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Capitolo primo
ORIGINI E FORMA DI GOVERNO DELLA QUINTA REPUBBLICA
FRANCESE
1.1 L’ELABORAZIONE DELLA COSTITUZIONE DEL 4 OTTOBRE 1958
Gli ultimi anni della Quarta Repubblica, nota per le sue istituzioni inefficaci e la forte instabilità
dell’esecutivo (venti sono stati i governi, ciascuno della durata di circa sei mesi, che si sono succeduti
dal 1946 al 1958), erano caratterizzati dalla paralisi del regime e la sua incapacità di far fronte al
problema della decolonizzazione, soprattutto per quanto riguarda il cd. “Affaire Algérienne”
1
.
Dinanzi alla rivolta dell’Algeria, che rivendicava la sua indipendenza, e alla minaccia di una presa di
potere insurrezionale da parte di personalità militari ad Algeri (13 maggio 1958), il Presidente della
Repubblica René Coty faceva appello al generale de Gaulle, in ritiro dalla vita politica, a formare un
nuovo governo. Quest’ultimo veniva investito dall’Assemblea nazionale il 1 giugno 1958.
Con la legge costituzionale del 3 giugno 1958, il Parlamento, ossia l’organo incaricato di revisionare la
Costituzione esistente, rinunciava a questa prerogativa e concedeva al governo de Gaulle il potere di
elaborare una nuova Carta fondamentale. La stessa legge però rappresentava una limitazione del potere
costituente attribuito all’esecutivo. Infatti, essa disciplinava che il nuovo testo stabilito dal Consiglio
dei ministri doveva essere conforme a cinque principi fondamentali:
• il suffragio universale: unica fonte del potere. Legislativo ed esecutivo dovevano derivare da
esso;
• potere esecutivo e potere legislativo dovevano rimanere separati “in modo tale che Parlamento
e governo avessero assicurato, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, il pieno rispetto
delle loro attribuzioni”;
• l’esecutivo doveva essere responsabile dinanzi all’Assemblea legislativa;
• il potere giudiziario doveva essere indipendente “in modo tale da assicurare il rispetto delle
libertà fondamentali definite nel Preambolo della Costituzione del 1946 e nella Dichiarazione
dei Diritti dell’Uomo alla quale esso fa riferimento”;
• l’organizzazione di nuove relazioni tra la Francia ed i popoli ad essa associati.
Queste cinque basi sono fondamentali perché esse hanno precisato l’orientamento della nuova Carta
Costituzionale.
La legge del 3 giugno 1958 precisava anche le tappe che il governo avrebbe dovuto seguire
nell‘elaborazione della Costituzione:
• istituire un Comitato Consultativo Costituzionale, i cui membri dovevano, almeno per i 2/3,
essere parlamentari ( a loro volta designati dalle Commissioni competenti dell’Assemblea
Nazionale e del Consiglio della Repubblica);
• il progetto di Costituzione doveva essere redatto con l’ausilio di questo Comitato ed in seguito
sottoposto all’esame del Consiglio di Stato;
• completato poi in Consiglio dei Ministri;
• infine, sottoposto a referendum popolare.
Il 29 luglio 1958, il gruppo di lavoro incaricato da de Gaulle e presieduto dal Guarda Sigilli e futuro
1
P. ARDANT, Les institutions de la Ve République, Hachette Supérieur, Paris, 2006-2007, p. 10.
6
Primo Ministro, Michel Debré, elaborava il cd. “Projet Rouge”
2
(dal colore della copertina del testo).
I punti essenziali del progetto, perfettamente in linea con le idee espresse dal generale nel suo discorso
a Bayeux del 16 giugno 1946
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, erano i seguenti:
• L’elezione del Presidente della Repubblica da parte di un collegio allargato (quindi non solo dal
Parlamento come accadeva sotto la IV Repubblica) ma non a suffragio universale, con il
compito di nominare il primo Ministro e detentore di alcuni poteri propri utilizzabili senza la
necessità del contrassegno ministeriale ( come invece richiedeva la Costituzione del 1946).
• I poteri eccezionali del Capo dello Stato ossia una sorta di dittatura temporanea in caso di grave
crisi.
• Incompatibilità tra mandato parlamentare e funzioni ministeriali.
Il grande dibattito tra i sostenitori del regime presidenziale e quelli del regime parlamentare avrebbe
dato ragione ai secondi. Infatti, era stata la stessa legge del 3 giugno a decidere l’indirizzo del nuovo
Testo fondamentale: esso sarebbe stato una via di mezzo tra continuità e rottura.
Dal 29 luglio al 14 agosto 1958, il progetto veniva inviato al Comitato Consultativo Costituzionale
formato da trentanove membri ossia 26 parlamentari e 13 personalità scelte dal governo. Esso non
comprendeva autorità di primo piano: il governo allora preferì designare dei “politici amici” piuttosto
che dei specialisti. Così le modifiche apportate del CCC, così come venne denominato, furono quasi
insignificanti.
Il 28 agosto, il testo era sottoposto al Consiglio di Stato dopo un importante discorso di Debré.
Il 3 settembre, il Consiglio dei Ministri, dopo aver preso atto delle osservazioni della Corte, adottava il
progetto definitivo.
La Costituzione, così redatta, veniva sottoposta a referendum popolare: i Francesi erano chiamati a
prendere posizione “per o contro il generale de Gaulle“. Solo il Partito Comunista, una parte dei
socialisti e qualche personaggio della sinistra non comunista come François Mitterrand o il radicale
Mendès France invitarono il popolo a votare “NO”.
La consultazione aveva luogo il 28 settembre 1958 sia in Francia che nei territori d’oltre mare, ma con
un’ importante differenza: mentre i francesi erano invitati ad approvare o rigettare il nuovo regime
politico proposto, le popolazioni dei territori d’oltre mare dovevano invece decidere se accettare o
rifiutare di entrare a far parte della “Communauté” (il rifiuto avrebbe significato l‘indipendenza).
Questo però era valido solo per i TDM e non per i DDM (tra cui l’Algeria).
Il risultato del referendum era un successo eclatante per il generale: nella Francia metropolitana il 79%
degli aventi diritto approvava il progetto; oltre mare il risultato fu ancora più considerevole, ad esempio
in Algeria i “SI” furono il 96,5%. Solo la Guinea si esprimeva per il “NO” e quindi rifiutava di entrare
a far parte della Communauté. Il progetto veniva poi promulgato il 4 ottobre 1958
4
.
2
M. DUVERGER, Le système politique français, Paris, 1990, p. 173.
3
il 5 maggio 1946, i Francesi avevano respinto il progetto di Costituzione che era stato loro proposto tramite
referendum. De Gaulle, in ritiro a Colombey, decise allora di esporre la sua concezione relativa al contenuto della
futura Costituzione. Egli approfittò di un invito a Bayeux, la prima sotto-prefettura ad essere liberata, per pronunciare
un discorso, lungamente meditato, sulle istituzioni. Questa lezione di diritto costituzionale ebbe un’importante
influenza nell’elaborazione in corso della nuova Costituzione, senza però riuscire a provocare quello sconvolgimento
del regime nel senso del rafforzamento dell’esecutivo voluto dal generale. I grandi temi di questo discorso poi saranno
ripresi nel 1958 e ciò porterà a qualificare il discorso di Bayeux “la brutta copia” della Costituzione del 1958. P.
ARDANT, Les institutions de la Ve République, Hachette Supérieur, Paris, 2006-2007, p. 14 ss.
4
Sulle origini della Quinta Rpubblica v. P. AVRIL, La Ve République. Histoire politique et constitutionnelle, Paris,
1987.
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1.2 CARATTERI GENERALI DELLE ISTITUZIONI DELLA QUINTA
REPUBBLICA
Contrariamente ai regimi precedenti (Terza e Quarta Repubblica), la Quinta Repubblica non è un
regime nato dal compromesso tra tendenze o partiti politici. La Costituzione del 1958 è l’opera di un
solo uomo, il generale de Gaulle. Lo scopo di questo sistema è duplice: dare finalmente alla Francia un
vero regime basato sulla separazione dei poteri, adattato alla sua mentalità, cultura e ai suoi costumi
politici, al fine di ricostruire su basi solide un potere legislativo ed un potere esecutivo forti, equilibrati
e legittimi; in secondo luogo, mettere fine ai regimi precedenti che secondo Debré “avevano dato, in
diritto e nei fatti, la totalità del potere di Stato al Parlamento” e che egli definiva “impossibile regime
d’assemblea”.
Per quanto riguarda la natura del sistema politico francese, alcuni autori sostengono che il regime
stabilito in Francia non appartiene a nessuna delle categorie classiche. De Gaulle stesso, ad una
conferenza stampa del 1962, annunciava che “la Costituzione francese è sia presidenziale che
parlamentare”.
Le istituzioni della V Repubblica infatti riprendono alcuni elementi tipici dei regimi parlamentari e altri
di quelli presidenziali, è questo che ha condotto alcuni costituzionalisti a parlare di “regime
semipresidenziale”
5
.
I caratteri del sistema parlamentare sono: l’esistenza di un Governo, diretto da un Primo Ministro e
responsabile della sua attività dinanzi alla Camera eletta a suffragio universale diretto e che, come
contropartita a questa responsabilità, può sollecitare il Capo dello Stato a sciogliere l’assemblea
nazionale.
L’elezione del Presidente della Repubblica a suffragio universale diretto, il suo ruolo eminente in
materia di politica estera così come la sua supremazia nella condotta della politica del Paese, fuori dal
periodo di coabitazione, sono però aspetti che non troviamo nei regimi parlamentari, dove il ruolo del
capo dello Stato è essenzialmente protocollare, ma che avvicinano il sistema francese al modello degli
Stati Uniti.
In origine i costituenti decidevano di dar vita ad un sistema parlamentare fortemente razionalizzato, nel
quale ad un Parlamento frazionato a causa del tradizionale multipartitismo estremo, faceva da
contrappeso un potere esecutivo composto da un Governo, al quale venivano attribuiti importanti poteri
per garantire l’attuazione in Parlamento del suo programma, e da un Presidente della Repubblica, che
in funzione di “arbitro” era chiamato ad assicurare “il regolare funzionamento dei poteri pubblici e la
continuità dello Stato” (art.5 Cost.). Nel 1958, i poteri nominalmente attribuiti al Presidente erano in
pratica esercitati dal governo, e questo derivava dal carattere parlamentare del sistema.
In diritto, l’evoluzione della forma di governo verso il predominio del potere esecutivo, ed al suo
interno del Capo dello Stato, veniva sancita con la revisione costituzionale del 6 novembre 1962,
attuata attraverso referendum popolare del 28 ottobre precedente, che ha istituito l’elezione del
Presidente della Repubblica a suffragio universale diretto.
In realtà, la personalità del generale de Gaulle, il prestigio che gli derivava dalla Resistenza che egli
aveva condotto dal 1940 al 1944, le condizioni del suo ritorno al potere dopo il putch militare ad
Algeri, gli avevano conferito un’autorità equivalente, se non superiore, a quella di un Capo di Stato
derivato da un voto popolare. Infatti, la maggior parte dei Francesi oggi sostiene che l’elezione
presidenziale a suffragio universale è stata introdotta per permettere ai successori di de Gaulle di avere
un potere ed un prestigio equivalenti a quelli del generale.
5
tale categoria è stata individuata da M. Duverger, Institutions politiques et droit constitutionnel, Paris, 1970, p. 277
ss.
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La riforma del 1962 che ha solo modificato gli articoli 6 e 7 della Costituzione, relativi all’elezione
presidenziale, ha in realtà costituito un cambiamento che ha sconvolto il rapporto tra i poteri pubblici.
L’articolo 3 della Costituzione del 1958 dispone: ”La sovranità nazionale appartiene al popolo
francese che la esercita attraverso i suoi rappresentanti o mediante referendum”. L’elezione a
suffragio universale ha conferito al Presidente della Repubblica la qualità di rappresentante del popolo:
solo l’ Assemblea nazionale è come lui! Inoltre, egli ha una legittimità democratica molto più forte del
Primo ministro e del governo, che non derivano direttamente dal suffragio popolare, ma indirettamente,
attraverso la fiducia che gli concede l’Assemblea nazionale.
L’espressione semi-presenzialismo è stata spesso criticata in Francia perché essa sembra suggerire
l’idea che il Presidente della Repubblica ha meno potere in questo regime che in quello americano. In
realtà, essa significa solo che il Presidente, eletto a suffragio universale e titolare di poteri esclusivi
(come il Capo di Stato Americano) che gli consentono di agire indipendentemente dal governo, ha
accanto a sé un Primo Ministro e dei ministri che insieme formano un governo responsabile davanti ai
deputati che possono così obbligarlo a dimettersi come nei regimi parlamentari. Questo sistema quindi
mescola la logica del regime presidenziale americano circa l’elezione del Capo di stato direttamente dal
popolo, e la logica del sistema parlamentare europeo per quanto concerne la responsabilità politica del
governo dinanzi al Parlamento.
Inoltre, lo si chiama “semi- presidenziale” e non “semi- parlamentare”, anche se entrambi i termini
possono adeguarvisi, perché esso è più vicino al regime presidenziale visto il dualismo dell’espressione
della sovranità popolare attraverso il suffragio universale: il Presidente della Repubblica e l’Assemblea
Nazionale sono sullo stesso piano, sono uguali in termini di legittimità in quanto ambedue designati dai
cittadini. Al contrario, nei regimi parlamentari, l’espressione della sovranità popolare è monista: essa
esprime solo il Parlamento
Sono quindi i poteri del Presidente della Repubblica che costituiscono la peculiarità dei sistemi semi-
presidenziali.
Nonostante la Francia rientri nel tipo di sistema semi-presidenziale con “ prerogative costituzionali
presidenziali deboli”, nella pratica la situazione è diversa. Si tratta infatti di un Paese a “presidenza
egemonica”, in cui il Presidente della Repubblica è il vero capo dello Stato, del governo e della
maggioranza.
6
Questo però si realizza solo nei periodi del “fatto maggioritario”, vale a dire in presenza
di una maggioranza stabile nell’Assemblea nazionale, che si afferma grazie al sistema elettorale
maggioritario a doppio turno, che tende progressivamente a bipolarizzare il sistema multipartitico,
dando vita a due coalizioni, una di destra e l’altra di sinistra.
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6
M. DUVERGER, Les régimes semi-présidentiels, Paris, 1986, p. 8.
7
Sulla forma di governo v. anche: J. GIACQUEL, Essai sur la pratique de la Ve République, Paris, 1977 e P. AVRIL,
Le régime politique de la Ve République, Paris, 1979.
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Capitolo secondo
L’ESECUTIVO
La regola nei regimi parlamentari è che l’esecutivo è bicefalo: Capo dello Stato e Capo del governo. In
generale, il primo non dispone che di attribuzioni limitate e rappresenta il titolare nominale delle sue
competenze; mentre il vero potere appartiene al governo e al suo capo. Questa struttura dell’esecutivo
si ritrova anche in Francia ma con una ripartizione dei poteri e delle competenze diversa: qui il
Presidente possiede dei poteri propri che egli esercita indipendentemente dal governo. Ciò non
significa che ci troviamo in presenza di due organi assolutamente separati: infatti, il governo può
esercitare il suo potere decisionale solo in modo collettivo e quindi all’interno del Consiglio dei
Ministri, che è presieduto dal Presidente della Repubblica. Il Presidente fa dunque parte del Consiglio,
cioè del governo e questo suo privilegio deriva dal ruolo che la Costituzione gli riconosce al fine di
assicurare allo Stato un vero capo.
Nonostante ciò, si tratta comunque di due organi distinti in quanto a designazione, durata delle
funzioni, statuto e poteri.
2.1 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
La Costituzione del 1958 mette il Presidente della Repubblica al primo posto nell’ordine di
presentazione degli organi costituzionali e ne fa, per riprendere l’espressione di Michel Debré, “la
chiave di volta del sistema francese”. Il suo articolo 5 dispone che “il Presidente della Repubblica
veglia sul rispetto della Costituzione. Egli assicura, attraverso il suo arbitrato, il funzionamento
regolare dei poteri pubblici così come la continuità dello Stato. Egli è il garante dell’indipendenza
nazionale, dell’integrità del territorio e del rispetto dei trattati”.
2.1.1 L’ELEZIONE
L’elezione ha luogo tra i 20 (minimo) e i 35 (massimo) giorni prima della scadenza del mandato del
Presidente in carica.
In origine, il Presidente della Repubblica era eletto da un collegio elettorale del quale facevano parte
deputati, senatori, membri dei Consigli dipartimentali, delle assemblee dei Territori d’oltremare e
soprattutto rappresentanti eletti dai Consigli municipali (tra i quali erano nettamente prevalenti quelli
provenienti dai piccoli e più conservatori municipi rurali) che costituivano il 51% degli elettori. In
tutto, circa 80000 persone designavano per sette anni un Presidente indefinitamente rieleggibile.
All’epoca, il generale de Gaulle non si sentiva abbastanza forte da imporre il suffragio diretto del Capo
dello Stato. Da ciò si deduce che solo l’Assemblea nazionale era l’espressione diretta della volontà
nazionale, mentre il Presidente della Repubblica e il Senato derivavano da un corpo elettorale molto
ristretto.
Più tardi de Gaulle cercava di mettere fine a questo sistema:
I) attraverso la riforma del 1962, stabilendo l’elezione del Presidente della Repubblica a suffragio
universale diretto: atto che doveva avere lo scopo di conferire alla massima autorità dello Stato una
legittimità ed un’autorità maggiori.
II) attraverso la riforma del 1969, sconvolgendo l’elezione del Senato e riducendolo ad un ruolo molto
modesto. Questa soluzione non è riuscita, provocando l’allontanamento di de Gaulle.
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Le candidature
Non qualsiasi cittadino ha il diritto di candidarsi alla Presidenza della Repubblica. La legge del 6
novembre 1962 ha introdotto un sistema di presentazione: ogni candidato deve ottenere il patrocinio di
500 eletti nazionali o locali ( parlamentari, consiglieri regionali o generali, sindaci, ecc …, ma non
consiglieri comunali) e i “presentatori” devono venire da almeno 30 dipartimenti diversi. Inoltre, ogni
“presentatore” può patrocinare un solo candidato e la lista dei loro nomi è pubblicata nel Journal
officiel, almeno 8 giorni prima del primo turno, per consentire ai cittadini di conoscere a chi i loro eletti
hanno deciso di conferire il loro sostegno.
La lista dei candidati è stabilita dal Consiglio costituzionale e il Governo provvede a pubblicarla
almeno 15 giorni prima del primo turno.
La regolamentazione della campagna elettorale
Essa è dominata da due principi. Il primo riguarda le trasmissioni televisive e radiofoniche: ogni
candidato dispone dello stesso numero di ore di accesso a trasmissioni radio-televisive. Egli può
impiegarlo personalmente o con la partecipazione di partiti o gruppi politici nazionali. Questo principio
non solo vieta l’uso diretto della radiotelevisione da parte di un candidato per un tempo superiore a
quello di cui gli altri beneficiano, ma anche il suo uso indiretto da parte di organizzazioni pubbliche o
private o di membri del governo a favore di un candidato, così favorito.
Questo discorso vale anche per il Presidente della Repubblica uscente che decide di candidarsi alle
nuove elezioni.
Il secondo principio riguarda il rimborso statale delle spese della propaganda. Per ogni candidato, le
spese non possono superare un tetto massimo di 14, 8 milioni di euro, somma portata a quasi 20 milioni
per ognuno dei due candidati presenti al secondo turno. Lo Stato versa ad ogni candidato 153000 euro,
ed in seguito una somma variabile in base ai voti raccolti: il 50% della somma massima per coloro che
hanno raccolto più del 5% dei suffragi, e il 5% per tutti gli altri. Le spese della campagna sono
comunicate al Consiglio costituzionale e pubblicate nel Journal Officiel.
Il rispetto di questi principi è garantito da una “Commissione Nazionale di Controllo della Campagna
Elettorale” presieduta dal vicepresidente del Consiglio costituzionale.
Il sistema elettorale
Il Presidente della Repubblica è eletto a scrutinio maggioritario a due turni. Il secondo turno ha luogo
15 giorni dopo il primo. Secondo la regola tradizionale, sarebbe eletto Presidente il candidato che
ottiene la maggioranza assoluta dei voti. Questo però è di difficile realizzazione in Francia, dove la
moltitudine dei partiti porta anche ad una moltitudine di candidati, provocando così una divisione dei
voti. Si potrebbe al massimo ottenere un Presidente eletto a maggioranza relativa ma questo
indebolirebbe la sua autorità nel Paese. Per evitare ciò, la legge del 6 novembre 1962 ha introdotto un
secondo turno limitato a due candidati, ossia a coloro arrivati in testa al primo turno: in questo modo il
Presidente della Repubblica è sicuramente eletto a maggioranza assoluta dei suffragi espressi.
Decesso o impedimento di un candidato
La legge del 18 giugno 1976 ha regolato i casi di decesso o di impedimento di un candidato durante la
campagna elettorale.
a) se una persona, che ha reso noto pubblicamente nei 30 giorni prima della scadenza del limite del
deposito delle presentazioni la sua intenzione di candidarsi, muore o subisce un impedimento nei 7
giorni che precedono la fine di questo termine, il Consiglio costituzionale può decidere di rinviare le
elezioni. Il Consiglio valuta se si tratta o meno di un candidato che il suo partito può sostituire con
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facilità.
b) se il decesso o l’impedimento si verificano dopo la scadenza di quel termine, l’elezione deve essere
rinviata.
c) se un candidato muore o subisce un impedimento tra i due turni, la procedura elettorale sarà ripresa
nella sua totalità, dal punto di partenza.
In tutti questi casi, il Consiglio costituzionale deve essere adito dal Presidente della Repubblica o dal
Primo ministro o dal Presidente del Senato o dal Presidente dell’Assemblea nazionale, o da 60 senatori
o deputati.
I risultati e i ricorsi
Il Consiglio costituzionale proclama i risultati:
a) prima delle ore 20 del mercoledì successivo il primo turno;
b) nei dieci giorni successivi per il secondo.
Ogni candidato od elettore può contestare il risultato elettorale e quindi adire il Consiglio
Costituzionale.
2.1.2 LE POSIZIONI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEI CONFRONTI DELLA
MAGGIORANZA
Il Presidente della Repubblica è stato il vero capo del Governo e della maggioranza parlamentare
all’interno del sistema politico francese dal 1958 al 1986. Lo è stato di nuovo dal 1988, dal 1995 e dal
2002. Questo gli consente di andare aldilà delle funzioni che la Costituzione gli attribuisce. Ciò non
significa che essa è violata da questa pratica che porta il Primo Ministro, il Governo e la maggioranza a
piegarsi alle direttive presidenziali. Ma essa è meglio rispettata nei casi di coabitazione del Presidente
con una maggioranza parlamentare di opposto orientamento politico, come si è verificato dal 1986 al
1988, dal 1993 al 1995, dal 1997 al 2002.
Nei sistemi semipresidenziali possono infatti realizzarsi tre diverse situazioni:
a) Presidente capo della maggioranza. Se il Presidente della Repubblica è dello stesso orientamento
politico della maggioranza parlamentare e se essa lo riconosce come suo capo, egli diventa titolare del
potere maggioritario e gode delle prerogative costituzionali che rimangono intatte nelle sue mani. Nello
stesso tempo egli può espropriare parzialmente il Primo ministro ed il governo delle loro prerogative
costituzionali. Oltre alle prerogative che la Costituzione gli riconosce, il Presidente dispone anche di
quelle che la sua autorità sulla maggioranza gli conferisce. Questa autorità fa di lui il vero capo del
Governo: il Primo ministro e gli altri ministri si piegano al Capo dello Stato che li sceglie, li revoca
obbligandoli a dimettersi, dà loro le direttive di cui controlla l’esecuzione, ecc. I poteri costituzionali
del Primo Ministro sono parzialmente paralizzati. I deputati della maggioranza sono tenuti alla stessa
“sottomissione” nei confronti del Presidente. Questo dona al Capo dello Stato il controllo quasi
assoluto del legislativo.
b) Presidente in opposizione alla maggioranza. Il Presidente è obbligato a designare il leader della
maggioranza come Primo Ministro. Questi è investito del potere maggioritario, il quale gli assicura
l’obbedienza dei ministri e dei deputati della maggioranza. Ma a differenza del Presidente di un sistema
parlamentare, nei sistemi semipresidenziali il Primo ministro vede il suo potere limitato dalle
prerogative costituzionali del Presidente. Il loro esercizio, non dipendendo dalla maggioranza, non può
essere paralizzato come avviene nel caso dei poteri del Primo ministro e del Governo analizzato nella
prima ipotesi. Nulla può impedire al Capo dello Stato di esercitare i poteri che la Costituzione gli
attribuisce. In questo caso, il Presidente della Repubblica avrebbe meno potere rispetto al Primo
ministro, senza per questo essere ridotto all’impotenza. Questo regime può essere qualificato dualismo