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INTRODUZIONE
L’argomento oggetto della presente tesi riguarda un fenomeno dal carattere poliedrico
1
,
perpetrato ai danni degli interessi finanziari della Comunità Europea prima e dell’Unione
Europea dopo, oltre che dell’erario degli Stati nazionali. Sono le cosiddette frodi
carosello o frodi IVA.
E’ un fenomeno strettamente connesso alle fragilità e debolezze del sistema armonizzato
dell’Imposta sul valore aggiunto tipo consumo (anche detta imposta sulla cifra d’affari),
introdotta a livello comunitario per fronteggiare i noti rischi di cumulo, propri di alcuni
tributi nazionali, come l’IGE nel nostro Paese, che peraltro, a differenza dell’IVA, non
era in grado di colpire direttamente e soltanto il consumo finale, in quanto imposta
cumulativa e quindi idonea a colpire ogni stadio della filiera produttiva e distributiva.
In realtà, l’espressione utilizzata, frode IVA o frode carosello, non delinea una fattispecie
rigorosa e precisa dal punto di vista concettuale, dal momento che può includere vari
comportamenti, nonché fare riferimento agli esiti più diversificati, anche se tutti
accomunati dall’intento di recare pregiudizio alle ragioni erariali per mezzo di
comportamenti fraudolenti messi in atto dall’operatore economico professionista o dagli
operatori economici che hanno preso parte al meccanismo applicativo dell’imposta sui
consumi.
La sua denominazione classica, frode a carosello appunto, discende dal modo in cui i beni
circolano nel territorio dell’Unione da uno Stato membro all’altro, ma solo cartolarmente.
In genere, si tratta di tre operatori economici, muniti di partita IVA e residenti in due Stati
nazionali diversi, ma nelle ipotesi più complesse può trattarsi di molteplici operatori
economici in due o più Paesi membri.
Non si tratta di un fenomeno elusivo, cioè di aggiramento del dato formale legislativo,
che presuppone una questione interpretativa: nel caso delle frodi carosello, si tratta di
un’operazione ibrida, a vocazione trilaterale, con cui si avvantaggia un fornitore
intracomunitario, a favore del quale sorge un credito d’imposta in realtà insussistente.
Si vedrà, a tal proposito, che le principali manifestazioni del fenomeno oggetto di studio
si distinguono in operazioni soggettivamente inesistenti ed operazioni oggettivamente
inesistenti, per intendere le prime quali operazioni tra fornitori consistenti in un’effettiva
cessione di beni o prestazione di servizi, contabilmente registrate da un operatore
economico diverso da colui che materialmente effettua la cessione; con le seconde,
invece, si fa riferimento ad un’operazione inesistente sul piano concreto, ma registrata
contabilmente. Solo nel primo caso, può parlarsi di frode carosello vera e propria, per la
quale si riscontra una sostanziale regolarità contabile, sebbene, il più delle volte, anche in
operazioni cartolari come quelle descritte, si interponga un soggetto fittizio, che funge da
società cartiera, o missing trader, che permette detrazioni d’imposta senza alcun
versamento a monte.
In sostanza, è un vero e proprio arbitraggio fiscale, una sorta di evasione da riscossione o
evasione interpretativa, il cui scopo è, il più delle volte, quello di abbassare il prezzo delle
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E’ necessario infatti, a proposito delle frodi carosello, distinguere tra occultamento di ricchezza al Fisco,
intesa come sottrazione di ricchezza alla pretesa fiscale (evasione in senso materiale) e l’adozione di una
certa interpretazione giuridica su ricchezza che non è affatto nascosta, denominata anche evasione
interpretativa, trattandosi in questo ultimo caso di evasione interpretativa o pianificazione fiscale.
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merci destinate al consumo in modo da abbattere i costi di acquisto ed essere più
competitivi sul mercato.
Partendo dunque dalla considerazione che ad oggi il sistema fiscale, da intendere come
imposizione tributaria, con la considerazione della declinazione dei tributi in imposte,
tasse e tariffe, è per la maggior parte imperniato sulle rilevazioni effettuate per il tramite
della documentazione ragionieristico-contabile detenuta dalle aziende per propri fini
gestionali (la c.d. tassazione attraverso le aziende) o per l’altro verso mediante
dichiarazioni rilasciate dai contribuenti (la c.d. autotassazione), il fenomeno in esame si
inquadra appieno come il sintomo di una patologia della determinazione documentale e
contabile dei presupposti economici d’imposta.
La prospettiva prescelta per la trattazione organica di una materia molto specifica e
settoriale come quella del diritto dei tributi è la prospettiva strettamente sociale. Lo studio
del diritto, come emerge dai numerosi scritti del Professor Raffaello Lupi, è lo studio
delle istituzioni nelle loro molteplici funzioni pubbliche, ispirate ai noti principi di
imparzialità e buon andamento, come consacrati a livello costituzionale e che dovrebbero
presidiare al corretto esercizio di funzioni intrinsecamente ispirate alla tutela di interessi
collettivi.
Gli studi sociali hanno lo scopo di spiegare fenomeni legati alla socialità umana e al
vivere in comunione. Nonostante, infatti, le numerose affinità biologiche con altre specie
animali, solo l’essere umano è in grado di maturare un’esperienza sociale, come
affermava lo stesso Aristotele, che gli permette di aggregarsi con altri individui e di
costituirsi dunque in società complesse, che abbisognano per questo di spiegazioni
d’insieme dei fenomeni che in esse si dispiegano, in quanto legati alla socialità umana.
In tutto questo il diritto, nell’elaborazione della fattispecie normativa, per sua natura
generale e astratta, quindi capace di comprendere il maggior numero di casi possibili, si
avvale della logica aristotelica, con frequente ricorso ai ragionamenti sillogistici
2
, nella
stesura di previsioni normative, che, come tali hanno per l’appunto lo scopo di
“prevedere” possibili conseguenze dell’agire umano.
Chiaro esempio di norma giuridica elaborata sul modello del sillogismo aristotelico è la
norma del codice civile sulla responsabilità extracontrattuale, o aquiliana, di cui all’art.
2043, secondo cui, come noto, chiunque, in modo doloso o colposo, rechi ad altri un
danno ingiusto, è tenuto al risarcimento del danno nei confronti di chi lo ha subito.
Per questo motivo, dal punto di vista formale, la norma giuridica in generale, sulla base di
talune considerazioni fattuali, la premessa minore, pone la regola, la premessa maggiore,
destinata a produrre i suoi effetti sul piano giuridico, la conclusione.
La legge mira a raggiungere la cosiddetta certezza del diritto per il tramite della
proposizione di comandi e divieti sufficientemente nitidi e cristallini, tali cioè da fungere
da direttrici ineludibili di comportamenti razionali.
Ad oggi, però, le scienze sociali si sono lasciate condizionare dal grande prestigio
conseguito dalle scienze della materia, e dunque dallo studio dei fenomeni naturali oltre
che dell’essere umano come aggregato di materia organica
3
, spesso assimilando il dato
normativo, per il diritto, o il dato matematico, per l’economia, al dato scientifico, alla
legge fisica secondo cui l’acqua bolle a cento gradi. Tutto ciò ha fatto spesso perdere di
senso sociale lo studio del diritto e delle istituzioni, con conseguente autoreferenzialità
2
Si tratta, come noto, di ragionamenti di tipo deduttivo, per cui date due proposizioni, la premessa
maggiore e la premessa minore, ne segue una terza, la conclusione, vera di per sé.
3
Il grande successo delle scienze fisiche dipende dalle ricadute tecnologiche dell’era industriale, di cui sono
espressione anche le aziende, nel senso di cui si dirà.
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delle spiegazioni d’insieme che tentano in tal modo di far luce su questioni sociali
complesse
4
.
Ad ogni modo, la tendenza a far gruppo è ravvisabile in molte espressioni della socialità
umana, a partire dalle aziende, intese come corpi pluripersonali intermedi, che avremo
modo di analizzare ampiamente nel corso di tutta la trattazione, fino ad arrivare ad
organizzazioni più complesse come gli Stati, intesi come gruppi sociali caratterizzati
dall’esercizio di un potere dotato di forza coercitiva da parte di un’Autorità (superiorem
non recognoscens, per usare un’espressione mutuata dal diritto internazionale) sui
componenti del gruppo, che si identificano per la soggezione alla stessa Autorità e per
comunanza di caratteristiche etniche, culturali o religiose. In tal senso, si dice che gli
elementi costitutivi di uno Stato sono il popolo, il territorio e la sovranità.
Oltre quelle nominate, vi sono altresì organizzazioni internazionali o sovranazionali come
l’Organizzazione delle Nazioni Unite, la vecchia Comunità Europea, oggi Unione
Europea, nonché la Comunità degli Stati Indipendenti, che ha presto il posto, in qualità di
Confederazione delle vecchie repubbliche socialiste, dell’ex-Unione Sovietica. Si tratta di
organizzazioni molto diverse tra loro ma tutte caratterizzate dalla tendenza umana a fare
gruppo, da cui discende, sul piano dei rapporti umani, la notevole parcellizzazione del
lavoro dell’era contemporanea, che consente di comprendere meglio la società tramite le
proprie esperienze lavorative
5
.
Il quadro di riferimento della presente tesi è prevalentemente il diritto tributario europeo.
Vedremo come l’Unione Europea, non essendo uno Stato nel senso sopra detto, fatica ad
avere un proprio esclusivo complesso di norme giuridiche aventi valore in campo
tributario e soprattutto ad esercitare un potere coattivo di prelievo fiscale della ricchezza
rilevante a fini d’imposta.
Infatti, lo scopo del Trattato di Roma del 1957, istitutivo della Comunità Economica
Europea, divenuta in seguito semplicemente Comunità Europea col Trattato di Maastricht
del 1992, era e rimane quello della creazione di un mercato comune generale, una zona di
libero scambio di merci, servizi, capitali e persone, su cui si fondano le quattro libertà
fondamentali di circolazione e soggiorno nei Paesi membri, il tutto coronato
dall’istituzione di un’Unione Doganale, oggi definita dall’art. 28 del TFUE, dopo il
Trattato di Lisbona, nonché, ancor prima, dalla Convenzione Internazionale sulle Tariffe
4
Le scienze fisiche e la società tecnologica da un lato hanno messo al bando le antiche spiegazioni
umanistico-filosofiche della realtà, dall’altro però hanno creato notevoli spazi per il sapere “umanistico-
sociale”. Quest’ultimo avrebbe dovuto occuparsi non più di risposte globali sull’origine ed il senso delle
cose, com’era nell’antichità, ma avrebbe dovuto spiegare l’organizzazione di una società resa complessa
proprio dal successo delle scienze fisiche. Al contrario, le scienze sociali hanno imitato le scienze fisiche,
nel senso che si sono frammentate e hanno proceduto in modo disordinato senza riflettere sugli elementi in
comune. Mentre il sapere umanistico nell’antichità aveva una sua unitarietà e quindi era indirizzato a tutti
gli interessati, altrettanto non hanno fatto le scienze sociali moderne, che non sono riuscite a rivolgersi a
tutta l’opinione pubblica, cosa fondamentale per scienze che si definiscono “sociali”. In particolare il diritto
si distingue ad esempio dall’economia per la sua millenaria tradizione tecnico-pratica, cioè il diritto era una
tecnica inserita su funzioni giurisdizionali comprensibili col bagaglio socio-culturale dell’epoca e su questo
si inseriva la sua fase professionale-forense. Proprio su questa tradizione tecnica, a forte impronta
giurisdizionale, avrebbe potuto inserirsi lo studio sociale d’insieme delle organizzazioni istituzionali,
collocate fuori mercato e quindi inadatte agli studi economici. (RAFFAELLO LUPI, Diritto
Amministrativo dei Tributi, par. 4.3, Cap. IV)
5
RAFFAELLO LUPI, Studi sociali e diritto, valori, regole e funzioni
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Doganali e sul Commercio del 1947, Accordo noto con l’acronimo GATT (General
Agreement on Tariffs and Trade).
Inoltre, c’è stato, nel corso della storia, un ulteriore elemento che ha sicuramente inciso
sull’evoluzione del diritto comunitario e sulla creazione di una zona di libero scambio a
livello europeo, ed è stata l’introduzione della cittadinanza europea, che, come prescrive
l’art. 21 del TFUE, si aggiunge e non si sostituisce alla cittadinanza nazionale e permette
a tutti i cittadini europei, che sono tali per il solo fatto di essere cittadini di uno degli Stati
membri, di circolare e soggiornare liberamente nel territorio dell’Unione; si tratta dunque
di una libertà che non è più, come in passato, riservata ai soli lavoratori o esercenti attività
economiche e professionali, bensì a tutti i cittadini comunitari.
Sappiamo, tuttavia, che, nonostante le riforme citate, l’Unione Europea non è mai riuscita
a fare quel passo decisivo che le avrebbe permesso di diventare un’Unione non più
sovranazionale di Stati indipendenti, ma federale di Stati sovrani, come gli Stati Uniti o il
Brasile.
Dunque, in ambito tributario, l’IVA aveva lo scopo di colpire esclusivamente il consumo
finale, neutralizzando i passaggi intermedi tra operatori economici.
Le frodi ad essa legate sono denominate frodi carosello in quanto, per mezzo di società
cartiere anche definite missing traders, alcuni fornitori comunitari facevano perno sui noti
meccanismi, che oggi fungono in parallelo, della detrazione e della non-imponibilità,
tipici dell’imposta sui consumi, a loro volta pensati per rendere tale tributo neutrale
rispetto alle operazioni B2B (business to business). Lo scopo è quello di creare detrazioni
indebite che vanno ad alimentare un circolo vizioso, ove merci e servizi vengono
scambiati in modo effettivo.
Per un buon inquadramento del caso che ci occupa, è opportuno, pur sempre, prendere le
mosse da alcune considerazioni sulla funzione istituzionale di cui la riscossione delle
imposte, IVA compresa, è espressione. Il Professor Raffaello Lupi ha scritto il suo libro
di testo intitolandolo Diritto amministrativo dei Tributi, inserendo poi come sottotitolo
ovvero le imposte si pagano quando qualcuno le impone. La funzione istituzionale
tributaria, infatti, ha lo scopo di determinare la giusta base di commisurazione
dell’imposta, ma per un corretto inquadramento della stessa, è necessario partire dalla sua
matrice amministrativistica. Conosciamo i principi costituzionali che dovrebbero
ispirarla, a partire dalla nota riserva di legge relativa di cui all’art. 23 Cost., nonché al
principio della progressività della tassazione di cui è espressione l’art. 53 del testo
costituzionale, inserito nel Titolo IV, Parte Prima della Legge Fondamentale del 1948, in
materia di Rapporti Politici.
La funzione tributaria è tanto importante in quanto proprio dalle imposte proviene la
maggior parte delle risorse economico-finanziarie che finanziano la spesa pubblica e
quindi la spesa collettiva. Si tratta della più antica di quelle che sono state definite le
funzioni giuridiche, ma non giurisdizionali
6
, quindi attribuite a delegati del Monarca
6 Il carattere non giurisdizionale della funzione tributaria, il cui scopo è quello di determinare la giusta base
di commisurazione delle imposte, dipende dal fatto che si tratta di una funzione pubblica basata su stime per
ordine di grandezza, ove il ruolo del giudice può semmai essere successivo a quello fondamentale di
determinazione della base imponibile, in caso di liti tra Pubblica Amministrazione e privati. Al contrario, la
sopravvalutazione dell’aspetto normativo, inteso come legislazione, sentenza e brani di dottrina, rispetto a
quello organizzativo ed istituzionale, tipico di una funzione pubblica giuridica ma non giurisdizionale, ha
avuto delle conseguenze importanti: prima di tutto, la subalternità del diritto rispetto alla politica; alla
pubblica opinione è stato tolto poi uno strumento normativo e alla stessa politica la stessa osservazione sulle
molteplici organizzazioni istituzionali; la funzione giurisdizionale ha continuato a prevalere sulle altre,
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diversi dai giudici, ma pur sempre legati da un rapporto fiduciario col vertice politico del
gruppo sociale di riferimento.
Dobbiamo attendere l’avvento dello Stato di diritto, a partire dalla seconda metà del XIX
secolo, per assistere ad un lento e graduale passaggio da cariche pubbliche di carattere
onorario ad incarichi pubblici di carattere professionale, e quindi affidati a funzionari
selezionati in base ad un criterio di merito, secondo quanto prevede tutt’ora il combinato
disposto degli artt. 51 e 97, comma 4 del testo costituzionale.
Come tutte le funzioni pubbliche, anche la funzione istituzionale tributaria ha subìto
l’influenza del diritto europeo, con la conseguenza che anche in tale settore vi sono state e
vi sono ancora oggi stringenti limitazioni di sovranità. Certamente, rimane in capo agli
Stati nazionali la scelta del modello di politica economica da adottare e dunque la scelta
di un modello di rapporti tra Stato e mercato che si predilige nell’ottica delle plurime
combinazioni tra entrate e spese.
Diverso è il discorso, invece, sempre nell’ottica del mercato unico e in regime di libera
concorrenza, per quel che concerne gli aiuti di Stato alle imprese e i trattamenti
discriminatori rispetto a fornitori esteri, per i quali l’attuale Trattato sul Funzionamento
dell’Unione Europea (TFUE) agli artt. 101 e segg. prevede un divieto categorico, che non
ammette quindi alcuna deroga, se non in un’ottica legata a situazioni emergenziali, come
è stato a seguito della crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2008 e legata alla nota
crisi dei mutui sub-prime delle maggiori banche americane, tra cui le Lehmann Brothers.
Fu un evento tanto disastroso per le finanze nazionali ed europee da costringere le
istituzioni comunitarie ad irrigidire la politica finanziaria e monetaria dell’Unione (la nota
politica del rigore), introducendo vincoli ancora più stringenti, ad esempio confermando i
noti canoni sul rapporto debito pubblico/PIL e deficit pubblico/PIL rispettivamente da
contenere entro il 60% ed il 3%, come fissati dal Trattato di Maastricht e nel Patto di
Stabilità e Crescita, nonché introducendo l’obbligo di Paesi con maggiore indebitamento
di rientrare nella soglia del debito previsto dai Trattati nel termine di vent’anni e quindi
riducendo il debito pubblico nella misura di un ventesimo all’anno.
Tutto ciò è stato previsto con l’entrata in vigore del Fiscal Compact del 2012, non firmato
tra gli altri da Repubblica Ceca e Regno Unito, in occasione del quale è stato peraltro
istituito il cosiddetto Meccanismo Europeo di Stabilità
7
(MES), un fondo salva-Stati
formato dai contributi dei singoli Stati nazionali, cui possono attingere Paesi in maggiore
difficoltà.
Il comune denominatore delle ultime riforme citate è stato l’obbligo di introduzione nelle
Costituzioni degli Stati membri del principio del pareggio di bilancio, cui ha ottemperato
senza però approfondire il rapporto tra la normativa ed i meccanismi mentali del giudice. Su questi
presupposti, era impossibile spiegare la complessità delle organizzazioni istituzionali non giurisdizionali.
La prevalenza del dato normativo rispetto a quello funzionale ed organizzativo ha portato ad
un’osservazione indiretta, cioè proprio attraverso i materiali normativi, della realtà delle organizzazioni
istituzionali. In questo modo, viene trascurata l’osservazione diretta delle stesse istituzioni, che è il vero
dato del giurista. Dunque, nell’ambito del diritto si è affermata una scientificità intrisa di riferimenti a leggi,
sentenze e brani di dottrina, tra l’altro senza contestualizzarli rispetto ai ruoli di chi li redige o applica. Per
tali ragioni, il diritto resta ancorato alla tecnica, che non riesce ad avere un respiro più ampio per la
mancanza di spiegazioni sociali d’insieme.
7
Messo alla ribalta a seguito della recente crisi sanitaria e su cui ancora oggi corre il dibattito all’interno
della pubblica opinione, sebbene il fondo MES sia stato messo a disposizione degli Stati membri ad
interessi notevolmente bassi e senza condizionalità per spese sanitarie e di riforma infrastrutturale dirette al
contenimento della pandemia da Covid-19.
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il nostro Paese attraverso la riforma della legge costituzionale del 20 Aprile 2012 n. 1, che
ha aggiunto alla vecchia formulazione dell’art. 81 della Legge fondamentale, il seguente
primo comma: Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio,
tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Tra gli altri divieti previsti a livello comunitario, uno dei più stringenti riguarda il settore
della monetazione e del ricorso all’indebitamento attraverso la stampa di moneta, oggi
deferita alla Banca Centrale Europea, con conseguente impossibilità di ricorrere, a
differenza di quanto accadesse in passato, a svalutazioni competitive. In pratica, ad oggi
non è possibile per uno Stato nazionale dell’UE ricorrere al finanziamento della spesa
collettiva attraverso l’aumento del debito pubblico e quindi stampando moneta.
Tornando alla tassazione, può dirsi che i vincoli comunitari hanno avuto lo scopo di
rendere omogenea l’imposizione fiscale in termini di tributi doganali e di imposta sui
consumi.
Lo strumento normativo più usato per raggiungere i suddetti fini di armonizzazione
fiscale, specie in ambito IVA per quel che ci interessa, sono le direttive europee, che,
insieme ai regolamenti e alle decisioni, costituiscono le fonti tipiche del diritto
comunitario e vincolanti per tutti gli Stati nazionali, sia pure in modo diverso, dal
momento che le direttive vincolano solo rispetto agli obiettivi da raggiungere,
rivolgendosi agli organi legislativi di determinati Stati membri, tenuti a recepirle con un
certo margine di discrezionalità quanto ai mezzi da utilizzare per il perseguimento degli
scopi da esse sanciti, mentre i regolamenti sono dotati di obbligatorietà integrale e si
rivolgono in linea di principio a tutti gli Stati
8
.
Nonostante ciò, non sono mancati fenomeni di sottrazione di IVA detratta da parte di
operatori economici, che hanno avuto modo di approfittare del sistema di non-
imponibilità dei tributi sui consumi, introdotto proprio in vista della già menzionata
neutralità dell’imposta rispetto alle operazioni intermedie, nonché di registrazione di
operazioni fittizie per vantare crediti IVA inesistenti.
E’ noto a tutti il caso Telecom-Sparkle, che vide indagato e sottoposto a carcere
preventivo, amministratore delegato di Fastweb, Ingegner Silvio Scaglia, assolto solo di
recente nel 2017 con una sentenza della Prima Sezione penale della Corte d’Appello di
Roma. A suo carico, gli elementi indiziari più pesanti erano “il possesso da parte sua di
un conto corrente ad Hong Kong dove terminava l’operazione di riciclaggio e la
residenza a Londra, dove hanno sede alcune società utilizzate per il riciclaggio”; infatti il
fenomeno delle frodi IVA citato è collegato alla rivendita di merci acquistate da parte di
un fornitore, che non versa IVA all’erario, ad un altro operatore economico, a favore del
quale sorge una detrazione indebita.
Tra le confusionarie proposte avanzate per far fronte alle frodi in esame, vi è quella che
prevede l’estensione del meccanismo della non imponibilità, anche detto reverse charge,
alle operazioni interne, ossia ai rapporti tra operatori economici che si dipanano in ambito
nazionale. Questa è stata la soluzione proposta dal nostro Paese a partire dalla Legge
finanziaria del 2015, con la quale l’Italia ha ottenuto l’autorizzazione da parte della
Commissione europea, trattandosi di una modifica che andava a colpire il sistema
armonizzato IVA. Vedremo come un simile meccanismo funziona tanto bene in quanto
l’ultimo tassello della catena di distribuzione sia ben presidiato, grazie alla presenza di
operatori strutturati che rivendono al dettaglio, come accade con la grande distribuzione
di massa.
8
Ragion per cui i regolamenti hanno portata generale, mentre le direttive portata individuale.
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Le difficoltà incontrate a livello comunitario nella gestione del fenomeno delle frodi IVA
dimostra l’incapacità dell’Unione di gestire fenomeni complessi, in quanto sebbene la
stessa non possa considerarsi appieno una semplice organizzazione internazionale e lo
stesso art. 47 dell’odierno TUE le riconosce personalità giuridica di diritto internazionale,
l’Unione Europea non è ancora uno
Stato, è dotata di organi politici di secondo grado, non elettivi e giurisdizionali, che
legiferano e giudicano sulle istituzioni degli Stati-membri senza una propria base
elettorale
9
.
Complice di tutto ciò è anche l’enorme deficit democratico che si registra a livello
sovranazionale, il cui unico organo elettivo, ossia il Parlamento, svolge funzioni
meramente consultive o di controllo rispetto alle altre istituzioni europee
10
.
Negli ultimi tempi c’è stata una particolare insofferenza verso i vincoli europei, come ne
è testimone l’uscita dall’Unione di uno dei suoi Stati nazionali, il Regno Unito, che si è
avvalso a tal proposito della procedura di recesso prevista dall’art. 50 TUE.
Come scrive sempre il Professor Raffaello Lupi in Diritto Amministrativo dei Tributi, c’è
stata forse un’eccessiva fiducia verso il potere unificante del mercato e della politica che
direttamente vi interloquisce, trascurando l’intervento economico delle organizzazioni
istituzionali che sono giuridiche, ma non giurisdizionali, come le istituzioni tributarie.
9
RAFFELLO LUPI, Diritto Amministrativo dei Tributi, ovvero le imposte si pagano quando qualcuno le
impone, Cap.II, par. 2.6
10
Il controllo che il Parlamento esercita sulla Commissione si traduce nell’approvazione di una mozione di
censura che implica la decadenza congiunta contemporanea di tutti i membri della Commissione
medesima; rispetto al Consiglio, inteso come organo composto da rappresentanti degli Stati membri a
livello ministeriale, l’unica procedura percorribile per esercitare le suddette funzioni di controllo è la nota
procedura d’infrazione prevista dagli 258, 259 e 260 TFUE, piuttosto inusuale per un organo elettivo.