4
1.1 - Introduzione: elementi storici delle fusioni e
acquisizioni.
In relazione alle origini della disciplina in Italia, il codice del
1942 aveva dedicato alle operazioni di trasformazione e
fusione sette articoli, distribuiti nelle sezioni in cui era diviso
il capo VIII del libro V, che si limitavano a regolare alcune
linee essenziali quali le modalità deliberative, le conseguenze
per i soci ed i creditori, gli effetti derivanti dalla fusione e gli
adempimenti pubblicitari necessari per garantire una
informazione minima sui mutamenti intervenuti all’interno
della società coinvolta in questo tipo di operazione
1
.
All’interno di tale codice, venivano introdotti anche alcuni
vincoli di di forma richiesti per la costituzione delle società di
capitali. Quindi tale disciplina poteva essere definita
essenzialmente volta al prendere atto delle modalità più
frequentemente usate nei processi di riorganizzazione di
impresa come quelli della concentrazione, che trovano nella
disciplina della fusione “la soglia più alta e radicale di
1
NAVARRINI, Commentario al codice di commercio, II, Delle società e
delle assicurazioni commerciali, Milano, 1924, p. 73; CANDIAN, La
fusione di società commerciali, in Studi Vivante, I, Roma, 1931, p. 243.
5
integrazione”
2
. Per quanto riguarda tale disciplina, il
legislatore del codice in questione aveva dedicato gli artt. dal
2501 al 2504 del codice unificato, essi traevano la loro ratio
dalle disposizioni del codice di commercio del 1882, che
avevano a loro volta permesso questo tipo di operazione, nel
rispetto delle posizioni delle parti interessate. Per quanto
riguarda le norme procedurali quindi quelle che erano state le
linee dettate dal codice di commercio negli artt. 193-196, esse
sono rimaste sostanzialmente immutate. Scendendo nel
dettaglio tutte le società partecipanti dovevano adottare
un’espressa deliberazione formale che doveva essere
depositata ed iscritta nel registro delle società. Inoltre era
necessaria la predisposizione e la pubblicazione di un
documento informativo, infine nell’interesse dei creditori ai
quali era concesso il diritto di opposizione, “venivano
differiti i termini di esecutività della fusione”. Differenza
sostanziale presente all’interno del codice di commercio era
costituita dal carattere estintivo della fusione stessa,
riconoscendo in questo modo ai soci dissidenti il diritto di
recesso. Il nuovo codice invece pose l’accento sul distacco da
tale impostazione, dedicando un nuovo Capo alla
trasformazione e fusione di società, per sottolineare la
continuità dell’attività di impresa in questo tipo di operazioni.
2
M. SARALE, Le trasformazioni, in Operazioni Societarie straordinarie,
in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, vol. X, Tomo II,
Cedam, 2011, p. 246 ss.
6
Analizzando quindi in dettaglio quelle che sono state le
sostanziali novità rispetto al codice di commercio, esse
consistettero, sostanzialmente, in due elementi:
nell’esplicitazione della descrizione dei due processi
attraverso i quali la fusione poteva concretizzarsi e cioè: la
costituzione di una nuova società (fusione propria) o
mediante l’incorporazione di una o più società acquisite. Il
secondo elemento invece prescriveva un esplicito atto di
fusione, stipulato per atto pubblico in conclusione del
procedimento. Nonostante le grandi perplessità che tale
disciplina aveva suscitato all’interno di giurisprudenza e
dottrina, essa rimase immutata sino al 1991 quando, in
attuazione della terza direttiva europea, venne arricchita con
lo scopo di “fornire maggiore trasparenza” soprattutto in
relazione alle “condizioni economiche dell’operazione” ed
anche “sul ruolo e sulle competenze degli organi sociali
coinvolti”. La regolamentazione del 1991, ha aggiunto, oltre
alle due sezioni precedentemente dedicate alle trasformazioni
ed alle fusioni, una terza con la quale si diede attuazione alla
VI direttiva europea che disciplinava l’istituto della scissione
sino ad allora sconosciuto all’interno del nostro
ordinamento
3
. Inoltre l’esigenza di disporre di regole certe ed
uniformi per attuare fusioni fra società di paesi diversi, con
particolare riguardo all’ambito europeo era sentita, da lunga
data, non soltanto per le grandi ma anche dalle piccole e
3
SANTAGATA, La fusione fra società, Napoli, 1964, p. 15.
7
medie imprese. Tanto la prassi quanto una parte significativa
della dottrina, infatti, avevano nel tempo avvallato la
possibilità di fondere due società di paesi diversi, senza
procedere al complesso processo di scioglimento, cessione
dell’intero patrimonio e liquidazione, da parte di una delle
società oggetto di fusione. L’orientamento favorevole alla
generale ammissibilità delle fusioni transfrontaliere, anche in
mancanza di esplicite norme di diritto internazionale privato
che le legittimassero, è stato supportato dalla giurisprudenza
comunitaria, in particolare da una nota sentenza della corte di
giustizia CE sul caso Sevic AG
4
con il quale è stato stabilito
che gli art. 43 CE e 48 CE ostano a che in uno stato membro
l’iscrizione nel registro nazionale delle imprese la fusione per
scioglimento senza liquidazione di una società e trasmissione
universale del patrimonio di quest’ultima ad altra società, sia
generalmente rifiutata se una delle due società ha sede in un
altro stato membro mentre è possibile, purchè siano rispettate
determinate condizioni, se le società partecipanti alla fusione
hanno entrambe sede nello stesso stato membro. Quindi
anche prima dell’emanazione della direttiva 2005/56/CE le
fusioni transfrontaliere non erano vietate anche se le società
coinvolte avevano sede in paesi membri diversi. La suddetta
sentenza sancì in maniera definitiva tale possibilità
confermando il principio della libertà di stabilimento espressa
4
Sentenza C-411/03 del 13 dicembre 2005, in giur. Comm., 2006, II, p.
412.
8
all’interno del trattato CE. Il problema però rimaneva in capo
alle norme procedurali necessarie al conseguimento di tali
fusioni transfrontaliere, e tale dubbio spingeva spesso alla
impossibilità di attuazione delle stesse. Con il rilascio della
normativa comunitaria 2005/56/CE, è stata in larga parte
soddisfatta questa esigenza, permettendo ad ogni stato
membro di adattare le norme procedurali proposte dalla
normativa europea a quelle che erano le norme interne
precedentemente in essere per le fusioni interne. La direttiva
comunitaria 2009/109/CE ha inoltre introdotto delle ulteriori
semplificazioni atte all’abbattimento dei costi amministrativi
delle fusioni transfrontaliere, permettendo e incoraggiando le
società coinvolte nell’uso degli strumenti informatici
accreditati per la pubblicità dei documenti richiesti durante
l’iter procedurale.
9
2.1 - Forme di fusione
L’istituto della fusione è stato profondamente modificato
dalle disposizioni introdotte dal Decreto legislativo del 16
gennaio 1991, n.22 al codice civile.
La disciplina della fusione, ha subito con la riforma un
intervento marginale, volto essenzialmente a semplificare, e a
normalizzare il procedimento, in linea con le direttive
comunitarie
5
. Il legislatore ha voluto fornire la possibilità di
regole diversificate in relazione alla diversa tipologia delle
società partecipanti alla fusione. Nello specifico, la nuova
disciplina prevede un procedimento molto celere per le
società non azionarie, integrato da nuovi adempimenti man
mano che aumentano le esigenze di garanzia e trasparenza,
come nell’ipotesi di merger leveraged buy out, fusione con
indebitamento per mezzo di una società target, regolamentata
dall’art. 2501- bis. Il primo comma dell’art. 2501 c.c. è
5
P. LUCARELLI, La nuova disciplina delle fusioni e delle scissioni: una
modernizzazione incompiuta, in rivista delle società, 2004, p. 1344.
10
rimasto invariato, mentre il secondo comma è stato
modificato. È stato rimosso infatti il divieto per le società
soggette a procedure concorsuali di partecipare ad una
fusione. Tale divieto, come vedremo in seguito, permane solo
in capo alle società azionarie in liquidazione, che non
abbiano già iniziato la ripartizione dell’attivo
6
.
Il decreto ha inoltre introdotto la distinzione fra fusione con
costituzione di una nuova società e fusione per
incorporazione. Nel primo caso è la società nuova che
succede nei rapporti giuridici di tutte le società che si
fondono, mentre nel secondo caso, è la società incorporante a
succedere in tutti i rapporti della società incorporata
conservando la sua individualità. In questo caso inoltre non è
in alcun modo richiesta l’estinzione delle passività delle
società che partecipano alla fusione.
Dottrina e giurisprudenza
7
erano prevalentemente orientate
nel ritenere la fusione equiparabile ad una condizione simile a
6
M.T. BRODASCA, Commento sub art. 2505-quater, in Commentario
alla riforma delle società, diretto da Piergaetano Marchetti, Luigi A.
Bianchi, Federico Ghezzi, Mario Notari, Milano, 2006, p. 1015.
7
G. TANTINI, Trasformazione e fusione di società, in Trattato Galgano,
Vol. VIII, 1995, p. 282; G. LUCARELLI, La nuova disciplina delle
fusioni e scissioni, una modernizzazione incompiuta, in Rivista delle
società, 2004, p. 1376.; A. SERRA, La trasformazione e fusione di
società, in Rescigno, vol. 17, 1985, p. 336; F. SCARDULLA, La
trasformazione e la fusione delle società, in Trattato Cicu - Messineo,
vol. XXX, tomo 2, 2000, II ed., p. 308.
11
quella della successione universale
8
, infatti come affermato
dalla sentenza della cassazione dell’ 8 novembre 1983 : “il
fenomeno della fusione o incorporazione di società realizza
una successione universale, corrispondente alla successione
universale mortis causa, e postula la sussistenza di un
soggetto postulante o incorporante che rappresenta il nuovo
centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti
giuridici già riguardanti i soggetti fusi o incorporati, con la
seguente confusione dei rispettivi patrimoni preesistenti,
salva l’opposizione dei creditori sociali a norma dell’art.
2503 c.c., e con l’ulteriore conseguenza che ogni atto di
natura processuale deve essere indirizzato al nuovo ente, che
è l’unico obbligato per i debiti per i soggetti definitivamente
estinti per effetto della fusione o incorporazione.”
Tale giudizio della corte è espressamente ribadito nella
sentenza n. 19509 del 14 settembre 2010. Le Sezioni Unite
della Corte di Cassazione si sono pronunciate sul dibattuto
tema degli effetti delle fusioni perfezionatesi in data
antecedente all'entrata in vigore della riforma del diritto
societario. Il legislatore nel 2003 ha modificato il codice,
eliminando ogni riferimento agli effetti estintivi della fusione
stabilendo, all'articolo 2504-bis, primo comma, c.c., che la
società risultante dalla fusione o quella incorporante
8
S. PACCHI PASUCCI, Rassegna di diritto societario, trasformazione
fusione e scioglimento, in Rivista delle società, n.2, 1984 p.179, cass.
sentenza n. 6612 dell’8 novembre 1983.
12
assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla
fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche
processuali, anteriori alla fusione. La disposizione in
questione, si pone in decisa controtendenza rispetto alla
prevalente interpretazione ante riforma, e mette in risalto
come l'operazione di fusione non comporti l'estinzione della
società incorporata né, in caso di fusione paritaria, la
costituzione di un nuovo soggetto giuridico e non possa
pertanto più essere considerata come un fenomeno
successorio. La sentenza rende anche nota la non retroattività
dell’art. 2504-bis, nei confronti delle fusioni antecedenti
all’entrata in vigore dello stesso.
La fusione inoltre può essere eseguita solo fra imprese e non
fra società e imprese individuali. In tal senso infatti il parere
della Corte di Cassazione n. 3844 del 25 ottobre 1976, è
molto chiaro a riguardo: “il principio dell’autonomia
negoziale e della libertà contrattuale, non può giustificare in
materia societaria una trasformazione atipica: pertanto fra una
azienda individuale e una società per azioni non vi può essere
fusione, ma solo conferimento in natura da parte del titolare
dell’azienda con conseguente modificazione dell’atto
costitutivo della società per azioni.
Per il resto è stata lasciata ampia discrezionalità all’ambito
della fusione: sono possibili fusioni fra società di persone, fra
loro oppure con società di capitali. Sono altresì possibili
13
fusioni fra sole società di capitali
9
, come confermato dalla
sentenza di cassazione del 25 ottobre 1977, n. 4565.
Sempre secondo tale autorevole giudizio è altresì possibile
l’incorporazione fra una banca di diritto privato da parte di un
ente creditizio di diritto pubblico.
Le fusioni fra società cooperative sono ammesse in base
all’art. 2545-novies c.c., inoltre con l’introduzione dell’art.
2545-decies, si prevede la possibilità di trasformazione in
società di cooperative diverse da quelle a mutualità
prevalente.
La possibilità di fusione fra società lucrative e cooperative
era stata resa possibile già nel 1993, tramite il decreto
legislativo del 1 settembre 1993, n. 385.
Altra situazione da esaminare è quella legata a una fusione
fra una società cooperativa a responsabilità limitata ed una a
responsabilità illimitata. I soci illimitatamente responsabili
non sono liberati della responsabilità delle obbligazioni
sociali (ai sensi dell’art. 2499 del cod. civ.) assunte
anteriormente alla fusione.
Nel caso di fusione con società in liquidazione
10
, con
l’introduzione dell’ d.lgs. 17 gennaio 2003, n.6, l’art. 2501
9
M. SARALE, Consorzi e società consortili, Trattato Cottino, Vol. III, p.
541.
10
M. PERRINO, Commento sub art. 2501, in Commentario Niccolini-
Stagno D’alcontres, p. 1941. A. PICCIAU, Osservazioni alle istruzioni
del Tribunale di Milano per le omologazioni in materia di fusione, in
14
c.c. rimane immutato rispetto al passato, permettendo la
fusione a patto che attività e passività della società in
liquidazione siano cedute alla società in attività interessata
alla fusione
11
. Questa procedura permette di evitare il
fallimento della società in liquidazione a patto che essa non
abbia iniziato la distribuzione dell’attivo. Al termine della
fusione dovrà essere costituita di una nuova società non in
liquidazione e sarà necessario che la mancata distribuzione
dell'attivo sia in qualche modo provata. Dottrina e
giurisprudenza hanno ritenuto idonea la prova fornita dalla
relazione degli amministratori contenente l'espressa
dichiarazione che non vi sia ancora stata alcuna ripartizione
dell'attivo. Non sembra invece essere stata ammessa l'ipotesi
di fusione fra alcune società in liquidazione mediante
costituzione di una società in liquidazione.
Per quanto riguarda le fusioni mediante incorporazione,
sembra che sia stata ritenuta ammissibile sia la fusione
mediante incorporazione di società tutte in liquidazione (ivi
compresa l'incorporante che rimane in stato di liquidazione),
sia l'incorporazione di società in liquidazione da parte di una
società non in liquidazione.
Per concludere, il consiglio notarile di Milano ha reso
possibile la combinazione del procedimento di fusione o
Giur. it.,1991, IV, p.498; G.F. Campobasso, Diritto delle società, quinta
ed., 2002, p. 611.
11
Corte App. Milano 7 maggio 1974.
15
acquisizione con quello di trasformazione eterogenea,
permettendo così l’incorporazione da parte di una società non
lucrativa incorporante con una società di capitali
12
.
2.2 Fusione a seguito di acquisizione con indebitamento,
merger leveraged buy-out (mlbo)
Tale prassi è regolamentata dall’art. 2501-bis
13
, la norma è
stata inserita
14
per la prima volta con la riforma societaria del
12
Consiglio notarile, massima n.52 novembre 2004
13
Si veda inoltre:
Trib. Milano, 27 novembre 2008 (GMil., 2008, 11) - La norma dell'art.
2501 bis c.c., cristallizza, a tutela dei soci di minoranza e dei creditori
della target, i requisiti di liceità di una particolare operazione che
potrebbe prestarsi ad una elusione del divieto di cui all'art. 2358 c.c. in
quanto ha in sé il rischio che l'acquirente delle quote ed il finanziatore di
questi contino sulla possibilità per il primo, una volta effettuato l'acquisto,
di asservire attraverso la fusione il patrimonio della società target al
rimborso del debito contratto per l'acquisizione. Un debito preesistente,
non contratto in funzione dell'acquisizione, può comunque aggravare la
posizione finanziaria netta del target dopo la fusione, ma non dà titolo ai
soci di minoranza o ai creditori di dolersi invocando la norma del 2501
bis c.c.; così come non dà titolo di ricorrere alla norma l'ipotesi in cui il
rischio del finanziatore sia interamente coperto da garanzie collaterali
fornite dallo stesso raider. Pertanto nelle operazioni in cui sia acquisito il
controllo del target tramite un finanziamento concesso a quello scopo alla
società raider, la quale pianifichi la fusione con la target, si impone
l'adozione da parte degli amministratori di un procedimento di fusione
"aggravato", poiché, secondo la stessa disciplina voluta dal legislature con
la norma di recente introdotta, e attraverso lo strumento della