Cap.I: Che cosa è l’arredo urbano?
2
3) “Dirò, innanzitutto, che la terminologia “arredo urbano”
rimane una terminologia equivoca, perché copre e non definisce i
problemi che possono essere compresi sotto questo nome. Il
parallelo fatto finora ad ora con l’arredo domestico, peraltro, se
da una parte può spiegare alcuni concetti, dall’altra è causa di
fastidiosa ambiguità; esso porta infatti, per forza di cosa, a
pensare al salotto, all’arredo borghese delle nostre case;
quest’ambiguità esiste del resto anche nella terminologia inglese
(street forniture) e francese (mobilier urbain). Si è tentato di
ricorrere ai termini “equipaggiamento”, “attrezzatura” e simili,
ma sempre con risultati piuttosto insoddisfacenti”.
C.Terzi, Dal ciclo di tavole rotonde organizzate dalla sezione
laziale IN/ARCH nell’anno 1980-1981 in collaborazione con
la rivista “AU” sul tema: “Progettare per Roma: gli spazi
pubblici aperti e l’arredo urbano”, in “Arredo urbano”,
IN/ASA, n°1, Roma, maggio-agosto 1981, p.60.
Cap.I: Che cosa è l’arredo urbano?
3
4) “Tutte quelle attrezzature, quei manufatti ed oggetti che sono
in rapporto con l’architettura nella definizione dello spazio
collettivo utilizzabile, come più dettagliata specificazione formale
e funzionale della città, sono da considerarsi “arredo urbano”.
F.Vescovo, Arredo urbano e fruizione dello spazio costruito, ”,
in “Arredo urbano”, IN/ASA, n°1, Roma, maggio-agosto
1981, p.65.
5)“La definizione di arredo urbano, non è chiara e scontata a
priori, ma si trova spesso sostituita o inclusa in altre definizioni
proprie della realtà urbana-scena urbana, spazio urbano,
ambiente urbano, paesaggio urbano e così via, terminologie che
vengono impiegate con significati di volta in volta diversi
all’interno delle singole occasioni operative che interessano la
trasformazione della città.
(…) L’arredo urbano è in gran parte una conseguenza del modo
in cui la città è organizzata; deve cioè essere visto come
Cap.I: Che cosa è l’arredo urbano?
4
l’espressione, la rappresentazione della struttura urbana e delle
attività che si svolgono, dei valori nei quali gli utenti si
riconoscono, delle esigenze che esprimono. Esso costituisce,
all’interno della città, l’elemento di dettaglio e nello stesso tempo
l’immagine complessiva più immediata dell’organizzazione della
città e delle sue attrezzature”.
A.B.Belgiojoso, L’arredo urbano e la città, in: A.Marino,
Architettura degli esterni, note e progetti sullo spazio pubblico
nella città meridionale, Cangemi editrice, Napoli 1991, p.29.
6) “E’ stato Giuseppe Samonà, nel suo ultimo scritto del 1983
di diagnosi dei problemi e di prefigurazione del futuro
dell’urbanistica in Italia, a chiarire il significato di Arredo
Urbano come “caratteristico problema di solidarietà fisica tra le
cose interne agli spazi di strade e piazze nel coacervo della città
(…) implicante un insieme di iconismi, spesso molto espressivi,
nel definire gli spazi superficiali contrapposti, sia delle fronti
Cap.I: Che cosa è l’arredo urbano?
5
costruite di una strada, sia del suo pavimento, sia degli oggetti
fissi e mobili di vario tipo” creati per l’uso vitale delle strade
stesse”.
G.Ottolini, Milano illuminata, storia, immagini, urbanistica ed
emozioni dell’illuminazione elettrica pubblica, AEM, Milano
1993, p.195.
7) “L’arredo urbano non vorrebbe essere il risultato di facili
istanze politiche e funzionali nella gestione del territorio.
L’arredo urbano non è casuale ed affrettata collocazione di
attrezzature solo funzionali o decorative.
L’arredo urbano non si sostituisce al progetto della struttura dello
spazio pubblico, semmai costituisce lo strumento per il suo
completamento.
L’arredo urbano non si esaurisce in una operazione di “design”
per una città astratta; potrà invece configurarsi come “design
Cap.I: Che cosa è l’arredo urbano?
6
ambientato”, interprete dei caratteri specifici del contesto con cui
si confronta”.
G.De Ferrari, V.Jacomussi, C.Germark, O.Laurini, Il piano
arredo urbano. Problematiche e aspetti metodologici, La nuova Italica
Scientifica, Milano 1994, p.12.
8) “L’arredo urbano è un elemento strutturale non solo del
rapporto dialogico fra l’uomo (il soggetto) e la città che abita,
anzi che vive, ma anche fra l’uomo e fra gli altri uomini (la
collettività) con cui la condivide.
Arredo urbano è quindi attenzione alle esigenze soggettive
dell’uomo, tutela della sua sicurezza ed anche garanzia della sua
libertà (ad esempio di comunicare, riunirsi, scambiare e
commerciare).
(…) Più l’arredo urbano risponde a favore delle esigenze
dell’individuo collettivo, più è il segno di una società libera, in cui
Cap.I: Che cosa è l’arredo urbano?
7
i cittadini maggiormente interpretano e vivono le regole della
convivenza civile”.
A.Neri, L’arredo urbano: funzione sociale e tutela dell’individuo, in
“Arredo & Città”, anno 10 n°2, Forlì-Cesena, luglio-dicembre
1997, p.2.
Cap II: Uno sguardo al passato verso il futuro.
8
II.1: Dalla rivoluzione industriale al
movimento moderno.
Il legame tra individuo ed ambiente, inizialmente diretto e
spontaneo, ha subito delle trasformazioni, nel corso dei secoli,
nel passaggio dalla formazione dei primi villaggi tribali, alla
polis romana, medioevale, rinascimentale, barocca, ma in
maniera repentina e consistente soprattutto nell’era
industriale.
L’architettura degli spazi cittadini ed il conseguente problema
di attrezzarli con strutture adeguate alle nuove necessità di una
società in trasformazione nasce, difatti, nel XIX sec.
Le trasformazioni urbanistiche generate dalla rivoluzione
industriale si delinearono in Inghilterra, dalla metà del 700, per
ripetersi, poi, con ritardo più o meno forte, in tutti gli altri
Stati europei. L’eccessivo inurbamento, le nuove tipologie
architettoniche, il modificarsi dei modi di vivere e lavorare,
furono la causa principale della perdita di carattere e valore
Cap II: Uno sguardo al passato verso il futuro.
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dell’atavico spazio pubblico, che nel tempo ha perso la sua
funzione primordiale, ovvero quella di luogo di
socializzazione.
La riaffermazione della ritualità collettiva e la riscoperta dello
spazio urbano come luogo di relazione tra individui sono
avvenuti lentamente nel tempo, tramite un rigoroso processo
di riqualificazione degli spazi urbani degradati e con
l’introduzione di elementi di arredo urbano capaci di restituire
una giusta immagine alla città.
L’abuso del termine arredo urbano,
1
però, da spesso luogo ad
interpretazioni distorte del suo concetto.
Concedendo ampio spazio all’inventiva, il vocabolo viene
utilizzato erroneamente all’interno delle singole trasformazioni
che interessano la città con significati, di volta in volta,
1
I primi due dizionari d’architettura urbanistica e design a registrare il termine street forniture
sono:
Charles Abrams, The Language of the cities. A Glossary of terms, The Viking Press, New York
1971 e Peter Gresswell, Environment. An Alphabetical Handbook, John Murray, London 1971.
In entrambi il termine arredo urbano viene definito come: the accounterments of the street as
lights, benches, signs, bus shelters, anopies, kiosks, plants, etc.
I primi references di architettura, urbanistica e design ad adottare il termine street forniture
come categoria specifica sono: l’Art Index (1961), l’Avery Index to Architectural Periodicals
della Columbia University (1973), l’Architectural Periodicals Index del RIBA (1972) e
l’Architectural Index (1971).
Il primo libro organico di storia dell’arredo urbano, basato su una classificazione empirica dal
punto di vista dell’uso, esce solo nel 1978 ad opera di Geoffrey Warren: Vanishing Street
Forniture, David & Charles, London 1978.
Cap II: Uno sguardo al passato verso il futuro.
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differenti: decoro ambientale, allestimento cittadino,
abbellimento paesaggistico, maquillage urbano. E’ stato
Giuseppe Samonà, nel suo ultimo scritto del 1983 sulla
diagnosi dei problemi e di prefigurazione del futuro
dell’urbanistica in Italia, a chiarire il significato di arredo
urbano come “caratteristico problema di solidarietà fisica tra le
cose interne agli spazi di strade e piazze nel coacervo della città
(…) implicante un insieme di iconismi, spesso molto espressivi,
nel definire gli spazi superficiali contrapposti, sia delle fronti
costruite di una strada, sia del suo pavimento, sia degli oggetti
fissi e mobili di vario tipo”,
2
creati per l’uso vitale delle strade
stesse.
Senza limitare la tematica dell’arredo urbano con la
definizione del Samonà, al fine di affrontare correttamente il
problema dell’arredo urbano, sia dal punto di vista della
progettazione, sia da quello dell’uso, è importante tentare una
2
Gianni Ottolini, Milano illuminata, storia, immagini, urbanistica ed emozioni della
illuminazione elettrica pubblica, AEM, Milano 1993, p.195
Cap II: Uno sguardo al passato verso il futuro.
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ricostruzione storica di quest’importante categoria di design
applicato alla scala urbana. Sebbene il termine arredo urbano
sia stato introdotto nell’idioma comune solo da cinquanta
anni, nel corso del Convegno INU di Lucca del 1957, dove
forse per primo e per la prima volta in Italia, Bruno Zevi
utilizzò il termine, è pleonastico affermare che numerosa è
stata la produzione di elementi ad esso associata, tra la fine del
settecento e l’inizio ottocento in seguito alla rivoluzione
industriale. Le esperienze maturate in questo periodo, hanno
contribuito all’invenzione di nuove tipologie di “arredo” quali:
cassette delle lettere, fontane, vespasiani, chioschi, che,
razionalizzati nelle forme, acquistano un significato diverso
all’interno dello spazio pubblico.
Pugin,
3
uno dei principali propagandisti del ritorno al
Medioevo, pubblica nel 1836 un brillante libro polemico suoi
“Contrast”
4
fra la città tradizionale e quella industriale,
3
Augustus Welby Pugin (1812-1852).
4
A.W. Pugin, Contrast, or a parallel between the Noble Book of the Middle Ages,and
corresponding Buildings of the Present showing the Present Decay of Taste, Charles Dolman,
London, 1836.
Cap II: Uno sguardo al passato verso il futuro.
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accusando l’industria di aver contaminato il paesaggio urbano
con oggetti industriali in falso stile gotico.
Lo stesso autore, inoltre, descrive ironicamente in un suo
scritto alcuni elementi di arredo urbano utilizzandoli come
simbolo significativo del nuovo modo di concepire e fruire la
città: “(…) torrette scalari per calamai, croci monumentali per
paralumi, fastigi appesi a maniglie di porte, quattro portali e un
fascio di colonne per sostenere una lampada francese, mentre un
paio di pinnacoli sormontati da un arco sono chiamati un
raschietto di modello gotico, e un sinuoso intreccio di ornamenti a
quadrifoglio e a ventaglio, un sedile da chi disegna questi
orrori…Se appena s’introduce un quadrifoglio o un arco acuto,
per quanto lo schema dell’articolo sia moderno e volgare, subito
viene qualificato e venduto come gotico”.
5
Fra il 1830 ed il 1850, muove i primi passi l’urbanistica
moderna. L’esperienza decisiva si svolge a Parigi: il suo
5
A.W.Pugin, The True Principles of Pointed or Christian Architecture, Industrial Art
Explained, London 1946, p.63.
Cap II: Uno sguardo al passato verso il futuro.
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sventramento diviene modello visibile, funzionale e
persuasivo, un vero e proprio paradigma referenziale per le
future trasformazioni delle città europee del successivo mezzo
secolo. Protagonista di tali mutamenti è il prefetto di carriera
Haussmann: un funzionario che, sostenuto dal governo di
Napoleone III, nei suoi diciassette anni di potere trasformò in
modo radicale la città, apportando notevoli e concrete
migliorie a parti consistenti della città mediante operazioni sul
connettivo urbano. Egli dedicò grande interesse alla cura della
viabilità di Parigi: le ampie dimensioni delle strade, larghe fino
a venti metri, e delle piazze principali, come l’Etoile, fanno
quasi sparire gli edifici circostanti.
Il traffico e l’arredo urbano risaltano in primo piano,
spostando sullo sfondo le architetture, che divengono fuochi
prospettici dei nuovi spazi urbani.
Questo vasto programma urbanistico si concretizzò in alcune
formalità giuridiche e amministrative: l’introduzione della
Toponomastica, grazie alla quale le vie ebbero un nome
Cap II: Uno sguardo al passato verso il futuro.
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ufficiale, e le porte delle case, un numero civico, per esigenze
dell’anagrafe e del servizio postale.
In questo periodo di trasformazioni di boulevard e places,
s’inserì anche il sistema degli spazi pubblici: le zone verdi non
furono più destinate solo a privati, ma divennero luoghi
godibili anche da tutti i cittadini.
Napoleone III favorì l’apertura dei parchi reali e la
costruzione di nuovi giardini pubblici, anche in altri paesi
dell’Impero, soprattutto in Italia, dove furono progettati i
Giardini di Venezia,
6
il Pincio
7
ed i parchi archeologici a
Roma, realizzati con “l’intento specifico di rendere operativa una
progettazione che fosse mediatrice tra un utile pubblico ed un
bello non ridotto ad ornamentazione”.
8
Agli inizi dell’Ottocento, dunque, sì “abbatte sul corpo vivo
delle città una violenza senza precedenti: si ha l’impressione che,
in un euforico gran finale da ballo in maschera, igienisti,
6
Costruito nel 1807.
7
Costruito nel 1809-1914.
8
Eduardo Vittoria, in Atti del convegno “L’Arredo urbano a Roma oggi,tra artigianato ed
industria”, Università La Sapienza, Roma 1988.
Cap II: Uno sguardo al passato verso il futuro.
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ingegneri, “restauratori, burocrati e prefetti paramilitari (come il
barone Haussmann a Parigi), tutti uniti per motivi diversi, si
diano la mano per celebrare un rituale saccheggio delle risorse,
come neoadoratori del piccone risanatore”.
9
E’ questo dunque un periodo in cui il vecchio scenario
cittadino fu investito da intensi interventi urbani, arricchiti
inoltre, da nuovi arredi realizzati in serie, come elementi
indispensabili per la riqualificazione degli spazi pubblici.
L’arredo urbano, incanalato anch’esso, dunque, nell’industrial
design, riuscì, a parte una prima fase iniziale, ad entusiasmare
nei due secoli passati la maggior parte delle città europee.
9
M. D.Bardeschi, Antico, iperstorico, postmoderno, le tracce, i frammenti, la trama nella città,
in Recupero edilizio n°4, centro studi “OIKOS”, ente fiere-saie-, Bologna a cura di Luisella
Gelsomino, p.32.