INDICE
INTRODUZIONE pag. 3
CAPITOLO 1: LE IMPRESE FEMMINILI NEL CONTESTO NAZIONALE E
INTERNAZIONALE
1.Imprese femminili: concetti generali pag. 7
2.Forma giuridica e settori scelti dalle donne in Italia pag. 20
3. Uno sguardo alle imprese femminili in Europa pag. 27
CAPITOLO 2 : LA CRISI ALL’INTERNO DELLE IMPRESE FEMMINILI
1. Cause e tipologie di crisi aziendale pag. 35
2. La posizione delle imprenditrici nella crisi pag. 45
3. Le difficoltà nell’accesso al credito bancario per le donne pag.50
CAPITOLO 3: PROCESSI DI RISANAMENTO DELLE PICCOLE IMPRESE IN CRISI
1. Processi di risanamento e turnaround pag. 55
2. Strategie in tempo di crisi pag. 66
3. Le differenze tra uomo e donna nella scelta strategica pag. 70
Conclusioni pag. 72
Bibliografia pag.75
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Introduzione
Il presente lavoro scaturisce dal desiderio di analizzare l’entrata
delle donne nel mondo lavoro, ed in particolare (ho voluto soffermarmi )
sull’analisi delle imprese femminili.
In Italia, negli ultimi anni abbiamo assistito ad una nascita
cospicua di imprese al cui comando vi è una componente femminile, con
un aumento del tasso di femminilizzazione pari al 21 % , come si denota
dai dati pubblicati da UnionCamere, l’osservatore sull’imprenditoria
femminile: ‘’A giugno 2017 le imprese registrate sono complessivamente
6.079.761 imprese, di cui 1.325.438 sono a conduzione femminile’’ (
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) .
L’aumento notevole di quelle imprese femminili è dovuto anche a
tutti quei finanziamenti ed agevolazioni di cui le donne possono fare
richiesta, per iniziare ad avere un capitale ed investirlo nelle start-up.
Vengono considerate imprese femminili, quelle imprese in cui il
titolare sia donna, o comunque abbia la maggioranza delle azioni
societarie.
Nel primo capitolo affronterò l’evoluzione degli studi
sull’imprenditoria femminile, evidenziando come il concetto di donna sia
cambiato negli anni.
I primi studi sull’evoluzione dell’imprenditoria femminile iniziarono
negli anni ’70 negli Stati uniti, dove si cominciò ad analizzare le cause
che portavano le donne a non inserirsi nel mondo del lavoro.
Questo contesto storico risulta essere molto delicato ancora per
le donne, le quali non avevano accesso al lavoro, ma considerate
essenziali soltanto la cura della casa, dei figli e del marito.
Dagli studi effettuati emergeva una minore dotazione delle donne
sul campo professionale, considerate carenti di quei tratti che le
distinguevano dagli uomini nel campo del lavoro.
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Sito web: www.unioncamere.gov.it
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Potremmo dire anche che l’età giocava un ruolo predominante,
infatti le donne all’età di 18 anni già sposate e con figli, motivo per cui
non continuavano gli studi, risultando avere meno competenze rispetto
agli uomini.
Negli anni ’80, grazie all’incremento delle donne all’interno delle
scuola, ed alla frequentazione più assidua anche all’università, il ruolo di
esse è mutato.
La crescita della scolarizzazione e di conseguenza l’aumento delle
capacità manageriali delle donne ha fatto si che negli anni successivi,
molte di esse erano a capo dei consigli dei amministrazione, al comando
delle imprese e all’interno di quei settori considerati prettamente maschili.
Ho analizzato il settore, la dimensione in cui esse scelgono di
operare, dando uno sguardo anche al panorama mondiale.
La crescita della scolarizzazione e di conseguenza l’aumento delle
capacità manageriali delle donne ha fatto si che negli anni successivi,
molte di esse erano a capo dei consigli dei amministrazione, al comando
delle imprese e all’interno di quei settori considerati prettamente maschili.
Ho delineato i settori più scelti dalle donne in Italia, e la dimensione
di impresa cercando di comprendere i motivi per le quali scelgono un
determinato settore e dimensione.
Mi sono soffermata inoltre, su alcune teorie descrivendo le
motivazioni che fanno la differenza su un’impresa guidata da donne ed
una guidata da uomini.
Dagli anni ’90 in poi, sono nate varie associazioni, enti e comitati
che sostengono le donne imprenditrici cercando di motivarle e non farsi
abbattere dai pregiudizi ancora presenti, dunque ho focalizzato la mia
attenzione verso tutti quei finanziamenti, agevolazioni, e contributi che le
donne possono richiedere prima di intraprendere la carriera
imprenditoriale ed anche in fase di crescita dell’impresa.
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Numerose inoltre sono le normative a favore delle donne, la più
importante tra di queste è la legge 215/92 denominata ‘azioni positive per
l’imprenditoria femminile’ che prevede diversi tipi di agevolazioni.
Nel secondo capitolo la mia attenzione si è rivolta al contesto della
crisi economica recenti del nostro paese, facendo un’analisi più generale
delle cause e le tipologie a cui vanno incontro; osservando anche il
contesto finanziario per le donne imprenditrici, e la posizione che hanno
assunto durante la crisi economico-finanziaria.
La crisi economico finanziaria del nostro paese ha avuto impatti
negativi per tutte le imprese in generale che siano maschili o femminili,
dunque ho cercato di analizzare le cause che possano portare
un’azienda in declino, se la colpa possa essere attribuita alla cattiva
gestione, inadeguatezza del proprietario o per colpa di eventi esterni
all’impresa impossibile da evitare.
Verranno analizzate le motivazioni che spingono le donne a non
richiedere i prestiti, cercando di comprendere, se vi siano delle
discriminazioni di genere nell’accesso al credito o meno. Tramite ricerche
condotte da vari studiosi, ho cercato di dare una spiegazione al
fenomeno dell’accesso al credito per le donne, chiedendomi se alla base
vi sia una discriminazione di genere o meno, e se quindi, trovandosi una
donna allo sportello bancario la situazione potrebbe cambiare?
Nel terzo ed ultimo capitolo, ho attenzionato i processi di
risanamento e i processi di turnaround di un’azienda in crisi,
soffermandomi su tutte quelle operazioni che compie l’imprenditore per
cercare di salvare l’azienda dal declino d’impresa, e gli istituti giuridici sui
quali appoggiarsi in un piano di risanamento.
Nel caso in cui sia possibile salvare l’azienda, ho rivolto la mia attenzione
su tutte le possibili strategie che l’imprenditore può attuare per cercare di
farla uscire dalla crisi d’impresa, e se esistano le strategie diverse se sia
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una donna, o un uomo, a Capo dell’azienda nella scelta strategica più
adatta.
Con questo mio lavoro, ho cercato di attribuire importanza allo
sviluppo della donna nel contesto professionale, cercando di mettere in
luce i vari aspetti che la contraddistinguono dall’uomo, esaltando i punti
caratteristici della donna da sfruttare nella valorizzazione del nostro
paese.
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CAPITOLO PRIMO
Le imprese femminili nel contesto nazionale e internazionale
1. Imprese femminili: concetti generali
A partire dagli anni 70’ assistiamo all’avvio degli studi
sull’imprenditoria femminile. Tali studi dimostrano innanzitutto un primo
dato rilevante, cioè la reticenza da parte delle donne all’avvicinarsi alla
professione di imprenditrice poiché condizionate dal giudizio negativo
relativo alle loro capacità imprenditoriali. Le donne sono considerate
“carenti” rispetto agli uomini in alcuni elementi distintivi, ritenuti
puramente maschili, come la mancanza di una formazione adeguata, il
fatto di non potersi dedicare totalmente all’impresa poiché combattute
tra la famiglia e il lavoro, e con tutte le responsabilità che ne conseguono.
Infine altro elemento rilevato dagli studi sull’imprenditoria è la difficoltà da
parte delle donne, ad accedere al credito bancario. Date queste
premesse, la situazione delle imprese esistenti formate da donne, già di
per sé di micro-dimensioni, risultava anche molto instabile e con bassi
ricavi.
Tuttavia a partire dagli anni ’80, si assiste ad un cambiamento di
prospettiva. Le donne acquisiscono una capacità manageriale diversa,
con competenze professionali più elevate nonostante la costituzione
delle imprese continui ad essere di piccole dimensioni. Le donne
riescono ad accedere ad formazione scolastica più elevata rispetto al
decennio precedente e posseggono ulteriori competenze imprenditoriali,
competenze rilevate dalle esperienze lavorative all’interno delle aziende
di famiglia.
Purtroppo permane ancora un concetto troppo insito nelle
mentalità del tempo, la concezione della donna vista come mamma,
moglie e casalinga, e quindi non completamente imprenditrice da un
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punto di vista professionale. Non si riesce ad entrare ancora nella visione
di “Donna Impresa”.
In Italia, infatti, agli inizi degli anni ’80 le analisi statistiche
evidenziano come la donna viene definita: “Donna e lavoro subordinato”
e non “Donna e impresa” definizione che invece viene utilizzata a ragion
d’essere negli Stati Uniti. Questo viene dimostrato anche dai dati, infatti
in Italia secondo i censimenti del 1971 le donne dirigenti sono 36.827
mentre le donne imprenditrici 18.343, ancora un decimo rispetto agli
uomini che ricoprono le stesse posizioni.
Le imprenditrici, vengono definite tali, soltanto perché mogli di
imprenditori, e quindi lavorando insieme al marito, acquisiscono tale
denominazione. Oppure donne vedove che, avendo ereditato l’azienda
dal marito sono costrette a proseguire l’attività, oppure ancora
imprenditrici-figlie, tali poiché hanno ereditato l’azienda dal padre.
Solamente una minoranza è costituita da imprenditrici autonome, sono
coloro che hanno avuto precedenti esperienze lavorative come lavoro
subordinato, e che solo in seguito hanno deciso di creare un’impresa.
Quest’ ultime, si crede abbiano più dedizione e passione rispetto alle
precedenti, per il semplice fatto di aver creato la loro impresa per
decisone e convinzione personale.
Un altro dato particolare sembra essere quello che pone le donne
laureate o diplomate più dedite al lavoro rispetto a quelle in possesso di
un diploma di scuola inferiore. Poiché queste ultime si sono dedicate alla
famiglia molto prima rispetto alle donne che hanno avuto una formazione
scolastica più elevata, e quindi forse la loro priorità era la cura della
famiglia e solo secondariamente la conduzione della loro impresa.
‘’Ripercorrendo l’evoluzione degli studi sul tema
dell’imprenditorialità femminile, si osserva un graduale allontanamento
dagli schemi teorici dominanti: infatti, dopo una prima fase in cui prevale