[7]
2. Il riconoscimento a livello internazionale del diritto d’autore
Il valore della proprietà intellettuale, oltre che in Italia, è stato riconosciuto
dalla disciplina internazionale tramite alcuni documenti come la Dichiarazione
Universale dei diritti dell’uomo adotata dall‟Assemblea Generale delle
Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, la quale riconosce il valore supremo
dell‟ingegno umano. La Carta internazionale stabilisce, all‟art. 27, che : “
Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale
della comunità, di godere delle arti e partecipare al progresso scientifico ed
ai suoi benefici. Ogni individuo ha diritto alla protezione dei suoi diritti
morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e
artistica di cui egli sia autore“
11
.
Un altro documento internazionale su cui è opportuno porre l‟attenzione è la
Convenzione Europea sulla salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà
fondamentali, la quale è stata firmata il 4 novembre 1959 a Roma dai Paesi
fondatori del Consiglio d’Europa. La disciplina scaturita dalla Convenzione ha
costruito una sorta di “ius commune” valido per tutti i paesi che aderiscono al
Consiglio d‟Europa ed estendibile a qualsiasi tipo di ordinamento. Con tale
Convenzione sono stati recepiti vari principi appartenenti la sfera etico-
morale, ma anche a quella del comune sentire umano e, pertanto,
11
A. GAUDENZI, il nuovo diritto d’autore, 2001.
[8]
incontrovertibili
12
. Nel preambolo della Convenzione si legge l‟intensione dei
Governi firmatari di riaffermare “ il loro profondo attaccamento a queste
Libertà fondamentali che costituiscono le basi stessa della giustizia e della
pace nel mondo ed il cui mantenimento si fonda da una parte, su un regime
politico democratico, e dall’altra, su una comune concezione ed un rispetto
reciproco dei diritti dell’uomo a cui essi si appellano “.
La Convenzione non si riferisce espressamente al Diritto d‟autore, ma la
garanzia di tale diritto è affermata dall‟enunciazione della Liberta di
espressione, la quale rappresenta il fondamento di qualsiasi opera. La Carta,
inoltre, offre tutela all‟individuo sulla “ragion di Stato” permettendo una
concreta tutela contro gli Stati attraverso un vero e proprio procedimento
giurisdizionale ad hoc
13
.
È opportuno richiamare, qui, la Convenzione di Berna del 1866,
originariamente definita come “ Convenzione per la creazione di una Unione
internazionale per le opere letterarie ed artistiche ” e considerata la più antica
fonte di diritto d‟autore in ambito internazionale. La Carta,che è stata oggetto
di revisione del 1971, ingloba tutta una serie di interventi giuridici
internazionali, a partire dall‟Atto addizionale di Parigi del 1896
14
.
12
HECTOR GROS ESPIELL, “Diritti Umani: etica, diritto, politica” pubblicato nell‟opera “ I Diritti
Umani a 40 anni dalla Dichiarazione Universale”, Padova, 1989.
13
M. DE SALVIA, Compendium della CEDU, Napoli, 2000.
14
G. GALTIERI, La protezione internazionale delle opere letterarie e artistiche e dei diritti connessi,
Padova, 1989.
[9]
La Convenzione enuncia, all‟art.5 all. l., il principio del trattamento
nazionale, anche detto “principio di assimilazione”, in virtù del quale le opere
che provengono da un paese unionista godono, negli altri paesi aderenti alla
Convenzione, dello stesso trattamento assicurato dalla legge nazionale, oltre a
quelli assicurati dalla convenzione stessa, ossia i diritti jure conventionis
15
.
Passiamo ora ad analizzare la Convenzione universale del Diritto d’autore, la
quale è stata firmata il 6 settembre 1952 a Ginevra e, nel 1971, è stata oggetto
di revisione enunciando il “principio della protezione sufficiente ed efficace”
del diritto d‟autore tra i paesi aderenti. La Carta si riferisce alle opere
scientifiche, letterarie ed artistiche, ma non menziona le opere architettoniche
e quelle fotografiche e, inoltre, esprime il principio di assimilazione, come la
Convenzione di Berna, sia per le opere edite che per le inedite.
Per concludere il nostro discorso sembra opportuno menzionare anche la
Convenzione istitutiva dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà
Intellettuale ( O.M.P.I ), firmata nel 1967 a Stoccolma, che si è proposta di
tutelare la proprietà intellettuale nel mondo. La Convenzione definisce la
proprietà intellettuale come la titolarità dei diritti relative alle opere
scientifiche letterarie ed artistiche, ai marchi, ai disegni industriali, alle
prestazioni degli artisti interpreti ed esecutori, ai prodotti fonografici, alla
radiodiffusione, nonché alle invenzioni e scoperte scientifiche.
15
A. GAUDENZI, il nuovo diritto d’autore, 2001.
[10]
La Carta, al fine di tutelare la proprietà intellettuale, svolge talune attività che
vanno dalla promozione di provvedimenti volti a una migliore protezione della
proprietà intellettuale nel mondo all‟adozione di un‟armonizzazione delle
legislazioni nazionali in questo senso; dalla cura dei servizi amministrativi
delle varie Convenzioni all‟accettazione di assumere l‟amministrazione
relativa all‟attuazione di qualsiasi altro impegno internazionale
16
.
16
A. GAUDENZI, il nuovo diritto d’autore, 2001.
[11]
3. La nascita del Codice della Proprietà Industriale.
La redazione del codice è stata curata da una Commissione nominata dal
Ministro delle Attività Produttive con decreto 20 dicembre 2001, e formata da
due consulenti in proprietà industriale (Fabrizio De Benedetti e Paolo Sani),
due professori universitari (Gustavo Ghidini e Vincenzo Di Cataldo), e l'allora
Presidente della III Camera dei Ricorsi dell' Ufficio per l'Armonizzazione del
Mercato Interno, Stefano Sandri. Con successivo decreto ministeriale la
Commissione è stata integrata aggiungendo il prof. Giorgio Floridia. Della
Commissione ha fatto parte di diritto il Direttore dell'Ufficio Italiano Brevetti
e Marchi, Ludovica Agrò.
Con il consenso del Ministro, la Commissione, ad inizio estate 2003, ha
diffuso un primo progetto di codice, sollecitando commenti dalla collettività
scientifica e professionale
17
. I commenti sono affluiti numerosi, alcuni anche
di notevole impegno e peso, ed anche grazie ad essi la Commissione ha attuato
una consistente riformulazione del proprio progetto, ed ha presentato la
propria versione finale al Ministro ai primi di febbraio 2004. Il testo proposto
dalla Commissione ha poi ricevuto ulteriori ritocchi da parte degli uffici
legislativi governativi, alcuni motivati da ragioni politiche (tra questi, peraltro
assai pochi, quelli relativi all'art. 65, che disciplina le invenzioni delle
17
La bozza di codice diffusa dalla Commissione a fine estate 2003 è pubblicata in Il Codice della
proprietà industriale, a cura di UBERTAZZI, Milano, Giuffrè, 2004.
[12]
università, di cui dirò più avanti), altri motivati dalla esigenza di adeguamento
al parere del Consiglio di Stato, altri puramente formali e di raccordo (e di
questi, alcuni singolarmente errati
18
. Valga ad esempio il primo comma
dell'art. 122, che, nel testo licenziato dalla Commissione, si apriva con le
parole "L'azione diretta ad ottenere la dichiarazione di decadenza o nullità di
un titolo di proprietà industriale ..". Nel testo definitivo il comma ha un nuovo
incipit, che recita: "Fatto salvo il disposto dell'art. 188, 4° comma, l'azione
diretta ad ottenere (...)"; il riferimento è, però, sbagliato, perché l'art. 188 ha
solo tre commi. Si voleva fare rinvio, probabilmente, all'art. 118.
La riforma apportata dal legislatore nel 2005, purtroppo, non ha contribuito a
scioglierei dubbi interpretativi riguardo gli elementi costitutivi delle fattispecie
di invenzioni di servizio ed invenzione d‟azienda e dall‟esame dei numerosi
interventi in materia risulta un quadro piuttosto confuso caratterizzato dal
susseguirsi di diverse correnti di pensiero difficilmente riconducibili ad
orientamenti omogenei
19
.
Il legislatore, però, è intervenuto positivamente in relazione all‟individuazione
del presupposto per il sorgere del diritto all‟”equo premio”, affermando che il
diritto al conseguimento di quest‟ultimo matura in capo al lavoratore
dipendente solo quando il datore di lavoro abbia ottenuto il rilascio del
18
V. DI CATALDO, luglio agosto, n.4, 2005.
19
M. BARBUTO, Riv. Dir. Ind., Parte II, 2007.
[13]
brevetto, ponendo fine ad un‟altra questione oggetto di dibattito dottrinale e
giurisprudenziale
20
.
Inoltre, attraverso l‟introduzione della lettera c) dell‟art. 77 del Codice della
Proprietà Industriale, si è definita la posizione del legislatore riguardo
l‟eventuale somme corrisposte a titolo di equo premio nel caso di nullità del
brevetto disponendo che: “ La declaratoria di nullità del brevetto (… ) non
pregiudica i pagamenti già effettuati ai sensi degli artt. 64 e 65, a titolo di
equo premio, canone o prezzo”.
Il legislatore, quindi, è passato da una soluzione che drasticamente avrebbe
comportato un mutamento della disciplina delle invenzioni dei dipendenti, ad
una soluzione , che, almeno riguardo la materia in esame, nulla ha mutato o
risolto
21
.
20
M. N. BETTINI, Attività inventiva e rapporto di lavoro, Milano, 1993.
21
M. BARBUTO, Le invenzioni dei dipendenti. Questioni processuali, in Quaderni di AIDA, n. 11, il
codice della proprietà industriale, a cura di L.C. UBERTAZZI, Milano, 2004.
[14]
4. L'esclusione del Diritto d'autore.
Il titolo "Codice della Proprietà Industriale" va a circoscrivere l‟ambito del
contenuto in modo da comprendere le discipline della proprietà industriale in
senso stretto (marchi, invenzioni, e diritti "affini"), con esclusione dell'intero
settore del diritto d'autore
22
.
Il diritto d'autore presenta, storicamente ed ancora oggi, differenze importanti
rispetto ai diritti di proprietà industriale, sia in ordine ai fatti costitutivi dei
diritti, sia in ordine al tipo di tutela.
Oggi le distanze tra i diritti di proprietà industriale ed il diritto d'autore su
alcune delle opere protette (in particolare, il diritto d'autore sulle così dette
“creazioni utili”: banche dati, disegni, modelli industriali e softwares)
tendono a ridursi, e quindi l'idea di un codice della proprietà intellettuale,
anziché solo della proprietà industriale, troverebbe specifiche ragioni di
sostegno. La predisposizione della normativa delegata della proprietà
industriale era stata affidata al Ministero delle Attività Produttive, che ha
competenza in questa materia (all'interno del Ministero delle Attività
Produttive è collocato da sempre l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi), mentre
la gestione del diritto d'autore è affidata al Ministero per i Beni e le Attività
Culturali
23
.
22
V. DI CATALDO, N. 4 Luglio - Agosto 2005.
23
V DI CATALDO, Studi in onore di Vanzetti, Torino, 2004.
[15]
Tenendo distinte queste competenze, il Governo ha chiesto e ottenuto due
deleghe distinte, quella, appunto, per il riassetto della normativa della
proprietà industriale, ed un'altra (che è stata conferita con l'art. 10 della l. 6
luglio 2002, n. 137), per "il riassetto e la codificazione in materia di beni
culturali e ambientali, spettacolo, sport, proprietà letteraria e diritto
d'autore". E, probabilmente, il fatto che questi testi normativi siano, appunto,
due testi separati non dovrebbe costituire un dato di per sé negativo
24
.
Se mai, è poco confortante il fatto che, ad oggi, la normativa delegata in tema
d'autore non sia stata ancora varata, e che ben poco, o nulla, si sappia dei
lavori della Commissione incaricata di predisporne il testo.
Questa, infatti, sembra operare evitando quello scambio con la comunità
scientifica e la comunità professionale che invece ha consapevolmente
coltivato, con il consenso del Ministro e con esiti sicuramente positivi, la
Commissione incaricata del riassetto della normativa della proprietà
industriale
25
.
24
FLORIDIA, Il codice della proprietà industriale: disposizioni generali e principi fondamentali, in
Dir. ind., 2005.
25
V. DI CATALDO, N. 4 Luglio - Agosto 2005.
[16]
5. I criteri direttivi del D.LGS. n. 30 del 2005
La legge delega punta ad ottenere un "riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di proprietà industriale" nel rispetto di principi direttivi di diversa
precisione ed elasticità tra loro. Il criterio fondamentale della disposizione
legislativa era espresso nella ripartizione della materia per settori omogenei e
coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni vigenti per garantire
“coerenza giuridica, logica e sistematica"
26
.
La delega prevedeva, inoltre, l'adeguamento alla disciplina internazionale e
comunitaria intervenuta negli ultimi anni; l'adeguamento alle moderne
tecnologie informatiche; il riordino dell'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi; la
semplificazione e delegificazione delle procedure amministrative. Infine, la
legge delega forniva alcune indicazioni precise in ordine alla disciplina delle
informazioni aziendali riservate non brevettate (art. 15, primo comma, lett. h)
ed alla disciplina del diritto d'autore sui disegni e modelli (art. 17).
Le normative internazionali da attuare erano solo i due trattati sottoscritti negli
ultimi anni sotto l'egida dell'O.M.P.I., che riguardano sopratutto le procedure:
il Trattato sul diritto dei marchi
27
, firmato a Ginevra il 27 ottobre 1994, la cui
ratifica era stata autorizzata con l. 29 marzo 1999, n. 102, ed il Trattato sul
26
V. DI CATALDO, N. 4 Luglio - Agosto 2005.
27
Il c.d. T.L.T.: Trademark Law Treaty.
[17]
diritto dei brevetti
28
, firmato a Ginevra il 1 giugno 2000, la cui ratifica risulta
non ancora autorizzata.
Alla data della legge delega esisteva in materia una sola direttiva comunitaria
da attuare, ed esattamente la direttiva n. 98/44/CE sulla protezione giuridica
delle invenzioni biotecnologiche, il cui termine di attuazione è scaduto il 31
luglio 2000.
La recezione della direttiva n. 98/44/CE è stata quindi impedita da forze
politiche ostili e avverse ad una moderna regolamentazione del settore. Questa
opposizione, per la verità, è stata motivata dalla contestazione di regole
presenti pure nella direttiva, che intervengono in ordine alle attività di ricerca,
produzione, commercializzazione e utilizzazione di taluni prodotti e
procedimenti biotecnologici
29
.
Successivamente alla nomina della Commissione è intervenuta la direttiva n.
2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà industriale, il cui termine di
attuazione fu fissato al 29 aprile 2006. La Commissione non ne ha tenuto
conto, ma ha preso da essa lo spunto per formulare l'art. 125, che disciplina il
risarcimento del danno.
Il criterio primario della legge delega era sicuramente quello del
coordinamento, formale e sostanziale, delle norme vigenti per garantire
coerenza giuridica, logica e sistematica. Si tratta di un criterio di non agevole
28
Il c.d. P.L.T.: Patent Law Treaty.
29
V DI CATALDO, Studi in onore di Vanzetti, Torino, 2004.
[18]
decifrazione, è altrettanto certo, però, che questo criterio autorizzava ed
esigeva interventi anche di un certo impatto sulla normativa anteriore
30
.
30
FLORIDIA, Il Codice della proprietà industriale, (nt. 4), 11 ss, 2005.
[19]
6. Diritto al brevetto e brevettualità
Nel linguaggio corrente per brevetto si intende sia il titolo costitutivo, frutto di
un procedimento amministrativo, dei diritti di privativa, sia i diritti stessi.
Floridia
31
, ad esempio, distingue tra diritto al brevetto (diritto al titolo
brevettuale quale frutto di un procedimento di brevettazione) e diritto di
brevetto (l'insieme dei diritti di privativa spettanti al titolare). Pare che una
maggior chiarezza potrebbe trarsi dall'uso del termine “brevetto” per indicare
il titolo risultante dal “procedimento di brevettazione”, e “diritto di proprietà
industriale” (o diritto di privativa) per indicare l'insieme dei diritti
conseguenti al rilascio del titolo, specificando ulteriormente che oggetto di tale
diritto di proprietà (industriale) non e il brevetto, quanto l'invenzione
32
.
Il brevetto può esser definito come un diritto di proprietà industriale riferito
ad una nuova invenzione suscettibile di applicazione tecnica e risultati
industriali immediati
33
. È lo strumento giuridico con il quale viene conferito a
chi ha realizzato un‟invenzione il diritto di escludere i terzi di attuarla e trarne
profitto nel territorio dello Stato concedente, entro i limiti e alle condizioni
previste dalla legge. La tutela brevettuale consente di vietare a terzi di
produrre, usare, commercializzare vendere e/o importare il prodotto a cui si
riferisce l‟invenzione.
31
G. FLORIDIA in AA.VV., Diritto Industriale Proprietà Intellettuale e Concorrenza, II ed. Torino,
Giappichelli, 2005.
32
G. AGNELLI, Trattato teorico-pratico sul diritto di privativa industriale, Milano, Tipografia
Internazionale, 1868.
33
M. ORLANDI, Proprietà industriale ed attività immateriali, Giappichelli, 2009.
[20]
Quindi brevettare significa, non solo rendere di pubblico dominio il contenuto
di un‟invenzione e conferire all‟inventore il diritto di sfruttamento, in regime
di esclusiva, per un periodo determinato, ma anche promuovere l‟interazione
con l‟industria , in termini di contatti,di interazione sinergica di sviluppo, e
non solo: significa anche porre le basi per la produzione di reddito addizionale
derivante dall‟attività di trasferimento tecnologico dei prodotti e processi
brevettati
34
. In altri termini, il titolare del brevetto può utilizzarlo direttamente
oppure può disporne, trasferendo ad altri il diritto con un contratto di licenza;
quest'ultima può essere esclusiva se il titolare del brevetto rinuncia ad ogni
possibilità di utilizzare la propria invenzione.
In Italia la normativa sui brevetti è disciplinata dal Codice Civile, in
particolare dal Titolo IX del Libro Quinto intitolato: “ Dei diritti sulle opere
dell‟ingegno e sulle invenzioni industriali “. L‟art. 2585 c.c. definisce
l‟oggetto del brevetto come segue: “ Possono costituire oggetto di brevetto le
nuove invenzioni atta ad avere un’applicazione industriale, quali un metodo
un processo di lavorazione industriale, una macchina, uno strumento, un
utensile o un dispositivo meccanico, un prodotto o un risultato industriale e
l’applicazione tecnica di un principio scientifico, purché essa dia immediati
risultati industriali (…) “ .
34
L. CHIMIENTI, Lineamenti del nuovo diritto d’autore, 2004 .
[21]
In generale, comunque, le istanze riformatrici non prevalgono su chi valuta
efficace l'attuale sistema brevettuale, il quale assolve pienamente alla sua
funzione incentivante, sia per l'inventore che per i terzi, e “attraverso una
serie di ulteriori principi-corollario strumentali – riferiti di regola al piano
della produzione, in senso stretto, all'innovazione, ed uno, quello del
cosiddetto esaurimento, al piano della circolazione (distribuzione) dei
prodotti brevettati– riesce a ridurre il rischio che la protezione esclusiva
metta capo sia a posizioni di rendita, sia ad ingiustificate ( in quanto
eccedenti la funzione essenziale
della privativa ) situazioni “escludenti” ( a danno diretto dei concorrenti e,
pur indiretto, dei consumatori )”
35
.
Per certi versi e possibile qualificare il brevetto quale sorta di “contratto
sociale” tra inventore e, appunto, società civile, in base al quale all'inventore e
concesso un monopolio legale
36
, temporalmente limitato, sullo sfruttamento
della propria invenzione a patto che egli divulghi (tramite la pubblicazione) la
tecnologia in modo che chiunque possa, al termine del periodo in cui e
riconosciuto il diritto di esclusiva, riprodurla. In tal modo si contemperano due
opposte esigenze: incentivare l'innovazione riconoscendo un premio a chi si
renda artefice di innovazioni tecniche da un lato, e quella di incentivare lo
35
G. GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale, II ed. Milano, Giuffré, , 2008
36
G.GHIDINI titola il capitolo di una propria monografia “La tutela brevettuale dell'innovazione:
un "monopolio" ricco di anticorpi, 2008.