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Introduzione
Negli ultimi decenni la figura del consumatore ha assunto un ruolo rilevante nella
moderna economia di mercato: si è assistito ad un mutamento del consumatore da
soggetto “debole” e bisognoso di tutela a protagonista attivo ed esigente. Nel
corso degli anni il consumatore ha assunto rilevanza centrale nelle scelte
strategiche delle imprese, le quali hanno implementato numerose politiche di
marketing al fine di sopravvivere in un mercato sempre più competitivo e
dinamico. Pertanto ci si è preoccupati di definire una disciplina che riguardasse
esclusivamente i rapporti tra imprenditori e consumatori, poiché è evidente che un
mercato “corretto” rappresenta una condizione ineludibile e un presupposto
indispensabile al quale fare riferimento per consentire il “corretto” incontro tra
domanda e offerta. Il d.lgs. n. 146/2007, in attuazione della direttiva comunitaria
n. 2005/29/CE, ha introdotto nel nostro sistema la disciplina delle pratiche
commerciali scorrette. Tale disciplina è contenuta nel Titolo III Parte II del
Codice del Consumo (in seguito, c. cons.) : “Pratiche commerciali, pubblicità, e
altre comunicazioni commerciali”. L’obiettivo del presente lavoro non è quello di
passare in rassegna l’intera disciplina delle pratiche commerciali scorrette, ma di
soffermarsi su una particolare fattispecie di pratiche commerciali scorrette,
considerata in ogni caso aggressiva, elencata dall’art 26, lett. f), c. cons. e
consistente nell’esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la
custodia di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha
richiesto, denominate appunto “forniture non richieste”. In particolare se ne
sottolinea la natura bifronte: infatti per certi versi le forniture non richieste si
considerano aggressive, in quanto pongono il destinatario nella detenzione di un
prodotto o servizio contro la sua volontà esigendone peraltro “il pagamento
immediato o differito o la restituzione o la custodia”; per altri versi, invece,
ingannevoli, poiché attuazione di una strategia commerciale contraria a buona
fede e volta a condizionare slealmente il comportamento del consumatore per
indurlo all’acquisto. Numerosi sono i provvedimenti dell’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato in materia di forniture non richieste, specialmente in
due settori: il settore delle telecomunicazioni ed il settore dell’energia elettrica e
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del gas naturale. Nel corso del testo si ci preoccuperà di definire gli strumenti di
tutela a favore del consumatore nonché gli strumenti adottati, in questo caso in
particolare da Edison e Sorgenia, per prevenire l’adozione da parte dei
professionisti di comportamenti che possano essere giudicati scorretti, in quanto
configurano delle forniture non richieste. Importante è il ruolo assunto dal
crescente sviluppo del commercio elettronico diretto ed indiretto a seguito
dell’esplosione della rete internet: ciò ha richiesto che fossero disciplinati in
maniera puntuale i contratti a distanza, pertanto si ci soffermerà sui contenuti della
recente Direttiva 2011/83/UE, che pone in rilievo la necessità di introdurre un
rimedio contrattuale che esoneri il consumatore dall’obbligazione di pagare per
una fornitura non richiesta. Ulteriore elemento di indagine saranno, poi, i servizi
finanziari non richiesti disciplinati nel sistema nazionale dall’art. 67-quinquies-
decies, c. cons. Parte III, Titolo III, rubricato“Modalità contrattuali”, duplice è la
ratio sottesa a tale previsione: evitare che il consumatore acquisti servizi non
richiesti per l’erroneo convincimento di esservi tenuto ed evitare indebite
intromissioni nella sfera privata. In ambito comunitario, inoltre, i contratti a
distanza aventi ad oggetto la vendita di servizi finanziari ai consumatori sono stati
disciplinati con la dir. 2002/65/CE; in relazione a tale ambito, il provvedimento
comunitario in materia di pratiche commerciali scorrette (dir. 2005/29/CE) ha
lasciato ampi spazi di discrezionalità agli Stati membri. Le forniture non richieste
possono quindi essere analizzate sotto diversi aspetti, i quali risultano essere
cruciali per garantire un’idonea tutela ai consumatori. Si vuole ricordare che
l’interesse tutelato dall’intera disciplina delle pratiche commerciali scorrette è
quello di consentire a tali soggetti di assumere delle decisioni di natura
commerciale in piena libertà ed in maniera consapevole. Particolare attenzione
sarà posta alle innumerevoli sfaccettature delle forniture non richieste ed ai loro
risvolti pratici in ambito nazionale.
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CAPITOLO PRIMO
Le forniture non richieste nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette
1 . I caratteri generali della fattispecie
Particolarmente numerosi sono stati nel corso degli anni i casi ricondotti
all’ipotesi tipica di pratica commerciale aggressiva di cui all’art. 26, lett. f) c.
cons., il quale descrive la fattispecie delle forniture non richieste. Per tale ragione
sembra necessario, dopo un breve excursus legislativo descrivere le caratteristiche
di tale pratica, adottata frequentemente dalle imprese per condizionare la libertà di
scelta del consumatore. In particolare con il d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146, in
attuazione della direttiva UE 11 maggio 2005 n. 29,
1
“relativa alle pratiche
1
La direttiva 2005/29/CE è un provvedimento di armonizzazione delle legislazioni nazionali dei
Paesi membri della CE attraverso il quale gli organismi comunitari hanno inteso contribuire “al
corretto funzionamento del mercato interno” nonché “al conseguimento di un livello elevato di
tutela dei consumatori”. Essa si articola, essenzialmente, in due parti: la prima contiene la
regolamentazione delle “pratiche commerciali sleali”; la seconda contiene disposizioni che
apportano una serie di modifiche a provvedimenti già vigenti: segnatamente, la dir.
1984/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, le dir. 1997/7/CE e
2002/65/CE, in materia di contratti conclusi a distanza da professionisti con consumatori ed
infine la dir. 1998/27/CE relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori
e il reg. CE n. 2006/2004 “sulla cooperazione per la tutela dei consumatori”. In particolare la
disciplina contenuta nella prima parte della direttiva 2005/29/CE (artt. 2-13) è di tipo
“orizzontale”, in quanto investe tutte le pratiche commerciali (quali che siano le caratteristiche e
quali che siano i contenuti dei contratti ai quali sono connesse) e ha inoltre natura “sussidiaria”
poiché laddove sussistano nel diritto comunitario disposizioni ad hoc che regolamentino aspetti
specifici di determinate tipologie di pratiche commerciali, ovvero di pratiche commerciali aventi
ad oggetto determinate categorie di beni o servizi, tali disposizioni “speciali” sono destinate
comunque a trovare applicazione accanto ai precetti “generali” dettati dalla dir. 2005/29/CE, ed
eventualmente anche a prevalere su di essi laddove sussista incompatibilità. L’eliminazione delle
differenze esistenti fra le diverse legislazioni nazionali in materia di pratiche commerciali sleali e
la creazione di un quadro giuridico uniforme in tutti gli Stati europei sono apparse agli organi
comunitari le soluzioni ideali per spingere i consumatori ad acquistare beni o servizi offerti da
imprenditori aventi la propria sede in altri Stati, nonché per stimolare le imprese ad offrire i
propri beni e servizi ai consumatori residenti in tutti gli Stati dell’Unione europea, ivi
promuovendoli (in particolare mediante messaggi pubblicitari) e commercializzandoli. Proprio le
ragioni che hanno spinto gli organi comunitari ad adottarla e gli obiettivi che essi hanno
dichiaratamente perseguito attraverso la sua approvazione contribuiscono a spiegare per quale
motivo quella disposta dagli artt. 2-13 della dir. 2005/29/CE sia un’armonizzazione delle
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commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno” e comunemente
nota come “Direttiva sulle pratiche commerciali sleali”
2
, si sono apportate
rilevanti modifiche al d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 recante il Codice del
consumo
3
. La norma espressamente dedicata alle forniture non richieste oggetto
del presente studio, ovvero l’art. 57 c. cons
4
., è stata direttamente collegata a detta
disciplina generale in un rapporto di species a genus, con ulteriore intervento di
novellazione attuato col d.lgs. 221/2007 il quale ne ha riformulato il secondo
comma, affermando che la fattispecie ivi contemplata costituisce pratica
commerciale scorretta ai sensi degli artt. 21-26, c. cons.. Alla luce di ciò deve
negarsi che l’ambito di operatività dei precetti sostanziali di tale norma sia
circoscritto alle sole ipotesi in cui siano impiegate tecniche di comunicazione a
distanza o ai casi in cui, le forniture sono accompagnate da proposte finalizzate
alla sola conclusione di contratti a distanza. Bisogna evidenziare che, “la
locuzione “forniture non richieste” suole essere impiegata per designare
prestazioni:
1. giuridicamente non dovute;
legislazioni nazionali “completa”, infatti gli ordinamenti interni degli Stati membri debbono
attenersi rigorosamente al livello di protezione assicurato ai consumatori dalla direttiva, essendo
preclusa ai legislatori nazionali la possibilità non solo di ridurre tale livello, ma anche di
mantenere o introdurre disposizioni suscettibili di incrementarlo.
2
Il legislatore italiano ha preferito parlare di pratiche commerciali “scorrette “ piuttosto che
sleali, probabilmente al fine di evitare confusione con la disciplina della concorrenza sleale.
Inoltre si è considerata la dizione “scorrettezza” la migliore traduzione della locuzione inglese
“unfair”.
3
Gli artt. 18-27 quarter c. cons. contengono dunque oggi le disposizioni di recepimento degli
artt. 2-13 della dir. 2005/29/CE.
4
L’articolo in esame ripropone il contenuto dell’art. 9 del d.lgs. 22/5/99 n. 185, vietando al
professionista l’esecuzione di forniture, con contestuale richiesta di pagamento, senza che vi sia
stata una preventiva ordinazione da parte del consumatore ma solo, casomai, una richiesta di
informazioni. In particolare l’art. 57 c. cons. prevede che: “il consumatore non è tenuto ad alcuna
prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso l’assenza di risposta non
implica consenso del consumatore. Salve le sanzioni previste dall’articolo 62 c. cons., ogni
fornitura non richiesta di cui al presente articolo costituisce pratica commerciale scorretta ai
sensi degli articoli 21,22,23,24,25,26”.
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2. eseguite a vantaggio di un soggetto che non ne abbia fatto
preventivamente richiesta;
3. allo scopo di indurlo a concludere un contratto.
Pertanto elemento indispensabile delle forniture non richieste è che: la
prestazione avvenga su iniziativa unilaterale ed esclusiva del soggetto che ha
consegnato il bene o fornito il servizio, in altri termini deve essere la prestazione
a trovare il destinatario e non quest’ultimo a cercarla
5
”. La finalità perseguita
attraverso l’esecuzione della prestazione (giuridicamente non dovuta) è di indurre
il destinatario ad accettare di concludere un contratto. La necessità che
l’esecuzione della “fornitura” avvenga in funzione della promozione della
conclusione di un contratto non significa peraltro che la prestazione debba
imprescindibilmente essere accompagnata da un proposta contrattuale. La
“fornitura” potrebbe, infatti, essere accompagnata da una mera inivitatio ad
offerendum
6
, finalizzata a provocare la formulazione di una proposta contrattuale
da parte del destinatario. Di norma, tuttavia, la prestazione “non richiesta” è
affiancata da una vera e propria proposta contrattuale, affidata ad un’esplicita o
implicita dichiarazione rivolta al destinatario, di versare una somma di denaro a
titolo di corrispettivo del bene consegnato o del servizio fornito. Si ribadisce che
tale prestazione, eseguita allo scopo di indurre il destinatario alla stipulazione di
un contratto, non deve essere stata preventivamente richiesta da parte di
quest’ultimo, tale ultimo requisito è stato definito il tratto caratterizzante della
fattispecie
7
. Giova fare qualche precisazione circa il termine “richiesta” di cui
5
G. DE CRISTOFARO e A. ZACCARIA, Commentario breve al diritto dei consumatori, 467.
6
L’espressione viene frequentemente adoperata, nel linguaggio degli operatori giuridici, per
indicare l’invito, rivolto ad una collettività indeterminata di persone, a presentare delle offerte. A
differenza dell’offerta al pubblico non contiene tutti gli elementi del contratto alla cui
conclusione è diretta e non costituisce, pertanto, un elemento concreto dell’ accordo
contrattuale.
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Tale elemento ha indotto i diversi legislatori nazionali ad intervenire al fine di assoggettare la
disciplina delle forniture non richieste ad uno speciale regime privatistico poiché la mancanza di
una preventiva “richiesta” da parte del destinatario della prestazione rende problematica la
ricostruzione di taluni rilevanti profili civilistici della fattispecie ed incrementa il rischio che si
verifichino pregiudizi potenzialmente insiti in ogni offerta contrattuale formulata mediante
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tanto si parla, poichè non costituisce necessariamente un atto negoziale, ed i
contenuti della relativa nozione debbono ricavarsi in negativo. Per escludere che
una prestazione giuridicamente non dovuta accompagnata da una proposta
contrattuale o da una invitatio ad offerendum possa considerarsi una fornitura non
richiesta, è in primo luogo necessario che la sua esecuzione sia stata in qualche
modo provocata, promossa, stimolata dal destinatario, attraverso un
comportamento idoneo ad impedire che essa si configuri come un’iniziativa
meramente unilaterale ed autonoma da parte del professionista
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, atta come tale a
cogliere “impreparato” ed “indifeso” il soggetto che l’ha ricevuta. Pertanto è
sufficiente da parte del destinatario un qualsivoglia comportamento concludente,
ossia idoneo ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco l’interesse a ricevere
un’offerta contrattuale relativa ad un determinato bene o servizio, accompagnata
dall’anticipata consegna del bene o del servizio in questione. “Certamente non si
può considerare “non richiesta” la prestazione, accompagnata da proposta
contrattuale, che è eseguita in risposta ad una invitatio ad offerendum,
precedentemente rivolta dal potenziale consumatore
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al professionista; tanto
meno può considerarsi “non richiesta” la prestazione, che un soggetto esegua,
dopo aver ricevuto una proposta contrattuale (sottoforma di “ordinativo”),
proprio per manifestare al proponente la propria volontà di concludere il
contratto in tal modo offertogli”
10
. In questi casi il presupposto necessario per
escludere che una “fornitura” sia “non richiesta” è che il contenuto della
anticipata esecuzione della prestazione cui si riferisce l’affare proposto, rendendo più forte
l’esigenza di fornire strumenti di tutela adeguati ed efficaci al destinatario.
8
L’art. 18 lett. b) c. cons. definisce il “professionista” come: qualsiasi persona fisica o giuridica
che, nelle pratiche commerciali, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale,
artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista.
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La nozione di consumatore è contenuta all’art. 18 lett. a) c. cons., la norma definisce
“consumatore”: qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali , agisce per fini che non
rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale. Tale
disposto restringe la nozione di “consumatore” a chi, persona fisica, “agisce” per scopi non
professionali e non contiene alcun riferimento alla persona fisica quale destinataria passiva di
un’informazione o di una comunicazione commerciale.
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DE CRISTOFARO e ZACCARIA, Commentario breve al diritto dei consumatori, 468.