Continuando la mia lettura, ho scoperto che numerose storie che mi erano
state raccontate come vere e alcune notizie, pubblicate addirittura dai quotidiani,
erano, in realtà, leggende metropolitane. Quando raccontavo ai miei amici e
parenti queste storie, rivelando loro che si trattava, in realtà, di leggende, molto
spesso non venivo creduta. Mi veniva risposto che la notizia era stata raccontata
loro da una persona fidata, oppure che l’ avevano letta su un quotidiano
affermato oppure appresa dal telegiornale. Insomma, facevano fatica a credere
che si trattava di storie di pura invenzione, dal momento che ritenevano la fonte
affidabile e la notizia verosimile.
Questa scoperta, fatta per puro caso, è sfociata, poi, in una ricerca
personale, avente lo scopo di scoprire quante e quali leggende siano in
circolazione nel mondo. Durante questa ricerca è nata, inoltre, la curiosità di
indagare i meccanismi che stanno dietro alla nascita e alla diffusione di questa
particolare forma di narrazione.
Ho cercato, così, di conciliare questo mio nuovo interesse con uno meno
recente, ma sicuramente predominante nella mia vita, la psicologia. Ho scoperto
che gli studi psicologici su questo argomento sono numerosi, ma sono stati
realizzati quasi tutti oltre oceano. In Italia, le leggende metropolitane e le voci non
hanno ancora attirato l’ interesse degli psicologi, se si esclude un esiguo numero
di ricercatori che si è occupato, però, solamente di analizzare ed interpretare i
lavori statunitensi. La maggior parte delle ricerche che sono state prese in
considerazione in questo lavoro sono state, pertanto, tratte da lavori pubblicati
unicamente in lingua inglese.
INTRODUZIONE
Le leggende metropolitane, in passato, hanno attratto l’ interesse di alcuni
psicoanalisti. Marie Bonaparte, ad esempio, nel suo lavoro Mytes de Guerre
(1950) ha dato un’ interpretazione alle numerose leggende che si erano diffuse
durante la seconda guerra mondiale. Marie Langer (1951), invece, si è
interessata, in particolare, ad una famosa leggenda attualmente conosciuta come
«La baby-sitter cannibale».
Tra la fine degli anni Sessanta e gli ultimi anni Ottanta, in Francia si è
cominciato a studiare le leggende metropolitane, quali espressioni del moderno
folklore e in particolare da un punto di vista sociologico. Tra gli studi più
conosciuti spicca il lavoro di Edgar Morin su La rumeur d’ Orléans (1969),
divenuto, ormai, un classico sull’ argomento. Il sociologo Jean-Noël Kapferer
(1988), invece, ha analizzato i meccanismi e i processi che stanno alla base del
fenomeno della diffusione delle leggende.
Non ci sono ancora notizie certe su chi abbia coniato il termine leggenda
metropolitana. Sappiamo, invece, per certo che il primo folklorista americano a
raccoglierle e studiarle è stato l’ autore de Il folklore in America (1964), Richard M.
Dorson, i cui primi studi condotti in questo campo sono stati realizzati in un’
isola delle Ebridi. Un suo collaboratore, Jan Harold Brunvand, ha contribuito,
dagli anni Ottanta ad oggi, a far conoscere al grande pubblico questa particolare
forma di narrazione. Dal 1987 al 1992, egli ha tenuto, infatti, una rubrica,
dedicata alla leggende metropolitane, su alcuni quotidiani americani. Ciò gli ha
permesso di entrare in contatto con un grande numero di persone, di far
conoscere al grande pubblico le leggende metropolitane e, nello stesso tempo, di
raccoglierne nuove versioni, grazie alla corrispondenza con i suoi lettori. Negli
Stati Uniti, inoltre è stata fondata l’ International Society for Contemporary
Legend Research (ISCLR), la quale si occupa, tra le altre cose, di organizzare dei
congressi annuali, nel corso dei quali ricercatori di tutto il mondo, appartenenti a
svariate discipline, possono esporre e confrontare i risultati delle loro ricerche
sull’ argomento.
In Italia, l’ interesse per le leggende metropolitane si è manifestato piuttosto
tardi rispetto agli altri paesi. Verso la fine degli anni Ottanta, due riviste in
particolare hanno portato le leggende all’ attenzione del pubblico, Tic, edita a
Milano, con una rubrica intitolata «La buca delle leggende» e I giorni cantati, edita
a Roma. Queste due prime esperienze, però, non erano mosse da scopi scientifici,
ma miravano unicamente a indurre nei lettori la presa di coscienza dell’ esistenza
di questo tipo di storie.
Nel settembre del 1990, Paolo Toselli ha contribuito a fondare, ad
Alessandria, il Centro sulle Voci e le Leggende Contemporanee, con lo scopo di
rappresentare un punto di riferimento a livello nazionale non solo per tutti coloro
che intendono studiare questo fenomeno da un punto di vista sociologico, ma
anche per chi intende approfondire il legame che esse hanno con il folklore
moderno. Al fine di diffondere il lavoro svolto dal centro, periodicamente viene
pubblicato un notiziario interno dal titolo Tutte storie. La dottoressa Laura
Bonato, nel 1998, ha pubblicato un libro intitolato Trapianti sesso angosce.
Leggende metropolitane in Italia, con l’ intento di analizzare la struttura e i temi
narrativi. In esso l’ autrice cita, inoltre, una serie di leggende che si sono diffuse
tra gli studenti dell’ Università degli Studi di Torino.
Possiamo, a questo punto, affermare con certezza che la maggior parte degli
studi che si sono interessati alle leggende metropolitane appartengono al campo
del folklore. In particolare, lo studio del folklore consiste nel classificare e
interpretare, all’ interno del loro contesto culturale, i prodotti dell’ interazione
umana quotidiana, che vengono trasmessi da persona a persona.
Le leggende metropolitane, così come tutte le altre forme espressive del
folklore, presentano due caratteristiche fondamentali, la ripetizione orale e la
variazione. Esse vengono, infatti, trasmesse di bocca in bocca oppure per mezzo
della stampa. Negli ultimi anni sono, senza dubbio, prosperate grazie ad Internet
e alla comunicazione multimediale. A causa di questa intensa diffusione, esse
tendono a mutare nei particolari, nello stile e nella tecnica con cui vengono
raccontate, pur mantenendo un nucleo narrativo costante (Brunvand, 2001).
Come abbiamo visto, i temi folklorici legati alla vita contemporanea hanno
la capacità di diffondersi molto rapidamente e di raggiungere ogni angolo del
mondo grazie ai moderni canali di comunicazione. Essi si differenziano, quindi,
dalle leggende in circolazione nei secoli precedenti, dal momento che queste
ultime si diffondevano generalmente a livello locale e trattavano solitamente
vicende ambientate in zone limitrofe. Adesso, invece, anche in Italia siamo al
corrente del fatto che i dolcetti regalati ai bambini la notte di Halloween, negli
Stati Uniti, sono spesso imbottiti con delle lamette (Best e Horiuchi, 1985).
Questo lavoro vuole essere un momento di riflessione sui meccanismi che
stanno dietro alla nascita e alla diffusione delle leggende metropolitane. Non è,
non vuole e non può essere un lavoro esaustivo su tutti gli approcci teorici che si
sono occupati di questo fenomeno, né su tutte le cause che lo determinano. Lo
scopo di questo lavoro consiste nel fornire un quadro generale degli studi finora
condotti, nel tentativo di comprendere i fattori correlati alla ripetuta e continua
circolazione delle leggende metropolitane. L’ intento di questo lavoro è, inoltre,
quello di tentare di fornire una descrizione, seppure approssimativa, degli
individui che tendono a credere e quindi a diffondere le voci.
Nel tentativo di raggiungere questi obiettivi, sono stati presi in
considerazione diversi approcci teorici, tra i quali emergono la psicologia
dinamica, la psicologia sociale, la psicologia cognitiva. Questo fatto dimostra la
complessità del fenomeno studiato e fornisce un’ ulteriore conferma dell’
impossibilità di questo lavoro di costituire una trattazione completa e definitiva
dell’ argomento.
Nel primo capitolo ho cercato di analizzare il concetto di narrazione, in
particolare quegli aspetti che mi permetteranno di comprendere ed esaminare i
meccanismi alla base del funzionamento del pensiero narrativo. Nella cultura
occidentale, la narrazione presenta una struttura ben determinata, con una serie
di caratteristiche che facilitano la comprensione delle storie e la loro diffusione.
Le storie, a prescindere dal fatto che siano scritte oppure orali, non sono
costituite unicamente dal testo che le compone, ma implicano un contesto nel
quale hanno luogo e una cultura di riferimento.
Mi sono occupata, inoltre, di indagare la relazione esistente fra gli schemi di
evento, la narrazione e il pensiero narrativo e il modo in cui quest’ ultimo crea dei
mondi possibili, nei quali eventi improbabili diventano possibili.
Ho tentato di dimostrare che il pensiero narrativo non è un errore logico,
determinato dall’ analisi di informazioni irrilevanti e ho mostrato come la
creazione di storie si basi su dei presupposti che sono radicati nella cultura di
una società.
Nel secondo capitolo, attraverso alcuni esempi, ho cercato di spiegare cos’
è, in pratica, una leggenda metropolitana ed ho esaminato i possibili metodi per
la sua classificazione, tra quelli finora proposti. Le leggende che ho citato
costituiscono alcuni degli esempi più diffusi e rappresentativi di questa
particolare forma di narrazione. Al fine di capire la funzione che svolgono le
leggende nella nostra società, ho confrontato le teorie di alcuni esperti,
appartenenti a differenti ambiti culturali, tra cui la psicologia, la storia e il
folklore.
Nel terzo capitolo ho affrontato due dei temi centrali di questo lavoro, i
motivi della nascita di una voce e i processi di modificazione che questa può
subire durante la sua diffusione. Al fine di analizzare questi due aspetti, ho preso
in considerazione i lavori condotti da due ricercatori americani, durante la
seconda guerra mondiale. Questo periodo, infatti, è stato caratterizzato da una
considerevole circolazione di voci che hanno favorito la realizzazione di numerosi
studi. Ho cercato di individuare quali possano essere le cause della comparsa di
una voce. Ho tentato, quindi, di scoprire quali fattori siano correlati a questo
fenomeno ed in che misura essi siano determinanti per la sua origine.
Ho voluto, inoltre, verificare se la voce, passando di bocca in bocca, subisca
una trasformazione della sua forma originaria. Ho preso, quindi, in
considerazione alcuni esperimenti condotti in laboratorio e li ho confrontati con
alcune ricerche realizzate sul campo.
Nel quarto capitolo ho analizzato i vari periodi che si succedono tra la
nascita e la morte di una voce e ho esaminato alcune teorie che tentano di
spiegarne i meccanismi di trasmissione.
Ho cercato, inoltre, di indagare la correlazione tra la credibilità di una voce
e il suo grado di diffusione. Partendo da questi studi ho voluto ricercare i motivi
che inducono gli individui a credere alle voci. Mi sono chiesta quali fattori
spingano un individuo a prestare fede ad informazioni non verificate o dimostrate.
Un ulteriore fattore, che ho ritenuto utile analizzare, è l’ influenza della
fonte di una voce sulla sua credibilità. Ho voluto verificare se l’ opinione che gli
individui hanno, su colui che racconta loro una voce, possa influire sul loro
atteggiamento nei confronti dei suoi contenuti e, quindi, sul loro desiderio di
diffonderla.
Ho, infine, cercato di verificare la possibile esistenza di una relazione fra l’
ansia e la trasmissione delle voci. In altre parole, mi sono chiesta se le persone
ansiose tendano a diffondere le voci in misura maggiore rispetto agli individui
poco ansiosi.
Questo lavoro mira a indagare i suddetti argomenti, prendendo in
considerazione alcuni studi realizzati, sia in laboratorio che in condizioni
naturali, da ricercatori provenienti da nazioni differenti.