XI
di match tra dilettanti. Giova ricordare che dal 1963, anno
dell'uccisione di Gaetano Plaitano ai margini di Salernitana-Potenza,
a oggi, sono 50 i morti da calcio nel nostro Paese. Una cifra
impressionante se rapportata al pallone, per quanto snaturato,
spettacolarizzato e commercializzato come questo d'inizio millennio.
E già 12 anni fa, in morte di Vincenzo Spagnolo, accoltellato
prima di Genoa-Milan si era detto di fare punto e a capo, senza però
far seguire i fatti alle parole.
Il quadro che è emerso in queste settimane di dibattiti e indagini è
senza dubbio molto preoccupante: a un'emergenza calcio si somma
senza dubbio un'emergenza Sud, con commistioni torbide tra tifo
ultras e malavita organizzata. Sono emersi in modo ancora più netto
aspetti inquietanti, come la politicizzazione estremista delle frange
più calde delle curve italiane, il degrado educativo, la giovane età dei
teppisti, non necessariamente appartenenti alle fasce sociali più
deboli (a Catania tra gli arrestati perfino il figlio di un poliziotto,
collega di Raciti). Insomma un quadro a tinte scure. Mai come in
questo momento è emerso in modo evidentissimo la necessità di
interventi a più livelli, e con tempi diversi, se si vuole davvero
risanare il movimento, appoggiandosi sulla parte sana, che resta
maggioritaria, di sportivi e tifosi. Modelli da seguire, e assai invocati
in questi giorni, ce ne sono in tutta Europa, da quello inglese a quello
tedesco. Occorre ovviamente una volontà politica condivisa e
trasversale, sempre mancata prima di ora.
Il Governo per parte sua ha cercato di dare una risposta
immediata, richiamando le normative del decreto Pisanu, fin qui
disatteso attraverso la consuetudine tutta italica delle deroghe. Giro di
XII
vite, chiusura degli impianti non a norma e un pacchetto di
provvedimenti volti a mettere in sicurezza gli stadi. Proprio intorno a
questi si è sviluppato un dibattito fortissimo e interessato,
rimandando il resto a un momento diverso. Abbiamo assistito a un
grande sforzo e a una corsa contro il tempo per mettere a norma gli
stadi fuori legge. Si inseguono dichiarazioni che implicano una ri-
fondazione tutta incentrata su stadi con standard di qualità di livello
europeo.
Il calcio moderno e risanato non passa solo da stadi luccicanti e in-
tegrati con shopping hall. La partita da giocare, quella più complessa,
è sul piano della cultura sportiva del nostro Paese, soprattutto a
livello di base, e su un modello di calcio più equilibrato sul fronte
della distribuzione delle risorse per quanto riguarda il
professionismo.
Il lavoro che segue è suddiviso in tre capitoli.
Il primo capitolo si occuperà di illustrare l’ evoluzione normativa
della L. 13 DICEMBRE 1989, N 401, pilastro portante della materia
in esame.
Il secondo capitolo sarà dedicato all’analisi delle misure
antiviolenza, da un punto di vista penale e processuale penale. In
particolare si guarderà alla riforma da un punto di vista prospettico,
ovvero quello tra l’esigenza di una disciplina che voglia prevenire e
reprimere, nel massimo della misura possibile, gli episodi di violenza
e le limitazioni di libertà che vengono sacrificare per perseguire il
predetto intento. Come è facile intendere, il rapporto tra i suddetti
elementi si presenta come inversamente proporzionale. Obiettivo del
lavoro sarà, dunque, quello di analizzare sia in termini di legittimità
XIII
costituzionale che di opportunità l’intenzione del legislatore
riformista, impegna al massimo grado nel garantire la sicurezza negli
stadi attraverso una disciplina accentuatamente preventiva, ma che
potrebbe trasformarsi in una vera e propria anticipazione della pena.
Il terzo capitolo metterà a confronto due sistemi antiviolenza,
quello Italiano e quello Inglese, evidenziando le grandi differenze che
intercorrono tra i due Paesi.
1
CAPITOLO I
L'EVOLUZIONE NORMATIVA DELLA L. 13
DICEMBRE 1989, N. 401
1. LA L. 13 DICEMBRE 1989, N. 401. (INTERVENTI NEL
SETTORE DEL GIUOCO E DELLE SCOMMESSE CLANDESTINI E
TUTELA DELLA CORRETTEZZA NELLO SVOLGIMENTO DI
COMPETIZIONI AGONISTICHE)
Invero, nella sua formulazione originaria il legislatore si è
occupato di un fenomeno ben diverso rispetto a quello che, oggi,
appare essere più rilevante, non solo da un punto di vista sociale, ma
anche nella prospettiva del diritto sostanziale e processuale.
II disegno di legge presentato alla Camera dei deputati 14 no-
vembre 1987, infatti, aveva lo scopo di rappresentare una puntuale e
complessiva risposta all'esigenza avvertita di apprestare strumenti di
difesa a salvaguardia del valore della "correttezza" nello
svolgimento delle competizioni agonistiche. L'emergenza a cui
cerca di porre rimedio il legislatore con la disciplina contenuta, poi,
nella L. n. 401 del 1989 è quella del "totonero", ma anche quella
legata ai casi di doping, che avevano funestato le cronache italiane
di quegli anni. L'obiettivo che si pone è, dunque, quello di dare un
contenuto giuridico alle manifestazioni sportive, senza, però,
intaccarne l'autonomia, allo scopo di evitare che il risultato delle
2
stesse venga alterato attraverso atti di corruzione, che favoriscono il
proliferare anche della delinquenza organizzata.
In una struttura normativa rivolta a perseguire detto fine si
scorgono, però, seppur in forma embrionale rispetto allo sviluppo
successivo, istituti che diventeranno il perno centrale su cui, in
seguito, verrà elaborato il sistema normativo destinato a
fronteggiare una nuova esigenza rappresentata dagli episodi di
violenza nei luoghi in cui si svolgono eventi sportivi, che è
oggetto dell'analisi del presente lavoro.
In questo quadro legislativo si sottolinea la presenza di
alcune importanti disposizioni: la prima contenuta all'art. 4 del
citato disegno di legge prevede tra le pene accessorie, da
comminarsi nell'ipotesi di condanna per uno dei delitti
contenuti negli artt. 1 e 3 dello stesso disegno, dedicato il
primo e reprimere la "Frode in competizioni agonistiche" ed il
secondo “l’Esercizio abusivo di attività di gioco o di
scommessa", il divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono
competizioni agonistiche o si accettano scommesse autorizzate
ovvero si tengono giuochi d'azzardo. L'art. 6, poi, prescrive la
sostituzione dell'art. 3 comma 2 della I. 27 dicembre 1956, n.
1423 con altro, il quale dispone che "Alla sorveglianza
speciale possono essere aggiunti, ove le circostanze del caso lo
richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in
una o più province, nonché il divieto di accedere ai luoghi ove
si svolgono competizioni agonistiche o si accettano
scommesse autorizzate, ovvero si tengono giuochi d'azzardo".
L'art. 7, infine, dispone una modifica dell'art. 9 della stessa l.
3
n. 1423 del 1956, punendo con l'arresto da tre mesi ad un anno
colui che non osserva il divieto imposto di accedere ai luoghi
in cui si svolgono competizioni agonistiche o si accettano
scommesse autorizzate ovvero si tengono giuochi d'azzardo.
Seppur in una forma soltanto accessoria rispetto alla misura
di prevenzione personale della sorveglianza speciale, si
incomincia, dunque, a delineare il nucleo della figura del
divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni
sportive ed è di primario interesse, anche per l'analisi che di
seguito verrà compiuta, la circostanza che il legislatore lo
riconnetta alla misura de qua, attribuendole in modo evidente
natura preventiva
1
.
Si assiste, peraltro, con la formulazione di tali disposizioni
ad un fenomeno assolutamente particolare. Infatti, in quel
periodo, alcuni giudici, in modo del tutto autonomo, avevano
condannato persone facinorose e violente a non frequentare gli
stadi, per cui, in un certo senso, in questo caso è la legge a
recepire quanto nella prassi si stava già realizzando, pur fuori
da qualsiasi schema definito.
1
M. F. Cortesi, Le norme contro la violenza negli stadi. Tra misure di prevenzione e processo
penale. Edizioni AV Cagliari 2005, pag 8.
4
1.1. (SEGUE): DISCUSSIONE AL SENATO E APPROVAZIONE
II disegno di legge viene inviato al Senato, il 16 novembre 1988,
per le parti che interessano nella disamina ora effettuata senza
rilevanti modifiche, ad eccezione di una importante integrazione, si
prevede, infatti, l'inserimento nell'art. 3 L. n. 1423 del 1956 di un
nuovo comma in cui si prescrive che "L'autorità di pubblica sicurezza
può sempre ordinare il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono
competizioni agonistiche alle persone che vi si rechino con armi
improprie, o che siano state condannate o che risultino denunciate per
aver preso parte attiva a episodi di violenza in occasione o a causa di
manifestazioni sportive, o che nelle stesse circostanze abbiano
incitato o inneggiato alla violenza con grida o con scritte". Le
espressioni contenute in detto comma riecheggiano in modo palese le
disposizioni oggi in vigore e costruiscono il nucleo centrale da cui si
svilupperà, in futuro, la disciplina in commento.
Nel disegno di legge approvato dal Senato è proprio l'art. 6 citato a
subire alcuni rimaneggiamenti. Viene, infatti, soppressa la prima
parte della norma relativa alla sorveglianza speciale, sull'assunto che
sembrava essere una misura troppo grave ed incisiva rispetto
all'entità dei reati a cui si riferisce. La norma in questione, dunque, si
articola in due commi: l'uno relativo al potere concesso all'autorità di
pubblica sicurezza di disporre nei confronti di particolari soggetti il
divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono le competizioni
sportive e l'altro che punisce il contravventore di detto divieto con
l'arresto da tre mesi ad un anno. Si muta, altresì, integralmente, il
contenuto dell'art. 8 che nel disegno di legge presentato alla Camera
5
puniva, salvo che il fatto non costituisse reato, con la sanzione
amministrativa da lire cinquantamila a lire trecentomila chiunque
turbi il regolare svolgimento di una competizione agonistica,
attribuendo la competenza al prefetto. Al Senato, al fine di adeguare
la disciplina all'entrata in vigore dell'attuale codice di procedura
penale, si prescrive che "Nei casi arresto in flagranza per reato
commesso durante o in occasione di manifestazioni sportive, i
provvedimenti di remissione in libertà conseguenti alla convalida di
fermo o arresto o di concessione della sospensione condizionale della
pena a seguito di giudizio direttissimo possono contenere prescrizioni
in ordine al divieto di accedere ai luoghi ove si svolgono
competizioni agonistiche".
Con questa formulazione il testo di legge viene approvato anche
dalla Camera dei deputati, in data 6 dicembre 1989.
2. LE NOVELLE LEGISLATIVE: IL D.L. 22 DICEMBRE 1994,
N. 717, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 24
FEBBRAIO 1995, N. 45
Una prima importante novella della disciplina in esame interviene
in seguito al d.l. 22 dicembre 1994, n. 717, convertito con
modificazioni, dalla L. 24 febbraio 1995, n. 45 (Misure urgenti per
prevenire fenomeni di violenza in occasione di competizioni
agonistiche).
II provvedimento trae origine da gravi episodi di violenza, che hanno
suscitato "vivo allarme sociale e preoccupazione nell'opinione
6
pubblica
2
” elemento che, come anche in seguito ribadito, caratterizza
tutte le novelle legislative che nel corso del decennio hanno
interessato la disciplina in questione. Le parti oggetto di modifica si
incentrano sulle disposizioni che, nella L. n. 401 del 1989, erano
destinate a prevedere una embrionale forma di divieto di accesso ai
luoghi. L'interesse che muove il legislatore non è più volto a
garantire la correttezza e lealtà delle singole competizioni
agonistiche, ma a reprimere la violenza, che è diventata la nuova e
preoccupante emergenza. II Governo, infatti, sottolinea come si sia
determinato a prevedere particolari misure che, "operando soprattutto
sul piano della prevenzione, intendono offrire strumenti più adeguati
ed efficaci per contrastare il fenomeno della violenza organizzata e le
manifestazioni di carattere teppistico che ricorrentemente si
registrano soprattutto in occasione dello svolgimento di incontri di
calcio
3
”.
Le modifiche si incentrano, in modo esclusivo, sull'art. 6 L. n. 401
del 1989. AI comma 1 si prevede il divieto di accesso ai luoghi in cui
si svolgono manifestazioni sportive per coloro che vi si rechino con
taluno degli oggetti indicati dall' art. 4 commi 1 e 2 L. n. 110 del
1975 ossia armi, bastoni, mazze ferrate, corpi atti ad offendere. II
comma 2, ricalca, in modo quasi integrale, l'originario contenuto
stabilendo che il questore possa disporre la prescrizione de qua,
non solo nei confronti dei contravventori dell'obbligo di cui al
comma 1, ma anche nei confronti di coloro che siano stati
denunciati o condannati per fatti di violenza, posti in essere in
occasioni di manifestazioni sportive. L'elemento di novità è
2
Relazione al decreto legge n. 717/1994, in Guida al dir., 1995, n. 2, p. 35.
3
Ibdem.
7
rappresentato dal fatto che il divieto di accesso disposto
dall'autorità di pubblica sicurezza può operare entro un termine
determinato e fino al massimo di un anno, fatti salvi i casi in cui il
pretore ai sensi dell'art. 8 L. n. 401 del 1989 o il questore ne
dispongano la revoca per motivi sopravvenuti ovvero per l'ema-
nazione di specifici provvedimenti giudiziali, quali l'archiviazione
e la riabilitazione, i quali facciano venire meno il presupposto della
sussistenza della responsabilità penale del destinatario della
misura, definita, di carattere amministrativo. Altra importante
modifica consiste nel prevedere una ipotesi ulteriore e per così dire
accessoria rispetto al generale divieto di accedere ai luoghi in cui
si svolgono le competizioni agonistiche, rappresentata dalla
possibilità per il questore di prescrivere che le persone suddette si
presentino presso l'ufficio o il comando di polizia, indicato nel
provvedimento del questore, nei giorni e nelle ore in cui si
svolgono le manifestazioni sportive
4
. L'obiettivo di detta
disposizione è quello di evitare che le persone pericolose possano
continuare ad operare indisturbate, confondendosi nei gruppi dei
tifosi, approfittando della protezione, anche involontaria, che può
essere fornita dalla presenza di un numero elevato di persone. Si
dispone, infine, che il giudice nella sentenza di condanna nei
confronti di chi abbia trasgredito le prescrizioni imposte dal
questore relative o al semplice divieto di accesso ai luoghi ovvero
anche all'obbligo di comparizione personale presso gli uffici di
polizia, possa accompagnare la pena accessoria del divieto di
accesso per un periodo da due mesi a due anni.
4
M. F. Cortesi, Le norme contro la violenza negli stadi. Tra misure di prevenzione e processo
penale. Op., cit. pag 11.
8
2.1. (SEGUE): MODIFICHE DEL PARLAMENTO.
L'iter parlamentare, che ha portato alla legge di conversione,
modifica in diversi punti il provvedimento di emergenza, cercando
di superare le lacune e le carenze dello stesso, proponendo una
formulazione, che, invero, introduce aspetti assai rilevanti.
Si introduce, seppur con alcune differenze semantiche rispetto al
disegno di legge, accanto alla misura del divieto di accesso ai
luoghi, l'obbligo di comparizione personale presso gli uffici o
comandi di polizia durante lo svolgimento delle competizioni
agonistiche, indicate in modo analitico nel provvedimento
impositivo. Si estende l'efficacia del divieto, tenuto conto
dell'esperienza concreta, anche ai luoghi interessati alla sosta, al
transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle
competizioni medesime. Si prevede il meccanismo di convalida
della prescrizione comportante l'obbligo di presentarsi presso gli
uffici di polizia, stabilendo, in primo luogo, che l'avviso della
prescrizione debba essere comunicato anche al procuratore della
Repubblica presso la pretura del circondario in cui da sede l'ufficio
della questura. II pubblico ministero, ove ritenga sussistenti i
presupposti di legge, deve chiedere la convalida, entro quarantotto
ore dall'avvenuta notifica all'interessato, al giudice per le indagini
preliminari presso la pretura circondariale, che deve convalidarla, a
pena di inefficacia della stessa, nelle successive quarantotto ore.
Avverso il provvedimento di convalida può essere proposto ricorso
per cassazione, che, però, non ha effetto sospensivo. Viene, inoltre,
eliminato il termine minimo di durata delle prescrizioni, statuendo
che non possano, comunque, superare la durata di un anno. II
9
decreto può essere revocato o modificato qualora siano mutate le
condizioni originarie, sia intervenuta l'archiviazione della notizia di
reato ovvero la riabilitazione. Per il contravventore agli obblighi
imposti dal divieto si commina la pena dell'arresto da tre a diciotto
mesi. L'autore di questo reato può, inoltre, essere arrestato in
flagranza di reato e nell'udienza di convalida, il giudice può disporre
l'applicazione delle misure coercitive di cui agli artt. 282 e 283
c.p.p
5
anche al di fuori dei limiti di pena imposti dall'art. 280 c.p.p.
6
5
Art. 282 c.p.p.-Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.- 1. Con il provvedimento che
dispone l’ obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il giudice prescrive all’ imputato di
presentarsi a un determinato ufficio di polizia giudiziaria. 2. Il giudice fissa i giorni e le ore di
presentazione tenendo conto dell’ attività lavorativa e del luogo di abitazione dell’ imputato.
Art.283 c.p.p.-. Divieto e obbligo di dimora. - 1. Con il provvedimento che dispone
il divieto di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non dimorare in un
determinato luogo e di non accedervi senza 1'autorizzazione giudice che procede.
2. Con il provvedimento che dispone obbligo di dimora, il giudice prescrivi all’
imputato di non allontanarsi, senza 1' autorizzazione del giudice che procede, dal
territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare un più efficace
controllo o quando il comune di dimora abituale non è sede di ufficio di polizia, dal
territorio di una frazione del predetto comuneo da territorio di un comune viciniore
ovvero di una frazione di quest'ultimo. Se per la personalità del soggetto o per le
condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le
esigenze cautelari previste dall'articolo 274, l'obbligo di dimora può essere disposto
nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e
comunque nell'ambito della regione ove è ubicato il comune di abituale dimora.
3. Quando dispone l'obbligo di dimora il giudice indica l'autorità di polizia alla quale
l'imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo dove fisserà la propria
abitazione. Il giudice può prescrivere all’imputato di dichiarare all'autorità di polizia
gli orari e i luoghi in cui sarà quotidianamente reperibile per i necessari controlli,con
obbligo di comunicare preventivame stessa autorità le eventuali variazioni luoghi e
degli orari predetti. 4. Il giudice può, anche con separato provvedimento, prescrivere
all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza
pregiudizio per le esigenze di lavoro [276, 277, 284
3
]. 5. Nel determinare i limiti
territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze
di alloggio, di lavoro e di assistenza dell'imputato [276, 277].Quando si tratta di
persona tossicodipende alcooldipendente che abbia in corso un programma
terapeutico di recupero nell’ ambito di una struttura autorizzata (1), il stabilisce i
controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua.
6. Dei provvedimenti del giudice è data in ogni caso immediata comunicazione all’autorità di
polizia competente, che ne vigila l’ osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni
infrazione.
6
ART 280 c.p Condizioni di applicabilità delle misure coercitive. (1) - 1. Salvo quanto disposto
dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall'articolo 391, le misure previste in questo capo [281-
286] possono essere applicate solo quando si procede per delitti [c.p. 39] per i quali la legge
stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni [278, 282-bis,
391, 476, 714] . 2. La custodia cautelare in carcere [285] può essere disposta solo per delitti [c.p.
39], consumati o tentati [c.p. 56], per i quali sia -prevista la pena della reclusione non inferiore
10
nonché prescrivere l'obbligo di comparizione personale presso gli
uffici di polizia durante lo svolgimento di specifiche competizioni
agonistiche. II giudice può, altresì, disporre con la sentenza di
condanna, nonostante sia stata concessa la sospensione condizionale
della pena ovvero sia stata applicata la pena, ai sensi dell'art. 444
c.p.p
7
., il divieto di accesso ai luoghi e l'obbligo di comparizione
personale per un periodo da due mesi a due anni. Si consente, infine,
al questore di autorizzare l'interessato, per gravi e comprovate
esigenze, a comunicare il luogo di privata dimora o altro diverso
luogo in cui può essere reperito durante lo svolgimento delle
manifestazioni agonistiche interessate dal divieto.
nel massimo a quattro anni [278]. 3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei
confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare [276, 314] .
7
Art 444 c.p.p. Applicazione della pena su richiesta. - 1. L'imputato [60] e il pubblico
ministero [51] possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie (c.p. 17-20) e nella
misura indicata, di una sanzione sostitutiva (1), o di una pena pecuniaria (c.p. 24, 26, 27),
diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva [c.p. 23, 25] quando questa, tenuto
conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera due anni di reclusione o di
arresto, soli o congiunti a pena pecuniaria.
2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve
essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il giudice, sulla
base degli atti, se ritiene corretta la qualificazione giuridica del fatto, 1'applicazione e la
comparazione delle circostanze [c.p. 61 ss.] prospettate dalle parti, nonché
congrua la pena
indicata, ne dispone sentenza l'applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la
richiesta delle parto. Se vi è costituzione di parte civile [76], il dice non decide sulla relativa
domanda;l’imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte
civile salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si
applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3
(2)
3. La parte, nel formulare la richiesta può subordinarne l'efficacia alla concessione della
sospensione condizionale della pena (163 ss.). In questo caso il giudice, se ritiene che la
sospensione condizionale non può essere concessa, rigetta la richiesta.