INTRODUZIONE
Il restauro di un’opera, sia essa mobile o immobile, non può prescindere da una
conoscenza approfondita e dettagliata della storia costruttiva e conservativa
dell’opera stessa e, allo stesso tempo, da uno studio analitico dei materiali che la
compongono e del suo stato di conservazione.
Lo studio dei materiali, della loro composizione e del loro comportamento nel tempo,
affiancato ai dati storici, alla conoscenza dei metodi costruttivi e dei passati restauri,
sono tutti elementi che forniscono dati indispensabili alla scelta di una specifica e
ponderata metodologia di intervento.
In questo contesto si inserisce il presente studio, che ha come obbiettivo la
caratterizzazione minero‐petrografica, chimica e fisica di particolari tipi di malte
utilizzate a Catania nel periodo che va dalla ricostruzione post‐terremoto del 1693
fino a circa il 1950 e che caratterizzano gran parte del centro storico: le malte di
ghiara.
La “ghiara” è un aggregato sciolto dal caratteristico colore rosso. Tecnicamente è un
paleosuolo su substrato pedogenetico a vari gradi di maturità che, a causa
dell’elevata temperatura (800÷900 °C) determinata dalle coltri laviche che lo sovra
scorrono e lo ricoprono, subisce un processo di “cottura”. Ha granulometria sabbio‐
limosa con intrusioni di lapilli e tufi della pezzatura di 1‐4 mm, inoltre ha la
caratteristica di essere, nelle porzioni più limose, untuoso al tatto e molto “tingente”.
Contrariamente all'azolo, la ghiara è chimicamente abbastanza attiva ed era forse
l'unica con caratteristiche idrauliche derivate direttamente dal metamorfismo
anziché dalla solidificazione di prodotti piroclastici, ed inoltre non richiedeva
operazioni di frantumazione dopo l'estrazione, ma necessitava solo di opere di mera
setacciatura.
A Catania infatti si nota, in relazione ai fattori ambientali, una netta prevalenza di
aggregati di origine vulcanica, capaci di determinare reazioni di tipo pozzolanico con
la conseguente classificazione delle stesse come malte idrauliche.
Nel presente studio si è cercato innanzitutto di reperire la bibliografia esistente
riguardo questo antico materiale, tutt’ora poco conosciuto agli stessi catanesi.
Alla ricerca delle fonti storiche si è affiancato uno studio minero‐petrografico dei
campioni di malta di ghiara prelevati nel quartiere storico di Via di San Giuliano a
Catania, risalenti alla ricostruzione barocca.
Tale ricerca, finalizzata ad una caratterizzazione chimico‐fisica e alla verifica delle
loro proprietà idrauliche, si è avvalsa di differenti tecniche di indagine:
• Analisi mineralogica tramite microscopia ottica a luce polarizzata (MO)
• Analisi diffrattometrica tramite diffrattometria a raggi X (XRD)
• Analisi chimico‐morfologica tramite microscopia elettronica a scansione
abbinata a microanalisi EDS (SEM+EDS)
• Analisi chimica tramite fluorescenza a raggi X (XRF)
Inoltre sono stati confezionati in laboratorio dei provini di malta che si differenziano
sia per la natura dell’aggregato, vulcanico (ghiara) e calcareo (sabbia calcarea), sia
per la provenienza dell’aggregato vulcanico (ghiara di 3 cave differenti ) sia per i
differenti rapporti in volume ( 1:2 e 1:4 rispettivamente calce e aggregato). Dopo
stagionatura i provini sono stati sottoposti a cicli di assorbimento e cristallizzazione
di sali, allo scopo di evidenziarne eventuali differenti prestazioni in funzione
dell’aggregato e del diverso rapporto in volume.
Infine questo lavoro vuole anche sensibilizzare una ripresa, con i dovuti
accorgimenti geotecnici, delle antiche cave di ghiara, testimonianze ormai sommerse
dalla modernità.
Capitolo 1 ‐Le malte‐
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1.0 I materiali lapidei artificiali: le malte
I materiali lapidei artificiali e in particolar modo le malte, hanno avuto ed
hanno grande importanza nel campo dei materiali da costruzione e per la
fabbricazione di manufatti dato che vengono utilizzate per svariate funzioni, da
q u e l l a p u r a m e n t e d e c o r a t i v a o d i r i v e s t i m e n t o , a q u e l l a p i ù s p e cificatamente
strutturale. Secondo le Raccomandazioni Normal 23/86 e 23/87 la m a l t a è
costituita da una miscela di legante (ad esempio calce, gesso o cemento) acqua e un
aggregato fine. Da tale miscela si ottiene un impasto plastico che ha capacità di
indurire in un tempo più o meno lungo a seconda della sostanza adoperata come
legante. L'aggregato ha il compito di aumentare il volume dell'impasto, di facilitare
il passaggio dell'anidride carbonica necessaria per una buona presa o indurimento
e di impedirne il ritiro volumetrico con conseguente formazione di cavillature. Il
legante, per trasformazione fisica e per reazione chimica, provoca l'unione delle
particelle dell'aggregato altrimenti incoerenti. Una malta è dunque un sistema
composito di proprietà variabili in funzione della natura dei suoi componenti. I
leganti sono composti di natura minerale, che allo stato di polveri, dopo impasto
con acqua ed in seguito allo svilupparsi con questa di reazioni chimiche, sono in
grado di far presa (acquisire consistenza allo stato solido) e di indurire (resistere a
compressione). In base ai fenomeni che si innescano durante queste fasi si possono
distinguere due famiglie di malte: le malte aeree e le malte idrauliche. Le prime
danno presa ed indurimento soltanto se messe a contatto con l'a ria, le seconde
possono dar luogo alle reazioni di indurimento, quindi dopo aver fatto presa, anche
se immerse in acqua. Le malte aeree si ottengono per miscela di un legante aereo,
gesso o calce aerea, acqua e aggregato inerte. Le malte idrauliche possono invece
essere confezionate o a partire da un legante idraulico (cemento o calce idraulica)
con un qualsiasi aggregato, oppure utilizzando una calce aerea ed un aggregato
reattivo. Quest'ultimo caso è quelle delle cosiddette malte "pozzolaniche" o malte
"a cocciopesto". Come legante è stata dapprima utilizzata calce aerea, il cui impiego
risale sicuramente alle prime età della preistoria (neolitica, eneolitica), anche se
risulta adoperata, con maggiore frequenza, nella quarta età, quella del bronzo. Il
più antico manufatto rinvenuto realizzato con la calce a noi con o s c i u t o è u n
calcestruzzo usato in una pavimentazione rinvenuta nel 1985 a Yiftah nella Galilea
meridionale (Israele), datato al 7000 a.C. Questa pavimentazione, che si presenta
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molto compatta e con una superficie dura e levigata, è stata realizzata con calce e
pietra e collocata su un basamento uniforme di argilla sabbiosa . Questa scoperta
archeologica ha soppiantato il precedente rinvenimento, un terrazzamento di 25
cm di spessore in calcestruzzo di calce grassa rinvenuto a Lepenac Vir, in Serbia,
risalente al 5600 a.C. La scoperta di un legante a comportamento idraulico, atto,
cioè, a far presa ed indurire anche in ambiente subacqueo, si attribuisce invece ai
Fenici. Ad essi si addebita la preparazione di malte confezionate con calce aerea e
sabbia vulcanica dell’antica Thera (isola di Santorini). Dai Fenici l’impiego della
calce si è trasmesso ai Greci, ai Romani ed a tutta la civiltà mediterranea, fino al XIX
s e c o l o , g r a d u a l m e n t e s c o m p a r e n d o p e r e f f e t t o d e l l a s c o p e r t a d e l c e m e n t o
Portland.
1.1 Classificazione delle malte
Le malte vengono classificate, oltre che per i componenti, anche sulla base della
tipologia d'impiego in:
• malte per murature (di allettamento, di riempimento). Sono impiegate per
legare o allettare elementi di laterizio, di pietra o di altri materiali al fine di
erigere murature, volte, ecc.; comprende sempre un solo strato, il legante è
costituito da calce aerea o idraulica e sabbia fluviale e di granulometria
compresa fra 1‐4 mm. Si può rilevare la presenza di cocciopesto o sabbia
vulcanica aggiunta per dare "idraulicità" alla malta. Il rapporto
legante/aggregato è variabile da 1:1.5 ad 1:3.
• malte per intonaci. Sono adatte a formare strati di finitura a protezione di
superfici murarie; l’intonaco è costituito da più strati , il primo strato a
contatto con la muratura si chiama rinzaffo o abbozzo; esso ha il ruolo di
ponte di adesione tra il corpo d'intonaco e la muratura; viene applicato in
maniera non uniforme fino al rivestimento del 60‐80% circa della
muratura: con la sua granulometria grossolana crea delle zone ruvide che
serviranno da aggrappante per gli strati successivi. Tra i vari s t r a t i
dell'intonaco, il rinzaffo è quello che presenta le più elevate resistenze a
sollecitazioni fisiche. Il secondo strato è definito arriccio o arricciato o
intonaco rustico, ha una granulometria media (circa 1,5 millimetri di
diametro massimo) e viene applicato in spessori che variano da 1,5 a 2
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centimetri, rivestendo così il ruolo di vero e proprio scheletro di tutto il
sistema intonaco. Il suo principale compito è di uniformare la superficie
delle murature, andando ad eliminare tutti gli eventuali difetti di planarità e
verticalità, e, dato lo spessore, di barriera protettiva nonché di struttura
portante per gli strati successivi (intonaco di finitura o sist ema collante‐
piastrella). Rispetto al rinzaffo ha un minore dosaggio di lega nti, cosa che
consente di limitarne il ritiro. L'ultimo strato, detto intonachino o velo o
intonaco civile (la sua applicazione è generalmente definita stabilitura) ha
generalmente due funzioni: proteggere l'intonaco e renderlo esteticamente
gradevole. Ha una granulometria fine, di diametro massimo inferiore agli
800 micron, ed il suo spessore di applicazione è inferiore ai 3 millimetri.
Nell'antichità quest'ultimo strato era solitamente realizzato con agenti
p i g m e n t a n t i , a c q u a e c a l c e , m e n t r e o g g i v i s o n o n u m e r o s e t i p o l o gie di
pitture ed intonaci protettivi già rifiniti.
• malte per decorazioni (a spessore, a rilievo). Gli strati di corpo hanno
sempre composizione simile a quella degli intonaci, solo gli strati di finitura
presentano caratteristiche particolari. Per le applicazioni in esterno si
osservano leganti di calce e aggregati di sabbia fluviale. Per le applicazioni
in interno si osserva un maggior uso del gesso spesso privo di aggregato. Da
segnalare la presenza della cosiddetta "polvere di marmo" come aggregato:
in realtà si tratta di materiale calcareo che può variare dalla sabbia con
frammenti di calcari, al marmo frantumato, ai grandi cristalli singoli di
calcite di venatura.
• malte per usi particolari (stuccature, sigillature, stilature). E’ il tipo più
diffuso tra le malte di uso particolare. Il periodo di applicazione è limitato
(dal tardo XIX secolo) e diverse "ricette" sono state sperimentate per
stuccare le fessure, incollare pezzi staccati, rimodellare motivi decorativi. Il
legante più diffuso è il cemento Portland, l'aggregato è costituito dai
frantumi della stessa pietra da stuccare. Il rapporto legante/a ggregato è
molto variabile.
• malte per applicazione rivestimenti (pavimentazioni, pareti, ecc.).
Capitolo 1 ‐Le malte‐
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1.2 Componenti degli impasti
Gli impasti sono delle miscele ternarie essenzialmente costituite da legante,
aggregato e quantità più o meno variabile di acqua.
I l e g a n t i s o n o m a t e r i a l i c h e , d o p o e s s e r e s t a t i c o t t i , m a c i n a t i e p o l v e r i z z a t i ,
vengono mescolati con acqua e aggregati per formare una pasta plastica e
lavorabile capace di indurire nel tempo. Le proprietà che gli impasti acquisiscono
grazie ai leganti sono: lavorabilità, (importante per una giusta posa in opera degli
elementi della muratura e adesione al supporto), capacità di indurimento nel
tempo, maggiore elasticità, porosità, impermeabilità, solidità e resistenza alle
tensioni per il ritiro e ai fattori aggressivi. Per quando riguarda l’impasto, possiamo
distinguere due fasi, tra le quali, però, non esiste un confine ben definito. Queste
fasi sono:
‐ la presa la cui durata va da alcuni minuti a circa una decina di ore, a seconda del
tipo di legante usato e dalla modalità di messa in opera. Questa fase rappresenta un
passaggio da una condizione di fluidità iniziale ad una massa più densa in grado di
mantenere la forma che gli viene data;
‐ l’indurimento che consiste invece nell’aumento della resis t e n z a m e c c a n i c a e
continua indefinitamente nel tempo.
I leganti sono classificabili, in funzione del loro comportamento, i n due gran di
categorie: leganti aerei e leganti idraulici. Entrambi i tipi sono leganti naturali, cioè
leganti di origine inorganica provenienti dal regno minerale.
A. Leganti aerei
I leganti aerei sono leganti che possono indurire soltanto in aria e non resistono, in
generale, all’azione dell’acqua. Vengono utilizzati principalmente per la produzione
di malte da intonaco. A questa categoria appartengono la calce e il gesso.
‐Calce
La calce è il classico legante dei materiali da costruzione utilizzato fin dall’antichità,
preparata per cottura di rocce calcaree (CaCO3). Le rocce calcaree sono composte
da calcite, quarzo, argilla, ossido di ferro e carbonato di magnesio, se quest’ultimo
componente è più abbondante della calcite, le rocce prendono il nome di dolomite.
Inoltre se il quantitativo di argilla supera il 50%, i calcari prendono il nome di
marne, se, invece, l’argilla è inferiore al 50% , si parla di calcari marnosi.
Capitolo 1 ‐Le malte‐
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Figura 1: Il ciclo della calce
Le rocce calcaree utilizzate per la produzione di calce di buona qualità, sono quelle
tenere (perché si lavorano più facilmente) che contengono il 90% di carbonato di
calcio e meno dell’1% di carbonato di magnesio, inoltre devono essere povere di
ossido di ferro e silicati. Il processo di produzione della calce consiste nella cottura
di calcari (calce aerea), o di calcari silicei o argillosi (calce idraulica) a temperature
elevate (circa 900 °C per la produzione di calce aerea e circa 950‐1250 °C per la
produzione di calce idraulica).Queste rocce durante il processo di produzione della
calce, espresso graficamente in figura 1, subiscono un arricchimento in carbonato
di calcio e una separazione da argilla, silice e ossidi di ferro.
La cottura delle rocce avviene all’interno di appositi forni in cui vengono raggiunte
temperature elevate, fino ai 900 °C. Per decomposizione termica, tali rocce si
dissociano in ossido di calcio (CaO) e anidride carbonica (CO2) con l’eliminazione
di sostanze volatili che si disperdono nell’atmosfera.
LA COTTURA (900°C) CaCO
3
→ CaO (calce viva) + CO
2
CaO è la cosiddetta calce viva, è una massa porosa molto caustica e tende a
idratarsi velocemente. Essa viene definita grassa se il calcare da cui si è ottenuta
contiene meno del 10% di magnesio, magra se invece il calcare conteneva più del
10% di magnesio.
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Dopo la sua formazione, la calce viva non è ancora pronta per essere utilizzata
nell’edilizia, infatti deve essere posta in contatto con acqua per produrre la
cosiddetta calce spenta, cioè idrossido di calcio Ca(OH)
2
.
LO SPEGNIMENTO CaO + H
2
O → Ca(OH)
2
Questa reazione sviluppa forte calore e aumento di volume pari a circa il 10%.
La calce spenta può essere prodotta con due metodi diversi. Con il primo metodo
viene aggiunta un quantitativo d’acqua pressappoco uguale a que llo della calce
all’interno di particolari idratatori in cui una parte dell’acqua evapora e si ottiene
una polvere fine e soffice.
Nel secondo metodo, che è quello più tradizionale, il quantitativo di acqua aggiunto
è m a g g i o r e r i s p e t t o a l q u a n t i t a t i v o d e l l a c a l c e , i n q u e s t o c a s o s i f o r m a u n a
compagine colloidale di gel costituita da particelle di idrossido di calcio rigonfiate
d’acqua, la quale fa da lubrificante tra le particelle, questa massa plastica che si
forma viene definita grassello di calce.
La calce spenta, così ottenuta, mescolata con acqua e sabbia, è in grado di formare
una malta capace di indurire lentamente all’aria. Inizialmente la malta perde la sua
p l a s t i c i t à o r i g i n a l e ( p r e s a ) a s e g u i t o d e l l ’ e v a p o r a z i o n e d i u n a p a r t e d e l l ’ a c q u a
d’impasto. Successivamente si verifica un lento e progressivo i ndurimento per la
precipitazione di cristalli di CaCO3 a causa della reazione dell’idrossido di calcio
con l’anidride carbonica dell’aria, secondo la reazione chimica seguente:
LA CARBONATAZIONE Ca(OH)
2
+ CO
2
→ CaCO
3
+ H
2
O
Questo fenomeno, che viene definito carbonatazione, fa si che il prodotto finale
dell’indurimento sia identico alla roccia calcarea di partenza, ma con cristalli più
piccoli.
Anche se la reazione precedente è corretta dal punto di vista formale, la reazione
reale è più complessa. Osservando la precedente reazione infatti, il processo
sembrerebbe avvenire tra un solido Ca(OH)
2
e un gas CO
2
, mentre in realtà la
reazione avviene in fase acquosa grazie all'acqua di impasto della calce.