8
lasciare che sia una corte internazionale a punire i più gravi tra i crimini
internazionali, perché spesso le corti nazionali non possono o, più
semplicemente, non sono in grado di giudicarne i colpevoli, vuoi per ragioni
d’opportunismo politico, vuoi perché mancano gli strumenti per assicurare
l’effettivo esercizio dell’azione penale (spesso laddove si commettono, per
esempio, crimini di guerra, la struttura statale è al limite del collasso o
addirittura è già collassata).
La speranza di chi scrive è che la Corte Penale Internazionale permetta
finalmente una repressione rapida ed efficace dei crimini internazionali,
avendo dalla propria parte il vantaggio di essere al di sopra delle critiche,
anche ma non solo, di strumentalità e politicizzazione che hanno investito il
Tribunale internazionale ad hoc per l’ex-Jugoslavia.
9
PARTE PRIMA:
IL DIRITTO INTERNAZIONALE PENALE
CAPITOLO PRIMO
Su alcune questioni terminologiche: il diritto internazionale umanitario
dei conflitti armati e i diritti umani. Convergenze e specificità.
Prima di entrare nel merito del lavoro è opportuno soffermarsi su alcune
questioni terminologiche.
Quando si parla d’aggressione, genocidio, crimini di guerra, crimini
contro l’umanità ecc. bisogna chiarire di che materia ci stiamo occupando.
Se a prima vista la risposta sembra scontata, e cioè che ci occupiamo di
crimini internazionali e dunque di violazioni gravi del diritto internazionale
umanitario, ad un’analisi un po’ più approfondita vediamo che emergono
alcuni aspetti problematici.
Innanzi tutto la stessa locuzione diritto umanitario era fino a pochi anni
fa tutt’altro che dominante, vuoi in dottrina, vuoi negli strumenti
internazionali. Si preferivano, infatti, espressioni come diritto bellico, o, in
alternativa, diritto della guerra o dei conflitti armati.
1
Ci sono voluti alcuni
decenni perché essa prendesse piede e rimpiazzasse le precedenti.
2
1
Per alcuni chiarimenti di carattere preliminare si veda A. DORSEY, “Nota sul diritto e i
termini legali”, in R. GUTMAN - D. RIEFF (Eds.),“Crimini di guerra quello che tutti
dovrebbero sapere”, New York, 1999, nonché P. VERRI, “Appunti di diritto bellico”,
Roma, 1982.
2
Che peraltro più di qualche autore continua ad adoperare come sinonimi.
10
In secondo luogo la definizione e i contorni di questa disciplina sono
rimasti a lungo incerti ed ancora oggi permangono alcuni dubbi, soprattutto
nel momento in cui si confronta il diritto umanitario con il diritto
internazionale dei diritti umani. Infine bisogna chiarire quali sono i legami
tra il diritto umanitario e il diritto internazionale penale,
3
giacché laddove il
primo ha carattere eminentemente prescrittivo (riconosce dei diritti e ne
impone la tutela in certe situazioni), il secondo pone dei divieti
e ne
sanziona le violazioni. Del resto, vedremo, i due ambiti normativi vanno a
braccetto: non ha senso attribuire certi diritti e prescriverne il rispetto in
ogni situazione se poi, quando sono violati anche massicciamente, non si
prevedono adeguati sistemi punitivi.
4
Entrando di più nello specifico, diamo
un breve sguardo alla dottrina degli ultimi decenni. Il “padre” della
definizione “diritto internazionale umanitario” è, per comune opinione, Jean
Pictet. Egli fu il primo ad adoperare questa locuzione, con lo scopo di
evidenziare le finalità eminentemente umanitarie della disciplina, mentre,
fino allora, la dottrina adoperava altre espressioni, in particolare diritto
bellico o diritto dei conflitti armati, che ponevano l’accento essenzialmente
sulla disciplina dei modi e metodi di condurre la guerra.
5
3
Qui si abbozzano alcuni aspetti problematici del diritto penale internazionale; al suo
inquadramento dal punto di vista teorico è dedicato il capitolo successivo.
4
C. BASSIOUNI, in “Le fonti e il contenuto del diritto penale internazionale. Un quadro
teorico”, Milano, 1999, pagg. 77 ss., afferma che se il diritto umanitario è lo scudo, il diritto
internazionale penale è la spada: certe tutele previste dal primo sono entrate a far parte del
secondo.
5
J. PICTET, “Les Principes du droit Humanitaire”, Geneva, 1966; “Le droit humanitaire et
la protection des victimes de la guerre”, Geneve, 1973. Oggi la locuzione ha valore, per
così dire,“ufficiale”, tant’è vero che fu adoperata per titolo della Conferenza diplomatica
che si svolse a Ginevra nel periodo 1974-1977 “Per la riaffermazione e lo sviluppo del
diritto internazionale umanitario applicabile nei conflitti armati”; Conferenza che si
concluse coll’adozione dei due Protocolli Aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra. Si veda
anche il sito ufficiale dell’ICRC, www.icrc.org ; ivi “international humanitarian law”, “law
of the armed conflict” e “law of war” sono considerati sinonimi.
Per la nozione di guerra e la sua disciplina, Y. DINSTEIN “War, aggression and self-
defence”, 2nd. ed., Cambridge, 1994.
11
Pictet definì droit humanitaire "cette portion considérable du droit
international public qui s’inspire du sentiment d’humanité et qui est centrée
sur la protection de la personne".
6
Come si vede in questa definizione trovano posto tanto ragioni d’ordine
morale, quanto d’ordine giuridico.
Dal punto di vista più prettamente giuridico "Le droit international
humanitaire, au sens large, est constitué par l’ensemble des dispositions
juridiques internationales, écrites ou coutumières, assurant le respect de la
personne humaine et son èpanouissement".
7
Se inteso in questo senso largo esso comprenderebbe tanto il cosiddetto
“diritto della guerra” (che appunto oggi preferiamo chiamare diritto
umanitario), quanto i diritti dell’uomo.
Peraltro secondo altri autori, come il prof. Milan Bartos, nella categoria
rientrerebbe una terza branca, ovvero “le droit de la paix”, cioè lo “jus
contra bellum”, da intendersi come l’insieme delle disposizioni che tendono
a mantenere la pace e ad escludere la guerra come mezzo di risoluzione
delle controversie tra la comunità umana.
8
La classificazione su esposta fu proposta per la prima volta nel 1966, ma
per stessa ammissione di Pictet fu una specie d’espediente di comodo,
perché mancavano definizioni più soddisfacenti.
9
Ciò è quanto meno
sorprendente se consideriamo che il diritto umanitario (uso
quest’espressione sintetica per riferirmi al diritto internazionale umanitario
dei conflitti armati) è antico tanto quanto l’uomo.
6
J. PICTET, “Le droit humanitaire”, op. cit., pag. 9.
7
J. PICTET, “Le droit humanitaire”, op. cit., pag. 11.
8
Si veda l’art. 2.4 della Carta delle Nazioni Unite.
9
J.PICTET, "Le Droit Humanitaire", op. cit., pag. 12. Sull’argomento, A. EIDE, "The laws
of war and human rights - Differences and convergences", in “Etudes et essais en l’honneur
de Jean Pictet”, Geneva, 1984.
12
Scopo comune del diritto umanitario (in senso proprio, definito allora
anche diritto dei conflitti armati) e dei diritti umani sarebbe la protezione
dell’individuo nei confronti di chi desiderasse “l’écraser”.
Quanto alle differenze ed al rapporto tra le due sfere (diritto umanitario e
diritti umani) Pictet afferma che i diritti dell’uomo sarebbero costituiti da
principi più generali, applicabili in qualsiasi situazione, mentre il diritto dei
conflitti armati, come dice il suo stesso nome, ha un carattere eccezionale e
particolare, si applicherebbe solo in quelle situazioni, da ritenersi
patologiche, in cui la guerra scoppia e viene a “empecher ou restreindre
l’exercice des droits de l’homme”.
I due sistemi giuridici, per Pictet, sono distinti da diversi punti di vista:
per esempio, oltre al fatto che, appunto, i diritti dell’uomo, a differenza
dell’altra branca, trovano applicazione soprattutto in tempo di pace
conoscendo delle limitazioni parziali in tempo di guerra, il primo vede per
protagonisti da una parte lo Stato e dall’altra i suoi cittadini
10
(che
pretendono il riconoscimento di diritti soggettivi, ovvero “pretesivi” civili,
politici e sociali), mentre il secondo disciplina i rapporti tra lo Stato e i
cittadini degli altri Stati o gli apolidi o i rifugiati
11
. Insomma è differente il
campo d’applicazione ratione personae.
In secondo luogo sono diversi i soggetti di diritto internazionale che
promuovono i due ambiti normativi: il Comitato Internazionale della Croce
Rossa per il diritto umanitario, L’ONU, quanto meno a livello mondiale, per
i diritti dell’uomo.
Anche il sistema delle sanzioni è diverso.
10
Anche se di molti di essi godono pure gli stranieri.
11
Va detto che oggi il diritto umanitario disciplina pure i rapporti tra lo Stato e i propri
cittadini: si pensi a tutte le situazioni di conflitto interno che ricadono nell’ambito dell’art. 3
comune alle quattro Convenzioni di Ginevra e del II Protocollo Aggiuntivo.
13
Nonostante queste ed altre differenze il Pictet non negò che i due sistemi
fossero complementari (in via d’estrema sintesi si può affermare che
laddove non arriva la protezione dell’un sistema arriva quella dell’altro).
Le osservazioni fatte dall’insigne giurista sono ancor’oggi in gran parte
condivisibili, soprattutto per quel che riguarda i rapporti e le differenze tra
questi due settori del diritto internazionale
pubblico. Lo sono meno invece
nella parte strettamente definitoria. Del resto lo stesso Pictet, forse
sentendosi non del tutto soddisfatto della sua definizione del diritto
internazionale umanitario, ne propose una d’alternativa. Scrisse che invece
di usare l’espressione diritto umanitario lato sensu come aveva scelto di fare
lui, qualcun altro avrebbe potuto, altrettanto legittimamente, parlare di diritti
dell’uomo in senso lato (beninteso, facendovi rientrare anche il diritto
umanitario) e allora pur di evitare quest’eccessiva confusione propose
una
nuova locuzione: “Les droits humains”.
Preso atto che questa materia pone dei problemi di definizione,
cerchiamo chiarire alcuni aspetti problematici.
I diritti dell’uomo,
12
a differenza dei diritti riconosciuti dal diritto
umanitario, non sono sorti nell’ambito del diritto internazionale, bensì degli
ordinamenti interni degli Stati.
Sono testi fondamentali in questo senso il Bill of Rights inglese del 13
febbraio 1689, le dichiarazioni americane del 12 giugno 1776 e del 17
settembre 1787, quella francese del 28 agosto 1789.
12
C’è chi parla, non a torto, di diritto dei diritti dell’uomo, per sottolineare che si tratta di
diritti soggettivi, il cui contenuto è “pretensivo”: “attributions and faculties”, direbbero gli
Inglesi, mentre nel caso del diritto umanitario si tratta di diritti da intendersi
oggettivamente: un’insieme di norme di diritto internazionale che proteggono certe
categorie d’individui in caso di conflitti armati, internazionali o interni. A riguardo, E.
GREPPI, “I crimini di guerra e contro l’umanità nel diritto internazionale”, Torino 2001,
pp. 30-31.
14
Queste vere e proprie “carte dei diritti” furono poi recepite nelle
costituzioni degli Stati moderni dell’Europa e dell’America settentrionale,
ma ormai i diritti ivi riconosciuti hanno una diffusione quasi universale.
In seguito alla seconda guerra mondiale ci fu il passaggio dal livello
puramente nazionale al livello internazionale, soprattutto per merito
dell’ONU e, a livello regionale, del Consiglio d’Europa. Queste
organizzazioni promossero degli strumenti internazionali per la protezione
dei diritti umani.
Tra questi strumenti ricordiamo in particolare: la Dichiarazione
Universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948,
13
i Patti delle
Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 1966, la Convenzione del 9
dicembre 1949 sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio,
la Convenzione sull’eliminazione d’ogni forma di discriminazione razziale
del 21 dicembre 1965, la Convenzione sull’eliminazione e la repressione del
crimine d’apartheid del 30 novembre 1973, la Convenzione
sull’eliminazione d’ogni forma di discriminazione delle donne del 18
dicembre 1979,
14
nonché, a livello regionale, la Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, stipulata a
Roma il 4 novembre 1950 dagli Stati membri del Consiglio d’Europa.
La conseguenza fu che la protezione dei diritti umani cessò di essere una
questione d’esclusiva pertinenza statale, cioè della cosiddetta domestic
jurisdiction o domain réservé, degli Stati.
15
13
Considerata il primo strumento che codifica il diritti umani a livello internazionale,
mentre per il diritto umanitario si può risalire addirittura alla prima Convenzione di Ginevra
del 1864.
14
Per i testi di queste ed altre convenzioni si consulti il sito italiano dell’ONU:
www.onuitalia.it/frames oppure quello in Inglese www.un.org/law .
15
F. KALSHOVEN, in “Constraints on the waging of war”, Geneva, 1987 ha ipotizzato
l’esistenza di un “diritto di New York”, che si sarebbe aggiunto a quelli “dell’Aja” e “di
Ginevra”, questi ultimi costituenti diritto umanitario.
15
Come s’è accennato sopra, le norme relative alla protezione dei diritti
umani si applicano soprattutto in periodo di pace,
16
mentre in caso di
conflitto armato
17
alcune di queste norme conoscono deroghe e limitazioni.
Per esempio, l’articolo 4 del Patto internazionale sui diritti civili e politici
ammette che “in caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci
l’esistenza della nazione”, gli Stati “possono prendere misure le quali
deroghino agli obblighi imposti dal presente Patto”. E’ evidente che queste
situazioni si verificano eminentemente in caso di conflitto armato.
18
Certo per alcune norme non è ammessa deroga o limitazione alcuna:
articolo 6 (diritto alla vita), articolo 7 (divieto di tortura e di trattamenti
crudeli, disumani e degradanti), articolo 8 (schiavitù e servitù), articolo 11
(prigionia per inadempimento d’obblighi contrattuali), articolo 15 (principio
nullum crimen, nulla poena sine lege), articolo 18 (libertà di pensiero,
coscienza, religione).
Proprio in queste situazioni, cioè quelle di conflitto armato, entra in gioco
il diritto internazionale umanitario, infatti conditio sine qua non per la sua
applicazione è, appunto, che vi sia un conflitto armato.
19
La necessità dell’esistenza di un conflitto armato è stata da ultimo
ribadita dalla Camera d'appello del Tribunale per l'ex-Jugoslavia, nella
decisione sul caso Tadic: “International humanitarian law governs the
16
Quindi rientrano nel contesto del cosiddetto diritto internazionale “di pace”.
17
Utilizzo questa espressione perché di portata più ampia che quella tradizionale “ guerra”,
comprendendo anche i conflitti interni.
18
Ma non solo, si veda la problematica delle c.d. “zone d’ombra”, poco oltre.
19
Art. 2 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra stabilisce che “La presente
Convenzione si applicherà in caso di guerra dichiarata o di ogni altro conflitto armato che
sorga tra due o più Alte Parti contraenti, anche se lo stato di guerra non è riconosciuto da
una di esse”, inoltre le Convenzioni si applicano anche “in tutti i casi di occupazione di
tutto o parte del territorio di un’Alta Parte contraente, anche se questa occupazione non
incontra alcuna resistenza militare”(art. 2.2). Ciò che conta, dunque, è la situazione di
obiettiva esistenza di un conflitto armato, nonostante manchi un organo, in base al diritto
ginevrino, che possa dichiarare in maniera vincolante l’esistenza di tale situazione.
16
conduct of both internal and international conflicts (…) for there to be a
violation of this body of law, there must be an armed conflict”.
20
Rispetto ai diritti umani vi è perciò un differente campo d’applicazione
ratione temporis,
21
nonché ratione materiae (cessato il conflitto armato si
torna al sistema dei diritti umani).
E’ indifferente la natura del conflitto: può essere internazionale,
22
quando
le forze armate di almeno due Stati si fronteggiano (le guerre di liberazione
nazionale rientrano in questa categoria,
23
grazie all’articolo 1.4 del I
Protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1977), oppure non
internazionale,
24
quando i combattimenti avvengono all’interno del territorio
di uno Stato tra l’esercito regolare ed un gruppo armato identificabile, o tra
gruppi armati che si fronteggiano l’un l’altro (senza il coinvolgimento di
uno o più Stati terzi).
25
Giustamente un autore ha scritto che il diritto umanitario rappresenta il
tentativo di inserire il diritto nella guerra:
26
“It is the object of international
humanitarian law to regulate hostilities in order to attenuate their
20
Decision on the defence motion for interlocutory appeal on jurisdiction. Prosecutor v.
Dusko Tadic, Case No. IT-94-1-AR 72, Camera d’appello, 2 ottobre 1995, paragrafo 67.
21
Ancora dal caso Tadic: “International humanitarian law applies from the initiation of
such armed conflicts and extends beyond the cessation of hostilities until a general
conclusion of peace is reached; or, in the case of internal conflicts, a peaceful settlement is
achieved. Until that moment i.h.l. continues to apply in the whole territory of the warring
States or, in the case of internal conflicts, the whole territory under the control of a party,
whether or not actual combat takes place there”, paragrafo 70.
22
Questi conflitti ricadono nella sfera di applicazione delle quattro Convenzioni di Ginevra
e del Primo Protocollo Aggiuntivo.
23
Esse sono le guerre che i popoli combattono per liberarsi dai regimi coloniali o razzisti
nell’esercizio del diritto di autodeterminazione.
24
Tale categoria è disciplinata dall’art. 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra, che
impone a tutte le parti in conflitto il rispetto di un minimo di norme di diritto umanitario, e
dal II Protocollo Aggiuntivo che detta alcune protezioni ulteriori, pur avendo un’estensione
meno ampia dell’art. 3 quanto a portata di applicazione.
25
La distinzione tra conflitti interni ed internazionali è trattata nei dettagli nel Cap. VII,
anche alla luce della giurisprudenza del Tribunale per l’ex-Jugoslavia.
26
E. GREPPI, op. cit., p. 17
17
hardships”.
27
In altre parole, esso fa sì che ci siano delle regole nella
condotta delle ostilità ed inoltre mira a limitare gli effetti disumani della
guerra, in particolare proteggendo le vittime della guerra, siano queste dei
militari hors de combat o dei civili.
Il principio fondamentale del diritto umanitario è quello per cui
“Belligerents shall not inflict harm on their adversaries out of proportion
with the object of warfare, which is to destroy or weaken the military
strenght of the enemy”
28
. Da ciò si ricava che non ogni mezzo e metodo di
combattimento è lecito, e che coloro che non hanno preso parte, o non
prendono più parte alle ostilità, non devono essere oggetto d’attacchi.
29
A fini classificatori, si può ancor oggi affermare che il diritto
internazionale umanitario dei conflitti armati
si suddivide a sua volta in due
rami:
a) il cosiddetto diritto dell’Aja,
30
o diritto bellico in senso proprio e
stretto, che fissa i diritti e i doveri dei belligeranti nella condotta delle
operazioni e limita la scelta dei mezzi di nuocere.
31
Il suo principio fondamentale statuisce che “The right of belligerents to
adopt means of injuring the enemy is not unlimited”.
32
27
J. PICTET, “Development and Principles of International Humanitarian Law”, Geneva,
1984, pag. 1.
28
J. PICTET, op. cit., pag.62. La Dichiarazione di San Pietroburgo prevede nel preambolo
che “Considering (…) that the only legitimate object (…) to accomplish during the war is
to weaken the military forces of the enemy; that for this purpose it is sufficient to disable
the greatest possible number of men; that this object would be exceeded by the employment
of arms which uselessly aggravate the suffering of disabled men, or render their death
inevitable; that the employment of such arms would, therefore, be contrary to the laws of
humanity”, (corsivo mio).
29
Non è attaccando i civili o i militari hors de combat che si può vincere una guerra!
30
Dal nome della città olandese dove sono state firmate le convenzioni del 1899 e del 1907.
31
Si veda per questa ed altre definizioni il sito www.icrc.org .
32
Art. 22 della IV Convenzione dell’Aja 1907. Confermato dal I Protocollo Aggiuntivo alle
Convenzioni di Ginevra.
18
Al giorno d’oggi è improprio parlare di diritto dell’Aja come di un diritto
avente una perfetta identità ed autonomia, perché molti dei settori un tempo
disciplinati dalle convenzioni internazionali firmate nella città olandese
sono confluiti nel cosiddetto “diritto di Ginevra” (articoli 35-60 del Primo
Protocollo Aggiuntivo del 1977) ed inoltre il confine tra i due settori è
divenuto estremamente labile.
33
Del resto anche la Camera d’appello del
Tribunale per l’ex-Jugoslavia ha statuito che: “(…) the Hague Convention
(la numero IV), considered qua customary law, constitutes an important
area of international humanitarian law”
34
e che “The Hague Regulations
cover aspects of international humanitarian law which are also covered by
the Geneva Conventions”,
35
perciò, come ha sottolineato il Segretario
Generale delle Nazioni Unite,“(…) the traditional laws of warfare (vale a
dire il diritto dell’Aja) are now more correctly termed “international
humanitarian law”.
36
Pur essendo evidentemente animato da finalità umanitarie (regolare la
condotta delle ostilità inevitabilmente porta ad un certo grado di protezione
degli individui), il diritto bellico si rivolge in primo luogo agli Stati (la
guerra è fenomeno che riguarda gli Stati; gli individui non sono presi in
considerazione se non indirettamente)
37
e per di più conosce il grosso limite
della necessità militare.
38
33
Per di più il diritto bellico comprende la Dichiarazione di San Pietroburgo del 1868, che
vietò i proiettili esplosivi e il Protocollo di Ginevra del 1925 che proibì i gas asfissianti, la
guerra batteriologica e simili mezzi di conduzione delle ostilità. Strumenti perciò non
stipulati all’Aja…
34
Caso Tadic, paragrafo 87.
35
Caso Tadic, ivi.
36
Caso Tadic, ivi.
37
Già JEAN JACQUES ROUSSEAU lo aveva affermato: “Le contrat social”, 1762, libro I,
cap. IV.
38
F. HAMPSON, “Necessità militare”, in R. GUTMAN - D. RIEFF (Eds.), “Crimini di
guerra. Quello che tutti dovrebbero sapere”, New York, 1999, p. 240.
19
Non sorprende perciò che esso, diritto interstatuale per eccellenza, sia
stato “codificato” molto presto in convenzioni internazionali, dapprima nella
Dichiarazione di San Pietroburgo del 1868 e poi, appunto, nelle
Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907.
b) Il diritto di Ginevra o diritto umanitario in senso proprio
39
mira a
salvaguardare da una parte coloro che non partecipano più alle ostilità, cioè i
militari messi hors de combat per qualsiasi motivo (malattia, ferite,
naufragio, prigionia, resa ecc.) dall’altra le persone che non vi hanno mai
partecipato, cioè i civili.
40
Come principio fondamentale ha il seguente enunciato: “Persons placed
hors de combat and those not directly participating in hostilities shall be
respected, protected and treated humanely”.
41
I suoi destinatari sono direttamente gli individui, cui riconosce dei diritti
nei confronti degli Stati (il proprio come quello o quelli nemici), mentre non
attribuisce diritti agli Stati, a differenza del diritto bellico che anzi, proprio
in virtù del principio della necessità militare, riconosce diritti contro
l’individuo.
Il corpus normativo è costituito soprattutto dalle quattro Convenzioni di
Ginevra del 1949 e dai due Protocolli Aggiuntivi del 1977, anche se la
prima codificazione fu la Convenzione di Ginevra del 22 agosto 1864 “Pour
l’amelioration du sort des militaires blessés dans les armées de campagne”.
Come s’è accennato poco sopra il confine tra diritto dell’Aja e diritto di
Ginevra è diventato progressivamente evanescente.
39
Ma alcuni lo chiamano anche Diritto della Croce Rossa , che ne è la principale
promotrice.
40
ABI-SAAB, “The specifities of umanitarian law”, in “Studies and essays on international
humanitarian law, in honour of Jean Pictet”, Geneva, 1984, pp. 265 ss.
41
Art. 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra.
20
Innanzi tutto da una parte il diritto dell’Aja contiene alcune regole che
tutelano le vittime dei conflitti, mentre dall’altra parte alcune regole del
diritto di Ginevra limitano le condotte che si possono tenere nel corso delle
ostilità (cioè ci sono “sconfinamenti” reciproci).
In secondo luogo, un altro passo decisivo per la convergenza, è stato
compiuto coll’adozione del I Protocollo Aggiuntivo, che si occupa tanto del
diritto bellico (sottraendo al diritto dell’Aja parte delle proprie competenze),
quanto del diritto umanitario in senso stretto.
Infine, la Corte Internazionale di Giustizia nel parere sulla liceità delle
armi nucleari del 1996 ha affermato che le due branche si sono ormai fuse in
un unico sistema di diritto.
42
Ciò nonostante, ripetiamo, per ragioni storiche ed espositive è possibile
mantenere distinti i due settori.
Venendo alle conclusioni sul rapporto tra diritti umani, o diritto
internazionale dei diritti umani che dir si voglia, e diritto internazionale
umanitario dei conflitti armati, da quanto s’è visto emerge che tra di essi vi è
una sorta di continuum: fintanto che si è in tempo di pace la persona è
protetta dai diritti umani,
43
quando si crea una situazione di conflitto armato
scatta la tutela del diritto umanitario, non solo perché come s’è visto certi
diritti umani sono suscettibili di essere compressi e quindi ci vuole un
rimedio a tutela degli individui, ma anche perché è necessario garantire il
godimento e il rispetto d’alcuni diritti collegati specificamente a situazioni
di conflitto (in tempo di pace che senso avrebbe parlare di diritto di cura dei
42
ICJ Reports 1996, pag. 5. Per la dottrina si veda a titolo d’esempio, P. BUIRETTE, “Le
Droit International Humanitaire”, Paris, 1996, inoltre si consulti il sito web del Comitato
Internazionale della Croce Rossa alla sezione, “What is international humanitarian law?”,
www.icrc.org .
43
Human Rights Law, per usare la terminologia inglese, più felice dell’italiana e della
francese.
21
feriti, dei malati, o del diritto dei prigionieri di guerra a corrispondere con i
propri cari?).
I due sistemi normativi, dunque, pur essendo distinti sono
complementari, anche se ci sono ancora delle “zone d’ombra” che rischiano
di sfuggire tanto all’una quanto all’altra branca. Caso tipico, cui s’è fatto
cenno, sono certe “situazioni d’emergenza”.
44
In caso di tumulti, rivolte, atti di violenza sporadica, arresti di massa, se
si tratta di situazioni di “pericolo pubblico eccezionale” che minacciano
l’esistenza di una nazione, alcuni diritti umani possono venire sospesi o
compressi, però sarebbe impossibile parlare di conflitto armato nel senso in
cui lo s’intende abitualmente per applicare il diritto umanitario.
45
E’ chiaro che oggi il confine tra guerra e pace è sempre più fievole (in
Palestina in questi mesi c’è guerra o pace?), ma nel complesso le garanzie
offerte dal diritto umanitario da una parte e dai diritti umani dall’altro sono
soddisfacenti: i diritti fondamentali dell’individuo sono garantiti quasi in
ogni situazione.
In ultima istanza, sulla relazione tra i due sistemi normativi, si può
richiamare l’idea emersa all’interno della stessa Croce Rossa e ormai
pacifica in dottrina.
46
Nel 1983 l’ICRC
presentò al Consiglio dei delegati della Croce Rossa un
rapporto intitolato “The Red Cross and Human Rights” in cui una specifica
sezione è dedicata ai rapporti tra diritto umanitario e diritti umani.
44
Si parla comunemente di “internal disturbances” usando la terminologia dell’art. 1.2, II
Protocollo Aggiuntivo.
45
Si tenga presente che il II Protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra relativo
alla protezione delle vittime dei conflitti non internazionali “shall not apply to situations of
internal disturbances and tensions such as riots, isolated and sporadic acts of violence and
other acts of a similar nature, as not being armed conflicts” (art. 1.2). Anche l’art. 3 comune
alle quattro Convenzioni si applica a situazioni di conflitto armato propriamente dette.
46
Sull’argomento: A. H. ROBERTSON, “Humanitarian law and Human Rights”, in
“Etudes et essais en l’honneur de Jean Pictet”, Geneva, 1984, pp. 793 ss.