strettamente unilaterale suggerisce il coinvolgimento di strutture del sistema
nervoso centrale. Infatti, l’incredibile ritmicità circadiana di questa sindrome
strettamente unilaterale non può essere spiegata con sicurezza con la sola ipotesi
vascolare.
1.1 Quadro clinico della cefalea grappolo
Nonostante il fatto che il quadro clinico della cefalea a grappolo sia caratteristico,
i pazienti ricevono spesso diagnosi e trattamento errati. La cefalea a grappolo è
caratterizzata da attacchi ricorrenti e strettamente unilaterali di cefalea di grande
intensità e breve durata.
Il dolore è accompagnato da segni e sintomi (ipsilaterali) locali di disfunzione
autonomica, parasimpatici (rinorrea, lacrimazione, sudorazione profusa) e
simpatici (miosi, ptosi) [3].
La prevalenza è pari a circa lo 0,1% e colpisce per lo più gli uomini. Gli attacchi
si verificano regolarmente e la loro tempistica sembra essere correlata al ciclo
sonno-veglia. Gli attacchi compaiono solitamente di più nei periodi di attività
(cefalea a grappolo episodica) che durano da una settimana a diversi mesi.
I periodi sono separati da remissioni cliniche di almeno 2 settimane. Circa il
15%-20% dei pazienti soffre di sintomi cronici (senza significative remissioni,
noti come cefalea a grappolo cronica). La caratteristica più saliente della cefalea
a grappolo è la variazione stagionale e la regolarità temporale [4] degli attacchi.
Successivamente, è stata riferita un’intera gamma di irregolarità circadiane nei
pazienti affetti da cefalea a grappolo.
Per poter considerare tutti i sintomi di un attacco, la descrizione dell’attacco
acuto di cefalea a grappolo deve comprendere la cefalea unilaterale, oltre alla
disfunzione del sistema simpatico e all’attivazione del sistema parasimpatico. Di
maggiore interesse è la spiegazione della tempistica, del decorso di comparsa-
remissione, della variazione stagionale [5] e della regolarità dell’orario degli
attacchi [6].
1.2 Aspetti fisiopatologici della cefalea a grappolo
La sindrome è ben definita da un punto di vista clinico e, nonostante sia
riconosciuta dalla letteratura da oltre due secoli, la sua fisiopatologia è
scarsamente compresa. I periodi attivi sono associati ad una maggiore sensibilità
a diversi stimoli vasodilatatori: gli attacchi possono essere provocati da alcool
[7], nitroglicerina [8] e istamina [9], con insorgenza da 20 a 50 minuti dopo la
somministrazione. Durante la remissione, la nitroglicerina non è efficace
nell’indurre l’attacco [10].
I dati sperimentali dimostrano un aumento dei livelli di potenti neuropeptidi
vasoattivi, come il peptide associato al gene della calcitonina (CGRP) e il
peptide intestinale vasoattivo (VIP), negli attacchi provocati con nitroglicerina e
negli attacchi a grappolo spontanei [11-12].
Durante gli attacchi è stata dimostrata una vasodilatazione regionale orbitale per
mezzo di angiografia carotidea [13] e angiografia con risonanza magnetica [14].
Così, per oltre mezzo secolo, la cefalea a grappolo è stata considerata una cefalea
vasomotoria, nonostante il fatto che né l’unilateralità della forma insorgente-
remittente del dolore, né i sintomi autonomici o la ritmicità circadiana degli
attacchi possano essere spiegati con sicurezza da una causa puramente
vasogenica. Soprattutto il decorso di comparsa-remissione [5], la sua variazione
stagionale e la regolarità oraria tipici del disturbo sono inspiegabili con la sola
ipotesi vascolare.
In passato la cefalea a grappolo è stata attribuita ad un processo infiammatorio
del seno cavernoso e delle vene tributarie [15].
Si è pensato che l’infiammazione obliteri il deflusso venoso proveniente dal seno
cavernoso da un lato, danneggiando così le fibre simpatiche trasversali
dell’arteria carotidea interna intracranica e i suoi rami. Secondo questa teoria, il
periodo attivo finisce quando si sopprime l’infiammazione e le fibre simpatiche
rigenerano parzialmente o completamente. Questa teoria si basa sostanzialmente
su rilevamenti anomali mediante flebografia orbitale su pazienti affetti da cefalea
a grappolo [16] e sul fatto che la nitroglicerina e altri vasodilatatori possono
indurre un attacco a grappolo.
Negli ultimi anni sono stati ricostruiti gli aspetti fisiopatologici più importanti. Il
fortissimo dolore unilaterale è probabilmente mediato dall’attivazione della
prima divisione (oftalmica) del nervo trigemino, mentre i sintomi autonomici
sono dovuti all’attivazione del parasimpatico craniale proveniente dal VII
nervo cranico (con coivolgimento del ganglio sfeno-palatino) [12].
La rilevante ritmicità circadiana della cefalea a grappolo ha portato a concepire
un’origine centrale della sua genesi [17-18]. Una significativa diminuzione dei
livelli di testosterone plasmatici nei pazienti di sesso maschile affetti da cefalea
a grappolo durante i periodi di attività ha fornito la prima prova del
coinvolgimento ipotalamico nella cefalea a grappolo [19]. Ciò è stato
ulteriormente supportato da una minore risposta all’ormone di rilascio della
tirotropina [20]. La melatonina è un marcatore del sistema circadiano e nei
pazienti affetti da cefalea a grappolo è stato riportato un livello “smussato” della
melatonina del picco notturno e la completa perdita del ritmo circadiano [21-22].
Pertanto, le osservazioni cliniche indicano l’ipotalamo, o una struttura
strettamente correlata, quale candidato per l’attivazione dell’attacco acuto di
cefalea a grappolo.
1.3 L’ipotalamo, la CH e le TACs
Le cefalee primarie di breve durata si dividono sommariamente in quelle
associate a importanti sintomi autonomici cranici, le cosiddette cefalee
autonomico-trigeminali (TACs) e quelle in cui i sintomi autonomici sono
minimali o assenti. Il gruppo delle TACs comprende la cefalea a grappolo,
l’emicrania parossistica (PH) e gli attacchi di cefalea nevralgiforme unilaterale
di breve durata, con arrossamento congiuntivale e lacrimazione (sindrome
SUNCT). Il concetto delle TACs indica una possibile base fisiopatologia comune
per queste sindromi, che non è condivisa con altre cefalee primarie, come
l’emicrania o la cefalea di tipo tensivo. Poiché i risultati dell'imaging funzionale
in queste sindromi cefalalgiche primarie sembrano specifici, queste tecniche
possono essere utili per scoprire il grado di rapporto tra sindromi cefaliche
clinicamente analoghe.
La sorprendente periodicità circadiana e circannuale della CH implica il ruolo del
nucleo soprachiasmatico della materia grigia ipotalamica, che è l’area coinvolta
nel sistema regolatorio biologico umano. È noto che l’ipotalamo regola i ritmi
circadiani (e stagionali) mediante il nucleo soprachiasmatico [23], con le
informazioni relative al livello di luce ambientale attraverso il tratto retino-
ipotalamico [24]. Le informazioni fotiche trasmesse dal SNC alla ghiandola
pineale si riflettono qui nella secrezione della melatonina, che è bassa durante il
giorno e che aumenta nelle ore di oscurità [25].
Gli studi neuroendocrini, come già riportato, sottolineano come l’ipotalamo
possa essere implicato nella genesi dell’attacco.
È stato osservato che la stimolazione elettrica del cervello profondo
nell’ipotalamo posteriore ha avuto effetti positivi sia nella CH non trattabile sia
nella SUNCT [26-27]. Nel complesso, osservazioni cliniche, studi
neuroendocrini, dati di imaging funzionale e strutturale e studi di
neuromodulazione suggeriscono un forte ruolo centrale dell’ipotalamo nella CH.
Negli studi di imaging funzionale e di stimolazione del cervello profondo, l’area
attivata e stimolata è l’ipotalamo posteriore, che tuttavia anatomicamente è
distinto dal nucleo soprachiasmatico.
È interessante osservare che l’aspetto clinico comune alle quattro sindromi di
cefalea primaria, nelle quali è stata riferita l’attivazione ipotalamica posteriore
(PH, CH, SUNCT e HC) sono le importanti caratteristiche autonomiche craniche
associate alla cefalea. Esiste una considerevole letteratura sperimentale
veterinaria che documenta come la stimolazione di afferenti trigeminali possa
comportare l’attivazione autonomica cranica (riflesso trigemino autonomico)
[28].
È stato suggerito che in queste sindromi i sintomi autonomici cranici possano
essere determinati da una disinibizione centrale del riflesso trigemino
autonomico da parte dell'ipotalamo [29]. In effetti, esistono dirette connessioni
ipotalamico-trigeminali ed è noto che l'ipotalamo svolge un ruolo modulatorio
nei percorsi nocicettivi e autonomici, specificamente nei percorsi nocicettivi
trigemino vascolari [30]. Pertanto, l'attivazione ipotalamica posteriore sostiene
ulteriormente il convincimento che questa struttura possa svolgere un ruolo
essenziale nella fisiopatologia delle TACs e della HC.
Con i dati attualmente disponibili, resta da concludere se l'attivazione ipotalamica
posteriore sia patogena o semplicemente integrante della fisiopatologia di queste
condizioni.
La maggior parte delle sindromi cefalalgiche primarie può comportare dolore
bilaterale. Per esempio, l’emicrania, che deriva il nome dal termine hemicrania
sin dai tempi di Galeno (131-201 d.C), può essere bilaterale, mentre l’HC può
alternare i due lati [31]. La CH può anche presentarsi con cambiamenti di lato tra
un periodo e l'altro, tra un attacco e l'altro e durante gli attacchi ed è stato
raramente riportato che colpisse entrambi i lati contemporaneamente [32].
Le scoperte dell’attivazione bilaterale nella SUNCT possono indicare una
propensione per attacchi bilaterali, o un diverso meccanismo del coinvolgimento
ipotalamico nel dolore rispetto ad altre sindromi. In alternativa, può essere il
risultato di diverse tecniche di studio per analizzare i dati di imaging funzionale.
in effetti, in alcuni studi la risoluzione dello scanner o il diametro della sfera per
la regione di interesse possono essere sufficientemente grandi da incorporare
entrambi i lati di queste strutture paramesencefaliche.