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INTRODUZIONE
Il procedimento ordinario di fusione (e quello speculare di scissione), così come
regolato a seguito del recepimento delle Direttive comunitarie III e VI, col
D.Lgs. 22/1991, è molto oneroso in termini di tempo e di costi, soprattutto per
le società di piccole dimensioni che hanno compagini sociali ristrette. Proprio
per questo motivo il legislatore più volte ha cercato di alleggerire l’iter di queste
operazioni straordinarie: in questo senso il primo intervento significativo
(compiuto già con lo stesso D.Lgs. 22/1991) è stato quello di inserire nel nostro
ordinamento la previsione relativa all’incorporazione di società interamente
possedute (art. 2504-quinquies; ora art. 2505). Questa particolare fattispecie
rappresenta sicuramente il caso “classico” di fusione semplificata, e data la sua
importanza ad essa è dedicato tutto il primo capitolo. Come si vedrà l’intervento
della giurisprudenza ha permesso di estendere le agevolazioni offerte dall’art.
2505 (omissione delle relazioni previste dagli artt. 2501-quinquies e 2501 sexies,
e disapplicazione delle disposizioni dell’art. 2501-ter, primo comma, numeri 3, 4
e 5) anche ai casi analoghi che presentano la stessa ratio della mancanza o
dell’inutilità della determinazione del rapporto di cambio.
Naturalmente, durante questa disamina, si verificherà se il legislatore è stato in
grado di contemperare le esigenze di celerità del procedimento con quelle della
tutela dei soggetti (soci e creditori) partecipanti all’operazione.
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Con la riforma delle società avvenuta nel 2003 (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6),
sono state introdotte nuove forme di semplificazioni: la delega al Governo per la
riforma del diritto societario (L. 3 ottobre 2001, n. 366), infatti, all’art. 7
stabiliva che uno dei criteri a cui si doveva ispirare il legislatore era quello di
“semplificare e precisare il procedimento, nel rispetto, per quanto concerne le
società di capitali, delle direttive comunitarie”.
Le principali novità in tema di fusione, che verranno analizzate nel secondo
capitolo, riguardano: l’incorporazione di società possedute al novanta per cento,
le fusioni cui non partecipano società con capitale rappresentato da azioni e una
serie di semplificazioni minori che non eliminano nessun passaggio del
procedimento, ma che comunque rendono più spedito l’iter (ad esempio,
attraverso la riduzione alla metà dei termini).
Dallo studio di queste particolari fattispecie si potrà osservare che è stato
raggiunto l’obiettivo perseguito dal legislatore di agevolare il procedimento di
fusione (anche se restano degli aspetti secondari da chiarire); al tempo stesso,
però, non sempre sono state rispettate le previsioni di matrice comunitaria.
Infatti, se è vero che la terza Direttiva CEE, relativa alla fusione, è utile per
risolvere i problemi derivanti dalle lacune delle norme interne, è anche vero che a
volte vi sono dei contrasti tra la legislazione italiana e quella comunitaria.
Il terzo capitolo, invece, è interamente dedicato alla scissione. Aspetto
caratteristico della relativa disciplina è che le norme relative a tale operazione
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fanno spesso uso della tecnica del rinvio agli articoli sulla fusione (si tratta del
resto dello stesso sistema adottato dalla VI Direttiva CEE relativa alle scissioni).
È possibile avvalersi di questo metodo perché la scissione costituisce, in certo
senso, l’operazione “inversa” rispetto alla fusione (la beneficiaria corrisponde
all’incorporante e la scissa all’incorporata); per questo motivo le semplificazioni
previste sono le stesse che vengono analizzate nei primi due capitoli (ad esse si
aggiunge solo quella individuata dal quarto comma dell’art. 2506-ter).
In realtà, a causa del polimorfismo della scissione, dovuto alle varie modalità con
cui è possibile porre in essere tale operazione (scissione parziale o totale,
proporzionale o non proporzionale, in senso stretto o per incorporazione), la
scissione e la fusione non sono perfettamente speculari tra di loro; per questo
motivo, in questo ultimo capitolo, le semplificazioni previste per la fusione
verranno rilette alla luce delle caratteristiche proprie della scissione, mettendo in
evidenza le differenze e i problemi derivanti da alcuni mancati richiami
normativi (non c’è nessun rinvio, ad esempio, all’art. 2505).
Per ciò che concerne le novità relative alla fusione e alla scissione introdotte
dalla riforma del 2003 verranno prese in considerazione solo le indicazioni
provenienti dalla dottrina: la riforma del diritto societario, infatti, è entrata in
vigore da troppo poco tempo, e i tribunali non hanno ancora avuto modo di
pronunciarsi su dette novità.
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Solo fra alcuni anni, quindi, grazie all’intervento della giurisprudenza, sarà
possibile valutare la reale portata della riforma delle società, e l’impatto di questa
sulle operazioni di fusione e scissione.
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Capitolo I
INCORPORAZIONE DI SOCIETÀ INTERAMENTE POSSEDUTE
1. Le forme della semplificazione.
Nel primo comma dell’art. 2501 c.c., rubricato “Forme di fusione”, si afferma
che: “La fusione di più società può eseguirsi mediante la costituzione di una
nuova società, o mediante l’incorporazione in una società di una o più altre”. Il
primo tipo di fusione è anche detta “propria”, mentre la seconda è definita
“impropria” o “per incorporazione”. È soprattutto con riferimento a quest’ultima
operazione che il legislatore ha dettato le forme di semplificazione del
procedimento considerate più rilevanti.
In questo senso un ruolo importante è svolto dall’art. 2505 c.c. che, con la
riforma delle società introdotta dal D.Lgs 17 gennaio 2003, n. 6, prende il posto
del vecchio art. 2504-quinquies c.c., aggiungendovi due nuovi commi relativi
alla fusione approvata dagli amministratori, di cui si discuterà nel secondo
capitolo.
In particolare il primo comma recita: “Alla fusione per incorporazione di una
società in un’altra che possiede tutte le azioni o quote della prima non si
applicano le disposizioni dell’art. 2501-ter, primo comma, numeri 3), 4) e 5) e
degli artt. 2501-quinquies e 2501-sexies .” Si tratta del caso in cui la società
incorporante è l’unica socia dell’incorporata. Per questa evenienza il legislatore
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ha previsto degli alleggerimenti procedimentali che rendono l’iter meno oneroso
in termini di tempo e di costi. L’organo amministrativo, infatti, nel redigere il
progetto di fusione deve omettere l’indicazione de:
- il rapporto di cambio delle azioni o quote (art. 2501-ter, primo comma, n.
3);
- le modalità di assegnazione delle azioni o quote dell’incorporante (art.
2501-ter, primo comma, n. 4);
- la data a partire dalla quale le azioni o le quote partecipano agli utili (art.
2501-ter, primo comma, n. 5).
Inoltre, non sono necessarie:
- la relazione degli amministratori (art. 2501-quinquies);
- la relazione degli esperti (art. 2501-sexsies).
Come si vede si tratta di semplificazioni che sopprimono interi passaggi del
procedimento di fusione.
La Relazione del Ministro al decreto legislativo di attuazione della terza e della
sesta direttiva CEE sottolinea giustamente che l’art. 2504- quinquies c.c. (ora art.
2505 c.c.) introduce una semplificazione del procedimento e non una nuova
forma di fusione
1
. La ratio che sottende questa scelta del legislatore è facilmente
1
Relazione del Ministro all’art. 16 del D. Lgs 16 gennaio 1991, n. 22: “ Non si tratta di una
nuova fattispecie o forma di fusione, che si aggiunge a quelle previste dal primo comma dell’art.
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intuibile: se l’incorporante possiede il 100% delle azioni o quote dell’incorporata,
inevitabilmente ne è anche l’unica socia, quindi non può darsi luogo a nessun
rapporto di cambio, e le relazioni degli amministratori e degli esperti, che si
occupano del controllo della sua congruità, sono prive di utilità.
La maggior parte della dottrina è d’accordo con questa impostazione; Santagata,
però, ritiene che l’eliminazione della relazione dell’organo amministrativo sia in
contrasto con l’impianto logico-sistematico concernente la fusione. La sua tesi si
basa sul fatto che mentre l’art. 2501-sexies chiede agli esperti solo ed
esclusivamente un parere sul rapporto di cambio, l’art. 2501-quinquies impone
agli amministratori anche un’illustrazione e giustificazione, sotto il profilo
giuridico ed economico, del progetto di fusione; quindi, “circa il contenuto di
quest’ultima relazione, si può distinguere tra una parte generale, ineludibile per
ogni operazione di fusione, ed una parte specifica, dedicata «in particolare»
all’illustrazione e giustificazione del rapporto di cambio delle azioni o delle
quote
2
”.
L’autore fa notare come questa impostazione sia confermata dal fatto che, nelle
fusioni cui non partecipano società azionarie (art. 2505-quater), con il consenso
2501 c.c.; gli è soltanto che la circostanza del possesso, da parte della società incorporante, di
tutte le azioni o quote della incorporata comporta la inapplicabilità di talune delle regole che
disciplinano in generale la fusione mediante incorporazione.”
2
C. SANTAGATA, Le fusioni, in Trattato delle società per azioni, 7**1, diretto da G. E.
Colombo – G.B. Portale, Utet, Torino, 2004, p. 295.
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unanime dei soci è possibile rinunciare solo alla relazione degli esperti e non
anche a quella dell’organo amministrativo.
Si sottolinea, inoltre, che dopo la riforma delle società è possibile far approvare
la fusione dai rispettivi organi amministrativi, ma è anche previsto (art. 2505,
terzo comma) che i soci dell’incorporante che rappresentino almeno il 5% del
capitale sociale possano chiedere che tale decisione sia rimessa all’organo
assembleare. Ne consegue che l’assemblea debba necessariamente disporre di
documenti che illustrino e giustifichino tale operazione che, teoricamente, poteva
essere conosciuta solo dall’organo amministrativo, prima della scelta fatta dai
soci di attribuire all’assemblea stessa la deliberazione sulla fusione.
La relazione degli amministratori, infatti, è ritenuta fondamentale affinché i soci
vengano informati su tutti gli aspetti della fusione, sicché possano esercitare il
diritto di voto in sede assembleare in modo consapevole.
Per di più bisogna pensare ai casi “particolari” di fusione semplificata, quali ad
esempio quello in cui l’acquisizione della totalità delle azioni o quote si verifica
dopo la redazione della situazione patrimoniale, o quello in cui il controllo di
un’altra società sia ottenuto per mezzo di fiduciaria o interposta persona. In
questi casi, sempre secondo Santagata, la relazione serve per mostrare a tutti i
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soci dell’incorporante che esistono comunque i presupposti per poter applicare il
procedimento semplificato
3
.
L’autore, per dare maggior peso alle sue affermazioni, mette anche in evidenza
come gli artt. 70 e 90 della Delibera Consob 11971/1999
4
impongano alle
società quotate, in caso di operazioni straordinarie, di mettere a disposizione del
pubblico e della Consob stessa la relazione degli amministratori (oltre ad altri
documenti), senza far distinzioni tra fusioni “normali” e incorporazioni di società
interamente possedute; come dire che la relazione dell’organo amministrativo
deve essere sempre redatta.
Occorre tuttavia osservare, in senso opposto, che il rimando fatto dalla Delibera
Consob al deposito dei documenti individuati dall’art. 2501- sexies numeri 1 e 3
c.c. (ora art. 2501- septies numeri 1 e 3), prende in considerazione il caso di
fusione “classico”, ma è inevitabile che, sebbene non in maniera esplicita, siano
richiamate anche le norme che derogano a tale previsione.
Infatti, nel caso di incorporazione di una società di cui si detengono il 100% delle
azioni o quote, non avrebbe senso chiedere di mettere a disposizione del pubblico
una relazione priva di utilità dal momento che non c’è nessun rapporto di cambio
3
Per approfondire il tema dell’incorporazione di una società controllata attraverso una fiduciaria
o interposta persona si veda il paragrafo 2.6.; per ciò che concerne i tempi del possesso
totalitario delle azioni o quote si veda il paragrafo 5.
4
Si tratta del Regolamento recante norme di attuazione del Decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58 (Testo Unico della Finanza) in materia di emittenti.
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da giustificare e che le informazioni utili per i terzi e i creditori sono già
desumibili dalle situazioni patrimoniali delle società partecipanti all’operazione.
Il fatto che alcune società siano quotate non può essere considerato un buon
motivo per non ritenere valida la deroga prevista dal primo comma dell’art. 2505
c.c.: devono solo essere informati più soggetti (Consob e società di gestione del
mercato), ma non vengono meno i presupposti che stanno alla base del
procedimento semplificato.
Sebbene la tesi prospettata da Santagata sia fondata su aspetti meritevoli di
attenzione, non ha trovato seguito tra gli altri autori, ed è rimasta una voce
isolata.
Da un lato il tenore letterale della norma è chiaro e non lascia adito a dubbi: la
soppressione dell’art. 2501-quinquies c.c. è integrale. Se non fosse sufficiente
questa constatazione, si può aggiungere che “non è necessario predisporre la
relazione degli amministratori quando la società incorporante possiede tutte le
azioni o le quote della società incorporanda (art. 2504 quinquies c.c.): in questo
caso, come è noto, non vi è rapporto di cambio da illustrare e dal punto di vista
degli interessi tutelati dall’art. 2501 quater c.c., la fusione in se stessa appare
giustificata sia sotto l’aspetto giuridico sia sotto quello economico”
5
: infatti si
5
(A. SERRA)–M.S. SPOLIDORO, Le fusioni e scissioni societarie, Giappichelli, Torino, 1994,
p. 55.