corruzione all’interno della Pubblica Amministrazione in Italia, dal
dopoguerra ai giorni nostri) hanno contribuito in misura
determinante al ricambio della classe politica dominante nel nostro
paese.
Ovviamente, va tenuto presente che tutto ciò è avvenuto nell’ambito
di una più ampia prospettiva, nella quale il disgregarsi dei due
maggiori partiti politici italiani di massa, (la Democrazia Cristiana ed
il Partito Comunista Italiano) appare quasi come la naturale
conseguenza della fine del più importante conflitto ideologico
nell’Italia del dopoguerra: l’antitesi fra comunismo ed
anticomunismo
2
.
Allargando lo sguardo al contesto storico - politico mondiale, può
facilmente notarsi come tali eventi trovino giustificazione nella fine
della cosiddetta “Guerra fredda”
3
; al cui realizzarsi, sicuramente ha
apportato un contributo fondamentale lo scioglimento del blocco
sovietico, sotto i colpi di una crisi economica che ha segnato il
fallimento di tale modello.
1
Sull’argomento v. CANFORA, “Teoria e tecnica della storiografia classica”, Bari, 1974.
2
Se non altro, almeno di un certo tipo di comunismo, inteso come adesione al modello
politico - economico sovietico.
Si può dunque affermare che gli anni Novanta segnano un delicato
momento di transizione nella vita politico - istituzionale italiana, e
quindi, come meglio potrà constatarsi più innanzi
4
, similmente a
quanto è accaduto in tutti gli altri periodi di crisi della storia recente
del nostro paese, si è riacceso il dibattito intorno alle garanzie in
materia di libertà individuale, ed in particolar modo attorno a quelle
relative alla libertà personale dell’imputato prima della sentenza
definitiva.
Naturalmente ogni discorso che abbia ad oggetto i diritti
fondamentali dell’uomo recepiti nel nostro ordinamento (e fra questi
il diritto alla libertà personale occupa sicuramente un ruolo
fondamentale), non può non prendere le mosse dall’analisi delle
disposizioni contenute nella Costituzione.
A questo punto, è necessario un breve chiarimento sull’indagine che
ci si appresta ad affrontare: è necessario infatti sgomberare il campo
da possibili equivoci concernenti la natura e la portata della presente
indagine.
3
Simbolicamente rappresentata dal crollo del muro di Berlino e dalla conseguente
unificazione delle due Germanie.
4
V. Cap. II, par.6.
Dall’analisi del titolo, infatti, sarebbe possibile evincere almeno tre
diversi piani di lavoro, sulla base delle differenti materie di studio
5
,
collegate ai corrispondenti rami dell’ordinamento giuridico cui fanno
capo (per quanto ricomprese nel diritto “pubblico” in senso lato), nei
confronti dei quali, il tentativo di condurre un analisi completa e nel
contempo unitaria, avrebbe sicuramente reso l’opera oltremodo
difficile.
Infatti, le diverse tematiche della custodia cautelare, della
discrezionalità e dell’eccesso di potere, nonché della libertà
personale, vanno esaminate secondo un ottica, per così dire,
“costituzionalistica”, ciò che farà sì che i pur necessari richiami alle
diverse discipline della Procedura e del Diritto Penale, nonché del
Diritto Amministrativo, necessariamente dovranno limitarsi a quanto
necessario per fornire un quadro sufficientemente completo degli
argomenti oggetto di analisi.
Ciò premesso, il discorso che seguirà, cercherà di orientarsi secondo
una linea di sviluppo ben precisa.
5
Ovvero il Diritto Costituzionale, il Diritto amministrativo, il Diritto e la Procedura
Penale.
Prendendo spunto dallo studio delle tematiche connesse alla
cosiddetta “discrezionalità legislativa”, strettamente collegate, come
si vedrà, al tema della “ragionevolezza” delle scelte del Parlamento,
tale analisi si proporrà di cercare un equo bilanciamento
6
tra le
diverse esigenze in contrasto
7
rilevabili in materia di libertà
personale dell’imputato: ovvero quella relativa all’inviolabilità
solennemente proclamata in favore della libertà personale dall’art. 13
Cost.(la quale, secondo la più corretta interpretazione, opera in
combinato disposto con la presunzione d’innocenza ex art.27 Cost.) e
le esigenze, cautelari, di tipo strumentale o finale
8
, connesse al
regolare svolgimento del processo, e quindi, in definitiva, volte ad
assicurare un sistema giudiziale efficace.
6
Il principio di ragionevolezza costituisce, come meglio evidenziato in Cap. I . 5, il
criterio fondamentale per proporre tale equo bilanciamento.
7
Di tale contrasto intrinseco ne avvertiva l’esistenza già la dottrina liberale
dell’ottocento come può leggersi in CARRARA, “Immoralità del carcere preventivo” in
Opuscoli di diritto criminale, IV, Lucca, 1847, pag.300 e ss., il quale dà della custodia
cautelare una definizione che conserva inalterata la sua validità ancora oggi,
definendola come “un’ingiustizia necessaria”.
8
Cui lo stesso art.13 Cost. conferisce rilievo, come meglio potrà osservarsi in Cap.
II, par.4.
E’ pacifico infatti, che buona parte dell’affidamento che i cittadini di
uno stato ripongono in esso, dipende in larga misura dal regolare
funzionamento del suo apparato giurisdizionale.
Come potrà evincersi da una adeguata indagine relativa alle diverse
discipline normative succedutesi in materia di restrizione in carcere
durante il processo, in Italia, l’adeguamento ai principi dettati dal
Costituente è stato lento, spesso parziale e, soprattutto, caratterizzato
da un avvicendarsi di aperture (eccessivamente) garantistiche e di
chiusure restauratrici, spesso palesemente incostituzionali
9
.
Se sul piano del rispetto, almeno formale, del dettato costituzionale,
sembra essersi compiuto un deciso passo in avanti con
l’approvazione del nuovo codice di procedura penale, tuttavia,
ancora feconda è oggi la discussione intorno alla custodia cautelare
10
,
dividendo coloro che vorrebbero un ulteriore limitazione al suo
9
Non può certo omettersi che se le colpe di tale ritardo sono principalmente da
imputarsi al Parlamento, tuttavia, anche la Corte costituzionale (spesso timorosa
nell’assumere un ruolo più incisivo) e la Corte di Cassazione (avallando
interpretazioni poco rispettose, se non della lettera, sicuramente dei principi della
Carta) non ne sono completamente esenti.
10
V. D.L. n°440 del 1994, meglio conosciuto come “Decreto Biondi” (dal nome
dell’allora Ministro della Giustizia proponente) che tante polemiche ha suscitato in
Parlamento e nell’ordine giudiziario.
uso
11
, e coloro che all’opposto lo difendono considerandolo uno
strumento indispensabile per assicurare la giustizia nel nostro paese.
11
A queste esigenze sembrerebbe dover rispondere la recente approvazione della
legge 8 Agosto 1995 n° 332, significativamente intitolata: “Modifiche al codice di
procedura penale in tema di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari
e di diritto di difesa”, ma come meglio si vedrà in Cap. II , par. 6 , tale riforma,
riprendendo una definizione che ne ha data GREVI, in “Misure cautelari e diritto alla
difesa nella legge 8 Agosto 1994 n°332” Milano, 1996, sembra contenere “...più ombre
che luci”.
CAPITOLO PRIMO
La discrezionalità del legislatore.
Sommario: 1) La definizione della nozione giuridica di “discrezionalità legislativa”
- 2) I primi spunti di riflessione, durante la vigenza dello Statuto Albertino - 2.2) La
Costituzione Repubblicana - 3) La discrezionalità e l’eccesso di potere legislativo -
4) L’attività legislativa come “funzione”? - 5) L’eguaglianza formale ed il principio
di ragionevolezza.
1) La definizione della nozione giuridica di
discrezionalità legislativa.
Il concetto di discrezionalità legislativa, ad un esame approfondito,
non sembra prestarsi ad una definizione, né semplice, né univoca, a
cagione delle differenti interpretazioni di cui è stato oggetto sia in
dottrina che in giurisprudenza.
Tali divergenze interpretative sembrano doversi attribuire
principalmente alla lacunosità della disciplina normativa relativa alla
natura dei limiti imposti al potere legislativo, ed in particolare,
all’estensione del sindacato della Corte costituzionale
12
.
Tutto ciò riflette inevitabilmente i suoi effetti, come si vedrà, nella
impostazione delle innumerevoli questioni che al tema sono legate.
Per quanto concerne la dottrina, specialmente, nonostante il fatto che
molti autorevoli giuristi nel corso di questo secolo abbiano cercato di
proporre particolari interpretazioni del concetto in questione, come
potrà notarsi in seguito, ben pochi sembrano essere riusciti a fornirne
una definizione unitaria, ed in questo senso, generale
13
; anzi, come
può evincersi dalla lettura dei molti contributi in materia, essi hanno
spesso attribuito al termine “discrezionalità legislativa” significati
diversi, talvolta addirittura contrastanti.
12
Non ha certo contribuito a rendere più chiaro l’argomento, l’articolo 28 della
legge 11 Marzo 1953 n°87, legge emanata per la prima attuazione della Corte
costituzionale, nel quale si fa riferimento al “...potere discrezionale del
Parlamento...”. Tale disposizione legislativa anzi, a causa della sua ambigua
formulazione, ha contribuito ulteriormente ad alimentare la generale confusione
nella materia de qua, esponendosi, fra l’altro, a numerose censure
d’incostituzionalità. Sul tema v. infra par.3 pag. 40.
13
Che prescindesse cioè, dall’analisi di altre problematiche (attinenti ad esempio
alla distinzione fra norme precettive e norme programmatiche, od alla natura del
sindacato operato dalla Corte o, più comunemente, l’ammissibilità o meno della
discussa figura dell’eccesso di potere legislativo), in quanto solo in vista della
risoluzione di queste specifiche questioni i vari autori hanno proposto una propria
Per tale motivo, prima di procedere ad un approfondimento delle
molteplici problematiche connesse, è opportuno cercare d’intendere
l’esatta interpretazione da conferire a questa locuzione.
Innanzitutto è bene mettere in rilievo come essa non sia che una delle
possibili species
14
del più ampio genus “discrezionalità”, alla cui
definizione quindi, è necessario prestare attenzione, al fine di poter
correttamente inquadrarne l’aspetto specifico riguardante la
funzione legislativa.
ricostruzione del concetto di discrezionalità legislativa; naturalmente quella che
meglio si adattasse al generale inquadramento sistematico proposto.
14
Fra tali specificazioni, quelle per le quali il termine è maggiormente conosciuto
sono quella relativa alla funzione giurisdizionale (che nel diritto processuale
descrive la scelta del giudice tra diversi comportamenti ipotizzati come possibili
dal legislatore), e quella relativa alla funzione amministrativa, in relazione alla
quale il termine discrezionalità è forse adoperato in misura prevalente. In
particolare, in ordine alla distinzione fra i due concetti di discrezionalità legislativa
da una parte e discrezionalità amministrativa dall’altra, cfr. PALADIN :
“Legittimità e merito nel processo costituzionale” in “Rivista trimestrale di diritto e
procedura civile” 1964 -pag.310 e ss. Per le più importanti definizioni di
discrezionalità amministrativa, vedi SANDULLI nel Manuale di diritto amministrativo
XV ed. Napoli 1989 pag.591 e ss. ; M.S.GIANNINI, “Il potere discrezionale della
pubblica amministrazione” Milano 1939; PIRAS voce Discrezionalità amministrativa, in
Enc. del dir., XIII, Milano 1964, pag.65 e ss. E’ bene anticipare che proprio a causa
della prevalenza che dell’uso di tale termine viene fatto in campo amministrativo,
facilmente si potrebbe essere indotti a cercare una semplicistica equiparazione con
quello, ben diverso, di discrezionalità legislativa, ma come si vedrà meglio più
avanti par .3 pag. 27 , una totale equiparazione non può comunque essere
ammessa.
Un insigne giurista lo ha qualificato come “un concetto a doppio
volto”
15
, a causa del fatto che il termine in questione si presta a due
diverse interpretazioni, apparentemente antitetiche, tali quindi, da
indurre facilmente in confusione.
In realtà, esse non sono altro che il frutto di una doppia prospettiva
con cui è possibile osservare il medesimo fenomeno giuridico.
Secondo l’autore citato, infatti, il sostantivo “discrezionalità”, o
l’aggettivo “discrezionale”, designano : “...una qualificazione in virtù
della quale un potere, un’attività o un atto giuridico vengono a
trovarsi, per così dire a mezza strada fra una situazione di assoluta
vincolatezza all’osservanza di una norma ed una situazione di
completa libertà quanto alla determinazione del proprio
comportamento”
16
.
La conseguenza è che, tale termine, quando viene usato in
riferimento ad un potere o ad un’attività giuridica (come nel caso in
questione), in alcuni casi conferisce loro l’aspetto di potere o attività
vincolati, anche se non ad un punto tale da non lasciare all’agente un
15
L’autore citato è PIZZORUSSO, “Il controllo della Corte Costituzionale sull’uso della
discrezionalità legislativa”, in “Rivista trimestrale di diritto e procedura civile”, 1986, p.
795.
16
PIZZORUSSO, op. cit. pag. 794.
certo margine di libertà ; altre volte invece, gli attribuisce il
significato opposto
17
: ovvero li qualifica come liberi, ma senza per
questo negare l’esistenza di qualsiasi vincolo ad essi pertinente.
Questa ambivalenza interpretativa si è riflessa, condizionandoli, sul
dibattito dottrinale e nell’esperienza giurisprudenziale sviluppatisi
in Italia, in seguito all’effettiva entrata in vigore del controllo di
costituzionalità delle leggi ad opera della Corte costituzionale.
Infatti, dall’analisi dei maggiori contributi scientifici relativi a tale
specifico argomento, in un arco temporale che va dagli anni ’50 ai
giorni nostri
18
(anche se, come si vedrà, di studi relativi ai limiti
della funzione legislativa e all’eccesso di potere legislativo è possibile
trovarne traccia già in un periodo anteriore alla attuale
17
Cfr. AMATO, “Individuo ed autorità nella disciplina della libertà personale”, Milano
1967, pag. 303, secondo il quale: “In senso ampio e generico per discrezionalità può
intendersi - e di fatto s’intende - l’assenza di vincoli rigidi nell’applicazione di un
parametro normativo superiore e la conseguente possibilità per l’applicatore di
apprezzare variamente la rilevanza di elementi costitutivi dell’atto o del fatto
raffrontato...La discrezionalità in senso stretto si caratterizza per la sua
funzionalizzazione specifica alla tutela degli interessi pubblici affidati all’organo
che la esercita; e comunque... per assumere tali interessi come polo costante della
commisurazione effettuata per suo tramite”.
18
L’approfondimento dei contenuti di tale analisi è stata svolta nel paragrafo 1.2.
Costituzione
19
), risulta chiaro che anche alla locuzione
“discrezionalità legislativa” sono stati attribuiti significati diversi
sulla base di divergenti concezioni, sia della funzione propria
dell’attività legislativa, sia della struttura del sistema di controllo di
costituzionalità delle leggi.
Si potrà notare, difatti, come alla base delle differenti posizioni
assunte in ordine a particolari questioni (ad esempio in materia di
ammissibilità della figura dell’eccesso di potere legislativo
20
,
dell’interpretazione da dare all’articolo 3, I° comma Costituzione
21
,
ed altre) sembri esserci fondamentalmente l’intenzione di attribuire
al legislatore un maggiore o minore ambito di libertà d’azione e,
19
Fra questi, in particolare sembra opportuno citare SANTI ROMANO:
“Osservazioni preliminari per una teoria sui limiti della funzione legislativa nel diritto
italiano” 1902 ora in “Scritti minori” 1950 pag.217 e ss., nonché ESPOSITO :”La
validità delle leggi”, Padova, 1934 pag.144 e ss. per maggiori dettagli vedi infra par.
1.2 .
20
Cfr. MORTATI, “Sull’eccesso di potere legislativo”, in Giurisprudenza Italiana, 1949,
pag.457 e ss.; G. GUARINO, “Abrogazione e disapplicazione delle norme illegittime”, in
Ius, 1951, pag. 356 e ss. ; PALADIN, “Osservazioni sulla discrezionalità e sull’eccesso di
potere del legislatore ordinario”, in Riv. trim. dir. pubbl., 1956, pag. 993 e ss.
21
Cfr. CERRI, “Violazione del principio di eguaglianza ed intervento della Corte
costituzionale”, in Giur. Cost., 1968, pag. 610 e ss. ; AGRÒ, “Il principio di eguaglianza
formale” - in “Commentario della Costituzione” a cura di G.BRANCA, Bologna -
Roma, 1975, pag.123 e ss.; PALADIN: “Corte costituzionale e principio generale
d’eguaglianza: Aprile 1979-Dicembre 1983”, in “Scritti in onore di Vezio Crisafulli”,
1985, pag.605 e ss.
conseguentemente, dedurne un’estensione o un ridimensionamento
delle competenze della Corte.
Come spesso accade in questi casi, sembrano potersi evidenziare due
correnti dottrinali per così dire estreme, ed una serie di posizioni
intermedie.
Secondo una prima approssimativa ricostruzione, partendo dall’idea
della possibilità di configurare un parallelo fra l’attività
amministrativa e l’attività legislativa, si tende ad avvicinare i due
concetti di discrezionalità
22
.
Il presupposto dal quale si parte in questo caso è che il legislatore nel
suo agire sia tenuto, quantomeno in alcuni casi specifici, al rispetto di
finalità preordinate dal costituente, così come la Pubblica
Amministrazione è tenuta a perseguire l’interesse pubblico quale, in
base al principio di legalità, previamente determinato dalla legge.
Ragion per cui, ogni qualvolta sussistano norme costituzionali che
impongano il perseguimento di determinati scopi al legislatore,
22
V. MORTATI, op. loc. cit.; CARNELUTTI, “Eccesso di potere legislativo”, in Riv. di
dir. processuale, 1947, II; CALAMANDREI, “La illegittimità costituzionale delle leggi
nel processo civile”, Padova, 1950; GIUGNI, “I vizi di legittimità costituzionale -
L’eccesso di potere”, in Riv. della Corte dei conti, 1951, IV.
questi dispone di un potere di scelta
23
(l’esercizio del quale
comporta la capacità di compiere valutazioni discrezionali in ordine
all’assetto da conferire a tutti gli elementi della fattispecie sottoposta
a classificazione normativa), ma tale potere non può essere
considerato libero (nel senso che nell’ambito di tali valutazioni il
legislatore non può prescindere dalla considerazione di alcuni
presupposti essenziali), e quindi, per tale motivo, esso è discrezionale.
La conseguenza necessaria di tale impostazione è l’attribuzione al
giudice costituzionale della capacità di sindacare un particolare vizio
di legittimità costituzionale delle leggi, il quale presenta notevoli
affinità con il correlativo vizio di legittimità dell’atto amministrativo
detto eccesso di potere
24
.
23
Secondo quanto autorevolmente ha sostenuto Santi Romano, la discrezionalità
“...lascia all’autorità che ne dispone il potere di valutare gli interessi in riferimento
ai quali dovrà esercitarla, ma vieta che da tale valutazione essa possa
prescindere...”. Citazione contenuta in SANDULLI, op. ult. cit. pag. 592.
24
Fra i sostenitori di tale impostazione vanno annoverati MORTATI, op. loc. cit.;
MODUGNO, Vizi della legge, in Enc. dir., vol. XXIII, 1973; AGRÒ’, “Contributo ad
uno studio sui limiti della funzione legislativa in base alla giurisprudenza sul principio
costituzionale di eguaglianza”, in “Giurisprudenza costituzionale”1975- pag.900 e ss.
Contra, G. GUARINO, op. cit. pag. 381; GIOVENCO, “L’eccesso di potere legislativo
quale vizio di legittimità costituzionale delle leggi regionali” in Corr. Amm., 1951,
pag.2219 e ss.; PALADIN, “Osservazioni sulla discrezionalità...” cit.; CRISAFULLI, in
“Le norme programmatiche nella costituzione”- da “Studi in memoria di Luigi Rossi”
Milano 1952- pag. 61 e ss., nonché in “Lezioni di diritto costituzionale” 1978, II parte