2
Castells avanza l’ipotesi che nella network society, si modifichino radicalmente i rapporti di forza
tra comunicazione e potere e che proprio il nuovo spazio della comunicazione in rete, interattivo,
digitale aperto a tutti, orizzontale diventi il nuovo spazio pubblico, lo spazio sociale di costruzione e
deliberazione di significato e potere.
Internet dunque riesce a creare le condizioni per la nascita di una nuova società in rete: la nuova
centralità di Internet e l’importanza crescente della comunicazione producono un riassetto nei
tradizionali equilibri di potere. Mcluhan qualche decennio fa profetizzò che «il mezzo è il
messaggio»
2
alludendo alla possibilità che le caratteristiche di un medium potessero determinare le
caratteristiche dei messaggi che quello produce. Senza essere deterministi non si può non rilevare
come con Internet siamo di fronte ad uno scenario completamente nuovo, «un nuovo medium, la cui
spina dorsale è costituita da reti di PC, il cui linguaggio è digitale, e i cui trasmettitori sono
distribuiti globalmente e globalmente interattivi».
3
Il “messaggio” che Internet manda, in
convergenza con i nuovi media digitali, è quello di rendere possibile «la varietà illimitata e l’origine
in larga parte indipendente della gran parte dei flussi di comunicazione che fanno e disfano la
produzione di significato locale e globale nell’opinione pubblica.»
4
Gli utenti della rete hanno reagito all’inerzia che nel panorama della comunicazione di massa li
relegava a semplici consumatori passivi di messaggi spesso standardizzati e decisi dai grandi
operatori del broadcasting e si sono resi protagonisti di un nuovo sistema di comunicazione di
massa.
La mass self communication nasce dal basso ed è costruita sui blog, i vlog, gli sms, i podcast, i wiki,
la condivisione dei file e il peer to peer. E’ il tentativo di sfuggire alle maglie dell’informazione
embedded e di costruire una piattaforma comunicativa per le networked communities. Ancora
secondo Castells siamo di fronte allo «sviluppo di una nuova forma di comunicazione socializzata:
la mass self communication. E’ una comunicazione di massa perché raggiunge potenzialmente
un’audience globale […], è una comunicazione multimodale in quanto la digitalizzazione dei
contenuti […] permette la riformattazione di ogni contenuto […] ed è un tipo di comunicazione
autonomo a livello di generazione di contenuti, gestione dell’emissione e selezione della ricezione
nell’ambito dell’interazione many-to-many.».
La crescita esponenziale dei contenuti prodotti dagli utenti di Internet e dalle nuove comunità
virtuali in rete ha prodotto un sensibile spostamento di equilibrio nella sistema globale della
comunicazione. Tali strumenti messi in mano a milioni di utenti della Rete, sempre più organizzati
2
MARSHALL MCLUHAN, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano, 1967
33
MANUEL CASTELLS, Comunicazione, potere e contropotere nella network society, International journal of
communication, 1/2007
4
Ibidem
3
in comunità e movimenti globali, hanno favorito la creazione di una opinione pubblica globale che
ha fortemente promosso un radicale rinnovamento negli strumenti di rappresentanza politica e ha
spinto per la creazione di ambienti di interazione elettronica tra cittadini e amministrazione.
In quest’ottica ho illustrato alcuni aspetti della recente esplosione dei movimenti no-global su
internet, la forte caratterizzazione su Internet della campagna elettorale americana e il
prepotente sbarco sul web delle grandi corporation della comunicazione broadcast.
Queste nuove tecnologie non hanno tardato a mostrare il loro potenziale anche all’interno del
processo democratico:
«Le tecnologie, infatti, proprio in virtù delle forme specifiche che stanno assumendo, risollevano
delle questioni sostanziali in merito ai rapporti fra elettori ed eletti, ai processi di selezione della
classe politica, alla virtualizzazione della politica e alla maniera in cui essa struttura il proprio
rapporto con la società civile, alle questioni relative alle diseguaglianze politiche e sociali, al
concetto stesso di democrazia nella sua dimensione partecipativa e rappresentativa»
5
.
La ristrutturazione dello spazio mediale seguita alla diffusione dei new media ha comportato un
rafforzamento quasi automatico di alcune componenti tipiche di ogni modello di ordinamento
democratico: l’opinione pubblica informata; la partecipazione dei cittadini; il dibattito razionale; la
rappresentanza
6
.
Nascono e prendono consapevolezza nuovi pubblici, cittadini della rete che formano una nuova
opinione pubblica più informata e consapevole, si costituiscono gruppi organizzati intorno a
interesse, preferenze, abitudini comuni.
Internet non solo modifica «i processi di produzione e di accesso alle informazioni, ma anche […]
la capacità di ricostruire elettronicamente e virtualmente un corpo politico libero da costruzioni di
5
DANIELE PITTERI, Democrazia elettronica, Laterza, Roma - Bari, 2007
6
Recuperare le informazioni diventa molto più semplice e accresce anche quantità e qualità delle fonti. La possibilità di
intervenire attivamente incoraggia una partecipazione maggiore e la caratteristica impostazione orizzontale della
comunicazione favorisce il dibattito e la rappresentanza.
DANIELE PITTERI, Democrazia elettronica, Laterza, Roma - Bari, 2007
Cfr. STEVE BARNETT, New Media, old problems: new technologies and the political process, European Journal of
communicaton, vol. 12-2, 1997
4
spazio e di tempo, offrendo nuove possibilità di accesso […] alle principali dinamiche
democratiche».
7
Siamo nel vasto (e controverso) campo delle possibilità offerte dall’ e-democracy ovvero
dall’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’ambito dei
processi democratici.
8
L’esplosione di Internet e il passaggio verso la network society hanno dunque creato i presupposti
per una gestione dei processi amministrativi e decisionali decisamente differenti, una struttura
orizzontale in cui non sarà più fondamentale identificare i soggetti centrali dello scambio
comunicativo.
La logica conseguenza sarà dunque la necessità di ripensare processi e strutture democratiche così
come sono state pensate in assenza delle opportunità che si affacciano oggi sulla scena. E’ bene
anche ricordare che il processo di rinnovamento spesso è accompagnato da una profonda critica
riflessione sulla stessa sorte dell’ordinamento democratico
Internet e le ICT sono una grande possibilità di arricchire e rivitalizzare il dibattito politico sul
territorio, a livello locale come a livello nazionale. E’ l’occasione per fare nascere altri luoghi di
mediazione dove discutere, confrontarsi e presentare proposte politiche per la comunità. Il compito
delle nuove tecnologie applicate alla democrazia può dunque essere proprio questo: generare e
sostenere luoghi di pubblico confronto da cui derivare processi e atti di deliberazione politica. Le
applicazioni tecnologiche garantirebbero la velocità nella diffusione e nella circolazione delle
informazioni, la struttura orizzontale a rete permetterebbe trasparenza e interattività, si potrebbero
sviluppare processi decisionali attraverso livelli differenti di discussione tra gli attori sociali
coinvolti in ambienti liberi ma strutturati e orientati alla decisione o in ambienti liberi e non
strutturati orientati alla libera condivisione di idee, al confronto e all’orientamento.
Stefano Rodotà si dichiara certo del potenziale apporto positivo che le nuove tecnologie potrebbero
dare al processo democratico, e individua uno spazio preciso in cui inserire e finalizzare l’azione
delle ICT. Secondo Rodotà le ICT e Internet metterebbero fine “all’intermittenza” della presenza dei
cittadini nel processo democratico, causa di disaffezione e disinteresse reciproco tre cittadini e
classe politica. Il compito delle nuove tecnologie sarebbe quello della creazione di uno «spazio
7
Chiaramente il processo non è così semplice e lineare. Le tecnologie non sono in sé una garanzia di democrazia e
diversi sono gli ostacoli e le resistenze culturali che si frappongono ad una piena realizzazione di una nuova società in
rete. Più avanti verrà illustrato anche questo aspetto della questione.
8
Il termine e-democracy descrive un concetto generale di controversa interpretazione. Più avanti sarà descritto meglio e
si giungerà a delimitarne una precisa interpretazione.
5
costituzionale di interazione fra l’attività dei cittadini e quella delle istituzioni»
9
, uno spazio che
garantisca in vario modo la possibilità a tutti gli appartenenti ad una comunità di essere presenti e
informati in tutti i momenti dei vari processi amministrativi e politici. Internet come piattaforma
interattiva orizzontale garantirebbe importanza al momento della discussione, del confronto che
precede la delibera e la decisione. Rodotà, prima di illustrare gli strumenti tecnologici che possono
garantire un processo partecipativo così complesso, importante e continuo, conscio delle trappole
che Internet, piattaforma apparentemente aperta e democratica, può contenere esplicita la
precondizione necessaria di una regolamentazione, di una “costituzione di Internet” che garantisca
diritti, doveri e libertà individuali e collettive e respinga i pericoli derivanti dagli interessi
economici e dai tentativi autoritari e repressivi.
E’ su queste basi che si possono progettare concreti ed equilibrati progetti di applicazione delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione al processo democratico.
La proposta di Rodotà tra l’altro introduce anche la possibilità di superare la divisione concettuale
tra e-democracy e e-government
10
che rappresenterebbero così modalità diverse ma complementari
di un nuovo modo di intendere le relazioni tra le istituzioni e i cittadini:
«E’ evidente, allora, che la produzione di democrazia attraverso l’e-government non può essere
affidata alla tecnologia in sé, ma esige forti e chiare politiche pubbliche. L’e-government non è in sé
democratico. Lo diventa se il contesto, che contribuisce a costruire, viene consapevolmente
orientato verso le finalità proprie della democrazia, intesa come “governo del popolo” e “governo in
pubblico".»
11
9
STEFANO RODOTA’, Tecnopolitica, la democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma - Bari,
2004, pag 82
10
Con il termine e-government si intende il processo di informatizzazione della pubblica amministrazione che unito ad
un riordino delle procedure organizzative ha l’obiettivo della completa digitalizzazione di servizi e uffici attraverso
l’utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT), allo scopo di offrire agli utenti (cittadini ed
imprese) servizi più veloci e a portata di tutti.
Spesso i progetti di e-government sono stati confusi e mischiati a quelli di e-democracy con il risultato di una generale
confusione e una parziale sovrapposizione di temi e significati. In realtà (anche se spesso i progetti di e-democracy nella
loro applicazione pratica hanno subito una drastica rivisitazione sino a essere ridotti a parziali interventi di e-
government) i due termini disegnano scenari diversi, il primo contempla un completo ripensamento del processo
democratico, il secondo si limita all’applicazione delle nuove tecnologie nell’ambito della P.A.
11
STEFANO RODOTA’, Dieci tesi sulla democrazia continua, in De Kerckove, Tursi, Dopo la democrazia? Il potere e la
sfera pubblica nell’epoca delle reti, Apogeo, Milano, 2006, pag 159
6
La tesi prosegue poi trattando gli importanti temi del digital divide e dell’inclusione digitale,
presupposti fondamentali di ogni serio progetto di e-democracy e e-government.
In conclusione del primo capitolo:
Internet è un’opportunità, una piattaforma su cui convergono molte applicazioni e strumenti
dell’informazione e della comunicazione, una possibilità per tirare fuori dal cilindro della
democrazia risorse e percorsi nuovi e stimolare la partecipazione di tutti. In questo senso più che
affidarsi esclusivamente alla tecnologia bisogna puntare a creare le condizioni per la partecipazione
di tutti, un ambiente in cui «i processi decisionali sono assimilati idealmente a percorsi di
apprendimento cooperativo […] va incontro a quest’esigenza di partecipazione fuori dalle logiche
rappresentative consolidate, attenta agli individui, ai gruppi informali, alle identità emergenti».
12
E’ su questa idea che bisogna indirizzare gli sforzi per integrare la cultura di rete, Internet e le ICT
nel tessuto della società reale.
Internet può offrire alle istituzioni la possibilità di dare una risposta alla richiesta di partecipazione,
fuori dalla tipico logica del potere “verticale”, all’interno di uno spazio mediale in cui possa
prendere corpo una nuova idea di cittadinanza attiva, e si possa rifondare un rapporto tra cittadini e
istituzioni su base “orizzontale”.
Internet è e deve restare un mezzo, non un fine. Il fine, lo scopo di ogni politica che guarda alle
nuove tecnologie e cerca di immaginare un futuro per la democrazia digitale deve essere la
partecipazione dei cittadini, la vera linfa di ogni processo democratico. E-democracy e e-
government non possono continuare ad essere considerate progetti marginali e sussidiarie di una
democrazia e una governance che restano ancorate alle pratiche tradizionali.
«Piuttosto che trasferire on line i modi di funzionare di una politica in panne, […] sperando che
quella ‘e’ magicamente li rivitalizzi […] c’è invece bisogno di integrare gli usi più radicalmente
innovativi della rete con le sperimentazioni partecipative e dialogiche che si stanno sviluppando sul
territorio».
13
Quando la “e” accanto ai termini democracy e government risulterà ridondante forse avremo
compreso che il problema non è distinguere tra on line e off line, virtuale e reale, digitale e
analogico, ma trovare il modo di farli funzionare insieme.
Nel secondo capitolo, Presa coscienza del potenziale di innovazione che le nuove tecnologie della
comunicazione e dell’informazione promettono di apportare alla struttura del sistema democratico
12
ANNA CAROLA FRESCHI, Comunità virtuali, l’agorà dei nuovi saperi. Le implicazioni politiche di una grande
trasformazione sociale, in Aprile, inserto: La società dell’informazione, 11/2004
13
Ivi
7
e alle pratiche concrete di governance ho analizzato il concetto di e-democracy per valutare poi i
modelli le sperimentazioni e le riflessioni critiche, con l’obiettivo di trovare gli elementi sufficienti
a dare un quadro ampio ed equilibrato dei possibili utilizzi delle ICT.
L’apporto delle tecnologie deve dunque essere analizzato, pensato e progettato perché «tecnologie
della libertà» e «tecnologie del controllo» viaggiano spesso di pari passo.
14
Un primo passo si può
compiere analizzando bene le tante sfaccettature del concetto di e-democracy.
Un approccio integrato all’utilizzo delle ICT in direzione di un progetto di democrazia digitale oggi
non può trascurare le seguenti dimensioni:
-La dimensione dell’inclusione sociale: contrastare il digital divide progettando ambienti mediali,
applicazioni e strumenti che possano essere utilizzati da tutti.
-La dimensione dell’accesso alle informazioni: mettere in condizione tutti di avere accesso alle
informazioni relative agli argomenti di pubblico interesse, fare in modo che tutti abbiamo la
possibilità di esprimere la propria opinione e di controllare l’operato di chi amministra
-La dimensione dell’accesso alla sfera pubblica: progettare ambienti di discussione e applicazioni
che permettano a tutti di poter produrre informazione, concorrere a formare l’opinione e pubblica e
dialogare con le istituzioni
-La dimensione elettorale: iniziare a ripensare con l’ausilio delle ICT la selezione delle candidature,
la formazione delle liste elettorali e le modalità di voto
-La dimensione dell’iniziativa diretta: applicare le ICT per favorire gli istituti democratici che
prevedono la mobilitazione diretta dei cittadini (referendum, petizioni, iniziative di legge popolare
ecc.)
-La dimensione del coinvolgimento nei processi decisionali: supportare con le ICT la partecipazione
dei cittadini in specifiche occasioni di interazione con le istituzioni e decisione partecipata ( progetti
partecipati, tavoli di concertazione, piani di sviluppo locale ecc.)
Ho passato poi in rassegna tutte le tecnologie utilizzabili nei processi di e-democracy
accogliendo la classificazione proposta in “Linee guida per la promozione della cittadinanza
digitale: e-democracy”
15
che tripartisce gli strumenti delle ICT in tecnologie per
l’informazione, il dialogo e la consultazione.
L’informazione è chiaramente il prerequisito di ogni progetto di e-democracy. Gli strumenti
interessanti però saranno quelli che permettono di invertire il percorso classico delle informazioni e
14
Cfr. STEFANO RODOTA’, Tecnopolitica, la democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma -
Bari, 2004, p. VI
15
AA.VV. , Linee guida per la promozione della cittadinanza digitale: e-democracy, Formez, Roma, SUPEMA, 2004
8
che danno ai cittadini la possibilità di diventare “produttori” di informazioni e non semplici fruitori
passivi e alle amministrazioni di scoprire la ricchezza dei saperi diffusi nella società.
Gli strumenti del dialogo sono quelli che favoriscono lo scambio e l’interazione tra cittadini e
istituzioni attraverso applicazioni di rete che permettono l’invio e la ricezione di messaggi di testo.
Gli strumenti della consultazione hanno il compito di quantificare il consenso su una o più opzioni
che provengono dalla Rete o dalle stesse istituzioni. Le applicazioni possono variare in base alla
tecnologia usata, al numero e alla selezione delle persone coinvolte e al peso che una specifica
votazione può assumere.
Ho poi analizzato diversi modelli di e-democracy in relazione ai diversi apporti tecnologici e
alla reale consistenza della partecipazione dei cittadini. Questo lavoro classificatorio mi ha
permesso di analizzare seguendo un preciso criterio le esperienze migliori di e-democracy
condotte nel mondo, in Europa e in Italia che occupano circa metà del secondo capitolo.
Nel terzo capitolo ho evidenziato la necessità di un importante lavoro di progettazione per
attivare percorsi di e-democracy realmente condivisi e a portata dei cittadini. Ho ribadito
l’importanza di puntare sulle esperienze locali e cittadine e ho proposto un possibile percorso
progettuale.
La costituzione di un progetto di e-democracy deve partire anche da un nuovo modo di considerare
la cittadinanza nell’era digitale. Quali sono i nuovi diritti e doveri del cittadino elettronico? Quali i
servizi da considerare universali e imprescindibili? Quali gli obblighi e le regole da rispettare?
Gli attributi che caratterizzano la cittadinanza elettronica, non riguardano più soltanto il rapporto
esistente tra una persona ed il territorio, ma l’insieme delle condizioni perché la persona possa
godere della pienezza dei diritti fondamentali e partecipare al funzionamento del sistema politico.
Implementare un progetto di e-democracy guardando solo all’innovazione tecnologica porta dritti
verso il fallimento o, nella migliore delle ipotesi, scava un solco profondo tra chi ha la possibilità e
gli strumenti per far emergere la propria identità all’interno della società in rete e chi invece non
possiede questi mezzi. Bisogna dunque ripensare i caratteri della cittadinanza nell’era elettronica.
Internet promette l’accesso a infinite informazioni. Con questa premessa molti progetti di
innovazione basati sulle ICT si “accontentano” di garantire l’accesso “universale” per tutti alle al
world wide web.
Più opportunamente ci si potrebbe chiedere: a cosa oggi Internet, in relazione alla cittadinanza
elettronica, può dare accesso?
9
«Questo magnifico diritto di accesso elettronico rischia di essere svuotato, o fortemente
ridimensionato quando il cittadino che lo esercita i trova di fronte ad una realtà nella quale si
riducono le informazioni liberamente disponibili.»
16
A ridursi spesso, tra l’altro, non è tanto la quantità dei servizi e delle informazioni, quanto la qualità
e il peso reale che le ICT e la rete assumono all’interno del processo partecipativo.
“Cittadinanza elettronica” vuole indicare nel modo più ampio possibile l’esito di una
trasformazione ancora in corso. Non si tratta dunque solo di concentrarsi sulla tecnologia, in ballo ci
sono mutamenti profondi di carattere sociale e culturale. Sta cambiando il rapporto con il mondo e
con gli altri, cambia il modo di concepire la vita sociale e civile. E’ su questo, progettando i
percorsi di e-democracy, che è indispensabile riflettere ed interrogarsi. Bisogna spingersi anche
oltre la “semplice” questione dell’accesso alla rete e interpretare e promuovere le opportunità che le
reti offrono in relazione alle nuove forme e possibilità di partecipazione.
17
In questo senso è utile per
favorire la partecipazione dei cittadini puntare a ridefinire meglio le tappe in cui si sviluppa il
processo decisionale in questione. Si possono così definire cinque macro-fasi che descrivono il
processo nei termini di ciclo di vita di una politica:
a) Emersione e definizione dei problemi e dell’arena degli attori
b) Individuazione delle soluzioni alternative
c) Definizione delle soluzioni praticabili
d) Scelta della soluzione
e) Attuazione della soluzione prescelta (implementazione, gestione, monitoraggio,
valutazione)
18
Queste fasi devono poi intrecciarsi con gli iter decisionali già attivi all’interno di uffici tecnici e
burocratici per risolvere eventuali criticità e prevedere punti di raccordo che favoriscano la
partecipazione. Fondamentale inoltre una valutazione delle fasi temporali in cui il progetto deve
svolgersi e un’adeguata promozione e pubblicità delle iniziative di e-democracy non isolate e
contingenti, ma inserite in un clima di informazione e dialogo con i cittadini.
16
Ibidem, p.96
17
Le migliori esperienze di rete civica vanno sicuramente in questa direzione e promuovono un ingresso graduale,
consapevole e attenta nell’universo della cittadinanza digitale legata al territorio. Per altri versi il Codice per
l’amministrazione digitale può rappresentare una buona cornice legislativa per impostare questo graduale percorso d
cambiamento. Il Codice è entrato in vigore il 1 gennaio 2006. Esso ha lo scopo di assicurare e regolare la disponibilità,
la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale utilizzando
con le modalità più appropriate le tecnologie dell’informazione e della comunicazione all'interno della pubblica
amministrazione, nei rapporti tra amministrazione e privati e in alcuni limitati casi, disciplina anche l'uso del documento
informatico nei documenti tra privati.
18
Cfr. AA. VV. , Linee guida per la promozione della cittadinanza digitale: e-democracy, Formez, SUPEMA, Roma,
2004
10
Nella definizione di un possibile percorso progettuale ho evidenziato l’importanza della
conoscenza del contesto, degli ambiti di attuazione, dei soggetti coinvolti, della valutazione
delle precedenti esperienze, dello spazio partecipativo e delle regole relative alla
partecipazione. Come esempio ho scelto le regole del “progetto E21” che vede coinvolti circa
dieci comuni dell’area lombarda in un progetto coordinato di e-government. Ho concluso il
terzo capitolo accennando all’importanza della promozione dei progetti in termini di
marketing e alla necessità di periodiche valutazioni e verifiche. A questo proposito ho
suggerito la tecnica del benchmarking.
Il benchmarking a supporto dei progetti di e-democracy è la strumentazione, teorica e tecnica, che
permette buone valutazioni del proprio operato, attraverso l’utilizzo incrociato di indicatori e dati
statistici sull’impatto delle ICT e sulla reale diffusione della pratica partecipativa.
Nel quarto capitolo, quello delle conclusioni, ho puntato su alcuni aspetti che sono emersi
dalla tesi e li ho sviluppati.
A) Se Internet resterà semplicemente un mezzo per introdurre innovazione in processi, rapporti di
potere e amministrazioni che rimarranno stabilmente legati ad una concezione verticale e
subordinante della relazione con i cittadini, l’entusiasmo portato dall’innovazione tecnologica
scemerà velocemente.
Il network attivato da Internet è invece un ambiente molto più inclusivo rispetto a quelli
passati, offre opportunità di esprimersi e interagire pubblicamente a tutti gli individui in rete e
promette di abbattere le barriere culturali e politiche che hanno caratterizzato in passato il rapporto
tra i cittadini e la classe politica.
La possibilità di dare voce alle proprie opinioni e la quantità di informazioni cui si accede tramite la
Rete sottraggono ogni giorno di più spazio e prerogative che prima erano esclusiva della classe
politica.
Le istituzioni sono in grave ritardo rispetto alla comprensione della vera natura di questo
cambiamento; le PA ad esempio dovrebbero considerare la possibilità di un radicale rinnovamento
della propria mission e non affidarsi ad una lettura miope che vede nelle ICT un modo per
“riverniciare” strutture e processi inadeguati. Anche nei casi in cui le tecnologie vengono accolte i
servizi, ad esempio, vengono digitalizzati piuttosto che essere prima ripensati.
B) Nella società dell’informazione le ICT e Internet cambiano anche lo scenario relativo alla
privacy e alla politiche di protezione dei dati personali.
11
Per questi temi, che si riconfigurano come vere e proprie battaglia per la libertà personale, qualcuno
utilizza la formula «habeas data» parafrasando l’ “habeas corpus” che è riconosciuto come primo
baluardo in difesa della libertà personale.
19
Il “corpo” delle persone è infatti ormai non solo fisico ma anche elettronico. Ogni cittadino-utente
attivo sulla Rete, interagendo con gli altri e abitando Internet, proietta sul Web la sua persona e
contribuisce a costruire un profilo pubblico che prende forma man mano che la navigazione procede
e inevitabilmente lascia tracce di sé.
La questione è resa anche più complicata dal fatto che a garantire la privacy non basterebbe
invocare, il linea teorica, un diritto all’anonimato, perché questo potrebbe essere sfruttato per
danneggiare gli altri e violarne la libertà nella sostanziale certezza di rimanere impuniti. La
complessità della questione, legata agli sviluppi e al destino ancora incerto dei processi di e-
democracy, mette a nudo uno dei nervi scoperti legati all’utilizzo delle ICT e pone l’obbligo di
mirare a politiche che garantiscano la sicurezza e responsabilità certe nella raccolta e nell’utilizzo
dei dati personali sulla rete Internet.
Il world wide web nella sua architettura è stato progettato per raccogliere e immagazzinare quante
più informazioni possibile. Per Internet erano stati previsti utilizzi legati alla comunicazione e al
commercio ma non di certo alla cittadinanza, così ci si trova davanti uno scenario in cui nel
medesimo momento i cittadini-utenti di Internet da un lato sfruttano le enormi potenzialità
comunicative, commerciali e di raccolta di informazioni della Rete e dall’altro rischiano di perdere
il controllo sulle proprie informazioni e sui dati personali che, giocoforza, vengono trasmessi sul
Web.
C) Il persistere di veri e propri anelli deboli nella catena della partecipazione
Dall’analisi effettuata sulle esperienze nazionali e locali di promozione della partecipazione per
mezzo delle ICT emergono alcuni punti di debolezza, veri e propri anelli deboli nella catena della
partecipazione, che spesso impediscono il successo di tali esperienze.
Emerge, per cominciare, una insufficiente volontà politica e la mancanza di una cultura di governo
sensibile a questi temi: gli attori della politica spesso non tengono in considerazione con la giusta
importanza i vantaggi che potrebbero derivare da un utilizzo delle ICT veramente orientato alla
partecipazione dei cittadini. Questa piuttosto viene spesso percepita come una minaccia per il potere
e l’autonomia della classe politica, non di rado nelle esperienze di dialogo on line gli attori pubblici
sono assenti e le opzioni proposte dai cittadini godono di poca considerazione.
Parallelamente all’interno della PA non si distingue una precisa volontà mirata alla
riorganizzazione di processi e funzioni in direzione di una allargamento della partecipazione e del
dialogo con i cittadini. Le funzioni di informazione e comunicazione con i cittadini e gli eventuali
19
STEFANO RODOTA’, Dieci tesi sulla democrazia continua, in De Kerckove, Tursi, Dopo la democrazia? Il potere e la
sfera pubblica nell’epoca delle reti, Apogeo, Milano, 2006, p.165
12
servizi legati alle ICT continuano ad essere concentrate in specifici settori con l’aggravante di una
perdurante assenza di coordinamento tra funzioni e di una continua penalizzazione dei cittadini.
A peggiorare il quadro inoltre, permane una bassa diffusione di competenze legate ad Internet e alle
ICT: manca una conoscenza diretta, e non superficiale, sull’ utilizzo degli strumenti tecnici e la
gestione degli ambienti mediali di discussione; le politiche per l’accesso ad Internet e per la
riduzione del digital divide risultano inoltre ancora troppo deboli e poco coordinate.
A seguire la conclusione della tesi.
Scommettere sulle ICT
«Come possiamo affidare le vite dei nostri figli a governi controllati da partiti che di solito operano
in un ambiente di corruzione sistemica, del tutto dipendenti dalle politiche d’immagine, guidati da
politici di professione che sono responsabili solo al momento delle elezioni, gestiscono burocrazie
isolate, tecnologicamente superate e in genere distanti dalla vita reale dei loro cittadini? E tuttavia
qual è l’alternativa?»
20
Le parole di Castells, l’analisi delle esperienze proposte e le difficoltà che sorgono nell’applicazione
dei progetti di e-democracy fanno emergere alcuni elementi apparentemente contrastanti.
Da un lato è necessario progettare il cambiamento scavalcando il tradizionale ambito della politica e
coinvolgendo tutte le forze attive nella network society, dall’altro è necessario non perdere il
contatto con la politica: sono proprio le istituzioni democratiche a dover raccogliere la sfida di
governare il cambiamento, a dover elaborare un quadro di sviluppo per le ICT che disegni nuove
possibilità di rilancio per la democrazia e respinga le tentazioni di qualunquismo e antipolitica che
lo sviluppo di Internet spesso porta con sé.
«Abbiamo ancora bisogno delle istituzioni, abbiamo ancora bisogno della rappresentanza politica,
della democrazia partecipata, delle procedure di costruzione del consenso e di un’efficace politica
pubblica.»
21
20
MANUEL CASTELLS, Galassia Internet, Feltrinelli, Milano, 2006, p. 261
21
Ibidem, p. 262
13
La sintesi, la soluzione che forse permetterebbe di vincere la sfida di governare la complessità della
nostra società con l’aiuto delle ICT è quella di scommettere fortemente sulla partecipazione dei
cittadini. Soltanto “cavalcando” il cambiamento, l’attuale sistema democratico può reggere
l’impatto con una società in cui le idee, le esigenze, le proposte cambiano e si diffondono alla
velocità con cui riescono a circolare nella rete telematica.
I progetti ispirati ad una reale condivisione del percorso con i cittadini e le realtà interessate sono
improntati ad una nuova visione, un nuovo modo di governare e vivere la vita democratica con
l’aiuto delle ICT e di Internet.
Non si tratta dunque di rifiutare in toto l’idea di una classe politica che amministri e governi il
cambiamento, ma di considerare il ruolo chiave che la partecipazione dei cittadini deve assumere
nella società contemporanea e rivalutare l’apporto delle ICT come strumenti di governance e non
come semplici tecnologie.
Le ICT anzi oggi possono anche rivitalizzare il ruolo della politica nel governo di una società
complessa. Il prezzo da pagare per vincere questa sfida è però la “cessione” di privilegi, poteri,
informazioni e prerogative della classe politica in direzione di un governo partecipato della cosa
pubblica.
Soltanto in quest’ottica la partecipazione, Internet e le ICT saranno elementi che attiveranno il
cambiamento del sistema in direzione della network society. Contrariamente le ICT resteranno
soltanto “gadget tecnologici” destinati a creare “rumore di fondo” che andrà a sommarsi al già
insopportabile diluvio di informazioni e parole dei media contemporanei e contribuiranno a
confermare l’opinione diffusa che la partecipazione, i media e le tecnologie non sono elementi che
possono incidere nel processo democratico.
Le responsabilità di tale cambiamento però non devono poggiare esclusivamente sulla classe
politica, come se quest’ultima fosse l’unico anello debole della società in rete.
Il cambiamento deve giungere non solo dall’alto verso il basso ma anche in senso contrario, dal
basso all’alto, dai cittadini verso la sfera della politica.
Fra gli attori responsabili del cambiamento ci siamo sicuramente dunque anche “noi”, il popolo, i
cittadini. Ognuno di noi è chiamato a costruire il futuro facendo leva sulla propria responsabilità,
sulla propria capacità di essere cittadinanza attiva, sulla voglia di partecipare, sulla domanda di
informazioni nuove e importanti. Rinunciare o ignorare questo ruolo attivo significa non creare la
condizione minima per far funzionare i progetti di democrazia elettronica.
Sarà dunque fondamentale per il futuro favorire lo sviluppo di una “cultura di rete” che riesca a
permeare in maniera solida e trasversale persone, abitudini, contesti sociali, ambienti lavorativi e
istituzioni educative della nostra società.
La cittadinanza attiva del terzo millennio richiede che alle opportunità che concedono le ICT si
risponda con una nuova capacità di cercare, elaborare e mettere in rete informazioni, idee, proposte
e richieste con l’obiettivo di produrre conoscenza condivisa.
La partecipazione attiva può forse decollare con un preciso piano educativo, una nuova frontiera
dell’alfabetizzazione informatica che guardi alle ICT come mezzi e che abbia invece come fine
l’educazione all’interattività, allo sviluppo di autonomia di giudizio, carattere e fiducia nei propri
14
mezzi e nella capacità di dare forma alle proprie idee. In questa direzione le ICT possono davvero
costituire la pietra angolare del cambiamento che verrà.