allo Stato che la esercita in modo pubblico e autonomo attraverso
degli appositi organi che sono i giudici – questa è almeno
l’accezione nel nostro ordinamento – la competenza indica la
‹quantità› di giurisdizione attribuita ai giudici, o meglio, i criteri
in base ai quali le questioni sono suddivise tra i vari giudici. Nel
diritto internazionale questa distinzione non è applicabile, così i
due termini saranno usati come sinonimi. Questo perché si
presuppone che la funzione giurisdizionale sia istituzionalizzata,
cioè sia accentrata e dipenda da un soggetto sovraordinato, che
negli ordinamenti interni è lo Stato (il potere giudiziario è uno
dei tre poteri statali, insieme a quello legislativo e esecutivo).
Questo presupposto non ricorre nel diritto internazionale, dove la
giurisdizione non è istituzionalizzata, ma può essere esercitata da
singoli tribunali (tra i quali anche la Corte Internazionale)
soltanto e nella misura in cui ciò sia consentito dalla volontà
degli Stati, cioè solo in base ad accordi.
Quest’equivalenza fra i termini “giurisdizione” e “competenza”
è riscontrabile anche nella terminologia dello Statuto della Corte,
oltre che nell’uso indifferente che ne è stato fatto nelle pronunce
della stessa come nella maggior parte degli scritti dottrinali. È
importante spiegare questa differenza perché nelle sentenze e
nelle ordinanze della Corte esaminate, quando si parla di
competenza, ricorrono indifferentemente tutti e due i termini.
Dopo aver chiarito l’accezione data dalla Corte a questi due
termini, si deve innanzi tutto indicare che in generale è possibile
distinguere le misure cautelari per carattere e funzioni, così da
avere la seguente classificazione:
1) misure di conservazione dei diritti contestati;
2) misure di prevenzione generale di aggravamento delle
controversie;
3) misure che sospendono la domanda o l’esecuzione della
decisione contestata di altri organi;
4) misure dirette a garantire la corretta amministrazione della
giustizia;
5) misure di soddisfazione provvisoria, parziale o totale, della
richiesta principale;
6) misure di esecuzione provvisoria.
Vediamo sinteticamente che differenza esista tra i diversi tipi di
misure cautelari.
I primi due tipi di misure sono quelli più comuni nel diritto
internazionale. Esse sono anche le sole, finora, ritrovate nella
giurisprudenza della Corte Internazionale di giustizia.
Il terzo tipo di misure è tipico delle corti internazionali che
funzionano principalmente come tribunali costituzionali o
amministrativi (come, ad es. la Corte Europea di giustizia).
Questi primi tre tipi possono essere generalmente qualificati
come misure destinate a conservare lo status quo pendente lite. Il
quarto tipo è il meno diffuso tra le previsioni esistenti di misure
cautelari, mentre il quinto è utilizzato soprattutto nella pratica dei
tribunali arbitrali.
L’ultimo tipo è del tutto eccezionale nel diritto internazionale,
essendo tipico del diritto interno.
L’esigenza che è alla base delle misure cautelari (d’ora in avanti
si tratterà sempre dei primi due tipi di misure) nel diritto
internazionale è, quindi, quella di fare in modo che lo stato di
fatto e di diritto – in rapporto al quale una controversia è stata
sottoposta al giudizio di un organo giurisdizionale – non subisca
variazioni che possano pregiudicare la sentenza definitiva: in
altre parole l’esigenza di evitare il cd. periculum in mora.
Lo studio delle misure cautelari inizierà partendo dal processo
contenzioso davanti alla Corte Internazionale di giustizia,
analizzando sinteticamente il suo svolgimento, le parti in causa,
la sentenza. Nell’ambito del processo contenzioso possono
innestarsi fasi ulteriori per esaminare e decidere questioni che
sono oggettivamente distinte dalla controversia deferita alla
Corte, ma collegate con essa. Queste fasi sono definite
“procedimenti incidentali” e tra questi figurano le misure
cautelari. Di tali misure si farà un breve excursus storico e una
sintetica esposizione della prassi rilevante: cioè di tutti i casi in
cui è stata avanzata una richiesta di misure cautelari.
La norma sulla quale si basa il potere della Corte di emanare
misure provvisorie è l’articolo 41 dello Statuto della Corte, di cui
si analizzerà brevemente la nascita.
Si passerà, poi, ad un’analisi delle condizioni necessarie per
indicare le misure cautelari, con particolare riferimento al
problema della competenza a emanare le misure, ai requisiti
richiesti per l’ammissibilità della domanda e delle misure
provvisorie, fino ai rapporti che possono intercorrere tra il
Consiglio di sicurezza e l’indicazione delle misure da parte della
Corte.
Il terzo capitolo esaminerà il procedimento volto all’emanazione
delle misure cautelari, i poteri del Presidente, l’azione proprio
motu della Corte, l’intervento del giudice ad hoc, la decisione,
che avrà la forma dell’ordinanza e la revoca e la modifica delle
misure cautelari.
L’ultimo capitolo sarà incentrato sull’analisi dell’efficacia delle
misure cautelari, da quella temporale a quella vincolante, sino
all’esecuzione e agli effetti che discendono dalle misure
provvisorie.
Il lavoro si concluderà con delle osservazioni finali sui temi
trattati.
CAPITOLO 1
LA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA E LE
MISURE CAUTELARI
1. Funzionamento e composizione della Corte
La Corte Internazionale di giustizia è definita dall’art. 92 della
Carta dell’ONU “il principale organo giudiziario delle Nazioni
Unite.”
L’attuale Corte Internazionale di giustizia, la cui sede è all’Aja,
è succeduta alla Corte Permanente di giustizia internazionale,
attiva tra il 1922 e il 1940 nell’ambito della Società delle
Nazioni, e funziona in conformità di un apposito Statuto che è
annesso alla Carta delle Nazioni Unite e di questa parte
integrante.
Le norme statutarie sono integrate da quelle poste con il
Regolamento adottato dalla Corte in base all’art. 30 St. per
disciplinare il modo in cui essa esercita “le proprie attribuzioni”
e principalmente la procedura da seguire. Il regolamento
attualmente in vigore è stato adottato nel 1978, sostituendo
quello del 1972 che aveva sostituito a sua volta il regolamento
del 1946.
La Corte è composta “da quindici giudici indipendenti eletti,
senza riguardo alla loro cittadinanza, tra persone di alta elevatura
morale, che posseggano i requisiti richiesti nei rispettivi paesi per
la nomina alle più alte cariche giudiziarie o siano giureconsulti di
riconosciuta competenza nel campo del diritto internazionale”
(art. 2 St.).
I quindici giudici titolari che compongono la Corte sono eletti
1
dall’Assemblea Generale e dal Consiglio di sicurezza dell’ONU e
durano in carica nove anni, salvo che non si tratti di giudice
eletto in sostituzione di un altro cessato prima della scadenza del
mandato: il sostituto dura in carica solo il tempo necessario a
completare il mandato del suo predecessore. Inoltre, dei giudici
1
I giudici sono eletti tra i designati dai gruppi nazionali della Corte Permanente di arbitrato
(questa è stata creata tra il 1899 e 1907 ed è tuttora esistente. Si tratta di un elenco di
giudici, periodicamente aggiornato, tra i quali gli Stati possono scegliere ai fini della
composizione del collegio arbitrale per risolvere le controversie) o da gruppi nazionali
appositamente nominati dai governi. Ciascun gruppo nazionale non può designare più di
quattro candidati, di cui al massimo due in possesso della medesima cittadinanza del
gruppo. Sono eletti giudici i candidati che hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei voti
sia nell’Assemblea Generale che nel Consiglio di sicurezza.
eletti inizialmente, cinque (estratti a sorte), durano in carica sei
anni. È in ogni caso prevista la rieleggibilità.
La qualità di giudice viene meno per scadenza dell’incarico,
dimissioni (art. 13 c. 4 St.)
2
o per rimozione (art. 18 St.).
3
L’art. 31 dello Statuto prevede anche la possibilità di nominare
un giudice ad hoc (le cui funzioni in sede di procedimento per le
misure cautelari saranno esaminate successivamente).
In base all’art. 21 St. la Corte elegge per tre anni il Presidente e
il vicepresidente (che sono rieleggibili), nonché il cancelliere.
Le funzioni del Presidente sono elencate nell’art. 12 del
regolamento: “il Presidente presiede a tutte le adunanze della
Corte; dirige i lavori e controlla i servizi della Corte”.
Il vicepresidente sostituisce il Presidente in caso di impedimento
di quest’ultimo e quando la Presidenza è vacante (art. 13 reg.). Il
cancelliere assolve a tutte le funzioni elencate nell’art. 26 reg., e
a quelle indicate in altre disposizioni dello Statuto e del
2
Le dimissioni vanno comunicate al Presidente della Corte (o alla corte stessa se il
dimissionario è il Presidente stesso) per essere trasmesse al Segretario generale dell’ONU e
divengono efficaci dalla notifica di quest’ultimo (art. 5 reg.).
3
La rimozione di un giudice consegue al sopravvenuto difetto dei requisiti richiesti “per
l’acquisto della qualità di giudice”. Tale difetto deve essere accertato dagli altri giudici
all’unanimità al termine del procedimento disciplinato dall’art. 6 reg.
regolamento e a tutte quelle che la Corte può in ogni momento
assegnargli.
Sia il Presidente sia il cancelliere sono obbligati a risiedere nella
sede della Corte. Tuttavia la Corte può svolgere le proprie
funzioni anche altrove, quando lo giudichi opportuno.
Le spese per il funzionamento della Corte sono sostenute
dall’ONU nel modo stabilito dall’Assemblea generale (art. 33
St.).
4
4
Il bilancio della Corte è votato dall’Assemblea generale come parte del bilancio
dell’ONU. Alle spese contribuiscono anche gli Stati estranei all’ONU ma aderenti allo
Statuto della Corte, nella misura determinata dall’Assemblea generale. Gli Stati estranei
allo Statuto contribuiscono solo alle spese dei processi a cui partecipano, nella misura
determinata discrezionalmente dalla Corte (art. 35 c. 3 St.).
2. Giurisdizione in materia contenziosa e in materia
consultiva
In base alle norme che regolano l’attività della Corte
Internazionale di giustizia, si distinguono le seguenti funzioni:
a) di decidere le controversie che gli Stati aventi accesso ad essa
abbiano inteso sottoporre alla sua decisione (competenza o
giurisdizione in materia contenziosa, artt. 34-38 St.);
b) di esprimere pareri ad essa domandati da organi o da
istituzioni specializzate dell’ONU, a ciò autorizzati dalla Carta
dell’ONU o in conformità alla medesima (competenza o
giurisdizione in materia consultiva, art. 65 St. e art. 96 della
Carta).
5
Sia il regolamento che lo Statuto contengono una disciplina
ampia e dettagliata del processo contenzioso, mentre regolano il
processo consultivo con poche norme specifiche
6
, da integrare
con quelle del processo contenzioso, che saranno applicate nella
misura in cui la Corte lo ritenga più opportuno.
Passiamo all’analisi dei due tipi di competenza.
5
Entrambe le definizioni sono prese da STARACE, Corte Internazionale di giustizia, in
Enciclopedia Giuridica, 1988, vol. IX, p. 1.
Per quanto riguarda la giurisdizione in materia contenziosa, lo
Statuto disciplina innanzitutto la competenza ratione personae
della Corte, indicando quali soggetti vi hanno accesso, e la
competenza ratione materiae.
Riguardo alla prima, secondo l’art. 34 St., soltanto gli Stati
possono essere parti in un processo dinanzi Corte. Quindi,
qualunque entità diversa dagli Stati (individui, organizzazioni
internazionali) è esclusa dall’accesso alla Corte per il processo
contenzioso. Gli Stati che possono accedere alla Corte sono
prima di tutto quelli aderenti allo Statuto
7
e poi anche gli Stati
estranei allo Statuto, i quali possono aderirvi alle condizioni
stabilite dal Consiglio di sicurezza.
8
6
Per il processo contenzioso gli artt. 39-64 dello Statuto e gli artt. 30-101 reg. Per il
processo consultivo gli artt. 65-68 St. e gli artt. 102-109 reg.
7
In base all’art. 93 c. 2 della Carta dell’ONU, vanno considerati aderenti allo Statuto gli
Stati membri dell’ONU e gli Stati estranei ad esso, ma che abbiano aderito allo Statuto,
accettando le condizioni stabilite per ciascuno di essi dall’Assemblea generale su
raccomandazione del Consiglio di sicurezza.
8
Le condizioni in questione, previste in via generale dalla risoluzione adottata il
15.10.1946, consistono nel preventivo deposito presso la Cancelleria della Corte di una
dichiarazione che rechi l’accettazione della giurisdizione della Corte conformemente alla
Carta dell’ONU, allo Statuto al regolamento di procedura, e l’accettazione dell’obbligo di
conformarsi alla sentenza della Corte e l’obbligo di riconoscere al Consiglio di sicurezza il
potere di raccomandare e decidere misure idonee ad assicurare l’esecuzione della sentenza.
Sono gli stessi obblighi che derivano agli Stati membri dall’art. 94 della Carta.