reagiscono contro il trapianto. Le cellule muoiono e il tessuto
si distacca e cade via.
A questa regola esiste un’eccezione: si può trapiantare la
pelle di un gemello identico sull’altro gemello. I gemelli
identici (omozigoti) nascono dallo stesso ovulo fecondato e a
quanto pare hanno esattamente lo stesso patrimonio ereditario.
Ciò significa che hanno molecole identiche di DNA con le
istruzioni in codice per la produzione di proteine dello stesso
tipo.
Vediamo allora in breve quali sono i meccanismi e le
ragioni per la differenziazione naturale del patrimonio
genetico.
II.2. L’alterazione fisiologica-evolutiva del genoma.
I biologi ammettono che i tipi diversi di messaggi
contenuti nel DNA abbiano avuto origine quando, malgrado le
garanzie intrinseche del meccanismo, si sono verificati errori
nel processo di duplicazione del DNA.
Come abbiamo visto, il modello della struttura e
duplicazione del DNA proposto da Watson e Crick stabilisce
che ogni volta che una doppia elica di DNA si duplica
viene prodotta una sua copia assolutamente identica.
– 35 –
Naturalmente, però, possono avvenire incidenti a livello
molecolare e in realtà avvengono. Un errore nella
duplicazione del messaggio del DNA in un gene si chiama
appunto mutazione.
A volte una variazione del gene originale può essere
dovuta a una ricombinazione casuale delle lettere (nucleotidi)
del messaggio. A volte una mutazione può derivare dalla
mancanza di un determinato tipo di nucleotide occorrente per
la duplicazione della catena del DNA. A volte un fattore
esterno, come i raggi cosmici ad alta energia (X, gamma,
ecc.), può alterare la catena di DNA replicante.
L’omissione di una lettera può cambiare il significato di
tutto un messaggio. Quasi tutte le mutazione studiate finora
tendono a confermare che la modificazione è stata causata da
un errore di sostituzione in un singolo nucleotide. A quanto
pare, la maggior parte delle mutazioni sono dannose per un
organismo. Infatti molte ne provocano la morte. Alcune,
invece, non sono svantaggiose e introducono una variazione
tra gli organismi della stessa specie.
In una popolazione di parecchi milioni di individui ci
saranno probabilmente, in ogni generazione, parecchie
mutazioni in ciascun gene della popolazione. Queste mutazioni,
una volta avvenute, si duplicano quando le cellule che le
– 36 –
portano si dividono. Se una mutazione avviene in un ovulo
o in uno spermio, può portare a un cambiamento permanente
in alcune caratteristiche della progenie: può cioè cambiare
l’archivio di istruzioni genetiche di ogni cellula nella
progenie.
Nei miliardi e miliardi di duplicazioni del DNA, nel corso
di centinaia di milioni di anni, si sono prodotte innumerevoli
mutazioni. I biologi hanno trovato che le mutazioni si
verificano in tutti i virus, batteri, piante e animali che hanno
studiato.
Sebbene la maggior parte delle mutazioni sembrano essere
dannose alla cellula o all’organismo, a volte si verifica una
mutazione che impartisce un lieve vantaggio rispetto agli altri
organismi della stessa specie.
Con la riproduzione la nuova cellula o organismo mutante
può trasmettere i geni vantaggiosi alla popolazione di quella
specie particolare. La frequenza di un gene vantaggioso
aumenta nella popolazione e questo determina dei cambiamenti
nelle caratteristiche della popolazione stessa.
In popolazioni piccole e isolate i cambiamenti si verificano
e si propagano molto più rapidamente che in larghe
popolazioni. Questo può aprire la via verso l’evoluzione di
– 37 –
una nuova specie. In questo modo la selezione naturale delle
variazioni (causate originariamente da mutazioni) rappresenta
un forte legame tra la teoria dell’evoluzione e la natura
34
dell’ereditarietà.
II.3. L’alterazione patologica-degenerativa del genoma.
Come appena detto, una catena nuova di DNA mutante
può differire dalla vecchia soltanto per un nucleotide. Eppure
questo lieve mutamento nel messaggio biologico ha una
ripercussione sulla cellula o anche sull’organismo intero:
potrebbe causare solo un lieve mutamento nella struttura di
una singola proteina, forse di un enzima. Ma un cambiamento
in un enzima può influenzare la reazione catalizzata da esso.
Questo mutamento poi potrebbe aumentare o diminuire la
capacità di un organismo a competere vittoriosamente con gli
altri. Abbiamo visto che se la mutazione è vantaggiosa, il
nuovo messaggio in codice viene presumibilmente trasmesso ai
discendenti e diventa, in questo modo, più frequente nella
popolazione.
In caso contrario, la variazione negativa del codice
genetico comporta deficit più o meno gravi alla coerenza
evolutiva e all’architettura d’insieme dell’intero organismo
34
Cf. FACCHINI Fiorenzo, Il cammino dell’evoluzione umana (Milano-Jaca Book 1989), pp. 39-57;
221-231.
– 38 –
35
coinvolto, o derivato da un phylum errato e che le leggi
naturali della selezione faranno in modo di insterilire.
II.4. L’alterazione artificiale-manipolativa del genoma.
Orbene la scienza biomolecolare contemporanea ci ha dato
dei modelli interpretativi della realtà vivente, i quali
comunque risultano corroborati dalle verifiche sperimentali
sempre più diffuse nei laboratori di tutto il mondo in
quest’ultimo scorcio di secolo. Ma dato che la scienza
naturale contemporanea nasce da un presupposto
finalisticamente tecnico e di kantiana memoria (scire est
posse!), allora l’aspetto applicativo o manipolativo, che dir si
voglia, è andato pure di pari passo sviluppandosi con le
scoperte scientifiche. Nel 1965 si attua la prima cell-fusion,
cioè la fusione tra cellule umane e murine con il passaggio
di geni (“assegnazione”) ai cromosomi umani. Nel 1967 si dà
inizio all’impiego delle tecniche di diagnostica prenatale in
campo genetico. Nel 1969 si annuncia la scoperta
dell’endonucleasi di restrizione: un enzima idoneo a fungere
da bisturi per la divisione del DNA in punti determinati.
Nel 1970 viene annunciata la sintesi del primo gene
artificiale. Nel 1973 si realizza per la prima volta il DNA
36
ricombinante.
35
È la successione continua di forme viventi, morfologicamente diverse ma verosimilmente
originatesi da una medesima forma ancestrale.
36
Una porzione di DNA può essere associata ad un batterio che fa da vettore (ad es. l’Escherichia
coli) e tale porzione può essere trasferita e combinata con il patrimonio genetico di una cellula ospite, con
la possibilità di ricombinarsi e moltiplicarsi in una nuova struttura genetica.
– 39 –
Nel 1978 nasce Louise Brown, la prima bambina concepita
in vitro. Nel 1981 si realizza la nascita dei primi topini per
3738
clonazione. Così pure le tecniche di ibridazione sono oggi a
buon punto.
Da questa progressione biotecnica si può quindi arguire
come l’uomo sia di fatto giunto a modificare artificialmente
la “banca dati” della cellula, il suo DNA, affinché siano
prodotte proteine a proprio piacimento. Si tratterà, in altre
parole, di inserire nella cellula i codici di nuove catene
proteiche o di estrarre quelli che non si vogliono siano
espressi.
Si potrà così ottenere un organismo in cui il sistema
proteico sia diverso da quello naturale e le cui proprietà
possano variare a seconda della volontà dello sperimentatore o
dell’ingegnere genetico.
37
Per clonazione s’intende il procedimento mediante il quale si può ottenere un insieme (clone) di
discendenti da un singolo organismo in maniera che siano tutti eguali, geneticamente e morfologicamente,
ad esso. Molto scalpore ha suscitato la recente clonazione di un pecora (nominata Dolly) da un’équipe di
ricercatori di Edimburgo. Bisogna però ricordare che «il primo scienziato a produrre il clone di un animale
e a dimostrare la pluripotenza genetica delle cellule fu Jhon Gurdon nel 1962. Questo esperimento provò
che l’informazione genetica è regolabile, cioè che i geni contenuti in una cellula adulta e differenziata sono
gli stessi che controllano lo sviluppo iniziale di un individuo. L’esperimento di Gurdon fu un grande passo
avanti, ma esperimenti di studio della regolazione dello sviluppo furono fatti fin dagli Anni 20 nel
laboratorio di Hans Spemann e gli portarono grande fama e il Nobel nel 1935» [cf. MARCHISIO P.C.,
Clonazione, no ai decreti. Ricerca & bioetica. Primi esperimenti già negli Anni 20 in La Stampa, 16.04.97,
ed. Internet]. Comunque il clone-Dolly ha sortito in qualche modo una nuova scoperta genetica,
raffreddando gli entusiasmi della prima ora. Sembra infatti che la clonazione di un individuo adulto porti
alla formazione sì di una sua copia identica, ma con la temporizzazione biologica propria della figura
parentale. Insomma se la pecora clonata presentava la costituzione biologica e gli acciacchi conseguenti di
una pecora di 5 anni, anche il clone-Dolly presenterà un’età biologica di 5 anni con gli stessi acciacchi!
38
Per ibridazione s’intende il procedimento mediante il quale due cellule fecondate, nelle primissime
fasi di sviluppo, se sincronizzate nella fase di sviluppo e avvicinate fra di loro, in particolari condizioni
possono fondersi in un’unica cellula fecondata, in un unico embrione, unificando il patrimonio genetico
corrispettivo.
– 40 –
II.4.1.Le applicazioni biomediche.
39
Enzimi di restrizione, plasmidi, batteri opportunamente
40
utilizzati dall’ingegneria genetica, dischiudono possibilità
immense di studio dei genomi ed in particolare si conoscono
meglio, ora, i meccanismi produttivi delle immunoglobuline e
le strutture dei cromosomi X e Y. Inoltre diventano ora
possibili anche applicazioni di tipo medico, quale
l’individuazione di geni patogeni in soggetti sani mediante
sonde di DNA o mediante lo studio del cosiddetto
41
polimorfismo dimensionale. Oppure risulta possibile la
diagnosi precoce di malattie ereditarie quali, per esempio,
42
l’anemia falciforme.
Ed inoltre si è riusciti a produrre a minor prezzo e su
scala industriale alcune molecole polipeptidiche di alto
39
In alcuni batteri è possibile riscontrare anche frammenti extra-cromosomici di DNA, detti plasmidi
o episomi, localizzati nel citoplasma. Vedi Tav. XII-XIV.
40
Cf. CIROTTO C. – PRIVITERA S., op. cit., pp. 50-63.
41
In genetica s’intende la presenza contemporanea nella stessa specie di più forme ereditarie
(sottospecie, razze, varietà) di cui ciascuna ne costituisce non meno dell’uno per cento. Svariati esempi di
polimorfismo sono conosciuti per molte specie, animali e vegetali; p. es., l’uomo è polimorfo per quanto
riguarda i gruppi sanguigni del sistema AB0. Ci si può chiedere quale sia il motivo per cui le popolazioni
umane non sono tutte del gruppo A o AB o B o 0. La risposta, in base al fenomeno delle interazioni
intergenetiche, è che una popolazione molto omogenea per uno dei gruppi AB0 potrebbe essere più
vulnerabile all’azione di altri geni, p. es. alle azioni di incompatibilità del sistema Rh. Infatti è noto che
donne Rh negative e di gruppo 0 solo sporadicamente reagiscono con gli antigeni Rh dei feti Rh positivi di
gruppo A o B. Ciò si verifica in quanto, molto probabilmente, l’anticorpo anti-A e quello anti-B delle donne
di gruppo 0 elimina molto efficientemente i globuli rossi del feto portatori dell’antigene A o B in modo tale
che questi non riescono a raggiungere le sedi di formazione degli anticorpi anti-Rh nella madre e quindi non
ne evocano la formazione. In tal modo il feto è meno scoperto all’azione di incompatibilità Rh nella
direzione madre-feto. Tra i vari fattori che concorrono al polimorfismo vi è la deriva genetica, il cui effetto
è particolarmente verificabile in popolazioni geneticamente isolate. Poiché l’isolamento genetico è favorito
da quello geografico, appare giustificato definire col termine di “razze” geografiche il risultato della
differenziazione delle varie forme in cui può manifestarsi un’unica specie. All’interno della specie Homo
sapiens il polimorfismo, detto anche politipismo, si manifesta attraverso la molteplicità dei tipi e dei
sottotipi umani.
42
Cf. CIROTTO C. – PRIVITERA S., op. cit., pp. 63-64.
– 41 –
4344
significato terapeutico: la somatostatina, l’insulina umana,
4546
l’interferon, il vaccino antiepatite B.
47
La genoterapia è perciò la nuova frontiera delle scienze
biomediche, vale a dire la possibilità di individuare
nell’organismo la cellula o le cellule che sono sede del fatto
patologico e introdurvi copie “buone” del gene danneggiato
facendo in modo che funzionino correttamente.
Basta poi porsi a stadi di sviluppo precoci, come l’ovulo
fecondato, se si desidera che tutte le cellule dell’organismo
abbiano i geni “giusti” in sostituzione di quelli “sbagliati”; i
processi dello sviluppo embrionale completeranno essi stessi
l’opera distribuendo i nuovi geni a tutte le cellule
neoformate. Nel nuovo individuo anche le cellule sessuali
avranno copie “giuste” del gene, per cui anche la sua
discendenza avrà assicurato un patrimonio genetico normale e
non avrà più bisogno delle cure cui è stato sottoposto il suo
48
antenato.
Tuttavia, oggi come oggi, non è ancora possibile garantire
che i “geni terapeutici” funzionino con un ritmo normale ed
43
Cf. ivi, pp. 66-69.
44
Cf. ivi, pp. 71-80.
45
Cf. ivi, pp. 80-82.
46
Cf. ivi, pp. 82-86.
47
Cf. PERLINO Elda, Applicazioni di ingegneria genetica: la terapia genetica in Aggiornamento
del Medico, XIII, 2 (2/89), pp. 137-143.
48
Cf. CIROTTO C. – PRIVITERA S., op. cit., pp. 86-94.
– 42 –
una qualità accettabile. Bisogna perciò prendere con estrema
cautela certe notizie diffuse con notevole sensazionalismo
giornalistico dai mass-media, come quella della scoperta di
particolari meccanismi con cui si può intervenire sulle cellule
gametiche con una precisione tale da poter inserire “il gene
giusto al posto giusto” senza conseguenze collaterali.
Recente infatti è la notizia che “un gruppo di ricercatori
britannici ha trovato il sistema per togliere e inserire
porzioni di codice genetico in ovuli e spermatozoi senza
danno... Elemento chiave della scoperta è una proteina,
chiamata Rad 51, che permette di saldare porzioni di
informazione genetica ai cromosomi senza sbavature, come
invece accade con le tecnologie di manipolazione genetica
finora disponibili. Rad 51 è sicura, essendo la stessa proteina
che in natura presiede ai processi di ricombinazione con cui
geni e gruppi di geni si staccano e attaccano ai
49
cromosomi”.
49
“«La proteina Rad 51 è stata individuata dopo lunghe ricerche nel campo della terapia genetica dei
tumori, ha rilevato Jason Tanner (a nome dei biologi britannici del Clare Hall Laboratories del Centro
imperiale di ricerca sul cancro dell’Hertfordshire, guidati dal dottor Stephen West), per chiarire che le sue
implicazioni eugenetiche (come quella di manipolare a piacere ovuli e spermatozoi per programmare i
nascituri con occhi e capelli del colore voluto o altre caratteristiche d’impronta più estetica che medica)
appartengono a un futuro possibile ma lontano e vanno comunque al di là della ricerca e su di esse solo la
società nel suo complesso può decidere». La società però richiede tempi lunghi per orientarsi su questioni
tanto delicate e gli interventi di manipolazione genetica sull’uomo con la proteina Rad 51, secondo West,
«entro 20 anni saranno quasi di routine». Il ruolo della Rad 51 e la possibilità di servirsene per la
manipolazione genetica di ovuli e spermatozoi prima della fecondazione, secondo gli esperti del settore,
dovrebbero essere presto confermati da uno studio svolto da ricercatori dell’università americana di Yale.
Per la baronessa Warnock, membro della camera dei Lord e capo della commissione che negli anni Ottanta
aveva condotto un’inchiesta sull’etica della ricerca sugli embrioni umani, bisogna stare in guardia. «Simili
terapie genetiche sono troppo pericolose da adottare, a dispetto degli apparenti vantaggi – ha detto – non
essendo mai possibile sapere quali effetti avranno sulla specie umana con l’andar del tempo»” [Occhi blu?
In provetta si può in Il Corriere della Sera, anno 121, n. 293, 10.12.96, p. 19].
– 43 –
II.4.2.Le applicazioni eugenetiche e preselettive.
Le difficoltà intrinseche alla metodologia del DNA
ricombinante sembrano perciò aggirabili grazie alle nuove
prospettive aperte dall’ingegneria genetica “cellulare”, ovvero
dalle tecniche del trapianto di nuclei cellulari, e la
50
conseguente clonazione di individui identici, e dai processi
di fusione cellulare o cromosomica con creazione di ibridi
51
senza difetti cui abbiamo accennato.
È però doveroso ricordare anche le applicazioni
dell’ingegneria genetica cellulare in campo botanico e
zoologico con la creazione, possibile oggi e ancor più in
futuro, di ibridi resistenti a malattie o ad un habitat inadatto
52
a l l o r o s v i l u p p o p r o d u t t i v o.
È impossibile fare delle previsioni sicure sulle applicazioni
future dell’ingegneria genetica. Sta però di fatto che la strada
imboccata risulta tecnicamente imprevedibile, perché dipendente
da fattori di ricerca non programmabili.
Oltre quindi al controllo di alcune proteine umane, già
ora realizzato, tutto dipenderà dallo scoprire i meccanismi
50
Cf. CIROTTO C. – PRIVITERA S., op. cit., pp. 98-102.
51
Cf. ivi, pp. 104-105.
52
Cf. BUSATTA Flavia, Il gene dell’immortalità. Dai “Mercanti dello spazio” alle biotecnologie
(Padova-Calusca Ed. 1995).
– 44 –
della regolazione genica per cui un gene inserito in un
organismo potrà funzionare in modo calibrato e non casuale o
meccanico.
Allora si potranno affrontare alla radice molti problemi
medici, quali l’attivazione genica intraorganica di particolari
53
proteine, come l’insulina; la cura di tessuti cancerosi; la
prevenzione di malattie ereditarie, come la sindrome di Down
o il rene policistico; il problema del rigetto di tessuti
trapiantati e il controllo cronobiologico della vita, con
allungamento reale della stessa (fino a che limite?); la
costruzione di cereali adatti a culture difficili, con la forse
conseguente positiva soluzione del problema alimentare
54
mondiale.
Ma accanto a tali aspetti potenzialmente positivi, possono
sorgere alla mente spettri e fantasmi mai sopiti del tutto e
che la storia umana ci ha insegnato a temere: la creazione,
per esempio, di individui umani preprogrammati quanto al
sesso, alla resistenza biologica, alle caratteristiche somatiche (il
sogno di una razza superiore di hitleriana memoria si sta
forse avverando?!).
53
Cf. MASINI Giancarlo, Cellule cancerose risanate da un gene in Il Medico d'Italia, XXV, 85 (20/
12/88), pp. 1-2.
– 45 –
Anche se la costruzione della personalità umana è affare
più complesso e non derivabile deterministicamente da una
certa impostazione genetica, resta comunque intatta la
“tentazione” di provare anche la via genetica per la creazione
di uomini a sviluppo programmato a seconda dei progetti e
55
delle esigenze delle convenzioni sociali e del potere vigente.
54
Bisogna però precisare che l’uso di culture mutate geneticamente e monopolizzate dalle grandi
multinazionali chimico-farmaceutiche e agro-alimentari sembra per ora aver creato più problemi che
soluzioni nel campo dell’alimentazione mondiale [cf. BUSATTA F., op. cit.]. Ad esempio, è divampata
feroce la polemica tra ecologisti e la Commissione europea che ha autorizzato, alla fine del 1996, la
commercializzazione del supermais o mais transgenico (vedi Tav. XV), il cui brevetto appartiene al colosso
elvetico Ciba-Geigy: “il supermais è ottenuto inserendo nelle piante selvatiche due geni diversi. Il primo
rende la pianta resistente all’attacco della piralide, una farfalla la cui larva si nutre dei fusti delle piante e
distrugge più del 10 per cento dei raccolti europei. Questo gene viene isolato da un batterio molto diffuso
nel suolo, Bacillus thuringensis, che produce una tossina in grado di alterare le mucose gastriche degli
insetti provocandone la morte. Ma alla Ciba non si sono accontentati di fornire ai loro semi le armi per
difendersi dagli animali. Come ha fatto la statunitense Monsanto con la soia, il granoturco della Ciba è stato
dotato di un secondo gene che lo rende resistente a un potente erbicida, prodotto dalla stessa azienda. Gli
agricoltori che acquistano il kit completo, semi più erbicida, hanno la garanzia di un raccolto libero da
infestanti. Qui cominciano le critiche. Per accertarsi che il gene di Bacillus thuringensis sia stato integrato
nel genoma delle cellule vegetali, i bioingegneri utilizzano un tratto di DNA marcatore, in questo caso un
gene che rende i batteri resistenti all’antibiotico ampicillina (uno tra gli antibiotici a largo spettro più usati
nella terapia medica ndr). «Il rischio» sostiene Greenpeace «è che questo pezzo di DNA passi ai batteri
dello stomaco e dell’intestino di uomini e animali, rendendoli resistenti all’antibiotico». L’ipotesi, però, è
stata scartata in una recente conferenza internazionale tenutasi in Francia lo scorso settembre e che ha visto
la presenza di 14 ricercatori di diversi Paesi, tra cui anche rappresentanti dell’OMS e della FAO. «Il DNA
marcatore viene usato solo durante l’amplificazione del gene antipiralide in colture di Escherichia Coli»
spiega Giorgio Poli, direttore dell’Istituto di microbiologia e immunologia veterinaria dell’Università di
Milano, che ha rappresentato l’Italia nella riunione d’oltralpe. «Dopo di ciò, il plasmide che contiene i due
geni viene modificato per essere inserito nelle cellule vegetali. In questa fase viene utilizzato un marcatore
specifico per le cellule vegetali, ed è quindi improbabile che in questa fase vengano selezionate cellule
resistenti all’antibiotico. Inoltre, anche se questo pezzo di DNA arrivasse intatto nello stomaco di esseri
umani e animali, la probabilità che venga trasferito ai microrganismi è molto bassa: dovrebbe resistere
all’azione dei succhi gastrici, essere inglobato, come DNA nudo, dai batteri, integrato nel loro genoma in
modo corretto ed espresso. E ognuno di questi passaggi ha una probabilità vicina allo zero di verificarsi».
Tutto tranquillo, allora? Se le inquietudini sugli antibiotici appaiono eccessive, molti aspetti restano
comunque da chiarire: un recente tentativo di produrre soia transgenica ricorrendo a un gene della noce
brasiliana, per esempio, è fallito per il potere allergizzante del DNA della noce. Altre preoccupazioni
riguardano le conseguenze economiche che potrebbe avere l’introduzione delle nuove superpiante sui
mercati dei Paesi poveri del Terzo mondo” [cf. TROMBA Cinzia, Eugenetica vegetale. Accolte con
diffidenza in Europa le nuove specie transgeniche di piante in Tempo Medico, XXXVIII, n. 33, 11/12/1996,
p. 10].
55
E qui non vogliamo addentrarci in altre possibili conseguenze manipolatorie come la cosiddetta
guerra biologica, che può imperversare anche in tempi di pace formale e per la quale è possibile distruggere
raccolti o allevamenti di nazioni nemiche o semplicemente concorrenti, affossandone l’economia.
– 46 –
In una prima analisi quindi possiamo già dire che i
progressi dell’ingegneria genetica applicata alla medicina
portano con loro una serie infinita di problemi etici legati
all’utilizzazione di queste conoscenze. In ogni caso la
manipolazione del patrimonio genetico umano provoca una
reazione fortemente emotiva, in quanto essa intacca l’identità
più profonda dell’uomo, quella ereditaria.
La precedente analisi dello stato della ricerca in questo
campo è giustificata dalla convinzione che alla base di ogni
possibile valutazione etica delle implicazioni e dei rischi che
l’ingegneria genetica, come ogni altra innovazione tecnico-
scientifica, porta con sé, è necessario avere una prospettiva
esatta di quello che si può realmente fare e di ciò che
56
invece è da considerare impossibile.
Nel contempo però se è vero che la paura di un cattivo
uso delle tecniche di ingegneria genetica non giustifica il
perpetuarsi delle sofferenze umane, che risultano da un
ingiustificabile ritardo nell’applicazione clinica delle potenziali
capacità terapeutiche di tali tecniche, dall’altro lato è indubbio
che l’ultima parola spetta all’etica che dovrebbe illuminare le
scelte operative dell’uomo.
56
Cf. PERLINO Elda, op. cit., p. 142.
– 47 –
III
LA QUESTIONE ETICA
III.1. La sfida del futuro.
È indubbio che le nuove frontiere biotecnologiche si
presentino come una grande sfida per la capacità di
valutazione e governo dell’uomo. Oggi, come abbiamo già
illustrato, è possibile influire, oltre che sul presente, anche
sul patrimonio genetico di tutte le generazioni future. Questo
fatto, se viene sommato all’interdipendenza e all’interrelazione
della realtà esistente, ci può dare la chiave di lettura della
gravità delle nostre responsabilità etiche nelle questioni
biotecnologiche e ci apre ad un nuovo livello di solidarietà
57
umana che travalica le barriere del tempo.
III.2. L’aspetto semantico-descrittivo.
All’interno del grande dibattito contemporaneo è necessario
innanzi tutto chiarire l’aspetto semantico della questione. Di
fronte a chi assume, per esempio, il termine «manipolazione»
come un’etichetta già intrinsecamente valutativa in senso
57
Cf. AGIUS Emanuel, Interventi sul patrimonio genetico. Le nostre responsabilità verso le
generazioni future in Concilium, XXV, 3 (1989), pp. 523-525.
– 48 –