ma anche valoriali, una dimensione cosmica, in cui si edifica un mondo
partendo dai valori del marchio: Diesel, Nike, Mc Donald‟s, Coca Cola, Virgin,
comunicano mondi possibili e campi segnatici. Essi comunicano tramite autentiche
cattedrali del consumo: imponenti megastores e negozi monomarca in cui si
respira un'atmosfera coerente con l'essenza del brand, dove l'atto del consumo
17
diventa un'esperienza totale, attraente, affascinante, incantevole. Tutto ciò
contribuisce ancor più a consolidare la fiducia del consumatore, che si sente
accolto e coccolato in un universo che soddisfa i suoi desideri e rappresenta
appieno le sue caratteristiche.
1.5 Gestire il valore della marca
La marca può essere considerata, tutti gli effetti, un capitale, un bene capace
di creare valore, perciò gestirla è una pratica complessa che richiede uno sguardo
a lungo termine e una visione strategica a largo respiro: il cosiddetto marketing di
marca ormai è sempre più importante, oltre che rischioso e oneroso. Negli ultimi
17
Cfr. FABRIS G. – MINESTRONI L., Valore e valori della marca – come costruire e gestire una marca di
successo, Milano, Franco Angeli, 2004, p. 98.
25