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PREMESSA
Il presente lavoro si articola in una premessa di carattere generale seguita dall’esame
particolare di alcuni libri dell’Antico Testamento, con saggi di lettura ed esegesi, volti alla
comprensione delle linee generali della storia della salvezza ed al suo sviluppo
1
.
Ai fini di una maggiore comprensione del testo, non mancheranno schemi, ‘scalette’, grafici,
iconografie, riferimenti a mappe geografiche (finalizzati ad approfondire anche elementi di
geo-storia biblica) e concettuali, genealogie, anche se la tesi si cimenterà essenzialmente in
un’opera di scavo e di analisi del testo, anche considerando quindi elementi di filologia
biblica e semitica.
PREFAZIONE
Che cos’è la Bibbia? E’ la traduzione di una parola greca che significa “i libri” (tà biblìa). Al
fine di orientarsi nella ricerca di un brano biblico, si dice sempre il libro, il capitolo, il
versetto: per es., Genesi, IV, 11. La Bibbia è costituita da 73 libri canonici, 46 dell’Antico
Testamento e 26 del Nuovo Testamento. La Bibbia costituisce il fondamento della fede
ebraico-cristiana: ciò che precede la venuta di Cristo è “antico”, ciò che la segue è “nuovo”.
“Berescit” è una parola ebraica fondamentale per leggere la Sacra Scrittura: significa inizio,
principio, genesi, nascita. Altro termine ebraico “chiave” dell’Antico Testamento è “Berìt”,
che significa alleanza, patto.
Dall’ebraico la Bibbia è stata tradotta in greco, nel termine greco “”diatèke”, che ha il duplice
significato di
1.“Testamento” e di
2.“Alleanza, patto”.
In latino San Gerolamo traduce, nella sua celebre “Vulgata”, il termine greco “diatèke” in
“testamentum”.
La Bibbia è la storia della parola di Dio rivolta agli uomini; normalmente Dio parla agli
uomini mediante dei mediatori, quali i profeti, come Isaia ed Ezechiele.
“Berescit barà Elohìm” è il primo versetto della Bibbia, che significa “In principio Dio creò.”
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1
Cfr. G. Cappelletto – M. Milani, Introduzione all’Antico Testamento, voll. I, In cammino con Israele, e. II, In
ascolto dei sapienti, Il Messaggero, Padova, 2009.
2
Cfr. Genesi, I, 1, 1.
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Il Concilio Vaticano II° afferma che “Le parole di Dio aspettano i tempi dell’uomo”; Dio,
amando gli uomini, si rivolge agli uomini con un linguaggio comprensibile a loro. Questa è la
filantropia: Dio per questo parla agli uomini con parole umane. La parola:
1. Chiama le cose all’esistenza (ha quindi un valore informativo);
2. E’ il veicolo della comunicazione tra l’ “io” ed il “fu” (valore comunicativo o
appellativo);
3. E’ espressiva dell’io che parla (valore espressivo).
Queste tre espressioni trovano il loro fondamento nell’Amore (Agape, in greco, in accezione
religiosa, e non “eros”, che è invece il significato di amore ebbro ed indisciplinato), che è la
Parola di Dio.
Sempre nel Concilio Vaticano II° si afferma che Dio parla agli uomini come ad amici: gli
idoli pagani, invece, hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono.
In conclusione:
1. Non si può leggere la Bibbia come un testo che annuncia verità scientifiche;
2. Se nella Bibbia Dio parla, è necessario l’ascolto, la familiarità;
3. E’ necessaria una lettura sapienziale dei testi, che è la conoscenza che investe tutta la
vita, e non è solo la conoscenza intellettuale o scientifica
3
. In proposito, si consideri
che il centro dell’uomo biblico non è la testa, ma il cuore: Maria, si dice nei Vangeli,
andava dietro a Gesù perché lo sentiva nel suo cuore, anche se non lo capiva;
4. Tutta la gerarchia ecclesiastica è al servizio della parola e tutta la Chiesa tende a
realizzare la parola di Dio, senza mai raggiungerla: la Chiesa tende alla parola di Dio
come il popolo ebraico tende alla Terra Promessa.
5. Dio parla all’uomo con la parola (Logos), che è il Cristo: la parola è quindi il Cristo, il
Verbum, il Logos
4
.
3
Cfr. L. Fanin, Come leggere <<il Libro>>. Lineamenti di introduzione biblica, Il Messaggero, Padova, 1993.
4
Su questo aspetto si veda anche l’importantissimo Prologo del Vangelo di Giovanni, nel Nuovo Testamento.
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INTRODUZIONE
A) LA RIVELAZIONE
“Apokaliptaon” è una parola greca che significa “apocalisse”, cioè “rivelazione”,
manifestazione di ciò che è nascosto; in senso biblico, Dio si fa conoscere.
Nel Concilio Vaticano II è detto “piacque a Dio rivelare sé stesso”
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: a Dio è piaciuto rivelarsi
per amore degli uomini, non per una necessità divina. In senso biblico, la rivelazione è
dunque la manifestazione di Dio perché ama gli uomini e vuole vivere con gli uomini.
Condurre una vita teologale significa mettere Dio al centro della propria vita e non altri idoli.
Quando l’uomo pone Dio al centro della propria vita, la rivelazione si è realizzata.
Dio si fa conoscere
1. Con gesti (come, ad esempio, l’attraversamento del Mar Rosso);
2. Con parole, che chiariscono e commentano gli eventi.
Il termine ebraico che traduce “parola” è “dabar”, che significa “parola in atto”.
La parola di Dio torna a Dio stesso dopo aver realizzato quanto ordinato dal Signore, come
Cristo torna a Padre dopo la morte in croce.
B) LA STORIA
Dio si rivela storia umana (mistero dell’incarnazione). La storia umana è una storia di
salvezza: Dio ci salva nella storia. La storia è salvata: la storia procede dall’inizio alla fine del
tempo, con il giudizio universale, nella dimensione dell’eternità. Non è questo il destino, il
fato, che è un concetto estraneo alla Bibbia. Il credente ha una visione ottimistica della storia
perché sa che la storia è condotta da Dio: questo è l’ ‘ottimismo cristiano’. L’ottimismo
cristiano consiste nella visione lineare, e non ciclica, della storia, a differenza di quella greca,
che sarà invece ripresa, alla fine dell’Ottocento, dal filosofo Friedrich Nietzsche.
Gesù Cristo era presente fin dall’inizio
6
, ma appare alla nostra conoscenza solo ad un certo
punto della storia della salvezza. In realtà, il mistero è unico, in quanto Cristo era sempre
presente (“In principio era il Verbo… era presso Dio… era Dio)
7
.
5
Cfr. Costituzione Dogmatica del Concilio Vaticano II “Dei Verbum”, sulla Divina Rivelazione, in Il Concilio
Vaticano II. Costituzioni – Decreti – Dichiarazioni – Documenti complementari – Indice analitico teologico-
pastorale. Testo latino e italiano, ed. Dehoniane, Bologna, 1966.
6
Cfr. Prologo del Vangelo di Giovanni…, cit.
6
In Gesù si realizza l’incontro perfetto tra Dio e l’uomo, perché Gesù è
1. Vero Dio e
2. Vero uomo.
L’uomo, sia pure con i suoi difetti, si specchia in Gesù: DIO CRISTO UOMO.
C) LA BIBBIA
La Bibbia è il libro che raccoglie e registra questa storia della salvezza: il profeta Osea ci
narra, in proposito, la storia d’amore tra Dio, lo sposo, ed Israele, la sposa adultera, che
tradisce Dio. La storia del rapporto tra Dio e l’uomo è una storia d’amore, una storia d’amore
infedele perché la donna tradisce.
Come si è detto, 73 sono i libri canonici della Bibbia, per canonici si intende “ispirati”; ad
esempio, i vangeli apocrifi o rientrano nel canone, come ad esempio il Vangelo di Maria, gli
Atti di Pilato, il Vangelo di Tommaso. Il termine “canone” (qadè) è una parola ebraica che
indicava un’asta per misurare. L’ebraico “qadè” è trapassato nel greco “kanon”, che significa
strumento di misura, nel contesto regola dell’agire cristiano; quando, ad esempio, ei Vangeli
si afferma che “non si può seguire Dio e mammona”, cioè il denaro, si usa un canone.
Dal IV secolo a. C. si stabilisce che in Chiesa vengono letti solo i libri canonici
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, che si
distinguono in
1. Libri Proterocanonici, che sono i libri riconosciuti canonici fin dall’inizio, ed in
2. Libri Deuterocanonici, che sono i libri riconosciuti canonici in un secondo tempo,
come, ad esempio, il Libro della Sapienza, ed alcune parti del Libro del Siracide.
Sia i canoni dell’Antico Testamento che del Nuovo Testamento sono definitivamente chiusi
con il Concilio di Trento (1545). La storia dei canoni si svolge quindi dal Concilio di
Laodicea del 360 al Concilio di Trento, chiuso nel 1563.
Gli Ebrei non credono nel Nuovo Testamento e la Bibbia ebraica (Tanàk
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) è costituita da
1. La Legge (Toràh);
2. I Profeti;
3. Altri scritti (salmi, cantico, proverbi).
Si tratta di un complesso di circa 35-39 libri.
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Ibid.
8
Con il Concilio di Laodicea nel 360 d.C.
9
Su queste problematiche cfr. M. Simon – A. Benoit, Giudaismo e cristianesimo, a cura di A. Giardina, Laterza,
Roma-Bari, 1979; P. C. Bori, La Chiesa primitiva, Queriniana, Brescia, 1982; E. Schweiizer – A. Dìez Macho, La
Chiesa primitiva. Ambiente, organizzazione e culto, a cura delle Benedettine di Civitella San Paolo, Paideia,
Brescia, 1980
7
Il termine “Tanàk” si spiega:
1. Ta (la Toràh, cioè la Legge);
2. Nà (Neebim, i profeti);
3. K (ketubim, altri scritti, come si è già detto salmi, cantico, proverbi).
D) ISRAELE
La nascita di Israele come entità politica e religiosa dipende strettamente dalla storia della
Mesopotamia e dell’Egitto.
Il luogo d’origine dei Padri, cioè di diversi clan e stirpi nomadi, è la capitale numerica di Ur,
ma ad un certo momento altre stirpi si trovavano provvisoriamente in Egitto a svolgere opere
servili; il fatto che grazie a Javèh vengano guidate fuori dall’Egitto è considerato l’evento di
redenzione fondamentale per l’antica fede israelitica.
E’ solo con questo atto di fusione che Israele sorge come comunità unitaria con una
peculiarità: c’è sì un’istituzione religiosa centrale, ma non un’istituzione politica centrale.
Il rapporto di Javèh con Israele si può concepire come una sorta di patto, inteso come il
rapporto tra due partner che non si trovano sullo stesso piano; è un rapporto giuridico volto a
conservare quella condizione generale di ordine che viene designata come “shalom”, ossia
“pace”.
Pertanto si tratteranno il Pentateuco nel I° capitolo, con particolare attenzione ai libri della
Genesi e dell’Esodo, i libri sapienziali nel secondo ed i libri profetici nell’ultimo capitolo.