6
Introduzione
Gli studi di diritto tributario sin dal loro fiorire negli anni 30 si
caratterizzano per la centralità attribuita al tema dell’accertamento.
Le tendenze evolutive mostrano come il tema dell’accertamento esprima
appieno le preminenti esigenze di tempestività e certezza del gettito, di
contrasto all’evasione e all’elusione, di acquisizione del maggior tributo
corrispondente all’imponibile potenzialmente evaso nel rispetto dei
principini capacità contributiva.
Del resto, in un’ottica di costante bilanciamento di interessi, alle maggiori
garanzie per il contribuente in termini di trasparenza, equità e correttezza
dell’azione amministrativa si fanno corrispondere poteri sempre più
penetranti per il fisco.
Tra questi ultimi senza dubbio posizione preminente riveste quello che è,
oggi più che mai, lo strumento più pregnante ed incisivo ai fini della
sostanziale verifica della posizione fiscale di un soggetto: l’indagine
bancaria.
L’indagine bancaria rappresenta, infatti, il più invasivo grimaldello che
l’amministrazione finanziaria può utilizzare in sede di accertamento.
L’accertamento bancario si basa sul “metodo induttivo”: in tal caso
l’Amministrazione determina il reddito d’impresa «sulla base dei dati e
delle notizie comunque raccolti e venuti a conoscenza, con facoltà di
prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture
contabili nonché con la facoltà di avvalersi anche di presunzioni prive dei
requisiti di gravità, precisione, concordanza».
1
.
Basandosi sul metodo induttivo, le indagini finanziarie andrebbero però
adottate sempre in termini di attendibilità e verosimiglianza senza cadere in
prassi che conducano tale strumento a mero meccanismo sanzionatorio per
1
Art. 39, comma 2, D.P.R. 600/73.
7
il contribuente o a espediente più comodo e semplice nella determinazione
del reddito imponibile verso una sempre più ampia platea di contribuenti.
Il presente lavoro posta la vastità del tema e la fluidità dei suoi stessi confini
che inducono ad abbandonare ogni pretesa di completezza contenutistica,
nonché di univocità nelle impostazioni o soluzioni (in affiancamento alla
dottrina e alla giurisprudenza) ha comunque tentato di offrire delle risposte
in merito all’intricata tematica delle indagini bancarie.
Primariamente, vengono illustrati il fondamento giuridico e l’evoluzione
normativa del segreto bancario; ponendo in evidenza una prima fase in cui il
dato normativo ha consentito un’assoluta impenetrabilità dello stesso ad uno
di derogabilità, per sfociare, in un secondo momento, nella soppressione del
segreto bancario ad opera della legge 413/91, intesa come pienamente
legittima dalla Corte Costituzionale. Si analizza inoltre l’evoluzione
normativa compiutasi con la legge Finanziaria per il 2005 (L. 30 dicembre
2004, n. 311) che ha apportato numerose e rilevanti modifiche alla
normativa in questione sia dal punto di vista oggettivo (ampliamento delle
operazioni acquisibili, includendo anche quelle extra conto) e sia dal punto
di vista soggettivo (allargamento dei soggetti coinvolti). Il percorso
ricostruttivo è proseguito con la trattazione del modulo presuntivo di cui
all’art. 32, comma 1, n. 2 del DPR n. 600/73 nel senso di considerarlo
riferito o a presunzioni legali o a presunzioni semplici. Posta la clausola di
salvezza della prova contraria per il contribuente, si induce a ritenere che si
tratta di una presunzione legale relativa ma l’eterogeneità degli elementi che
i conti possono rivelare e l’imprecisione delle espressioni adottate
alimentano vivaci dibattiti.
Delineati i capisaldi della disciplina delle indagini bancarie, il terzo capitolo
è dedicato agli aspetti di maggior interesse concernenti il contraddittorio tra
contribuente e Fisco, in particolare, la corretta identificazione della natura
obbligatoria o meramente facoltativa della convocazione preventiva da parte
dell’amministrazione finanziaria.
8
Si sottolinea come il problema riguardi il momento in cui il primo possa
esercitare il proprio diritto di difesa: se di fronte a tali controlli del fisco
questi possa avanzare immediatamente le proprie ragioni oppure debba
attendere l’atto di imposizione, e mediante l’impugnazione di quest’ultimo
far valere i vizi dell’accertamento.
Se si rimarca l’esigenza di assicurare il contraddittorio, attraverso la
preventiva convocazione del contribuente, in assonanza con la logica
collaborativa tra soggetto passivo e soggetto attivo del rapporto giuridico
tributario; dette osservazioni, al contrario, non trovano spazio nella
giurisprudenza di legittimità che ha sempre puntualizzato che
l’Amministrazione non ha alcun obbligo di convocare preventivamente il
contribuente, essendo una pura facoltà per il Fisco consentire allo stesso di
offrire il proprio apporto collaborativo in sede procedimentale; la mancata
convocazione, quindi, non costituirebbe un comportamento illegittimo.
Nella parte conclusiva del lavoro, vengono considerati, i tratti relativi
all’ambito di applicazione soggettivo della disciplina.
Ci si è soffermati, in primis, sulla possibilità di ricomprendere nella sfera
d’indagine nei confronti del contribuente anche le risultanze dei conti
intestati a terzi.
L’art. 32, comma 1, n. 2 del DPR n. 600/1973 sembra circoscrivere la
possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di procedere all’acquisizione
dei dati bancari solo nei confronti del contribuente. D’altra parte, la lettera
della norma presuppone un’interpretazione restrittiva. Infatti, alla luce della
più recente giurisprudenza, l’acquisizione e l’utilizzazione di dati bancari
non debba restare limitata ai conti intestati alle società (di persone e di
capitali) ma possa riguardare anche quelli formalmente intestati a terzi che
siano nondimeno legati alla società da particolari rapporti, qual soci,
amministratori, procuratori legali. Verrebbero, pertanto, in rilievo, una serie
di altri rapporti (stretti rapporti parentali, cointeressenza, rappresentanza
organica, mandato e così via) che giustificherebbero la presunzione di
9
riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili relative al
contribuente.
L’estendibilità ha riguardato anche gli esercenti arti e professioni piuttosto
che i soli soggetti esercitanti un’attività imprenditoriale comportando una
non semplice indagine interpretativa e favorendo l’insorgere d’interventi
giurisprudenziali in materia, che si sono orientati, per lo più verso l’indubbia
applicabilità della disposizione in oggetto anche ai professionisti.
In ultimo si è compiuta una breve ricognizione sulla giurisprudenza di
legittimità e di merito susseguita in questi ultimi anni, talvolta tesa a
dissipare i numerosissimi dubbi che hanno contrassegnato le applicazioni e
lo svolgimento delle indagini, talaltra tesa ad adombrare ulteriori e nuove
ambiguità che il ricorso a tali accertamenti inevitabilmente ha comportato.
10
Capitolo primo
Le indagini bancarie e finanziarie: identificazione e
operatività dell’istituto
1.1 Profili storici in tema di indagini bancarie: dal segreto
bancario alla trasparenza
Nel nostro ordinamento la disciplina delle indagini bancarie ha da sempre
incontrato l’ostacolo del segreto bancario che trovava ancoraggio nella
consuetudine dei rapporti bancari, ossia, nella prassi abituale, di mantenere
il riserbo circa i rapporti intrattenuti con i clienti e le relazioni con il
pubblico.
La tradizione storica e la comune esperienza dimostrano come il modus
operandi del banchiere sia stato circondato da quella riservatezza e dal
rispetto rigoroso della confidenzialità con il cliente.
Tale comportamento si è consolidato nel tempo: già dal medioevo
nell’attività bancaria vi era il rispetto ad un assoluto riserbo nella
conduzione degli affari. Tuttavia per una completa disamina del segreto
bancario bisogna giungere all’epoca moderna. In particolare, fu nei secoli
XVII e XVIII che il segreto bancario cominciò a divenire oggetto di una
vera e propria disciplina legislativa.
L’evoluzione in campo giuridico di tale istituto fu certamente dovuta alla
crescita del sistema bancario e alla necessità di tutelare la riservatezza delle
informazioni con precise norme scritte.
La base legale del segreto bancario è data, innanzitutto dal diritto civile,
precisamente dal legame contrattuale per il quale il banchiere si impegna a
rispettare il segreto sulla situazione personale del suo cliente.
11
Il segreto bancario è definito come l’insieme delle notizie concernenti il
cliente che la banca non può rivelare a terzi se non in presenza di particolari
circostanze o con il consenso del cliente
2
. Si configura quindi, come un
dovere professionale con la conseguenza che una sua violazione era punibile
dalla legge.
3
Esaminando i paesi stranieri si riconoscono ordinamenti in cui lo stesso è
disciplinato attraverso il ricorso a fonti diverse. Paesi come la Svizzera
(roccaforte del segreto bancario), il Lussemburgo, l’Austria riconoscono il
segreto bancario con norme “forti” di carattere penale e di rango
costituzionale. Trova, invece, fondamento nella tradizione e non in una
codificazione normativa, il segreto bancario in Belgio.
Nel Regno Unito, in Germania e in Spagna non si riscontra l’esistenza di un
attenta normativa disciplinante il segreto bancario, ragion per cui il suo
presupposto va ricercato nella consuetudine e nelle pronunce
giurisprudenziali emanate al riguardo, nell’interpretazione di norme
costituzionali e nel diritto contrattuale. In detti paesi è contemplata, seppur
con le dovute differenze, la possibilità sia per l’Autorità giudiziaria sia per
l’Amministrazione finanziaria di ottenere la documentazione bancaria dei
soggetti indagati o sottoposti a controllo fiscale
4
.
Nel nostro ordinamento non esiste alcuna norma giuridica che definisca, in
qualche modo, il segreto bancario e stabilisca i termini giuridici della sua
portata. Per quanto attiene, dunque, all’individuazione della fonte del
segreto bancario il travagliato dibattito dottrinale lo ha ricondotto alle
seguenti norme:
• art. 47 Cost.: la tutela del segreto bancario risponderebbe a
finalità pubbliche di protezione del sistema creditizio e
2
GIUSEPPE DE FALCO, Segreto bancario morte o resurrezione, in Rivista di diritto
bancario, Gennaio 2009 pag. 5.
3
Cfr. TOSCANO F. RAZZANTE R., Il segreto bancario nelle indagini tributarie ed
antiriciclaggio , Giuffrè , 2002 , pag. 7, 23,
4
Cfr. TOSCANO F. RAZZANTE, op. cit., pag. 45-88.
12
dell’economia nazionale (riconoscimento del risparmio come bene
costituzionalmente protetto
5
); valorizzando anche il diritto alla
riservatezza agli art. 13 e 14
6
;
• art. 10 della legge bancaria del 1936 il cui disposto è stato
ripreso dall’art. 7 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia (D.lgs. 385/93)
7
;
• art. 1337 e 1375 del codice civile : impongono un obbligo di
generale correttezza nella formazione e nello svolgimento dei
rapporti giuridici applicabili a tutti i rapporti contrattuali
8
;
• art.326 e 622 del codice penale
9
.
5
Cfr. PERRONE A., Le indagini bancarie – contributo allo studio delle presunzioni
nel diritto tributario, Cacucci Editore, Bari, 2009.
6
VIOTTO A., I poteri d’indagine dell’amministrazione finanziaria: nel quadro dei
diritti inviolabili di libertà sanciti dalla Costituzione, Milano, Giuffrè, 2002.
7 L’art. 10 del Regio Decreto Legge 12 marzo 1936 n. 375 disponeva: “Tutte le
notizie, le informazioni o i dati riguardanti le aziende di credito sottoposte al controllo
dell'ispettorato sono tutelati dal segreto d'ufficio anche nei riguardi delle pubbliche
amministrazioni. I funzionari dell'ispettorato nell'esercizio delle loro funzioni sono
considerati pubblici ufficiali; essi hanno l'obbligo di riferire esclusivamente al capo
dell'ispettorato tutte le irregolarità constatate, anche quando assumano la veste di reati. I
funzionari e tutti i dipendenti dell'ispettorato sono vincolati dal segreto d'ufficio”. L’art. 7,
comma 1, del Testo Unico in materia bancaria e creditizia, invece, prevede: “Tutte le
notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d'Italia in ragione della sua attività
di vigilanza sono coperti da segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche
amministrazioni. Sono fatti salvi i casi previsti dalla legge per le indagini su violazioni
sanzionate penalmente”.
8
In particolare ai sensi dell’art. 1337 c.c. si stabilisce che le parti nello
svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo
buona fede principio rimarcato anche nell’art. 1375 c.c. Ai nostri fini, Il principio della
buona della buona fede di cui alla’art. 1337 si sostanzia nel dovere d’informazione :ossia
nel fornire un ‘informazione veritiera e nel dovere di segretezza con riferimento a chi viola
informazioni riservate.
9
Art. 326 c. p. “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio,
che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua
qualità, rivela notizie d'ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in
qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se
l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. Il pubblico
ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri
un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie d'ufficio, le quali
debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è
commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di
cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni”.
Art.622. c.p. “Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della
13
Nonostante il segreto bancario è stato concepito come un bene meritevole di
tutela, volto alla protezione della sfera della riservatezza di ogni cittadino e
giustificato dall’esigenza di tutela dei valori costituzionali della libertà di
investimento e della tutela del risparmio sono state introdotte deroghe al
segreto bancario.
Infatti l’esame della disciplina del segreto bancario , in Italia, come altrove è
punteggiato da una serie di numerose eccezioni :
• eccezioni poste dalla normative fiscale culminate
nell’adozione della legge 30 dicembre 1991 n. 413 che ha portato
all’annullamento del segreto bancario nei rapporti con
l’amministrazione finanziaria, peraltro in pieno accordo con la
sentenza della Corte Costituzionale n. 51 del 1992;
• eccezioni poste dalla normativa contro la criminalità
organizzata e con il fenomeno transnazionale del terrorismo;
• eccezioni poste dalla normativa antiriciclaggio e per la
prevenzione da fonti di finanziamento illecite;
• eccezioni poste dalla normativa processuale che comportano
l’impossibilità della banca di sottrarsi all’obbligo di deporre e alla
possibilità per il giudice di accedere alla corrispondenza e ai
documenti della banca;
• eccezioni poste dalla normativa di vigilanza del Testo Unico
Bancario
10
;
• disposizioni riguardanti il cd.”scudo fiscale” sul rimpatrio dei
capitali all’estero.
propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a
proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione
fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516.
La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, dirigenti
preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci o liquidatori o se è
commesso da chi svolge la revisione contabile della società.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa”.
10
In particolare si vedano gli articoli 51, 53, 54 del Testo Unico Bancario (D. Lgs.
385/93) sulla vigilanza informativa.
14
Anche la dottrina maggioritaria si è assestata su posizioni diverse: talvolta
negando un rilievo costituzionale al diritto alla riservatezza e
subordinandolo comunque ai principi quali: solidarietà e capacità
contributiva, talaltra disconoscendo il carattere di eccezionalità alle norme
di deroga del segreto bancario.
Il progressivo smantellamento dell’istituto coincide con l’evoluzione
normativa in tema di indagini fiscali cioè: quanto più il legislatore ha inteso
valorizzare i poteri istruttori in sede di accertamento tanto meno ha tutelato
il segreto bancario. Il cammino normativo si è articolato in diverse tappe che
ne hanno ampliato l’ambito di operatività sia sotto il profilo oggettivo che
sotto quello soggettivo
11
.
1.2 Gli sviluppi successivi alla legge del 1971 e l’abolizione del
segreto bancario con la legge 413/1991.
La possibilità di introdurre deroghe al segreto bancario è stata contemplata
per la prima volta con la legge delega di riforma tributaria n. 825/1971 .
Tale legge rappresentava però una limitazione confinata solo ad ipotesi di
particolare gravità e a fattispecie che ne legittimavano il libero accesso al
dato bancario.
Risultava manifesta in quelli anni, la viva preoccupazione del legislatore di
non scoraggiare la tutela del risparmio in linea con il dettato costituzionale
contenuto nell’art. 47 Cost. e di salvaguardare l’economia del Paese
temperando l’esigenza di acquisire flussi di risparmio da parte delle aziende
e dei risparmiatori e non favorendo la dispersione o la fuga di massa di
capitali all’estero.
La prima tappa del processo di erosione del segreto bancario è rappresentata
dal D.P.R. 15 luglio del 1982 n. 463 che ha sì determinato modifiche
11
Cfr. PERRONE, op. cit., pag. 13-14.
15
dell’art. 35 del DPR n. 600/73 e dell’art 51 bis (articoli poi abrogati dalla
legge n.413/91) ma ha mantenuto inalterata l’operatività dell’istituito
ampliando solo i casi di deroga.
In particolare l’art.35 del DPR n. 600/73 ampliava i poteri
dell’Amministrazione su due diversi fronti, quello della collaborazione
(prevedendo la possibilità di richiesta diretta al contribuente dei dati
bancari) e quello, alternativo della potestà d’indagine; la norma però
subordinava tali poteri al parere conforme dell’ispettorato compartimentale
delle imposte dirette e alla previa autorizzazione del presidente della
Commissione tributaria di primo grado territorialmente competente
12
.
Come si può ben notare dall’interpretazione letterale dell’art. 35 del DPR
600/73 l’accesso al dato bancario era mediato dal vaglio giudiziale . Inoltre ,
i successivi commi dell’art 35 del DPR 600/73 oltre alla valutazione
giudiziale prevedono una serie di violazioni sostanziale che il contribuente
deve avere commesso.
Tali violazioni possono riassumersi nelle seguenti:
• omissione della presentazione della dichiarazione e possesso
da parte dell’Ufficio di elementi tali da giustificare ricavi o proventi
superiori ai cento milioni;
• sussistenza di elementi certi dai quali risultava che il
contribuente avesse conseguito ricavi o altri proventi per un
ammontare superiore al quadruplo di quelli dichiarati ;
• omissione della tenuta delle scritture cintabili e riscontro di
gravi irregolarità nelle stesse ;
• previsioni dell’art.51 bis del DPR 633/1972 in cui vengono
rimarcate le precedenti fattispecie descritte ma in materia di IVA
13
.
12
Vedi art. 35 DPR 600/73, 1° comma.
13
Per un’analisi più approfondita cfr. l’art. 35 del DPR 600/1973 (rubricato come
Deroghe al segreto bancario) e l’art. 51 bis (Poteri e attribuzioni degli uffici dell’imposta
sul valore aggiunto). Si ricorda che tali articoli non sono più in vigore dal 01/01/1992 a
seguito dell’abolizione del segreto bancario avvenuta con la legge 413/91.
16
L’equilibrio che contrassegnava il sistema previgente è pero venuto meno
con la legge 413/1991. Con essa il legislatore ha provveduto ad abolire i
limiti all’utilizzo dell’indagine bancaria.
Gli art. 35 del DPR n. 600/73 e 51 bis del DPR n. 633/72 sono stati abrogati
dall’art. 18 comma 1 lett. h). Per effetto dell’abrogazione viene meno sia la
previsione del vaglio giudiziale sia le condizioni di accesso all’indagine
bancaria. L’art. 18, comma 1, lett. a) e g) ha circoscritto le condizioni di
accesso e di acquisizione del dato ad un mero adempimento procedimentale
consistente nella « previa autorizzazione dell’ispettorato compartimentale
delle imposte dirette ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante di
zona»
14
. Con ciò i poteri degli uffici fiscali non hanno subito alcuna
restrizione, anzi sono stati notevolmente potenziati tanto da sancire la piena
penetrabilità dei rapporti tra banca e cliente da parte
dell’Amministrazione
15
.
La riforma è stata dunque caratterizzata dal privilegiare l’efficienza dello
strumento di verifica (accertamento inteso in senso stretto) e non da una
forma di tutela del diritto alla riservatezza del contribuente perdendo quel
trade-off tra efficienza dell’azione di accertamento e tutela del contribuente.
14
Tale previsione è stata modificata, testo in vigore dal 05/08/2009, dalla
disposizione contenuta nell’art. 32 comma 1 n. 7) che stabilisce di: richiedere, previa
autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o del
direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del
comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie
e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di
investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società
fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione
effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da
terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, e a quelle iscritte
nella sezione speciale dell'albo di cui all'articolo 20 del testo unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,
puo' essere richiesto, tra l'altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare
le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito
beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, in equivocamente individuati. La
richiesta deve essere indirizzata al responsabile della struttura accentrata, ovvero al
responsabile della sede o dell'ufficio destinatario che ne da' notizia immediata al soggetto
interessato; la relativa risposta deve essere inviata al titolare dell'ufficio procedente.
15
Come osserva BENAZZI, L’utilizzo dei dati bancari nel contradditorio tra Fisco
e contribuente, in Corriere tributario, 2002, fasc. 16, pag. 1403.
17
Ne discende che diritto alla riservatezza e segreto bancario devono cedere il
passo ai principi costituzionali di solidarietà e capacità contributiva. Queste
valutazioni riecheggiano nell’intervento della Corte Costituzionale, con la
sentenza del 3 febbraio 1992, n. 51, nella quale, in linea con l'orientamento
della dottrina di stampo privatistico ed aderendo ad analoga pregressa
giurisprudenza della Cassazione, il segreto bancario è definito come "un
dovere di riserbo cui sono tradizionalmente tenute le imprese bancarie in
relazione alle operazioni, ai conti ed alle posizioni concernenti gli utenti dei
servizi da essi erogati. A tale dovere, tuttavia, non corrisponde nei singoli
clienti delle banche una posizione giuridica soggettiva costituzionalmente
protetta, né, men che meno, un diritto della personalità, poiché la sfera di
riservatezza con la quale vengono tradizionalmente circondati i conti e le
operazioni degli utenti dei servizi bancari è direttamente strumentale
all'obiettivo della sicurezza e del buon andamento dei traffici commerciali"
16
. Nella sentenza in esame, la Corte stabilisce, inoltre, la subordinazione del
dovere di riservatezza connesso con il segreto bancario "all'adempimento di
doveri inderogabili di solidarietà, primo fra tutti quello di concorrere alle
spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva", nonché
"all'attuazione di esigenze costituzionali primarie, come quelle connesse
all'amministrazione della giustizia e, in particolare, alla persecuzione dei
reati".
"In altri termini - prosegue la Corte Costituzionale - alla riservatezza cui le
banche sono tenute nei confronti delle operazioni dei propri clienti non si
può applicare il paradigma di garanzia proprio dei diritti di libertà
personale, poiché alla base del segreto bancario non ci sono valori della
persona umana da tutelare: ci sono, più semplicemente, istituzioni
16
Sent. Corte Cost., 18 febbraio 1992 , n. 51 in PICCARDO A., Gli accertamenti
bancari: evoluzione normativa ed applicazioni giurisprudenziali, in Diritto e pratica
tributaria, 2007, fasc.1, pt. 1, pag. 35.
18
economiche e interessi patrimoniali, ai quali quel paradigma non è
applicabile".
Con ciò la L. 413/1991 ha avuto come ratio proprio quella di superare la
logica del "segreto" che aveva vincolato, di fatto, l'attività degli organi
ispettivi e realizzare un sistema fondato sulla chiarezza e sulla trasparenza
dei flussi finanziari in grado di inibire agli evasori fiscali ed alla criminalità
economica il facile ricorso a sin troppo comodi e discreti schermi.
La nuova disciplina, riconoscendo prevalenti le esigenze di conoscenza
delle effettive posizioni finanziarie dei soggetti sottoposti a controllo
costituisce, quindi, una decisa inversione di tendenza nei rapporti tra Fisco e
contribuente ma proprio a tale scopo la stessa ha, opportunamente, previsto
anche un complesso di precise e definite regole finalizzate a garantire la
correttezza e la limpidezza dei comportamenti nei confronti non soltanto
delle aziende e degli istituti di credito ma, soprattutto, dello stesso
contribuente interessato dall'esecuzione degli accertamenti bancari.
1.3 La nuova disciplina in tema di accertamenti bancari: la
legge finanziaria 2005
Lo sviluppo normativo più recente è indirizzato verso l’estensione dei
soggetti destinatari delle indagini, della tipologia e degli importi rilevabili,
della tempistica per l’acquisizione della documentazione nonché taluni
aspetti procedurali per agevolare le attività di trasmissione ed elaborazione
dei dati richiesti . Particolarmente significativi in tal senso sono stati la
legge finanziaria del 2005 e il D.L. n. 223/06 e la circolare 19 ottobre, n.
32/E dell’Agenzia delle Entrate.
Tra le novità introdotte dalla legge 30 dicembre 2004 n. 311 (Finanziaria
2005), nell’ottica del rafforzamento dei poteri di controllo, particolarmente
significative risultano le regole concernenti l’attività istruttoria che nel