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CAPITOLO PRIMO
1.L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DI GARANZIE
DIFENSIVE NELLA FASE DELL’ISTRUZIONE.
Premessa IL SIGNIFICATO DELL’ESPRESSIONE
“PROCEDIMENTO ANALITICO.”
L’attività della polizia giudiziaria nell’ambito della repressione
delle frodi alimentari e dei reati ambientali si sostanzia
essenzialmente in un fondamentale atto di indagine costituito
dall’analisi di campione. Grazie a questo tipo di attività si
perviene con sicurezza scientifica all’accertamento del reato che
consiste, nella quasi esclusività dei casi, nel superamento dei
limiti consentiti dalle leggi.
L’analisi di campione in questi settori è l’unico tipo di
accertamento che sia capace di evidenziare con chiarezza il
concretarsi e l’entità della violazione, a patto che esso sia
eseguito in modo esatto e rigoroso. Per questo motivo le
indagini ed il processo relativo all’accertamento della
responsabilità in campo di frodi alimentari e reati ambientali
saranno incentrate sull’analisi e sull’acquisizione della stessa
come prova.
Non si deve pensare però che l’analisi sia l’unico tipo di tecnica
investigativa utilizzata dalla polizia nel settore delle frodi o dei
reati da inquinamento che disporrà anche di diversi atti di
indagine. Tuttavia, è necessario focalizzare l’attenzione sulle
analisi poiché questo atto, a differenza delle altre attività di
7
7
indagine, è stato troppo a lungo trascurato non essendone stata
compresa la reale importanza sia dal codice che dalla
giurisprudenza.
Ai fini dell’esame della disciplina riguardante le analisi di
campione sarà necessario definire in modo preciso che cosa si
intende con l’espressione analisi di campione e quali siano le
attività necessarie all’espletamento delle operazioni di analisi.
Esse, non si compongono di un unico atto, bensì di due atti
necessari, il prelievo e la prima analisi, ed uno eventuale,
l’analisi di revisione. Tale attività, complessa e prolungata nel
tempo, è correttamente definibile come “procedimento
analitico.”
La prima fase di un siffatto procedimento, quella del prelievo,
ha natura prettamente amministrativa poiché finalizzata al
controllo da parte dell’organo di vigilanza. Per essere efficace il
prelievo andrebbe eseguito a sorpresa in quanto l’avviso
potrebbe vanificare la finalità preventiva del controllo, ma ciò
non significa che debba svolgersi in assenza dell’interessato e
di una persona di sua fiducia se presenti al momento del
prelievo.
1
Inoltre, molto spesso viene confuso il prelievo con l’atto di
campionamento. Il primo è l’attività con cui operatore preleva
la materia da campionare, mentre il secondo, oltre a
comprendere il prelievo, consta anche delle fasi del trasporto e
della conservazione della materia da campionare. Nei capitoli
successivi si vedrà come tecnicamente viene eseguita
1
R.ORLANDI, Atti ed informazioni della autorità amministrativa nel processo
penale, Milano, 1992, pp.167, 168.
8
8
quest’operazione, per ora occorre metterne in luce l’importanza
perché quando vengono prelevati e trasportati i campioni, la
materia da analizzare potrebbe subire modificazioni causate
dalla cattiva conservazione o dall’irregolarità dei prelievi e dei
campionamenti.
2
Tutto ciò porterebbe all’alterazione dei
campioni e, quindi, alla inattendibilità dei risultati delle analisi.
La seconda fase è quella dell’analisi di campione, da svolgersi
nel laboratorio. Questa è senz’altro la fase più tecnica del
procedimento, in cui sono richieste conoscenze tecniche
appropriate da parte degli operatori e da parte dell’eventuale
consulente che assisterà l’interessato. Il codice ha, infatti, tenuto
conto della delicatezza del momento imponendo all’autorità
procedente il controllo di informare l’interessato, della data e
dell’ora delle svolgimento delle analisi del campione prelevato.
La terza fase, la revisione, in nulla differisce dalla prima analisi
dal punto di vista operativo, inoltre, medesimi sono i materiali
da analizzare ed il metodo di prelievo e di analisi della materia.
Tuttavia, dal punto di vista ontologico, queste tre attività sono
diverse fra di loro perché il prelievo e la prima analisi
possiedono carattere di necessarietà, mentre l’analisi di
revisione è solamente eventuale; l’interessato può decidere o
meno di richiedere una nuova analisi della materia, la legge
impone, in certi casi, l’esecuzione di una sola analisi, a causa
2
In dottrina E.AMODIO, Modalità di prelevamento dei campioni e diritto di
difesa nel processo per frodi alimentari, in Riv. it. dir. e proc. pen, 1970,
p.112; R.E.KOSTORIS, sub art. 223 disp. att. c.p.p., in E.AMODIO-
O.DOMINIONI, Commentario al nuovo codice di procedura penale.
Appendice. Norme di coordinamento e transitorie, Milano, 1990, p.119;
G.UBERTIS, L’utilizzazione dibattimentale dei prelievi e analisi di campioni,
in Cass. pen., 1992, p.434.
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9
della deperibilità della materia (ad es. il campionamento delle
acque reflue industriali).
Sotto il profilo giuridico la prima analisi e l’analisi di revisione
possiedono una natura processuale perché lungi dall’assolvere
ad una funzione puramente preventiva, sfociano in risultati
probatori utilizzabili in giudizio e, in alcuni casi, costituiscono
(v. ad es. le analisi delle acque) veri e propri atti irripetibili.
1.2. LE PRINCIPALI QUESTIONI
In seguito alla seconda guerra mondiale l’Italia si risvegliò in un
rinnovato sistema democratico le cui principali novità furono
rappresentate dalla nuova costituzione, e dal mutato
ordinamento istituzionale repubblicano. Un simile rinnovamento
non si rifletteva in campo processuale penale. La nazione,
difatti, possedeva ancora un codice di rito, emanato nel 1931,
durante il regime fascista, i cui maggiori difetti, consistenti nelle
modalità di formazione della prova senza il rispetto del
contraddittorio e nella promiscuità funzionale fra pubblico
ministero e giudice, si ponevano in netto contrasto con la
costituzione democratica.
Per questi motivi, numerosissime norme del codice Rocco nel
dopoguerra passarono sotto la scure della Corte Costituzionale
3
che si sforzò di ridisegnare le norme più inique ed illiberali.
Tuttavia, poiché il sistema necessitava di un completo ed
3
G.CONSO, Una sentenza di portata storica e il diritto di difesa nella
preistruttoria, in Arch. pen., 1968, I, p.423.
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organico cambiamento, le sentenze emanate dalla Corte
Costituzionale potevano solamente riparare in modo
frammentario all’inadeguatezza del codice di procedura penale
rispetto alle nuove esigenze.
Diversi erano i nodi da sciogliere. Primo fra tutti quello degli
atti preliminari all’istruzione che, compiuti dalla polizia
giudiziaria senza il rispetto delle garanzie difensive, venivano
impiegati senza limiti a fini probatori in sede di giudizio. Anche
se durante l’istruzione era ammesso l’intervento della difesa,
questo si svolgeva in una forma inadeguata,
4
non implicando la
partecipazione delle parti alla formazione della prova, ma solo
la facoltà della parte di assistere agli atti di istruzione e a
prendere visione dei relativi verbali.
Solo nel 1955, con la riforma e la novellazione degli artt. 304
bis, ter, quater, del c.p.p., si procedette alla riscrittura dei diritti
di difesa.
5
Così l’art. 304 bis c.p.p. sanciva il diritto dei difensori
delle parti ad assistere agli esperimenti giudiziari, alle perizie,
alle perquisizioni domiciliari ed alle ricognizioni, nonché la
facoltà di rivolgersi al giudice formulando istanze, osservazioni,
riserve documentabili in un verbale. Nell’art. 304 ter c.p.p.
veniva, altresì previsto l’obbligo per il cancelliere del p.m.,
salvo motivi di assoluta urgenza, di avvertire i difensori dell’ora
giorno e luogo dello svolgimento degli atti ad opera del giudice
istruttore. Infine, l’art. 304 quater c.p.p. stabiliva il dovere di
4
F.CORDERO, Procedura penale, Milano, 1966, p.376.
5
M.CHIAVARIO, Ancora chiaroscuri nel processo di riassestamento della
normativa attinente alle garanzie difensive in fase istruttoria, in Giust. cost.,
1972, p.312 per cui sia la novella del 1955 (l. 18 giugno 1955 n.517), che le
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11
depositare in cancelleria, entro 5 giorni dalla loro esecuzione, i
verbali degli atti cui i difensori erano ammessi ad assistere per
poterne estrarre copia.
Questi diritti valevano solo nell’ambito delle fasi dell’istruttoria
formale e sommaria e non, invece, per gli atti preliminari
all’istruttoria. Tuttavia, nonostante l’apertura del legislatore a
favore dei diritti della difesa dell’indiziato, si riscontrò una certa
resistenza da parte della giurisprudenza, restia ad applicare la
nuova disciplina. Le nuove norme furono, infatti, intese
restrittivamente dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione
6
nel senso che le ritenne non applicabili, durante lo svolgimento
degli atti preliminari all’istruttoria, e nell’istruzione sommaria.
Questa situazione durò fino alla dichiarazione di
incostituzionalità
7
dell’art. 392 c.p.p. del 1930, nella parte in
cui, estendendo all’istruzione sommaria le norme stabilite per
l’istruzione formale solo in quanto applicabili, autorizzava il
giudice ad escludere la loro operatività nell’istruzione
sommaria, con il conseguente ostacolo alle garanzie disposte
dagli articoli 304 bis, ter, quater c.p.p.
sentenze della Corte hanno scalfito notevolmente il principio generale della
segretezza istruttoria.
6
In un primo tempo l’atteggiamento della Corte si era dimostrato piuttosto
incerto: non vi furono pronunce negative dell’applicazione dei diritti di difesa,
nel senso che i soli articoli 304 bis, ter, quater c.p.p., valessero per entrambi i
riti Cass., sez. III, 14 marzo, 1957, Pierantoni, in Riv. it. dir. pen., 1957, p.808.
Successivamente fu ribadito più volte l’orientamento negativo: Cass., sez. un.,
17 maggio 1958, Fumagalli, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1958, p.881; Cass.,
sez. I, 27 gennaio 1958, Iorio, in Arch. pen, 1959, II, p.98; Cass., sez. III, 19
novembre 1957, Bergamaschi, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1958, p.623.
7
C.Cost., 18 febbraio 1965 n. 4, in Giur. cost., 1965, p. 18.
12
12
Nel 1965 la Corte Costituzionale proseguì l’opera iniziata dal
legislatore nel 1955 estendendo, con la sentenza n.52 del 1965
8
,
gli articoli 304 bis, ter, quater c.p.p. anche agli atti preliminari
all’istruttoria. Malgrado la progressiva apertura dimostrata dalla
Consulta a vantaggio dei diritti di difesa dell’indagato,
rimanevano ancora nodi irrisolti, come quello dell’acquisizione
al dibattimento dei documenti e dei verbali degli atti preliminari
all’istruttoria. L’art. 465 c.p.p. del 1930 consentiva la lettura
anche d’ufficio dei documenti provenienti dall’imputato anche
se sequestrati presso altri o da altri prodotti, mentre l’art. 460
c.p.p. del 1930 prevedeva l’acquisizione dei documenti del
corpo del reato e di ogni cosa potesse servire a convinzione o a
discolpa. Si neutralizzavano, in tal modo, le garanzie difensive
operanti in sede istruttoria e preistruttoria. Infatti, se era
consentito il libero ingresso di documenti provenienti
dall’imputato, si aggirava la garanzia del diritto di difesa
assicurata dagli artt. 304 bis, ter, quater c.p.p. durante lo
svolgimento delle operazioni eseguite dalla polizia giudiziaria e
dal pubblico ministero, volte al reperimento di atti o documenti
pregiudizievoli per l’indiziato. Attraverso gli articoli 460 e 465
c.p.p. i documenti in questione venivano acquisiti dal giudice in
maniera indiscriminata senza alcun vaglio preliminare di
legittimità
9
. Il giudice avrebbe dovuto decidere in base a
8
C.Cost., 26 giugno 1965 n.52, in Foro it., 1965, I, c.1160.
9
L’esigenza di delimitare il potere del giudice penale nell’accertamento del
fatto fu sentita dalla dottrina, F.CORDERO, Diatribe sul processo
accusatorio, in Ideologie del processo penale, Milano, 1966, p.201; G.DE
LUCA, Logica e metodo probatorio giudiziario, in Scuola pos., 1965, p.30;
G.GUARNIERI, Libertà di prova nel processo penale e suoi limiti, in Riv. it.
dir. e proc. pen., 1956, p.366; IDEM, L’altare e le vittime (a proposito del
13
13
documenti pre-costituiti dei quali non era assicurata
l’attendibilità, essendo formati in una fase scritta e segreta cui
l’indagato ed il suo difensore non potevano partecipare.
La dottrina più autorevole,
10
denunciava come il sistema del
codice racchiudesse in sé una contraddizione insanabile fra
un’istruzione scritta ed un dibattimento orale di fatto ridotto ad
un coreografico rito in cui la sentenza era emanata solo sulla
base di prove precostituite in sede di istruttoria.
Un’altra fra le questioni emergenti fu la commistione di ruoli
esistente fra il pubblico ministero ed il giudice.
11
In virtù del
codice di procedura penale del 1930 il giudice aveva il compito
di ricercare elementi di prova nel corso dell’istruzione formale
per poi pronunciare la sentenza al termine della fase. Il pubblico
ministero, invece, formava le prove secondo il proprio giudizio,
scegliendo fra la citazione dell’imputato a dibattimento e la
richiesta di proscioglimento. Le funzioni del giudice e del
pubblico ministero erano difficilmente distinguibili
12
poiché i
compiti dell’uno finivano per confondersi con quelli dell’altro.
Il giudice, secondo l’art. 209 del c.p.p. del 1930 doveva
ricercare gli elementi necessari per l’accertamento della verità,
libero convincimento del giudice, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1958, p.595;
IDEM, La lotta per la verità nel nostro processo penale alla stregua del
nostro diritto positivo, in Riv. it. dir e proc. pen., 1960, p.14; M.NOBILI, Il
principio del libero convincimento, Milano, 1974, p.29ss.; E.ZAPPALA’, Il
principio di tassatività, Milano, 1982, p.132.
10
F.CORDERO, Tre studi sulle prove penali, Milano, 1963, p.240.
11
G.FOSCHINI, Sistema del diritto processuale penale, Milano, 1965,
pp.231,232,253,254; IDEM, Paternalismo giudiziario e nullità istruttorie, in
Arch. pen., 1961, p.333; IDEM, Involuzione inquisitoria, in Riv. it. dir e proc.
pen., 1958, pp.26ss.
12
F.CORDERO, Diatribe sul processo accusatorio, in Ideologie del processo
penale, Milano, 1966 p.199.
14
14
doveva cioè svolgere funzioni requirenti che, finivano per
sacrificare irrimediabilmente la terzietà caratterizzante la sua
figura. Il giudice istruttore del codice del 1930 poteva essere
addirittura assimilato al modello del giudice accusatore tipico
del processo di stampo inquisitorio,
13
la cui maggiore
aspirazione era quella di rendere il processo uno strumento
finalizzato al raggiungimento della verità e, quindi, del giudizio
infallibile. Del resto anche l’art. 209 c.p.p. 1930 era eloquente in
tal senso mirando espressamente al raggiungimento della verità.
Un simile modello rappresentò un momento involutivo
14
del
processo penale. La dottrina denunciò, infatti, il comportamento
dei giudici che consentivano gravi e ripetute violazioni di norme
13
Il processo inquisitorio, che trovò la massima esplicazione nel medioevo
specialmente in Francia ed in Germania annovera le seguenti caratteristiche:
™ L’attenuazione o l’eliminazione della figura dell’accusatore e il suo
assorbimento nella figura del giudice.
™ La piena libertà del giudice nella ricerca e nell’acquisizione delle prove e
ampi poteri per la conoscenza della verità con conseguente impiego della
tortura nei confronti di imputati e testimoni.
™ Svolgimento del processo secondo i principi di scrittura e segretezza:
E.AMODIO, Attuazione giudiziaria ed attuazione legislativa delle garanzie
difensive nelle indagini preliminari all’istruzione, in Giur. cost., 1969, p.2259;
M.CHIAVARIO, op. cit., p.312; F.CORDERO, Tre studi sulle prove penali,
Milano, 1963, p.200; G.FOSCHINI, Diritti della difesa ed istruzione
preliminare, in Foro it., 1968, I., c.2409; IDEM, Paternalismo giudiziario e
nullità istruttorie., in Arch. pen., 1961, pp.331ss; IDEM, op. ult. cit, pp.26ss.;
IDEM, Sistema di diritto processuale penale, Milano, 1965, pp.303; IDEM,
Cenni sul pubblico ministero e sul Pretore, in Riv. dir. civ., 1949, II, pp.97ss;
IDEM, Pubblico ministero e istruttorie penali, in Riv. it. dir. pen., 1956, p.259;
M.FOUCAULT, Sorvegliare e punire, Torino, 1976, pp.38, 39; G.MANZINI,
Trattato di diritto processuale penale, Milano, 1956, p.38. Per il ruolo del
difensore in sede istruttoria G.G.ALLEGRA, Il diritto di difesa avanti al
giudice dell’istruzione, in Arch. pen., 1950, I, p.238; A.BELLAVISTA, La
difesa nell’istruzione penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1956, p.36;
K.SIEGERT, Intervento della difesa nell’istruzione, in Giust. pen., 1952, III,
c.380; G.VASSALLI, Sul diritto di difesa giudiziaria nell’istruzione penale, in
Scritti giuridici in onore della Cedam, II, Padova, 1953, p.577.
14
F.CORDERO, op. ult. cit., p.200.
15
15
processuali e penali in nome del raggiungimento di una migliore
giustizia sostanziale. Per citare un esempio, le perizie
istruttorie,
15
disposte dal giudice ed eseguite senza il rispetto del
diritto del difensore di essere avvisato, non erano ritenute nulle.
Nella prassi, il giudice istruttore nel personale convincimento di
giovare alla giustizia sostanziale evitando il prolungamento
dell’istruzione e la scarcerazione dell’imputato per decorrenza
dei termini massimi previsti per la custodia preventiva, ne
rifiutava la rinnovazione, dichiarando di poter giungere alle
medesime conclusioni prescindendo dalla perizia e violando in
tal modo gli artt. 304 bis, ter, e quater, c.p.p. che facevano della
perizia un atto da compiersi anche nell’interesse della difesa.
16
Per quanto riguarda la figura del pubblico ministero
nell’economia del codice di procedura penale abrogato,
l’organizzazione dei relativi uffici,
17
modellata sulla falsariga
degli uffici giudicanti, favoriva la tendenza dei p.m. ad
assimilare la propria funzione a quella dei giudici. Il p.m.
assolveva di fatto ad una funzione giurisdizionale, essendogli
consentita la scelta fra il proscioglimento e la citazione
dell’indagato.
15
G.FOSCHINI, Paternalismo giudiziarie e nullità istruttorie., in Arch.
pen.,1961, pp.334, 335.
16
G.FOSCHINI, op. ult. cit., pp.335, 336.
17
G.FOSCHINI, Sistema di diritto processuale penale, Milano, 1965, pp.253,
254. Secondo l’autore l’ufficio del pubblico ministero avrebbe dovuto essere
caratterizzato dall’indipendenza dell’organo rispetto all’ordine giudiziario e
dal principio di subordinazione gerarchica nel duplice senso di subordinazione
gerarchica interna che lega il capo di ciascun ufficio di Procura con i
componenti dell’ufficio medesimo e di subordinazione gerarchica esterna che
lega l’ufficio di Procura generale gli inferiori uffici di procura.
16
16
D’altra parte non esisteva un vero e proprio ufficio del pubblico
ministero poiché le funzioni dell’accusa erano affidate ai giudici
istruttori in sede di istruttoria formale. Non esisteva, ad
esempio, differenza sostanziale fra il mandato di cattura emesso
dal giudice e l’ordine di cattura emesso dal pubblico ministero.
Questi possedeva, in certi casi, poteri addirittura maggiori
rispetto a quelli del giudice istruttore, potendo rinviare a
giudizio con atto immotivato laddove il giudice doveva fornire
la motivazione del provvedimento.
18
Ad accentuare il potere del pubblico ministero era intervenuta,
come si è visto in precedenza, la Suprema Corte che in più
occasioni
19
affermò l’inapplicabilità dei diritti di difesa in fase
istruttoria sommaria. Si avvallava il sacrificio delle garanzie
difensive in nome di una giustizia sostanziale, rafforzando di
fatto l’autoritarismo del pubblico ministero ai danni del diritto di
difesa spettante all’indagato.
Tali pronunce furono criticate dalla dottrina
20
che riteneva
ingiustificabile l’inapplicabilità delle garanzie nella fase
dell’istruttoria sommaria, dove la prova si formava
analogamente a quanto avveniva nella fase dell’istruttoria
formale. L’unica via d’uscita era rappresentata da un radicale
cambiamento del sistema che prevedesse una netta divisione di
ruoli fra il pubblico ministero e il giudice.
18
G.FOSCHINI, op. ult. cit., p.31.
19
Cass., sez. II, 24 gennaio 1962, Matta, in Giust. pen., 1962, III, c.317; Cass.,
sez. I, 13 novembre 1961, Luraschi, in Giust. pen., 1962, III, c.317; Cass., sez.
un., 17 maggio 1958, Fumagalli, cit., p.881.
17
17
1.3 L’EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA NELLA
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE: LA
SENTENZA N. 52 DEL 1965 E N. 86 DEL 1968…
Il codice abrogato ha conosciuto dal primo dopoguerra all’anno
della sua abrogazione, una notevole espansione delle garanzie
difensive.
Il processo si è aperto ad una maggior tutela dell’indiziato nella
fase istruttoria, dilatando i suoi confini in seguito ad alcune
storiche pronunce della Corte Costituzionale.
21
La prima
sentenza, la n.52 del 1965, estese agli atti preliminari
all’istruttoria
22
le medesime garanzie assicurate alle fasi
dell’istruttoria sommaria e formale applicando la disciplina
dagli artt. 304 bis, ter, quater, 390 c.p.p.
23
e sancendo
l’ampliamento del concetto di istruzione e, quindi, dello stesso
processo. Questa pronuncia significò moltissimo soprattutto
perché pose un freno all’arbitrio indiscriminato del P.M. che in
fase pre-istruttoria poteva compiere gli atti di indagine senza il
20
G.FOSCHINI, Degenerazione del processo penale e responsabilità della
Corte di Cassazione, in Giur. pen., 1962, II, cc.318ss.
21
C.Cost., 3 dicembre 1969 n.148, in Giur. cost., 1969, p.2249; C.Cost., 7
luglio 1968 n.86, in Giur. cost., 1968, p.1430; C.Cost., 26 giugno 1965 n.52,
cit, c.1160.
22
G.FOSCHINI, Diritti della difesa ed istruzione preliminare., in Foro it.,
1968, I, c.2408.
23
“Le indagini spesso consistono in tipici atti istruttori (indagini, ispezioni,
ricognizioni, confronti, perquisizioni) che danno luogo a processi verbali
direttamente utilizzabili nel corso dell’ulteriore giudizio.”
18
18
rispetto delle garanzie processuali previste a favore
dell’indagato.
Nell’argomentare la decisione, la Corte mosse dal fatto che gli
atti compiuti in sede pre-istruttoria erano equivalenti a quelli
compiuti nella fase dell’istruttoria formale e sommaria, e come
tali, non potevano essere disciplinati in modo diverso, senza
ledere il diritto di difesa. Gli atti istruttori e pre-istruttori
analoghi per struttura, si distinguevano solo in base al fine.
Mentre i primi assolvevano ad una funzione informativa,
24
volta
al rinvenimento degli elementi finalizzati all’acquisizione e
valutazione della notizia di reato, i secondi, eseguiti nella fase
dell’istruttoria sommaria, portavano alla positiva valutazione
della notizia di reato. Entrambe le tipologie di atti avrebbero
fatto parte dell’istruzione, e, quindi, del procedimento stesso.
Il concetto di istruzione tendeva sempre più ad estendersi,
diventando comprensivo anche di quelle attività che non
potevano considerarsi strettamente istruttorie. Con la successiva
sentenza n.86 del 1968
25
, si statuì, infatti, l’illegittimità
costituzionale degli artt. 225 e 232 c.p.p. del 1930, nella parte in
cui escludevano durante il compimento degli atti previsti
dall’art. 225 c.p.p. del 1930 l’applicazione degli artt. 304 bis,
ter, quater, 390 del c.p.p. del 1930.
Questa sentenza aprì un dibattito particolarmente delicato
poiché lasciò aperta una questione interpretativa sulla quale la
dottrina si interrogò a lungo. In primo luogo era incerto l’ambito
di tali disposizioni, non comprendendosi, se fosse inclusivo di
24
G.FOSCHINI, op ult. cit., c.2410.
25
C.Cost. 7 luglio 1968 n.86, cit., p.1430.
19
19
tutti gli atti di polizia giudiziaria, ovvero solo di alcuni. Ci si
chiedeva, inoltre, quale autorità potesse compierli, in particolare
era controverso il potere del Procuratore della Repubblica, del
Pretore e del Procuratore generale della Corte d’Appello.
Al riguardo si era aperta una disputa fra chi proponeva una
lettura estensiva
26
della sentenza, e quanti ne patrocinavano una
più restrittiva.
27
Secondo i primi gli artt. 304 bis, ter, quater
c.p.p. avrebbero dovuto essere applicati a tutti gli atti
preliminari istruttori e non solo a quelli menzionati dall’art. 225
c.p.p. In secondo luogo, sarebbero stati competenti a compiere
tali atti, oltre alla polizia giudiziaria anche il Pretore, il
Procuratore generale della Corte di Appello ed il Procuratore
della Repubblica. Per quanto riguarda, invece, il secondo
orientamento venne sottolineata la persistente inoperatività del
diritto di difesa nelle ipotesi non specificatamente menzionate
dall’art. 225 c.p.p. Mentre per quanto riguarda i poteri
preistruttori del Procuratore della Repubblica autorizzato ex art.
232 c.p.p. a compiere qualsiasi atto di polizia giudiziaria, si era
detto che l’osservanza degli artt. 304 bis, ter, quater c.p.p. fosse
da considerarsi doverosa nella preistruzione per il compimento
di alcuni degli atti corrispondenti a quelli contemplati in tali
articoli.
26
S.MISIANI, Intervento del giudice e diritti della difesa nella recente
sentenza della Corte Costituzionale, in Dem. e dir., 1968, pp.410, 411;
C.PECORELLA, Cittadino e polizia nel processo penale, in Ind. pen., 1968,
p.390.
27
C.CORDERO DI VONZO, Atti di polizia giudiziaria e diritto di difesa, in
Giur. it., 1969, IV, c.159; P.MILETTO, Diritto di difesa e istruttoria
preliminare, in Giur. it., 1968, IV, c.1447; M.SCAPARONE, Preistruzione e
diritto di difesa, in Riv. it. dir. e proc. pen, 1968, p.1307.