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PARTE PRIMA
LA GENESI DEL DIRITTO DI DIFENDERSI
INDAGANDO
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Capitolo Primo
I PRINCIPI GENERALI
Sommario: 1. Le fonti sovranazionali – 2. Le fonti costituzionali
1. Le fonti sovranazionali
Il panorama in tema di fonti delle indagini difensive si presenta
decisamente eterogeneo: la materia è interessata non solo da disposizioni di
diritto interno, ma anche di origine internazionale e comunitaria. E ciò perché
possono dirsi, in senso lato, fonti delle indagini difensive tutte quelle
disposizioni che sanciscono il diritto di difesa giudiziaria.
Si reputa indispensabile, stante la necessità ex art. 10 Cost.
4
che il diritto
interno si conformi al diritto internazionale, riconoscere un posto di assoluto
rilievo alle indicazioni desumibili dalle Carte Internazionali ratificate dall‟
Italia. Più precisamente, compete a quelle norme il compito di fissare un
elenco di valori in grado di assicurare le garanzie minime proprie del processo
penale giusto. Valori eletti come irrinunciabili a livello pattizio, che fissano la
soglia minima di equità al di sotto della quale la legislazione interna non può
scendere, rimanendo però senz‟ altro libera di assestarsi a sempre più
auspicabili livelli superiori
5
.
In questo senso è possibile citare per quanto attiene alla normativa di
carattere internazionale, la Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo,
approvata dall‟ Assemblea generale dell‟ ONU il 10 dicembre 1948 e la
4
Si legge infatti al comma 1 di tale art : << l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute >>.
5
Cfr. Vassalli, Il diritto alla prova nel processo penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1968, p. 17: “Come quasi
sempre, una convenzione internazionale umanitaria, anche se destinata solo a paesi di elevata civiltà,
contiene principi minimi; ma può essere invece di occasione a meditazioni e di sprone a più avanzate riforme
nell’ambito dei diritti nazionali”.
7
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’ uomo e delle libertà
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 dagli Stati aderenti al
Consiglio d‟ Europa e resa esecutiva in Italia con la legge n. 848/1955.
Il primo degli atti citati è un documento di alto rilievo politico –
ideologico che è stato capace di incidere profondamente sull‟ evoluzione
culturale e normativa della società moderna. In particolare tra i diritti
fondamentali tutelati e garantiti dalla Dichiarazione è ricompreso proprio il
diritto di difesa. La disposizione dedicata specificamente alla difesa in senso
tecnico è l‟art. 11, a norma del quale: << 1. Ogni individuo accusato di reato è
presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata
legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le
garanzie per la sua difesa. 2. Nessun individuo sarà condannato per un
comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato
perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto
internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a
quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso >>
6
.
Ma la norma pattizia che con maggiore evidenza si ricollega al potere
di indagine del difensore è sicuramente l‟ art. 6, comma 3, della, Convenzione
per la salvaguardia dei diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali,
adottata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con l. 4 agosto 1955 n.
848 ed entrata in vigore per l‟ Italia il 26 ottobre 1955. L‟art. 6 comma 3 lett. b
della Convenzione, difatti, enuncia due importanti specificazioni del generale
diritto di difesa concernenti il diritto di ogni accusato di disporre del tempo e
della possibilità di preparare la propria difesa e di essere assistito da un
difensore di fiducia o di ufficio.
6
Si noti come tale articolo ribadisca il principio affermato, pochi mesi prima, dal legislatore costituente
all’art. 27 Cost. comma 2: << L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva >>.
8
La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, d‟ altro canto, costituisce una prima e concreta forma di
attuazione della Dichiarazione dei diritti dell’ uomo, con valore vincolante in
quanto appositamente ratificata. Il sopra citato art. 6, comma 3, delinea
analiticamente il contenuto del diritto di difesa sostenendo, in particolare, che
<< Ogni accusato ha diritto soprattutto ad essere informato, nel più breve
tempo, in una lingua che comprende ed in maniera dettagliata, del contenuto
dell’ accusa elevata contro di lui e a disporre del tempo e della possibilità
necessari a preparare la difesa >> e, inoltre, ribadendo il suo << diritto di
difendersi personalmente o con l’assistenza di un difensore di sua scelta >>.
Entrambi i testi citati rilevano nel panorama delle fonti delle indagini
difensive perché, << nonostante non prevedano espressamente il ricorso a
simili investigazioni, propongono una lettura in chiave attiva e dinamica del
diritto di difesa >>
7
il quale trova tutela anche nel diritto comunitario.
Un elenco di valori, in termini pressoché identici, si rinviene da ultimo
negli art. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione Europea,
proclamata a Nizza il 7 dicembre del 2000. Trattasi di enunciazioni generali il
cui ruolo semantico ha trovato progressiva definizione grazie alle
interpretazioni della Corte europea dei diritti dell‟ uomo
8
.
7
S. CERVETTO, La deontologia del difensore nell’ambito delle investigazioni difensive, convegno di
deontologia, documento internet, da www.costituzionale.unige.it.
8
Per uno sguardo d’insieme sugli apporti forniti dalla normativa e dalla giurisprudenza sovranazionale allo
studio e alla riflessione processuale penale, cfr. CHIAVARIO, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel
sistema delle fonti normative in materia penale, Milano, 1969; PISANI, Convenzione europea dei diritti
dell’uomo e riforma del processo penale, in Foro it., 1966, V, c. 33 e ss.; PITTARO, L’ordinamento italiano e la
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Giur. it., 1987, IV, c. 391 e ss.; UBERTIS, Diritto alla prova nel
processo penale e Corte europea dei diritti dell’uomo, in Riv. dir. proc., 1994, p. 489 e ss.; VASSALLI, Il diritto
alla prova nel processo penale, cit., p. 3 e ss. Più recentemente, con particolare riferimento alla Carta di
Nizza, cfr. CHIAVARIO, Giustizia penale, carta dei diritti e Corte europea dei diritti umani, in Riv. dir. proc.,
2002, p. 21 e ss.; MASTROIANNI, Il contributo della Carta europea alla tutela dei diritti fondamentali
nell’ordinamento comunitario, in Cass. pen., 2002, p. 1873 e ss.; RAIMONDI, La Carta di Nizza del 7 dicembre
2000 nel quadro della protezione dei diritti fondamentali in Europa, ivi, p. 1885 e ss.
9
Tuttavia, una trattazione esaustiva del panorama sovranazionale delle
fonti non può qui prescindere dal richiamo al Trattato di Lisbona e al
coacervo di principi che ormai divengono substrato giuridico dell‟ Unione
europea. Infatti con la legge 2 agosto 2008 n. 130 l‟ Italia ha recepito il
documento che modifica il Trattato sull‟ Unione europea e il Trattato che
istituisce la Comunità europea, ma solo il 1 dicembre 2009, dopo una lunga e
faticosa gestazione, è entrato in vigore il Trattato di Lisbona. La novità più
rilevante sotto questo profilo appare l‟ attribuzione alla Carta dei diritti
fondamentali (proclamata a Nizza il 7 dicembre del 2000) dello stesso valore
giuridico dei Trattati base dell‟ Unione europea, ciò in forza dell‟ art. 6 t.u.e.
Pertanto, nel proporre e applicare le leggi, l‟UE è tenuta a rispettare i diritti
contenuti in tale Carta. Lo stesso vale per gli Stati membri quando recepiscono
la legislazione comunitaria.
Un ricco elenco di diritti sociali trova così spazio al livello più alto
delle fonti europee, anche se la loro formulazione appare spesso più blanda
rispetto a quanto previsto nelle Costituzioni nazionali (ed in quella italiana in
particolare).
Il trattato di Lisbona permette inoltre all‟ UE di aderire alla
Convenzione europea dei diritti dell’ uomo. La Convenzione così come la
Corte europea dei diritti dell‟ uomo, che ne garantisce il rispetto da parte degli
stati membri, costituiscono le fondamenta della protezione dei diritti dell‟
uomo in Europa.
Le disposizioni citate sopra esprimono gli aspetti tipici attraverso i quali
si realizza il generale diritto di difesa dell‟ accusato e cioè: l‟ esigenza d‟
informazione tempestiva ed efficace circa la natura e i motivi dell‟ accusa
(diritto di difendersi conoscendo) ; il compimento di attività dirette alla ricerca
10
di elementi utili alla difesa (diritto di difendersi investigando) ; infine il
momento più importante per la difesa che si esplica nell‟ esercizio del diritto
alla prova (diritto di difendersi provando) . Tra questi momenti il potere di
indagine difensiva si colloca in medias res, tuttavia nulla si dice circa le
modalità di esplicazione del diritto stesso.
Sebbene l‟ ambito sovranazionale difetti di una normativa di riferimento
circa le modalità di esplicazione del diritto in questione, deve concludersi che
dalle stesse fonti sovranazionali non è possibile trarre il fondamento di
legittimazione del “libero” esercizio del diritto di difendersi indagando. E ciò
perché i dati pervenuti dall‟ indagine di parte sono ritenuti idonei a costituire
fonte del convincimento giudiziale, ragion per cui si ritiene necessaria una
regolamentazione formale tale da garantirne l‟ autenticità in vista della loro
eventuale utilizzazione probatoria.
2. Le fonti costituzionali
Analizzando le fonti delle indagini difensive di diritto interno rileva in
primo luogo la nostra Carta Costituzionale, fonte primaria e parametro di
legittimità delle leggi, anche processuali, che con essa si pongono in contrasto.
La tutela riconosciuta al diritto di difesa dalla Costituzione, in quanto
diritto inviolabile, trova la propria disciplina in diverse norme costituzionali.
A tal proposito, rileva in primo luogo l‟ art. 2 Cost.
9
inserito nella prima
parte della Costituzione dedicata ai principi fondamentali. Vi è assoluta
certezza nel ricondurre nel novero dei diritti inviolabili riconosciuti dall‟art. 2
9
Il quale sancisce che: <<La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili
di solidarietà politica, economica e sociale >>.
11
cost. anche il diritto difesa, sebbene quest‟ultimo sia specificamente ed
analiticamente disciplinato in un' altra norma. Infatti il diritto di difesa, al pari
di altri diritti fondamentali e inviolabili, è strettamente connesso alla stessa
evoluzione e libertà dell‟individuo.
Altra norma costituzionale che rileva ai fine del diritto di difesa è senza
dubbio l‟art. 3 Cost.
10
che statuisce il principio di uguaglianza formale e
sostanziale di tutti i cittadini davanti alla legge. Da tale principio ne deriva,
nell‟ ambito del processo penale, l‟uguaglianza delle parti processuali che
sono intervenute. È necessario perciò che il sistema normativo preveda <<
strumenti tali da assicurare a tutte le parti del processo penale omogenee
possibilità di realizzazione dei loro interessi >>
11
.In realtà il principio di
uguaglianza va inserito in un tessuto costituzionale in cui operano altri valori
di pari e fondamentale importanza, per cui non può agire in maniera assoluta
ma deve conformarsi, per ciò che qui viene in rilievo, al principio della c.d.
tutela e della effettività della giurisdizione, sanciti e disciplinati dall‟ art.111
12
e 112
13
della Cost.
Fatto questo excursus all‟interno della costituzione non possiamo non
dire che il diritto di difesa trova il suo fondamento nell‟art. 24 della Cost.,
comma 2, secondo cui << la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado
del procedimento >>. Ma la norma costituzionale che, in tema di
investigazioni difensive, rileva maggiormente è senz‟ altro l‟art 111 Cost. così
come modificato dalla riforma attuata con la legge costituzionale 23 novembre
1999 n. 2.
10
In cui il comma 1 dice che: << Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso,di razza, di lingua, di religione, di opinione politiche, di condizioni personali e sociali
>>.
11
A. DI MAIO, Le indagini difensive. Dal diritto di difesa al diritto di difendersi provando, Padova 2001, p.14.
12
Per l’ art 111 Cost. Si veda nel seguito del capitolo.
13
L’art. 112 Cost. così recita: <<Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale >>.
12
Tale riforma ha costituzionalizzato i principi del c.d. giusto processo i
quali, sebbene ugualmente operanti già prima della riforma, tuttavia si
ricavavano soltanto da generiche disposizioni costituzionali e disarmoniche
previsioni codicistiche. Difficile sostenere in tale contesto che il principio del
contraddittorio , così come sancito oggi dall‟ art 111 della Cost., già godesse
di effettiva copertura costituzionale
14
. L‟unico modo per tentare una simile
ricostruzione risiedeva nel richiamo al diritto di difesa contenuto nell‟ art. 24
cost., 2 comma, proclamato come diritto inviolabile in ogni stato e grado del
procedimento
15
. Coloro i quali avallavano questa tesi presumevano come già
costituzionalizzato il principio del contraddittorio in sede penale
16
.
In realtà l‟ identificazione tra i due valori non può essere tollerata
perché differenti sono le premesse da cui muovono. Infatti mentre il diritto di
difesa parte da prerogative soggettive consistenti nella ricerca di un epilogo
processuale quanto più favorevole possibile al titolare del diritto, di contro il
principio del contraddittorio riflette prima di tutto un metodo e solo
successivamente un principio caratterizzato dalla ricerca della decisione più
giusta dal punto di vista oggettivo. Certamente, garantire il contraddittorio
significa tutelare il diritto di difesa in maniera assoluta ma non può dirsi la
stessa cosa del contrario.
Pertanto il quadro costituzionale di riferimento risulta oggi mutato, in
quanto accanto ai principi già introdotti dell'inviolabilità della difesa e della
presunzione di non colpevolezza viene attuato il principio del giusto processo
14
Ritiene “opinabili” i tentativi di rintracciare il fondamento del principio del contraddittorio nel secondo
comma dell’art. 24 Cost. GIOSTRA, Contraddittorio (principio del). II) Diritto processuale penale, in Enc. giur.
Treccani, vol. VIII, Roma, 2001, p. 5 e ss.
15
Complice una giurisprudenza costituzionale favorevole alla tesi. Per un’ampia panoramica sulla
giurisprudenza costituzionale in materia, cfr. CONSO, Considerazioni in tema di contraddittorio nel processo
penale italiano, in Riv. it. dir. proc. pen., 1966, p. 414.
16
In questo senso, CONSO, Considerazioni in tema di contraddittorio, cit., p. 414.
13
caratterizzato da: ragionevole durata e diritto dell'indagato a conoscere al più
presto le imputazioni a suo carico; parità delle armi tra accusa e difesa davanti
ad un giudice terzo e imparziale; diritto di disporre del tempo e delle
condizioni necessarie per preparare la difesa; diritto di acquisire ogni mezzo di
prova a favore dell'accusato nelle stesse condizioni dell'accusa e infine
contraddittorio nella formazione della prova.
Proprio in ragione del suo contenuto, l‟art. 111 Cost. ha dato un forte
impulso per l‟ approvazione di una disciplina organica dell‟attività
investigativa compiuta dal difensore.
14
Capitolo Secondo
IL “LENTO CAMMINO” DELL’
INVESTIGAZIONE PRO PARTE
Sommario: 1. Premessa: il diritto di difesa nel codice Rocco – 2. Le indagini difensive nell‟impianto
originario del codice del 1988 – 2.1. L‟ art 38 disp. att. e le modifiche apportate dalla legge n. 332/95 – 2.2.
Le integrazioni della c.d. “legge Carotti” – 3. Il passaggio dall‟ art 38 disp. att. alla nuova disciplina – 4. L'
importanza delle regole deontologiche nell' esperienza processuale italiana. Cenni.
1.Premessa: il diritto di difesa nel codice Rocco
Il nostro sistema processuale penale ha subito nel corso degli anni
svariati interventi normativi ad opera non solo del legislatore ma anche, e
spesso in maniera copiosa, ad opera della giurisprudenza sia costituzionale che
della Cassazione fino ad arrivare all‟ emanazione del vigente codice di rito
17
.
Il quale è stato ideato in vista di un << tentato superamento di quell‟arduo
compromesso tra la tradizione accusatoria di stampo anglosassone e i modelli
inquisitori tipici dell‟Europa continentale che aveva caratterizzato il sistema
processuale previgente >>
18
.
0ggi, nella vigenza del sistema accusatorio, è lecito porsi il problema
delle indagini difensive dal momento che vi è stato un radicale mutamento del
ruolo della difesa. E da questo cambiamento nell‟ orizzonte difensivo è
necessario, prima di ogni altra cosa, prendere le mosse. Del resto, la disciplina
17
P. FERRUA, Il giusto processo, Bologna, 2007, p. 2 descrive il nuovo codice di procedura penale come una
<< svolta nel modo di concepire il contraddittorio sul terreno della prova dichiarativa, efficacemente
riassunto nello slogan “dal contraddittorio sulla prova al contraddittorio per la prova” >>.
18
G. RUGGIERO, Compendio delle investigazioni difensive, Milano, 2003, p. 2 ss.
15
delle investigazioni difensive
19
, << finalmente consacrata dalla novella del
2000, attiene sicuramente al diritto di difesa e va, di conseguenza, ricollegata
alle primarie fonti normative del medesimo >>
20
.
Nel 1930 il legislatore si trovò dinanzi all‟ alternativa tra il privilegiare
il profilo dell‟autorità o quello della libertà. La scelta cadde così su una
soluzione di compromesso secondo la quale le indagini preliminari, fase che
antecede il processo vero e proprio, si sarebbero svolte secondo i caratteri
dell‟inquisitorietà, mentre l‟accusatorietà sarebbe stata riservata, con i suoi
principi della parità delle parti e della terzietà del giudice, per il vero e proprio
processo, vale a dire per la fase dibattimentale.
L‟equivoco di fondo sul quale si basava tale sistema venne subito alla
luce. È noto, infatti, che le indagini preliminari rispecchiano l‟intero sistema
processuale ed esse, come sopra detto, erano svolte con caratteri tipicamente
di stampo inquisitorio. Ma era proprio in questa fase che il giudice istruttore ,
attraverso un‟ attività di sua esclusiva competenza consistente nella ricerca,
individuazione e acquisizione dei mezzi di prova, “creava” la prova che
riteneva più idonea all‟ accertamento della verità dei fatti accaduti dinanzi al
giudice dibattimentale. Ma nella pratica accadeva che tale accertamento, in
realtà, vi era già stato e ciò che avveniva in giudizio non era altro che una
ratifica di una prova già formatasi alla luce dei principi della segretezza e della
scrittura.
Di fronte ad una tale impostazione processuale è necessario chiedersi
quale fosse il ruolo del difensore, vista la mancata previsione, nel codice del
1930, di qualsiasi sua capacità a ricercare elementi di prova in favore del suo
assistito. Silenzio che, compatibilmente alla matrice culturale autoritaria e
19
Sulla riforma introdotta con legge n.397 del 2000, cfr. ampiamente infra, Parte II.
20
G. RUGGIERO, Compendio delle investigazioni difensive, cit., p. 12.
16
inquisitoria dell‟epoca , non faceva altro che dimostrare il mancato
riconoscimento normativo di un diritto di difendersi investigando
21
.
Di fatto il difensore , isolato ad un ruolo del tutto assente e passivo,
solitamente veniva a conoscenza del procedimento penale più per l‟uso
abituale della carcerazione ante iudicium, che di una adeguata notizia propria
di un processo legale. Si assisteva, così, alla pericolosa realizzazione di un atto
di indagine legittimamente utilizzabile in dibattimento come prova in quanto,
appunto, formalmente garantito dalla, seppur passiva, presenza dell‟avvocato.
Sicuramente, in questo schema processuale una libertà di difendersi
indagando non poteva trovare attuazione fin tanto che continuava a mancare il
presupposto primo per la sua legittimazione: l‟ irrilevanza degli atti d‟
indagine rispetto al dibattimento.
In vigenza del codice Rocco, dunque, era proprio la fase delle indagini
preliminari ad essere caratterizzata dalla presenza di regole di natura
inquisitoria. La fase dell‟istruzione infatti, articolata nei due momenti
dell‟istruzione sommaria affidata al pubblico ministero e dell‟istruzione
formale affidata al giudice istruttore, era destinata all‟attività di investigazione
e formazione delle prove attraverso la libera iniziativa del giudice. Essa era
condotta secondo canoni di segretezza e, di conseguenza, relegava l‟imputato
e il suo difensore ad una posizione di assoluta inferiorità.
Tuttavia, si deve dare atto del fatto che in nessuno dei codici di
procedura penale del Regno d‟ Italia che si sono succeduti (c.p.p. 1865; c.p.p.
1913; c.p.p. 1930) erano rintracciabili espliciti divieti di svolgere attività
investigativa difensiva.
21
Significativo a tal proposito quanto può leggersi in Cristiani, Guida alle indagini difensive nel processo
penale, Torino 2001, p. 146: “Sotto il vigore del codice di procedura penale del 1930 (…) non si parlava di
indagini difensive, non esistendo una norma che espressamente le autorizzasse”.
17
Anzi, durante la vigenza del codice Rocco
22
in dottrina
23
si è sostenuta
la tesi favorevole alla libertà di compiere investigazioni difensive in favore del
proprio assistito. Tuttavia il favore della dottrina si scontrava nella prassi con
un atteggiamento di diffidenza da parte degli stessi ordini forensi
24
.
Facilmente intuibile, quindi, come << l‟inclinazione onnivora e la natura
totalizzante dell‟istruzione >>
25
, in concreto, lasciassero ben poco spazio
all‟iniziativa autonoma del difensore, al quale non restava altro che attendere
passivamente l‟evolversi dell‟istruttoria, svolgendo poi, in sede dibattimentale,
il ruolo di critico revisore del materiale probatorio raccolto nella precedente
fase.
Veniva a crearsi, così, un << sistema accentuatamente squilibrato, ove
al già marcato peso specifico delle indagini preliminari del pubblico ministero
si contrapponeva il più ampio disinteresse per ogni ipotetico potere di
inchiesta del difensore, per di più immobilizzato da una giurisprudenza
disciplinare, elaboratasi sotto l‟egida del codice Rocco, che censurava, ad
esempio, qualsivoglia contatto della difesa con le fonti dichiarative di prova
>>
26
.
Sebbene gli stessi ordini forensi osteggiavano diffidenza verso una
eventuale normativizzazione della libertà di difendersi investigando,tuttavia il
legislatore, incitato da istanze innovative, si è convinto che il migliore dei
modi per tutelare il diritto di difendersi indagando fosse la cristallizzazione di
tale diritto in una norma di legge. Del resto, l‟esigenza di una previsione
22
Codice di procedura penale del 1930.
23
Si veda a tal proposito A. TRONCI, La tutela del cittadino imputato: dalla Carta europea dei diritti
fondamentali alle nuove disposizioni sulle indagini difensive. Linee guida della legge n. 397 del 2000 e
modifiche al codice penale, in Cass. pen., 2001, p. 2262.
24
N. TRIGGIANI, Le investigazioni difensive, Milano, 2002, pp. 2 ss.
25
N. TRIGGIANI, Le investigazioni difensive, Milano, 2002, p.13.
26
G. DI CHIARA, Le linee prospettiche del difendersi ricercando: luci e ombre delle nuove investigazioni
difensive, Legisl. pen., 2002, p.1.
18
normativa esplicita era ciò che serviva a dimostrare la fine di un‟ epoca e da
più parti si avvertiva come imprescindibile l‟emanazione di un‟apposita
disciplina dell‟indagine difensiva
27
.
In realtà, in questo modo si consacrava l‟infelice equivoco di ritenere
ammesso solo quanto espressamente previsto dalla normativa e vietato tutto
ciò che non fosse analiticamente regolamentato, limitando di fatti la stessa
libera attività del difensore e creando così un effetto anomalo che sembrerebbe
svilire lo stesso ruolo parziale e privatistico del difensore.
2. Le indagini difensive nell’impianto originario del codice del 1988
Fin qui la realtà anteriore al codice del 1988. Ma in sede di delega al
Governo per l‟emanazione del nuovo codice di procedura penale
28
, il
legislatore sembrava avere ben chiara la scelta del sistema derivante
dall‟accoglimento del nuovo processo di parti, che doveva segnare la svolta
del sistema in senso accusatorio (art. 2, l. 16 febbraio 1987, n. 81).
In effetti, il passaggio dal modello inquisitorio al processo di parti
avrebbe fin da subito causato la trasformazione del diritto di difesa
29
da una
statica tutela di garanzia a una dinamica attuazione del diritto stesso, non più
dunque una presenza passiva alla formazione dell‟atto probatorio da altri
gestito, bensì il diritto di partecipazione attiva alla formazione delle prove
27
Precise e tempestive le osservazioni di FRIGO, Un avvocato nuovo per un nuovo processo penale, in Cass.
pen., 1987, p. 2062, che invoca apertamente l’intervento del legislatore delegato affinché disegni
ampiamente, attraverso le norme del codice, gli spazi del nuovo diritto di difesa.
28
Il d.p.r. 22 settembre 1988, n. 447.
29
Cfr. DOMINIONI, Le investigazioni del difensore ed il suo intervento della fase delle indagini preliminari, in
Dif. pen., 1989, n. 25, p. 26, che sottolinea il transito da una “difesa di posizione” ad una “difesa di
movimento”.
19
nella sede dibattimentale innanzi al giudice terzo e imparziale. La funzione
difensiva sarebbe divenuta così diritto di partecipazione attiva al processo.
In realtà nel nuovo codice di procedura penale, tra i principi e criteri
direttivi, copiosamente indicati, non figurava prescrizione alcuna in ordine alla
previsione della disciplina del potere di indagine difensiva. Un primo, seppur
debole, segnale del diritto alle investigazioni si sarebbe potuto individuare
nell‟ art 358
30
ma al contrario l‟ art 367
31
, che delineava la figura di un
difensore “subordinato” al pubblico ministero, andava a mostrare << una
logica differente tutt‟altro che coniugabile con i principi della parità delle
parti e delle armi >>
32
.
Si cercò di rimediare a queste difficoltà attraverso la formulazione , in
sede di commissione ministeriale, di una disciplina decisamente dettagliata
33
anche se collocata nell‟art. 33 delle disposizioni di attuazione. In quest‟ultima
disposizione, attraverso l‟esplicito richiamo all‟esercizio del diritto alla prova
consacrato nell‟art 190, era prevista per il difensore la possibilità di procedere,
al fine di individuare elementi di prova in favore del proprio assistito, anche
con l‟ausilio di sostituti e di consulenti tecnici; inoltre si diceva espressamente
che le informazioni e le dichiarazioni scritte erano strumenti tipici di quella
stessa attività; si prevedevano, inoltre, formulazioni sull‟avvertimento al
potenziale dichiarante circa la facoltà di rifiutare o accettare il colloquio; si
precisava che l‟attività di ricerca e di individuazione degli elementi di prova
30
L’ art 358 c.p.p. rubricato “attività di indagine del p.m.” così dice: << Il p.m. compie ogni attività
necessaria ai fini indicati nell’art 326 e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della
persona sottoposta alle indagini>>.
31
L’ art. 367 c.p.p. rubricato “ memorie e richieste dei difensori” così recita: << nel corso delle indagini
preliminari, i difensori hanno facoltà di presentare memorie e richieste scritte al p.m.>>.
32
G. RUGGIERO, Compendio delle investigazioni difensive, cit., p. 14.
33
Per un’analisi esaustiva e in chiave critica del percorso normativo dall’art. 33 prog. prel. disp. att. al
definitivo art. 38 disp. att. c.p.p., cfr. RUGGIERO, Compendio delle investigazioni difensive, cit., p. 14 e ss.;
VENTURA, Le indagini difensive, Torino, 2005, p. 10 e ss.