4
INTRODUZIONE
Il presente lavoro ha lo scopo di individuare la disciplina
dell’immunità dalla giurisdizione dei militari impiegati in missione
all’estero. L’argomento verrà sviluppato in due capitoli, il primo inerente
la dottrina in materia, il secondo contenente la prassi rilevante degli
ultimi due secoli.
Per quanto concerne la dottrina, sarà data innanzitutto una
spiegazione del fenomeno delle immunità nel diritto internazionale,
ovvero il fine ultimo che determinate convenzionalità assumono nel
sistema collettivo degli Stati. Analizzeremo a tal proposito le immunità
accordate agli organi dello Stato d’invio quando si trovino in uno Stato
ospite e, in questo contesto, cercheremo di capire quale sia il fondamento
giuridico delle tesi che sostengono l’esistenza di una norma di diritto
internazionale atta a sostenere le medesime immunità anche per i corpi
militari. Infatti, come avremo modo di vedere, è argomento dibattuto che
le truppe stazionanti in territorio estero godano, parimenti ai corpi
diplomatici, dell’immunità dalla giurisdizione locale dello Stato di
dislocazione.
Dopo aver concentrato la nostra attenzione su questi aspetti,
passeremo poi all’analisi degli accordi, bilaterali o multilaterali, stipulati
per fornire delle linee-guida sullo status dei militari in missione. Ci
riferiamo ai cosiddetti Status of Forces Agreements, nei quali la
giurisdizione a cui sottoporre i corpi di truppa rappresenta l’elemento più
rilevante.
Al termine di questo primo capitolo saranno infine esposte due
tematiche strettamente correlate all’argomento presentato, ovvero il
trattamento da riservare alle Compagnie militari private, la cui esistenza
ha posto delle nuove problematiche nel campo del diritto internazionale,
5
ed infine il rapporto tra i diritti umani e i diritti concernenti le immunità
giurisdizionali, in modo particolare nelle missioni di peacekeeping che
fanno capo all’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Nel secondo capitolo analizzeremo, poi, le sentenze di maggior
importanza pronunciate negli ultimi due secoli al fine di constatare le
reazioni dei vari tribunali locali nei casi in cui l’imputato sia stato un
militare straniero in missione nel territorio sottoposto allo loro
giurisdizione. La nostra analisi partirà dalla storica sentenza The
Schooner Exchange del 1812 fino ad arrivare al caso Enrica Lexie del
2012 e, nel corso di questa esposizione cronologica dei casi, avremo
modo di vedere, attraverso le parole dei giudici, l’evoluzione storica
della materia dell’immunità nel corso dei secoli.
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CAPITOLO I
Le immunità dei corpi di truppa stazionanti all’estero dalla
giurisdizione dello Stato ricevente e confronto con le immunità
accordate ai soggetti giuridici internazionali.
SOMMARIO: 1.1 Premessa−1.2 La ratio delle immunità nel diritto
internazionale−1.3 La Convenzione di Vienna del 1961 e i soggetti
giuridici internazionali destinatari delle immunità−1.4 Le immunità
concesse ai militari in missione all’estero: tesi a confronto−1.5
Confronto tra le immunità concesse ai militari in missione all’estero
e le immunità diplomatiche−1.6 Status of Forces Agreements−1.7
SOFAs delle organizzazioni internazionali−1.8 Le Compagnie
militari private−1.9 La human rights exception.
1.1 Premessa.
Nel diritto internazionale si discute sovente sull’effettiva posizione
giuridica assunta dai militari in missione all’estero nei confronti del
sistema giuridico del Paese di cui sono ospiti. Ci riferiamo in particolare
allo status giuridico a cui essi sono sottoposti nei casi in cui siano
convenuti in giudizio per gli illeciti commessi in territorio straniero, sia
durante lo svolgimento delle proprie funzioni sia in qualità di attori
privati.
Sul punto la dottrina non può considerarsi certamente “pacifica”,
specialmente se consideriamo che non vi sia una vera e propria
normativa, nel diritto internazionale pattizio, a cui si possa far esplicito
riferimento
1
; inoltre, i pochi danni disponibili risultano spesso essere
1
A tal proposito è utile ricordare la sentenza dell’Alta Corte australiana nel caso Bolton del
1987, nella quale si affermò che le immunità dalla giurisdizione dei militari risulta essere una
materia dai confini incerti e che il diritto internazionale riconosce la rinuncia alla giurisdizione
da parte dello Stato ospitante, ma che la misura di queste immunità è oggetto di dibattito. Cfr
7
insoddisfacente: nei trattati stipulati nell’ambito delle diverse
organizzazioni regionali, ad esempio, vengono sì delineate delle regole
intese a fornire delle linee-guida per una soluzione giuridica ai problemi
a cui si è accennato, ma spesso tali norme risultano controverse ed
enigmatiche, lasciando spazio ad interpretazioni diverse, se non
addirittura contrastanti (ciò risulterà evidente quando saranno analizzate
le sentenze dei vari tribunali che si sono pronunciati sulla questione).
In questa prima parte del lavoro sarà oggetto d’analisi la dottrina
concernente le immunità concesse ai corpi di truppa stazionanti
all’estero. Nello specifico saranno analizzate le tesi formulate per dare
una risposta alla domanda che ogni tribunale si pone quando chiamato a
giudicare un caso in cui l’imputato sia un militare che abbia commesso
un illecito in territorio straniero, ovvero se esista una norma di diritto
internazionale, di natura pattizia o consuetudinaria, che riconosca
l’immunità dei corpi di truppa stazionanti all’estero dalla giurisdizione
penale dello Stato di dislocazione. Inoltre cercheremo di individuare,
nelle tesi che daranno una risposta affermativa al quesito, quale sia la
ratio di queste immunità. Infatti, mentre le immunità accordate agli
organi diplomatici di uno Stato sono previste dal diritto consuetudinario
ed esplicitamente codificate in apposite convenzioni internazionali, lo
stesso non può dirsi, come già detto, per le immunità concesse ai militari;
dunque, ammesso che il diritto internazionale, perlomeno quello
consuetudinario, preveda questa tipologia d’immunità, resta da capire se
l’analogia tra corpi militari e organi dello Stato trovi delle legittime
giustificazioni nel diritto internazionale generale.
Australia, Alta Corte, sentenza del 9 aprile 1987, Bolton, in International Law Reports, vol. 85,
pp. 155-181.
8
1.2 La ratio delle immunità nel diritto internazionale.
Il sistema internazionale, inteso come la comunità degli Stati, è retto
da una serie di valori fondamentali che garantisce una pacifica
convivenza di questa collettività. Per tale motivo, il valore che il diritto
internazionale persegue preminentemente è l’ordine, o meglio “il minimo
disordine compatibile con le circostanze di sistema”
2
.
Quest’ordine è assicurato dalla ripartizione della sovranità territoriale
tra i diversi Stati e il sistema funziona in maniera migliore quanto più è
garantita una chiara ripartizione di potere esclusivo di governo, ad ogni
Stato, su una porzione di superficie terrestre. Ogni Stato, infatti, esercita
il proprio potere di governo, tendenzialmente esclusivo, su persone e
beni che si trovano sul proprio territorio
3
.
Tuttavia, aldilà delle regole concernenti le suddivisioni territoriali e i
poteri statali su di esse esercitati, le norme che più delle altre sono intese
a salvaguardare l’ordine interstatale sono quelle che riguardano
l’esercizio della giurisdizione dello Stato nei confronti degli individui
stranieri, degli Stati stranieri e delle Organizzazioni internazionali. Esse
garantiscono una convivenza fondata sull’eguaglianza degli appartenenti
a tali categorie, limitando la giurisdizione che ogni Stato può esercitare
sul proprio territorio nei confronti di questi e garantendo dunque
l’inviolabilità della sovranità altrui a prescindere dal territorio in cui essa
viene esercitata.
Il fine ultimo di questa limitazione è di ottenere la garanzia di un
riconoscimento e di un trattamento reciproco ed egualitario da parte della
comunità internazionale nei propri confronti
4
, che possa garantire un
2
C. FOCARELLI, Lezioni di Diritto internazionale, il sistema degli Stati e i valori comuni
dell’umanità, Padova 2008, p. 296.
3
Ibidem, p. 261.
4
Ibidem, p. 298.
9
migliore svolgimento delle proprie funzioni, in particolar modo di quelle
che riguardano il mantenimento dell’ordine interstatale di cui si è parlato.
1.3 La Convenzione di Vienna del 1961 e i soggetti giuridici
internazionali destinatari delle immunità.
Ciò che interessa, nella nostra analisi, è il trattamento riservato agli
organi stranieri che agiscono per conto dello Stato di appartenenza in un
altro Stato. Questo trattamento particolare è definito, in ambito giuridico,
immunità
5
.
E’ possibile distinguere due diverse tipologie d’immunità
giurisdizionale: funzionale (o ratione materiae) quando il soggetto
destinatario non può essere citato in giudizio per rispondere penalmente
o civilmente degli atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni
statali (in questo caso gli atti di tale individuo sono imputati allo Stato di
appartenenza e si definiscono atti jure imperii
6
); ratione personae
quando l’individuo che ricopre una carica statale gode delle immunità
anche quando non svolge le proprie funzioni, ma ciò vale soltanto se
l’illecito è commesso nel periodo di tempo in cui il soggetto ricopre la
propria carica (gli atti commessi dall’individuo come privato e non in
qualità di funzionario statale sono definiti atti jure gestionis)
7
.
5
Per quanto concerne la giurisdizione dello Stato nei confronti degli Stati stranieri e delle
organizzazioni internazionali, v. B. CONFORTI, Diritto internazionale, VII edizione, Napoli
2006, pp. 224-239.
6
Uno Stato sovrano non può, senza il suo consenso, essere citato in giudizio dinanzi al tribunale di
un altro Stato sovrano. Secondo una teoria restrittiva, l’immunità dello Stato sovrano è
riconosciuta solo per quanto riguarda gli atti pubblici o atti jure imperii di uno Stato, ma non per
quanto riguarda gli atti privati o atti jure gestionis.
In http://www.supremecourt.gov.ph/jurisprudence/1996/syllabus/sept/113191_syl.htm.
7
Ibidem, pp. 220-222.
10
Quando si parla d’immunità nel diritto internazionale, ci si riferisce
in particolar modo al trattamento riservato agli agenti diplomatici.
Particolari limiti alla potestà di governo sono infatti previsti dal diritto
consuetudinario nei confronti di questi soggetti.
La Convenzione di Vienna del 1961, adottata in seno alle Nazioni
Unite ed entrata in vigore nel 1965
8
, ha codificato gran parte di queste
norme, come ribadito nella sentenza della Corte Internazionale di
Giustizia del 24.5.1980 sul caso dei diplomatici americani tenuti in
ostaggio a Teheran
9
.
Le immunità diplomatiche sono le seguenti: inviolabilità personale,
intesa essenzialmente come sottrazione del diplomatico straniero a
qualsiasi misura di polizia diretta contro la sua persona, quali fermo,
arresto e perquisizione; inviolabilità domiciliare, intendendo per
domicilio sia la sede della missione sia l’abitazione privata del
diplomatico
10
; esenzione fiscale, per quanto concerne le imposte dirette
personali; immunità dalla giurisdizione civile e penale: in entrambi i
casi, l’agente diplomatico gode sia dell’immunità funzionale sia
dell’immunità per gli atti privati. La ratio di queste immunità si ritrova
nell’esigenza di assicurare all’agente il libero esercizio delle proprie
funzioni secondo il principio ne impediatur legatio, funzioni che, come
accennato nel precedente paragrafo, vengono espletate per conto dello
Stato di appartenenza e che, per la loro importanza, devono essere
compiute in maniera indisturbata. L’agente diplomatico non è dispensato
dall’osservare la legge, ma è immune dalla giurisdizione finché si trova
8
L’Italia ha ratificato l’accordo con la Legge n.804 del 9.8.1967. Cfr
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1967;804.
9
CIJ, Recueil, 1980, p.3 ss.
10
Si noti bene: non si applica il principio di “extraterritorialità”, così come accadeva in
precedenza. La sede della missione diplomatica resta nel territorio dello Stato che riceve
l’agente, ma le autorità statali non possono esercitarvi atti di coercizione senza il consenso
dello Stato straniero.
11
nello Stato ricevente e finché esercita le proprie funzioni (art. 39)
11
.
Secondo la Convenzione, dunque, egli gode dell’immunità dalla
giurisdizione penale dello Stato ricevente e dell’immunità dalla
giurisdizione civile e amministrativa dello stesso. Tuttavia l’immunità
non è riconosciuta nei casi in cui si verifichi un’azione reale su un
immobile privato ubicato nel territorio dello Stato ricevente e che non sia
direttamente riconducibile allo Stato straniero. Stesso discorso vale nei
casi in cui il diplomatico venga citato in giudizio per un’azione inerente
ad un’attività commerciale o professionale, esercitata dall’agente nello
Stato ricevente al di là delle sue funzioni ufficiali.
Ovviamente resta impregiudicata la facoltà dello Stato accreditante di
rinunciare (in maniera esplicita e non tacita) alla concessione di tutte le
immunità previste dalla Convenzione e dal diritto internazionale
generale, in nome di quel principio di sovranità già analizzato in
precedenza.
Resta da capire chi siano effettivamente gli agenti diplomatici: tale
qualifica è solitamente adoperata per indicare i capi-missione
(Ambasciatori, Ministri plenipotenziari e Incaricati di affari). Le
immunità, inoltre, si estendono a tutto il personale diplomatico della
missione (ministri, consiglieri, segretari di legazione, ecc.), alle famiglie
degli agenti, al personale di servizio e al personale tecnico e
amministrativo della missione, che non abbia la cittadinanza dello Stato
territoriale.
Dobbiamo inoltre ricordare che, secondo il diritto internazionale
consuetudinario, queste immunità sono estese anche ai Capi di Stato, ai
Capi di governo e ai Ministri degli Esteri, quando si recano all’estero in
11
B. CONFORTI, Diritto internazionale, VII edizione, cit., pp. 218-221.
12
veste ufficiale
12
. Per qualsiasi altro organo statale, il diritto
internazionale non prevede particolari immunità
13
.
1.4 Le immunità concesse ai militari in missione: tesi a confronto.
In dottrina si discute sulla presunta esistenza di una norma che
preveda l’immunità dei militari in missione all’estero, sia nei rapporti tra
Stato d’invio e Stato ricevente, sia nei rapporti tra diversi Stati d’invio
nelle operazioni multinazionali.
È innegabile che fino alla Seconda Guerra mondiale esistesse
un’importante corrente di pensiero secondo la quale qualsiasi forza
armata che entri in uno Stato straniero con il permesso di quest’ultimo
acquisisca automaticamente l’immunità assoluta dalla giurisdizione
locale
14
. Questa concessione era sostenuta dall’esistenza di un principio,
denominato “la legge della bandiera”, secondo cui lo Stato che
acconsenta al passaggio delle truppe straniere nel proprio territorio
rinunci implicitamente all’esercizio della propria giurisdizione. Tale
principio sembra essere ispirato alla pronuncia del giudice Marshall nel
caso The Schooner Exchange deciso dalla Corte Suprema nel 1812, la
cui sentenza affermò la piena giurisdizione dello Stato della bandiera e
l’implicita rinuncia a tale diritto dello Stato territoriale che si era
12
Ibidem, pp. 221.
13
Un caso particolare è costituito dal trattamento riservato ai consoli, i quali non godono delle
immunità personali; tuttavia si ritiene che l’archivio consolare sia inviolabile. Un altro caso
degno di nota è il trattamento da destinare ad organi ed individui in missioni speciali inviate da
uno Stato in un altro per la trattazione di questioni definite; la Convenzione del 1969 sulle
missioni speciali, promossa dalle Nazioni Unite, estende a questi individui le immunità
diplomatiche, in particolare l’inviolabilità personale e l’immunità dalla giurisdizione. (B.
CONFORTI, Diritto internazionale, cit., p. 223).
14
R. NIGRO, La disciplina dei militari impegnati all’estero in missioni umanitarie: in margine al
caso Lozano, Diritti Umani e Diritto Internazionale, 2009, p. 570.