8
1
–
Le
imprese
multinazionali:
definizioni,
origini
storiche
e
profili
di
crescita
La
globalizzazione
e
la
liberalizzazione
del
commercio
che
si
stanno
compiendo
da
circa
20
anni
hanno
fatto
emergere
dei
soggetti
nello
scenario
economico
mondiale
che
sembrano
in
grado,
attraverso
il
loro
potere
economico
e
non
solo,
di
sovrastare
sia
g li
Stati,
sia
le
organizzazioni
più
importanti
come
Banca
Mondiale
e
Fondo
Monetario
Internazionale:
queste
sono
le
imprese
multinazionali.
Non
è
semplice
fornire
una
definizione
univoca
di
impresa
multinazionale;
come
riportato
da
Muchlinski
1
,
il
primo
a
fornire
una
definizione
di
multinazionale
fu
David
E
Lilienthal
che,
nell’aprile
del
1960,
consegnò
una
relazione
al
“
Carnegie
Institute
of
Technology”
pubblicata
sotto
il
titolo
“The
Multinational
Corporation”
(MNC)
,
nella
quale
Lilienthal
definì
queste
ultime
come
imprese
le
quali
avevano
la
loro
casa
madre
in
un
paese,
ma
che
operavano
e
vivevano
subordinate
alle
leggi,
usi
e
cost umi
di
un
altro
paese.
Comunemente
infatti,
in
ambito
economico,
per
impresa
multinazionale
si
intende
un’entità
economica
che
organizza
la
propria
produzione
in
almeno
2
paesi
attraverso
Investimenti
Diretti
Esteri
(IDE),
i
quali
possono
essere
realizzati
o
per
mezzo
di
acquisizioni
di
attività
economiche
già
esistenti,
trasformandole
dunque
in
proprie
affiliate
(Brownfield),
o
tramite
la
creazione
di
nuove
attività
d’impresa,
cioè
l’acquisizione
da
parte
della
casa
madre
di
un’azienda
ex
novo
al l’estero
e
il
conseguente
avvio
della
produzione
(Greenfield);
inoltre,
relativamente
ai
legami
che
possono
esistere,
viene
comunemente
definita
controllata
l’impresa
operante
in
un
paese
estero
di
cui
la
multinazionale
controlla
tra
il
10
e
il
50
%
del
capitale
azionario,
mentre
è
detta
filiale
quella
di
cui
la
multinazionale
controlla
più
del
50
%
delle
azioni.
Più
precisamente ,
volendo
richiamare
definizioni
più
tecniche
sulle
multinazionali,
secondo
il
paragrafo
1.3
delle
Linee
Guida
Ocse
“trattasi
solitamente
di
imprese
o
altre
1
Muchlinski
P.
T.,
1999.
2
Bain
J.S. ,
1956.
3
Hymer
S.H. ,
1974
e
1976.
4
Chandler
A.D. ,
1962.
5
Barba-‐Navaretti,Venables,
2006,
pag.
11 -‐12.
9
entità
insediate
in
più
paesi
e
collegate
in
modo
tale
da
coordinare
il
loro
funzionamento
in
vari
modi.
Mentre
una
o
più
di
queste
entità
può
essere
in
grado
di
esercitare
una
significativa
influenza
sulle
attività
delle
altre,
il
loro
grado
di
autonomia
nell’ambito
all’impresa
può
variare
notevolmente
da
un’impresa
multinazionale
all’altra.”
L’organizzazione
internazionale
del
lavoro
(OIL)
e
altre
organizzazioni
non
considerano
necessario
definire
con
precisione
le
multinazionali
e,
nella
dichiarazione
tripartita
di
principi
sulle
imprese
multinazionali
e
la
politica
sociale
dell’OIL,
si
limita
a
precisare
al
paragrafo
6
che
“
Le
multinazionali
comprendono
imprese
a
capitale
pubblico,
misto
e
privato,
che
possiedono
o
controllano
la
produzione,
la
distribuzione,
i
servizi
ed
altri
mezzi
al
di
fuori
del
paese
in
cui
hanno
la
loro
sede
centrale”.
Inoltre
una
definizione
piuttosto
ampia
è
offerta
dalle
recenti
norme
sulle
responsabilità
delle
società
multinazionali
e
di
altre
imprese
in
relazione
ai
diritti
umani
proposte
dalla
Sottocommissione
per
la
promozione
e
la
tutela
dei
diritti
umani
delle
Nazioni
Unite,
il
cui
paragrafo
20
prevede
che
“The
term
Trasnational
corporation
refers
to
an
economic
entity
operating
in
more
than
one
country
or
a
cluster
of
economic
entities
in
two
or
more
countries,
whatever
their
legal
form,
whether
in
their
home
country
or
country
of
activity,
and
whether
taken
individually
or
collectively”.
Le
multinazionali
si
caratterizzano
sia
per
la
dimensione
r agguardevole
del
capitale
che
investono,
sia
per
la
ricerca
di
tecnologie
e
prodotti
che
possano
permettere
il
collocamento
di
grandi
quantità
sui
mercati
internazionali
e
tutto
ciò
obbliga,
chiaramente,
una
certa
complessità
dell’organizzazione
societaria;
per
questo
credo
sia
necessario
puntualizzare
sin
da
subito
che
il
mercato
globale
industriale
in
cui
competono
i
colossi
multinazionali
non
è
ne
realmente
concorrenziale
ne
monopolistico,
bensì
oligopolistico;
come
sottolineò
gia
Bain
2
nel
1956 .
in
un
mondo
perfettamente
concorrenziale
in
cui
non
esistono
alcun
tipo
di
barriere
all’entrata,
l’impresa
multinazionale
e
la
sua
espansione
non
si
comprenderebbe.
E’
solo
in
un
contesto
oligopolistico,
alimentato
da
forme
di
imperfezione
del
mercato,
che
la
2
Bain
J.S. ,
1956.
10
grande
impresa
gode
di
uno
speciale
vantaggio
competitivo;
anche
Hymer
3
,
in
una
tesi
di
dottorato
del
1960
divenuta
celebre
negli
anni
successivi,
parte
dal
presupposto
che
operare
all’estero
per
le
imprese
rappresenta
una
fonte
di
costi
addizionali,
ma
l’impresa
è
quasi
costretta
ad
effettuare
investimenti
diretti
esteri
proprio
a
causa
delle
imperfezioni
di
mercato.
L’origine
di
quelle
che
oggi
d efiniamo
imprese
multinazionali
può
essere
fatta
risalire
al
periodo
successivo
alla
seconda
guerra
mondiale
e
le
poche
imprese
transazionali
rimaste
erano
multinazionali
USA
soprattutto
operanti
nei
settori
dell’alimentare,
minerario
e
del
petrolio;
in
questa
fase
si
è
cercato
di
creare
strutture
organizzative
nuove
rispetto
a
quelle
che
erano
le
“
Big
business”
del
tempo,
le
quali
consideravano
le
espansioni
all’estero
principalmente
effettuabili
attraverso
operazioni
commerciali,
piuttosto
che
con
un
vero
e
proprio
insediamento
produttivo;
infatti,
solitamente ,
le
grandi
imprese
acquistavano
solo
le
materie
prime
all’estero
con
l’obiettivo
di
produrre
i
prodotti
all’interno
del
paese
di
origine
e
magari
rivenderli
all’estero
per
mezzo
di
qualche
accordo
limitato
solo
alla
distribuzione.
Ma
come
ritenuto
da
Chandler
4
l’impresa
persegue
una
strategia
di
crescita
e
di
massimizzazione
del
profitto
adeguando
la
propria
struttura
alla
strategia;
è
in
tale
contesto
che
nasce
la
decisione
di
investire
all’estero.
Il
primo
aumento
decisivo
di
investimenti
a
livello
mondiale
fu
ad
opera
delle
grandi
aziende
USA
intorno
agli
anni
60
del
‘900
principalmente
attraverso
strategie
di
“espansione
orizzontale”,
ovvero
costituendo
in
altri
paesi
imprese
molto
simili
alla
casa
madre,
ottenendo
i
vantaggi
derivanti
dalla
collaborazione
con
le
imprese
del
paese
di
insediamento
(un
esempio
fu
l’insediamento
IBM
in
Francia,
con
l’obiettivo
di
vendere
i
propri
prodotti
nei
mercati
europei,a
quel
tempo
protetti
dalle
importazioni
USA
attraverso
la
tariffa
doganale
esterna
alla
CEE).
A
partire
dagli
anni
’80
i l
miglioramento
delle
telecomunicazioni
e
dei
trasporti,
unito
all’affermarsi
delle
tecnologie
dell’informazione,
hanno
offerto
la
possibilità
alle
imprese
di
operare
con
più
facilità
a
distanza
dal
paese
di
origine
e
l’aumento
delle
3
Hymer
S.H. ,
1974
e
1976.
4
Chandler
A.D. ,
1962.
11
opportunità
di
conquista
di
quote
di
mercato
mondiali
non
ha
fatto
altro
che
aumentare
la
competitività
tra
le
imprese
spingendole
ad
una
crescita
importante.
Oltre
a
questi
fattori
è
da
segnalare
in
questo
periodo
la
formazione
di
un
mercato
dei
capitali
molto
più
integrato
e
globale;
ci
furono
importanti
mutamenti
nel
settore
finanziario
quali
la
eliminazione
delle
barriere
al
movimento
dei
capitali,
la
deregulation
e
una
maggior
velocità
nei
flussi
finanziari;
tutto
ciò
portò
in
breve
tempo
alla
costituzione
di
un
efficiente
e
funzionante
mercato
di
borsa
globale
e
ad
un’ondata
di
acquisizioni
transfrontaliere.
Probabilmente
dalla
caduta
de l
muro
di
Berlino
(1989),
con
la
fine
della
guerra
fredda,
sembra
che
l’espansione
delle
multinazionali
abbia
gradualmente
interessato
tutti
i
paesi
del
mondo;
dunque
si
è
ve rificato
un
passaggio,
non
solo
simbolico
e
rappresentativo,
ad
una
nuova
era
delle
relazioni
commerciali;
cioè
si
verifica
la
transizione
da
un
sistema
dominato
dalle
multinazionali
USA
ad
un
sistema
più
complesso,
articolato
e
diversificato
come
è
quello
attuale.
Tra
le
numerose
trattazioni
riguardo
le
multinazionali
ho
trovato
interessante
la
descrizione
di
Barba-‐Navaretti,
Venables
all’interno
del
testo
“
Le
multinazionali
nell’economia
mondiale”
5
relativamente
ad
alcuni
meccanismi
che
nel
contesto
odierno
finiscono
col
favorire
le
multinazionali
perché
”dispongono
di
potere
di
mercato
e
di
potere
contrattuale
nell’arena
politica
…
Sono
attori
globali
che
possono
aggirare
le
regolamentazioni
e
le
politiche
nazionali
più
agevolmente
rispetto
le
imprese
na zionali.
Sono
molto
mobili,
in
grado
di
trasferire
attività
tra
i
loro
impianti
a
costi
relativamente
bassi
e
dunque
cancellare
i
benefici
derivanti
dalla
loro
presenza
con
la
stessa
rapidità
con
cui
li
generano.”
Tra
i
pareri
autorevoli
è
senz’altro
interessante
la
ricostruzione
de l
professor
Screpanti,
il
quale
nel
testo
“L’imperialismo
globale
e
la
grande
crisi”
6
definisce
l’insieme
delle
imprese
multinazionali
“l’Idra
dell’impero
globale”,
considerando
il
capitale
multinazionale
“il
vero
soggetto
dominante
della
globalizzazione.
Soggetto,
nel
senso
che
regola
il
processo
secondo
finalità
proprie
e
cerca
di
subordinare
a
se
stesso
tutti
gli
altri
attori
per
fargli
servire
i
propri
interessi.
Non
è
però
un
soggetto
olistico,
5
Barba-‐Navaretti,Venables,
2006,
pag.
11 -‐12.
6
Ernesto
Screpanti,
2013,
pag
111-‐ 112.
12
non
persegue
finalità
collettive
attraverso
un’Idea,
un
Progetto
o
un
fantomatico
Piano
del
capitale.
Sono
decine
di
migliaia
di
soggetti
individuali
che
perseguono
scopi
e
interessi
particolari.
Ma
come
le
teste
dell’Idra,
che
si
muovono
ognuna
per
conto
suo,
tutte
le
individualità
concorrono
al
trionfo
del
corpo
comune.
Il
corpo
del
capitale
cresce
ed
estende
le
sue
spire
sul
globo
intero
in
forza
dell’azione
di
miriadi
di
teste
di
singole
imprese
autonome.”
In
merito
alle
dimensioni
delle
imprese
multinazionali
Screpanti
afferma
che
“molte
di
esse
sono
organizzazioni
relativamente
piccole,
multinazionali
“tascabili”
che
operano
in
non
più
di
due
o
tre
paesi.
Ma
ce
ne
sono
altre
che
hanno
le
dimensioni
di
veri
e
propri
stati.”
Relativamente
all’impatto
che
le
grandi
imprese
multinazionali
hanno
sullo
scenario
politico-‐economico
mondiale
Screpanti
precisa
che
“si
stanno
affermando
sempre
più
come
le
uniche
organizzazioni
veramente
mondiali,
le
uniche
strutture
gerarchiche
che
esercitano
il
potere
di
comando
su
scala
globale.
Gli
stati
nazionali,
per
quanto
grandi,
non
godono
di
questa
prerogativa.
Il
loro
potere
gerarchico
è
esercitato
entro
i
confini
della
nazione,
al
più
entro
basi
militari
all’estero,
ma
non
su
un
vero
e
proprio
territorio
globale.
I
grandi
organismi
internazionali,
FMI,
BM,
OMC,
sono
preposti
allo
svolgimento
di
funzioni
attinenti
alla
finanza
e
al
commercio
che
sono
ancillari
rispetto
alla
produzione.
Inoltre,
pur
operando
in
un’ottica
cosmopolita,
non
hanno
una
struttura
gerarchica
di
comando
che
gli
permette
di
governare
direttamente
uomini
e
risorse
su
un
territorio
mondiale.
Le
grandi
imprese
multinazionali
invece
ce
l’hanno
una
tale
struttura,
ed
è
quella
che
controlla
il
processo
produttivo.
Per
questo
sono,
e
tenderanno
ad
essere
sempre
più,
i
veri
soggetti
dominanti
dell’impero
globale.”
Ciò
che
sicuramente
fa
riflettere
è
che
l’espansione
delle
imprese
multinazionali
sembra
essere
qualcosa
di
più
di
un
naturale
processo
di
trasformazione
sociale,
soprattutto
perché
la
crescita
del
capitale
multinazionale
aumenta
nel
contesto
americano,
che
è
quello
del
Washington
Consensus
e
della
creazione
del
WTO.
Come
riportato
da
Roberto
Bosio
7
nel
suo
testo
del
2010
“il
Washington
Consensus
è
un’espressione
coniata
nel
1989
dall’economista
John
Williamson
per
indicare
7
Roberto
Bosio,
2010.
13
un’identità
di
vedute
tra
il
Fondo
Monetario
Internazionale,
la
Banca
Mondiale
(hanno
entrambe
la
sede
a
Washington)
e
il
Tesoro
degli
Stati
Uniti,
che
ha
portato
ad
applicare
lo
stesso
breviario
economico
-‐
i
programmi
di
aggiustamento
strutturale
(Structural
Adjustment
Programs
o
PAS)-‐
nei
paesi
del
Sud
del
mondo,
come
nelle
economie
in
transizione
delle
ex
repubbliche
dell’Unione
Sovietica
e
dei
suoi
satelliti.
Questi
programmi
sono
stati
imposti
in
tutto
il
mondo
attraverso
un
meccanismo
semplice:
tutti
i
paesi
avevano
bisogno
di
capitali,
e
per
ottenerli
da
una
qualsiasi
fonte
dovevano
prima
richiedere
ed
ottenere
un
finanziamento
dal
FMI
o
dalla
Banca
Mondiale.
La
loro
erogazione
era
legata
all’applicazione
di
una
serie
di
linee
guida
fissate
dal
Fmi
…”
.
Screpanti
invece
ricorda
che
il
consenso
“
venne
costruito
intorno
ai
seguenti
principi:
riduzione
della
progressività
delle
imposte
per
incentivare
gli
investimenti;
allargamento
della
base
contribuente
alle
classi
sociali
meno
ricche
per
compensare
la
riduzione
delle
entrate
fiscali;
liberalizzazione
dei
mercati
finanziari
per
abbassare
i
tassi
di
interesse;
garanzia
di
pari
trattamento
tra
investimenti
diretti
esteri
e
investimenti
nazionali;
deregolamentazione
dei
mercati
e
privatizzazione
delle
imprese
pubbliche
per
favorire
la
concorrenza;
rafforzamento
della
protezione
della
proprietà
privata;
liberalizzazione
del
commercio
estero;
incoraggiamento
dei
settori
economici
votati
alle
esportazioni;
limitazione
dei
deficit
dei
bilanci
pubblici;
sommersione
di
sussidi
statali
per
realizzare
la
trasparenza
di
mercato;
riorientamento
della
spesa
pubblica
verso
la
fornitura
dei
servizi
minimi
necessari
per
sostentare
i
poveri
e
favorire
lo
sviluppo
(istruzione
primaria,
servizi
sanitari
primari,
infrastrutture).”
8
Per
quanto
riguarda
il
WTO
(Organizzazione
mondiale
del
commercio),
tale
organizzazione
viene
creata
ufficialmente
il
1
Gennaio
1995,
come
risultato
di
8
anni
di
negoziato
dell’
“Uruguay
Round”,
ovvero
una
serie
di
incontri
intercorsi
tra
vari
paesi
tra
il
1986
e
il
1994;
viene
di
fatto
considerato
l’erede
dell’ex
GATT
(General
Agreement
on
Tariffs
and
Trade),
organizzazione
che
era
stata
creata
nel
1948
e
appunto
operativa
fino
al
1995.
8
Screpanti,
2013,
pag
16
(nota
3).