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letteratura inglese. Fu proprio all’Oxford University che Ronald incontrò C.S.
Lewis: tra i due professori nacque un’amicizia destinata a durare molti anni, che
avrebbe esercitato una notevole influenza sulle opere di entrambi. Nel 1937,
con la pubblicazione di The Hobbit, Tolkien iniziò la propria carriera di scrittore:
da allora pubblicò Leaf by Niggle nel 1945, On Fairy Stories nel 1947, Farmer
Giles of Ham nel 1949, The Lord of the Rings tra il 1954 e il 1955, The
Adventures of Tom Bombadil nel 1962, Smith of Wotton Major e Road Goes
Ever On nel 1967. Edith Tolkien morì nel 1971 e, dopo solo due anni, il 3
settembre 1973, anche John Ronald Reuel Tolkien morì, all’apice del successo.
L’opera cui aveva dedicato la sua intera vita, il Silmarillion, fu pubblicata
postuma nel 1977, a cura del figlio Christopher.
Il presente lavoro analizza il rapporto tra l’opera principale di Tolkien, The Lord
of the Rings, e la mitologia della popolazione celtica, che ha lasciato tracce
evidenti nella cultura europea moderna. In particolare, ho ripercorso le
leggende celtiche insulari, sviluppate dalle tribù che occuparono la Gran
Bretagna e l’Irlanda, in quanto responsabili di più diretti influssi sui popoli che
oggi vivono in quelle isole, cui hanno fornito un importante sostrato.
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I CELTI
Eredità celtica e greco – romana a confronto
I Celti costituiscono uno dei sostrati più importanti per gran parte dell’Europa
centro – occidentale, nonostante a volte si dimentichi la portata della loro
influenza nella vasta area che ha conosciuto la loro occupazione: in particolare,
nell’Europa mediterranea si ritiene spesso che l’eredità culturale sia soltanto di
origine greco – romana, mentre in realtà i Celti hanno lasciato in questa zona
non solo tracce di tipo linguistico come i toponimi, ma anche categorie di
pensiero di tipo filosofico, quali la capacità di astrazione e l’elaborazione di
forme simboliche. La differenza fondamentale fra la cultura celtica e quella
greco – romana sta nel fatto che, mentre la filosofia aristotelica divideva tutto in
categorie e sillogismi, ponendo l’accento sul “come” avvengono i fenomeni e
costituendo così una tipologia di pensiero che ben si adattava alla mentalità
pratica dei Romani, per la filosofia celtica era molto più importante capire il
“perché” accadessero le cose, per comprendere il mistero del destino umano.
Inoltre, la posizione dei Celti non era quella della scienza greco – romana di
conquista della natura e di dominio delle sue leggi, bensì quella di una completa
immersione nell’ambiente: i Celti non lo combattevano, ma se ne riconoscevano
parte e per questo non avrebbero mai compreso il disprezzo per la natura che
talvolta mostra la nostra civiltà. Da queste concezioni discende uno stile di vita
profondamente diverso da quello greco – romano.
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Le informazioni riguardanti le differenze tra l’eredità celtica e quella greco – romana
nell’Europa mediterranea sono state tratte dal sito internet www.keltia.it, gestito dalla Keltia
Editrice.
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Il termine “Celti”
Il nome dei Celti deriva dal greco “Keltai” o “Keltoi”, termine che compare per la
prima volta negli scritti del geografo Ecateo intorno al 500 a.C.
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e che significa “i
guerrieri”. Pur essendo impiegato per distinguere quelle popolazioni che si
stabilirono nell’Europa continentale, questo nome non fu mai usato dai Greci
per definire le tribù che occuparono l’Irlanda e la Britannia
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, e non vi è nessuna
prova che tali popoli utilizzassero questo appellativo per designare se stessi.
Tuttavia, le parole “Celta” e “celtico” entrarono nell’uso comune a partire dalla
metà del XVIII secolo, quando il movimento romantico inglese riprese i filoni
delle antiche letterature irlandesi e gallesi per esaltare il loro contenuto mitico
ed epico e sottolineare così una volta di più il rifiuto della razionalità classicista.
Da allora, però, questi termini hanno subito una sorta di duplice degradazione:
dal punto di vista semantico, in quanto sono stati erroneamente applicati a
fenomeni molto diversi, come l’arte cristiana insulare o il folclore, e dal punto di
vista concettuale, perché sfruttati in modo eccessivo da movimenti politici
separatisti o da nuove correnti culturali.
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Data l'enorme estensione del territorio
occupato dai Celti, che, partendo probabilmente dall’Asia Minore, avanzarono
fino ad occupare l’Europa centrale, la Gallia, la Spagna, le Isole Britanniche e
l’Italia settentrionale, si potrebbe pensare che essi abbiano costituito un impero.
Invece, i Celti non ebbero mai una coesione politica, ma furono sempre
caratterizzati da una divisione in un gran numero di tribù, non di rado in lotta fra
loro. Gli unici elementi su cui si poteva basare una certa unità furono culturali: la
religione, la lingua e le usanze. Alcune delle molte tribù in cui erano suddivisi i
Celti divennero assai numerose e costituirono lungo i secoli delle popolazioni a
sé, con un proprio nome: si ebbero così i Galli nell'odierna Francia, i Belgi
nell'attuale Belgio, i Britanni nell'odierna Inghilterra e altri ancora. A loro volta
queste popolazioni erano divise in numerosi gruppi indipendenti e spesso rivali
tra loro. Il termine “Celti” sta quindi ad indicare un gruppo di più di 150 tribù, di
cultura indoeuropea, legate tra loro per lingua, costumi e religione comuni, ma
senza una ben definita organizzazione politica.
2
ROLLESTONE T.W., I miti celtici, Milano, TEA, 1994, pag. 11.
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POWELL T.G.E., I Celti, Milano, Il Saggiatore, 1959, pag. 14 – 15.
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POWELL T.G.E., I Celti, Milano, Il Saggiatore, 1959, pagg. 14 – 15.
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Brevi cenni di storia celtica
Come affermato in precedenza, l’origine di queste popolazioni è da far risalire
all’Asia Minore: da quest’area all’inizio dell’Età del Ferro i Celti migrarono verso
Occidente, occupando, sia con le conquiste, sia con l’infiltrazione pacifica,
diverse zone dell’Europa continentale e insulare, fino ad arrivare tra il V e il IV
secolo a.C. nell’Italia settentrionale. Qui raggiunsero l’apice della loro potenza,
riuscendo a sconfiggere una delle popolazioni più forti dal punto di vista militare
dell’epoca: i Romani. Inizialmente loro alleati nella guerra contro gli Etruschi, i
Celti furono poi ingannati dai Romani, che si infiltrarono tra le fila nemiche. Per
vendicare quest’offesa, i Celti compirono una marcia contro Roma, arrivando
nel 390 a.C. a saccheggiare la città, dove rimasero per quasi un anno, finché
non ricevettero un enorme riscatto e non considerarono conclusa la loro
vendetta. Dopo la stipula del trattato, tra Celti e Romani regnò la pace, la cui
rottura, a causa della nuova alleanza tra Celti ed Etruschi, coincise con la fine
del predominio celtico nell’Europa continentale. A questo fatto contribuì anche
la rivolta dei popoli germanici nell’Europa centrale, che fino a quel momento
avevano vissuto sotto il giogo celtico: come conseguenza di questi moti, le
diverse tribù celtiche che abitavano quella zona persero completamente ogni
tipo di coesione e si riversarono in vari territori del bacino mediterraneo.
Quando questa guerra cessò, la Gallia e le Isole Britanniche erano
praticamente tutto ciò che restava della vasta area che aveva conosciuto la
dominazione celtica, ma all’inizio dell’era cristiana anche queste regioni
caddero sotto il dominio romano, ad eccezione della Scozia e dell’Irlanda. In
Scozia, la tribù celtica dei Pitti resistette all’avanzata romana, fino all’arrivo dei
gaelici dall’Irlanda. Neanche quest’isola fu conquistata dai Romani e quindi
mantenne non solo la propria indipendenza, ma anche la propria cultura almeno
fino all’avvento del Cristianesimo: per questo l’Irlanda ha il pregio di “aver
portato fino agli albori della storia e della ricerca moderne la civiltà celtica
indigena”.
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ROLLESTONE T.W., I miti celtici, Milano, TEA, 1994, pag. 25.
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La struttura sociale celtica e la figura del druida
Nelle società indoeuropee, all'inizio della loro storia, la struttura sociale prevede
caratteristiche strutturali comuni. La prima è la caratteristica sacra della
sovranità, del sacerdozio e della giustizia. La seconda è la caratteristica
guerriera, propria dei nobili e dei ricchi possessori di terre o di bestiame. La
terza è la caratteristica produttiva di beni materiali o culturali, che
contraddistingueva il popolo e l’élite intellettuale. Questa tripartizione delle
funzioni sociali principali si riflette anche nella mitologia e nelle religioni di tutti i
popoli indoeuropei. Anche la struttura sociale celtica, essendo di origine
indoeuropea, si articolava in tre classi:
ξ quella dei druidi;
ξ quella dei guerrieri;
ξ quella del popolo.
Esisteva una netta distinzione tra le prime due classi, che avevano accesso alla
cultura, e la terza, tenuta in stretta sottomissione: questa divisione sociale
corrispondeva sicuramente alla discriminazione razziale tra i Celti e le
popolazioni che avevano soggiogato.
“I druidi costituivano una classe e non una casta, in quanto il sistema non era
chiuso. Questa classe era altamente articolata, secondo funzioni specializzate.
Difatti non si può parlare di druidi e bardi e indovini e medici eccetera, ma di
druidi – bardi, druidi – vati, druidi – medici, druidi – giudici eccetera. Talvolta le
funzioni potevano assommarsi in un unico individuo, ma sempre di funzioni si
trattava e mai di diverse categorie”.
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Il druida rappresentava il centro della
società celtica e la sua importanza era tale da superare persino quella del re:
nessuna decisione veniva presa senza consultare il suo responso ed egli
incarnava anche la memoria storica di un popolo che praticamente non
utilizzava la scrittura, grazie alla trasmissione orale non solo delle formule rituali
legate alla religione, ma anche della mitologia nata dalle avventure dei grandi
eroi.
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RUTHERFORD WARD, Tradizioni celtiche: la storia dei druidi e della loro conoscenza senza
tempo, Milano, CDE, 1997, pag.11.