I 1 Com’era il trasporto pubblico locale
“La tecnica dei trasporti si sviluppa nella storia dell'umanità tra la ricerca di
fonti energetiche (le prime delle quali furono l‟uomo e gli animali) e i ma-
1
nufatti (i primi dei quali furono le imbarcazioni e le ruote)”.
L‟inizio del trasporto su strada, sia pure senza propulsione meccanica, fu
avviato dall‟invenzione della ruota: carrozze di ogni tipo, da quelle padro-
nali, eleganti e raffinate, alle carrozze di posta che adempivano alla funzio-
ne di corriere e successivamente come strumento per il trasporto di persone,
alle diligenze-carrozza pubblica a cavalli, agli omnibus (nel significato di
carrozza diligenza per tutti) ai velociferi che, con cambi di cavalli molto
frequenti e tariffe maggiorate, permettevano collegamenti più rapidi ed effi-
caci. Quindi le antesignane dell'omnibus sono le diligenze, se impiegate nel
servizio pubblico, e le carrozze, se utilizzate ad uso esclusivo dei privati e
2
del trasporto della posta.
Questi "legni", come venivano genericamente chiamati, differivano sostan-
zialmente per le comodità offerte ai viaggiatori, per le capacità di carico e
per il numero dei cavalli occorrenti al loro traino. Le carrozze accoglievano
al massimo quattro persone, le diligenze, invece, arrivavano a trasportarne
da 6 a 8 ed altrettante allo scoperto se munite di imperiale (così si chiamava
la zona superiore delle vetture quando era equipaggiata per accogliere altri
passeggeri). Le prime erano generalmente trainate da una sola pariglia di
animali mentre le seconde, come base, specialmente sulle lunghe distanze,
necessitavano almeno di due pariglie. Sia le diligenze che le carrozze, in ca-
so di lunghi viaggi sostavano, di notte, nelle "stazioni di posta" munite di
1
Vercelloni, "Atlante Storico delle Metropolitane nel Mondo", Electa ed., Milano 1989.
2
Cfr.: Barbara Agostini, "Trasporti Urbani" in "Storia del disegno industriale 1851-1918. Il Gran-
de Emporio del Mondo", Electa, 1990, pag. 397.
locanda.
I tempi di viaggio possibili con tali mezzi, anche se oggi fanno sorridere,
per l'epoca erano di tutto rispetto: si andava ad esempio da Firenze a Roma
in 33 ore, mentre se ne impiegavano 84 per raggiungere Roma partendo da
Bologna.
Per le località che si trovavano nei dintorni delle diverse città, si utilizzava-
no diligenze più leggere e più semplici di quelle per le lunghe distanze,
quasi sempre completamente aperte ed alle quali si accedeva dalla parte po-
3
steriore del veicolo.
L'omnibus a cavallo fece la sua apparizione in Francia nel 1820, a Nantes
ed il suo nome nacque in seguito ad un fatto estremamente curioso. Un cer-
to Stanislas Baudry aveva installato una fabbrica a vapore per lavorare la
farina nel quartiere di Richebourg a Nantes; constatando che tale processo
produceva un grosso quantitativo di acqua calda, impiantò dei bagni in
prossimità della fabbrica. Baudry ebbe quindi la brillante idea di creare un
servizio di navette tra il centro della città stessa ed i bagni, approntando ap-
punto dei veicoli, gli "omnibus", in virtù del fatto che la partenza da Place
du Commerce si trovava di fronte ad un negozio di cappelli di un certo Si-
gnor Omnes, il quale reclamizzava la sua attività con un'insegna riportante
"Omnes Omnibus". Così si sviluppò la prima linea di omnibus, il cui nome
poi fu mantenuto in tutto il mondo.
Anche a Parigi l‟omnibus entrò a far parte del paesaggio ottocentesco: dal
Secondo Impero è dotato di tetto praticabile, l‟imperiale; la sua utilizzazio-
ne generalizzata è considerata come uno specchio della società. Nel 1854
undici compagnie di omnibus avevano 358 vetture in circolazione a Parigi.
Nel 1855 un decreto imperiale consacrò la fondazione della Compagnie
“Générale des Omnibus”, che rappresentava la fusione di tutte le compagnie
ed il monopolio della nuova. I viaggiatori trasportati in quell'anno furono 40
3
Cfr. : N. Cefaratti, "Un Tram per Firenze", Calosci- Cortona, 1988, pagg. 13- 14.
6
milioni e ben 74 milioni nel 1860.
In Inghilterra, nel 1856, si costituì la “London General Omnibus
Company”, dopo 21 anni dalla formazione della prima linea ferroviaria
“London-Greenwich”; gli omnibus nel 1859 trasportarono ben 39 milioni di
viaggiatori.
In Italia, a Milano, l‟imprevista affluenza dei viaggiatori alla nuova ferrovi-
a, rese necessaria l‟istituzione di una prima linea di omnibus a cavallo per
collegare la stazione situata a Porta Nuova con il centro cittadino, gestita
dalla S.A.O. (Società Anonima Omnibus). Questa prima linea iniziò il suo
regolare servizio con l'impiego di una vettura a quattro ruote, munita di otto
posti a sedere e trainata da un cavallo. Nel corso del ventennio successivo il
servizio di omnibus urbano, affidato a vari concessionari, venne ampliato
4
con nuove linee.
Generalmente gli omnibus erano suddivisi in due tipi di veicoli: invernali ed
estivi. Il materiale per la stagione invernale era formato da mezzi aventi un
compartimento chiuso, con sedici posti a sedere su due sedili disposti longi-
tudinalmente, rivestiti con tela incerata e con spalliere imbottite. Le finestre
erano fisse e disponevano di vetri scorrevoli, mentre il cielo (o imperiale)
era costituito da stecche di legno rivestite esternamente con tela verniciata.
La piattaforma posteriore, scoperta, poteva contenere quattro persone in
piedi. Il soffitto era sostenuto da montanti in ferro e legno e per tutta la sua
lunghezza il veicolo era provvisto di due corrimani in ottone muniti di ma-
niglie di sostegno. Disponevano inoltre di un freno a leva, di un sedile per il
conducente, di tre fanali per l‟illuminazione, di cartelli indicanti il percorso
effettuato e di timone per l'attacco delle pariglie di cavalli. I cartelli indica-
tori erano dipinti in colori differenti per agevolare l'identificazione del per-
4 Cfr. : Barbara Agostini, “Trasporti Urbani”, in “Storia del disegno industriale 1851-1918. Il
Grande Emporio del Mondo”, Electa ed., Milano 1990 op. cit. pagg. 397-400.
7
corso da parte degli analfabeti, allora assai numerosi. Il cocchiere sedeva in
alto, sull‟imperiale, mentre il bigliettaio stava sul terrazzino posteriore che
veniva condiviso con altri viaggiatori. Quelli per il servizio estivo erano del
tipo a "giardiniera", tutti aperti con tende di tela bianca, accesso sui due lati
e riparati da una tettoia. Differivano quindi dal tipo invernale soltanto per il
fatto che la finestratura era completamente assente. Alcuni modelli erano
per così dire trasformabili: le finestre potevano essere montate o meno a se-
conda della stagione. Gli omnibus erano di svariati colori, dal verde di Fi-
renze e Milano, al bianco e rosso di Roma, con rifiniture ed attrezzature di
traino nere.
Bisogna infine ricordare che l‟omnibus invernale disponeva di quattro ruote
tutte esterne alla carrozzeria, di cui due più grandi nella parte posteriore e
due più piccole nella parte anteriore, mentre i mezzi a “giardiniera” aveva-
no ruote tutte di uguali dimensioni ed interne alla carrozzeria, molto simili
quindi ai successivi tram a cavalli con un aumento della larghezza del vei-
colo ed un notevole abbassamento dello stesso per favorire la salita del
pubblico sulla carrozza. Normalmente erano trainati da due cavalli (spesso
si trattava di quadrupedi di razza), ma nei percorsi più acclivi gli animali
potevano diventare anche quattro. In alcune città italiane, come Roma ad
esempio, il corretto impiego dei cavalli era addirittura controllato da agenti
di polizia e dalla protezione animali, mentre erano obbligatorie le coperture
degli animali con tele impermeabili nei giorni di pioggia e con drappi bian-
5
chi d‟estate.
Venivano esposti poi in certi casi anche i cartelli con l‟indicazione del nu-
mero massimo dei viaggiatori ammessi, onde evitare il sovraccarico assolu-
tamente proibito, pena multe salate. Da notare che questi tipi di vetture era-
no messi in servizio dopo severi collaudi da parte delle autorità competen-
5
Cfr. : N. Cefaratti, M. Malaspina, 1865-1985 Centoventi anni di trasporti pubblici a Firenze, Ca-
losci, Cortona 1987. op. cit., pagg. 366-369.
8
6
ti. Gli omnibus, come mezzo di trasporto pubblico nell'ambito delle medie
e lunghe distanze, non reggeranno però al confronto del sistema su ferro,
ma acquisteranno un ruolo di notevole rilievo per il trasporto dei passeggeri
nelle città. Fino agli inizi degli anni '20 si riscontrerà la loro presenza in
molte città italiane, nei trasporti di carattere urbano.
Dopo questa breve analisi di come è veramente nato il trasporto pubblico e
di come le persone si spostavano un tempo in assoluta tranquillità e senza il
caos di oggi, sottolineo in particolare la severità del controllo sul numero di
passeggeri, con multe salatissime se si eccedeva la capacità di carico. Oggi-
giorno non solo non si guarda questo aspetto, ma nelle ore di punta pur di
poter salire su di un mezzo pubblico si “spinge a più non posso” per giunge-
re a destinazione anche solo pochi secondi prima considerati fondamentali
nella società di oggi.
Nel corso degli anni '70 dell‟Ottocento si registrarono alcuni tentativi di
applicazione del vapore ai trasporti urbani attraverso la costruzione di lo-
comotive, o di speciali vetture tranviarie automotrici che, dotate di caldaie
tubolari e alimentate con coke, consentivano di ridurre considerevolmente
l‟emissione di fumi, quando si fossero impiegati carboni di alta qualità, e
soprattutto di contenere l‟emissione di vapore entro misure accettabili,
quando lo sforzo richiesto fosse stato moderato.
Benché tra gli anni '70 e la fine del secolo fossero già state prodotte parec-
chie centinaia di locomotive, equipaggiando sperimentalmente molte linee
in Inghilterra, Francia, Germania e Svizzera, in generale il risultato di que-
gli esperimenti fu quello di determinare dopo breve tempo l'interruzione, o
drastiche restrizioni, dell'impiego dei tram a vapore, e di portare al ripristi-
6
Cfr. : P. Muscolino, E. Timarco, “I trasporti Pubblici di Roma. Notizie ed immagini dal 1845 ai
giorni nostri”, Di Giacomo Editore, Roma, 1987, pagg.28-29.
9
no della trazione animale. Campo di applicazione della tramvia a vapore
rimasero perciò le tratte suburbane dove, con linee ferrate leggere di carat-
tere locale, si poteva servire una popolazione sparsa senza affrontare gli in-
genti investimenti richiesti dalla costruzione di una linea ferroviaria ordina-
ria. Questo anche perché gli ostacoli alla diffusione della trazione urbana
erano da imputare non solamente alla normativa tendente all'eliminazione
di fumi, faville, ceneri e rumori ad essa associati, ma anche alla difficoltà di
contenere i costi. Per ogni vettura o al più per ogni convoglio di due carroz-
ze, oltre all'ingente investimento per la locomotiva, veniva richiesta una no-
tevole dissipazione di energia per il movimento della motrice, con i pesi
morti delle sue dotazioni di acqua e carbone e per la necessaria presenza di
7
un altro addetto quale era il fuochista.
Anche qui si può notare che già allora si cercava di economizzare il traspor-
to cercando di provocare minor danno sotto il punto di vista
dell‟inquinamento ovvero riducendo l‟emissione di fumi, quando si fossero
impiegati carboni di alta qualità, e soprattutto di contenere l‟emissione di
vapore entro misure accettabili, quando lo sforzo richiesto fosse stato mode-
rato.
Una prima risposta a questo tipo di problemi si ebbe con la messa a punto di
sistemi di trazione in cui si cercava di centralizzare la produzione dell'ener-
gia motrice: un accorgimento che poteva consentire di superare contempo-
raneamente gli inconvenienti di carattere ecologico ed economico.
Vapore, aria compressa e cavi vennero abbandonati a favore dell‟elettricità,
che era divenuta oggetto di indagine nella ricerca di una forza motrice ade-
guata per superare i gravi limiti della trazione animale nel trasporto pubbli-
7
Cfr. : A. Mantegazza, C. Pavese, L'ATM di Milano 1861-1972, F. Angeli ed., Milano 1993, op.
cit. pagg. 66.
10
co urbano. Soltanto verso la fine degli anni '70 dell'Ottocento, il problema
venne affrontato in modo soddisfacente.
Il motore elettrico permetteva, infatti, di superare senza grosse difficoltà sa-
lite con pendenze anche superiori al 10% con il vantaggio della facilità con
cui la corrente elettrica poteva trasportarsi e suddividersi.
In occasione della presentazione delle proposte di elettrificazione della rete
tranviaria e anche nei momenti di più accesa concorrenza, le imprese gene-
ralmente insistevano su due punti: 1) la richiesta di un prolungamento della
durata della concessione in cambio dell'elettrificazione e 2) il permesso di
adottare l‟alimentazione aerea delle vetture quanto meno su una vasta por-
zione della rete.
In Europa le amministrazioni municipali, a differenza degli Stati Uniti, do-
ve lo stato e le autorità municipali non ebbero modo di influire sulla gestio-
ne finanziaria delle imprese, riuscirono ad imporre tariffe meno onerose per
il pubblico.
L‟elettrificazione venne per lo più accompagnata dall‟abbandono delle ta-
riffe a scaglioni e dall‟adozione della tariffa fissa di tipo americano, ciò so-
prattutto perché i municipi ritenevano che tariffe inferiori e fisse avrebbero
incoraggiato gli utenti a percorrere distanze maggiori e quindi si sarebbe fa-
vorita l‟espansione delle periferie cittadine. Si passò quindi da una tariffa
che mediamente era di 10-15 centesimi di franco in Francia (o di 10-15
pfenning in Germania) per le prime due tratte, con un‟aggiunta di 5 cente-
simi per ogni tratta addizionale, ad una che prevedeva una spesa fissa di 10
centesimi (o 10 pfenning) per qualsiasi distanza. Si introdussero poi i bi-
glietti a tariffa ridotta per lavoratori, facilitazione questa sconosciuta per la
trazione a cavalli, che generalmente si concretizzava nell'adozione, in certe
fasce orarie, di un biglietto venduto ad un prezzo pari alla metà, o, a volte
11
8
anche ad un terzo del biglietto ordinario.
Molteplici erano i fattori che spingevano alla sostituzione della rotaia: a Mi-
lano per esempio, i dirigenti delle aziende di Trasporto Pubblico Locale
pensavano che sarebbe stata conveniente una maggior diversificazione
nell‟offerta di mezzi perché era stata raggiunta la soglia massima della do-
manda di trasporto e l‟impiego esclusivo o prevalente del tram sulle tratte
periferiche delle linee diventava troppo costoso. Da ciò l‟entrata in funzione
a pieno titolo della trazione automobilistica, a cui poi, come vedremo, si af-
fiancherà anche quella metropolitana e filoviaria.
I sistemi di trasporto collettivo di persone sono una risorsa determinante per
la crescita equilibrata e sostenibile del tessuto economico ed urbanistico di
un paese ed in particolare dei grandi centri urbani.
Questi sistemi sono cresciuti parallelamente alla crescita della città quali
aggregazioni d‟insediamenti abitativi ed industriali e hanno accompagnato
lo sviluppo diventando essi stessi parte dell‟evoluzione del sistema sociale
ed industriale.
Continuando attraverso un balzo in avanti e giungendo agli anni 60‟ lo svi-
9
luppo del TPL, sostenuto da finanziamenti dello Stato, era rivolto soprat-
tutto al servizio dedicato alle fasce più deboli della popolazione.
Contemporaneamente si privilegiava e favoriva con grande sforzo, anche
finanziario, la mobilità individuale dando significativo sostegno
all‟industria automobilistica, che rappresentava e rappresenta tuttora un fat-
tore determinante della politica economica nazionale.
I due sistemi sono cresciuti indipendentemente l‟uno dall‟altro fino a satu-
rare in qualche misura i bisogni di mobilità del cittadino, ognuno rivolgen-
8
Cfr. : MANTEGAZZA A., PAVESE C., op. cit. pagg. 67- 77.
9
T.P.L. è l‟abbreviazione di Trasporti Pubblici Locali.
12
dosi, quindi, a diversi segmenti d‟utenza, differenziati sostanzialmente dalle
condizioni economiche e sociali di appartenenza.
Mentre lo sviluppo e la crescita economica del paese annullavano le diffe-
renze ed aumentavano la capacità di spesa della popolazione, garantendone
benessere e più eque condizioni sociali, crescevano la domanda e l‟offerta
dell‟industria automobilistica a scapito del TPL, con l‟avvio di una profon-
da crisi economico - finanziaria del settore.
Siamo agli inizi degli anni 80‟ e si comincia a pensare a sistemi di regola-
zione e controllo del TPL che, utilizzando come leva fondamentale il finan-
ziamento pubblico (istituzione del Fondo Nazionale Trasporti legge N°
151/1981), consentano una più equilibrata evoluzione dei sistemi di traspor-
to collettivo e lo sviluppo di un carattere più imprenditoriale delle aziende,
con una crescente attenzione al fattore economico e non solo alla produzio-
ne del servizio.
Si giunge così agli anni 90‟ in una situazione sempre più critica
per il TPL che continua a perdere utenza nella competizione con
il mezzo privato.
Le amministrazioni locali hanno ormai quasi completamente de-
legato la funzione di regolazione dei servizi alle loro aziende, che
operano in regime di monopolio ed affrontano la programmazione
secondo una logica prevalentemente product oriented e di mante-
nimento della pace sociale.
La radice del problema economico trae origine dalla particolare
natura del servizio del trasporto pubblico. Esso è destinato a so-
stenere costi superiori alla dimensione dei ricavi e raramente rie-
sce a saturare in modo completo la capacità produttiva predispo-
13
10
sta. Inoltre, la scarsa remuneratività dei fattori della produzio-
11
ne può essere ricondotta:
alla dinamica dei ricavi, in quanto le tariffe del servizio ri-
sentono della valutazione della convenienza comparata e
seguono un regime di prezzi amministrativi per l‟elevato
12
valore sociale attribuito al trasporto pubblico locale;
alla composizione dei costi di esercizio caratterizzata dalla
prevalenza dei costi fissi su quelli variabili, rappresentati
in misura significativa dal costo del personale;
alla difficoltà di una puntuale programmazione dell‟offerta,
poiché l‟automobile si rileva il mezzo preferito per gli spo-
stamenti sistematici e occasionali.
Allo scopo di recuperare efficienza nel comparto di responsabiliz-
zare gli operatori, gli strumenti di intervento pubblico sono stati
riorganizzati con l‟obiettivo di scindere le funzioni di pianificazio-
ne della Pubblica Amministrazione da quelle più strettamente
gestionali, collegate all‟offerta del servizio. Inoltre si è valutata
l‟importanza di creare i presupposti per la realizzazione di condi-
zioni di competizione fra le aziende e di introdurre appropriate
politiche per la relativa regolazione.
I sindacati, che nel periodo in cui la politica guardava distratta-
mente al TPL hanno in qualche modo garantito la continuità e
10
Rif GIORDANO A., “I trasporti pubblici locali. Il problema costi – ricavi”, Giuffrè Milano,
1988. Cit. a pag. 7.
11
Popoli P. “L‟Azienda di tasporto pubblico locale”, ASPETTI DI GESTIONE, Cedam, 1998
(pag. 67 – 78)
12
Si veda più in particolare nel paragrafo dedicato in particolare alle tariffe ed ai costi di viaggio.
14
tenuta del servizio, stentando a cogliere l‟esigenza di un profondo
cambiamento nei modelli di gestione e nel rapporto con l‟azienda.
Nella seconda metà degli anni „90 da un lato si evidenzia
l‟accentuarsi delle criticità derivanti da questa situazione di ge-
nerale debolezza di una pianificazione equilibrata dei sistemi di
mobilità e dei sottosistemi di trasporto di tipo sia collettivo sia
individuale, e dall‟altro, si evidenzia la presa di coscienza di pro-
blemi indotti di carattere ambientale, con riflessi importanti che
dal punto di vista economico (i costi delle esternalità) e sociale, ri-
chiedono un ripensamento complessivo del sistema dei trasporti a
livello nazionale ed Europeo che affronti con efficacia alcuni a-
spetti prioritari:
o il congestionamento dei grandi centri urbani;
o il costo insostenibile del TPL per la collettività, tenuto conto
della progressiva diminuzione dell‟utenza, trasferita verso
il moto privato individuale;
o l‟esigenza di contenimento degli effetti sull‟ambiente e sulla
sicurezza (inquinamento acustico e ambientale, incidenti
stradali);
o la consapevolezza che le grandi città non possono far a me-
no di un sistema infrastrutturale di trasporto, rete portante
capace di coniugare le esigenze di spostamento con il nuovo
concetto di “mobilità sostenibile”;
o l‟affermarsi della convinzione della collettività che la mobi-
lità è un diritto e che la pubblica amministrazione deve ga-
rantire un livello di servizio efficiente ed efficace e soprat-
15
13
tutto rispondente alle esigenze di spostamento.
L‟insieme di queste ragioni, con al centro la pressante necessità di
ridurre sensibilmente il fabbisogno del TPL a livello nazionale,
induce il governo, in coerenza con la normativa comunitaria e for-
te delle esperienze che si stanno ormai consolidando a livello eu-
ropeo, alla definizione della riforma del TPL adottata dal legisla-
tore nel D. Lgs. N° 422/97 di attuazione dell‟art. 4 comma 4 della
legge n. 59/97.
Tale decreto individua le funzioni ed i compiti che sono conferiti
alle Regioni ed agli Enti Locali in materia di servizi pubblici di
14
trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalità
effettuati ed in qualsiasi forma affidati e fissa altresì i criteri di
organizzazione dei servizi di trasporto locale.
Relativamente alla presente riforma si possono sottolineare due
principali aspetti fondamentali.
Il primo riguarda il decentramento delle competenze in materia
del trasporto pubblico locale, il secondo invece l‟introduzione di
meccanismi di concorrenzialità nel settore.
Entrambi questi aspetti saranno oggetto di studio ed analisi in
13
Si veda l‟articolo 16 della Costituzione Italiana.
14
Il D. Lgs. 422/97 ha definito all‟art. 1 comma 2 “Servizio pubblici di trasporto regionale e locale
quei servizi di trasporto di persone e merci che non rientrano tra quelli di interesse nazionale indi-
viduati all‟art. 3; essi comprendono l‟insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari,
lacuali, fluviali ed aerei che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequen-
ze e tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato, nell‟ambito di un territorio di dimensione nor-
malmente regionale o infraregionale” ENRICO LAGHI “Crisi e risanamento delle aziende di tra-
sporto pubblico locale” CEDAM 2001.
16
tutto il presente elaborato.
Relativamente al primo aspetto della riforma l‟art. 5 del D. Lgs.
422/97 ha conferito “Alle Regioni e agli Enti Locali” tutti i compiti
e tutte le funzioni relative al servizio pubblico di trasporto di in-
teresse regionale e locale, in atto esercitati da qualunque organo e
amministrazione dello Stato, centrale o periferica, anche tramite
enti o altri soggetti pubblici, tranne quelli espressamente mante-
nuti allo Stato, cioè:
a) gli accordi, le convenzioni ed i trattati internazionali re-
lativi a servizi tran frontalieri per il trasporto di persone e
merci;
b) le funzioni in materia di sicurezza;
c) l‟adozione delle linee guida e dei principi quadro per la
riduzione dell‟inquinamento derivante dal sistema di tra-
sporto pubblico”.
Pertanto è demandata alla competenza delle Regioni e degli Enti
Locali l‟intera attività di programmazione ed organizzazione della
gestione dei servizi di trasporto pubblico locale.
Le Regioni a loro volta “in conformità ai singoli ordinamenti re-
gionali e sentite le rappresentanze degli enti e delle autonomie lo-
cali conferiscono alle Province, ai Comuni e agli altri Enti Locali
tutte le funzioni ed i compiti regionali in materia di trasporto
pubblico e locale”.
Riguardo invece il secondo aspetto della riforma si precisa che ta-
le decreto legislativo ha previsto l‟adozione di strumenti di con-
15
correnza nella fase di affidamento del servizio. Il legislatore ha
15
Si precisa che le prime innovazioni legislative volte ad iniziare un percorso di liberalizzazione
17
optato per l‟introduzione di un regime di concorrenza tra le im-
prese del settore nel momento dell‟affidamento della gestione del
servizio che una volta aggiudicato all‟impresa risultata vincitrice
della gara, viene svolto dalla stessa in regime di monopolio per un
periodo limitato di tempo, pari a quello definito nel bando di gara.
Al fine di regolare i rapporti tra Ente Pubblico e società di gestio-
ne di servizio, il Legislatore ha previsto il ricorso al Contratto di
Servizio, strumento idoneo a garantire certezza e stabilità ai rap-
16
porti tra affidante e affidatario
17
Secondo M. Baldassarri, “la spinta riformista nel comparto del trasporto
pubblico locale ha radici molto profonde nella tradizione normativa del no-
stro Paese ed è sintomatica di una evoluzione quasi biologica dei fondamen-
18
ti costituzionali e delle intuizioni programmatiche delle politiche governa-
tive”.
dei servizi pubblici si è avuta con l‟emanazione della legge 142/90. Per approfondimenti sul punto,
confrontare M. BALDASSARRI, A. MACCHIATI, D. PIACENTINO (a cura di) “The privatiza-
tion of public utilities: the case of Italy”, MACMILLAN, HOUNDMILLS 1997; F. GIAVAZZI,
A. PENATI, G. TABELLINI (a cura di), “ Liberalizzazione dei mercati e privatizzazioni”, Il Mu-
lino, BOLOGNA 1998.
16
Confrontare le pagine seguenti del presente lavoro per approfondimenti sul Contratto di Servizio
e sue caratteristiche.
17
Vedi nota precedente n. 15.
18
L‟articolo 16 della Costituzione sancendo che «Ogni cittadino può circolare ...liberamente in
qualsiasi parte del territorio nazionale...», salvo deroga imputabile a motivi di sanità e sicurezza,
configura il diritto di mobilità, che se pur generico, pone a carico dello Stato l‟onere di costituire le
condizioni di diritto e di fatto ad esso conseguenti.
18