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INTRODUZIONE
Brevi cenni biografici su Saša Stanišic
Saša Stanišis è il nato il sette marzo 1978 a Višegrad, una cittadina nell'est della Bosnia, da
madre bosniaca e padre serbo. Fino a quattordici anni la sua esistenza sembra scorrere
tranquilla accanto alla verde Drina. Il 1992 è l'anno della svolta che cambia radicalmente il
suo modo di vivere e pensare. Lo scoppio della guerra civile bosniaca, lo rende testimone di
fatti atroci e lo costringe, insieme alla sua famiglia, ad abbandonare l'amata terra natale alla
volta di paesi stranieri sconosciuti. La famiglia Stanišic si trovava, infatti, in una situazione
doppiamente rischiosa all'epoca. Oltre alla minaccia della guerra gli Stanišic temevano
eventuali persecuzioni a causa del loro matrimonio misto, fatto considerato sconveniente
dalle truppe d'assedio. Ad una settimana dallo scoppio della guerra sono costretti a cercare
rifugio nel sud della Germania, presso alcuni parenti benevoli, da tempo residenti nella
regione. Dopo l'iniziale ostilità dell’ambiente, rafforzata dalla difficoltà di adattarsi in una
terra straniera, Saša inizia a frequentare la Gesamtschule di Heidelberg, dove ha la
possibilità di avvicinarsi per la prima volta al mondo della scrittura. Le sue capacità e la sua
volontà di apprendere vengono notate dai suoi insegnanti, i quali decidono di incentivarlo,
promuovendolo alla classe di preparazione per il liceo.
Nel 1997 consegue la maturità e intraprende lo studio di germanistica presso l'Università di
Heidelberg. In particolare frequenta il corso di studio dedicato al tedesco come lingua
straniera, il cosiddetto Deutsch als Fremdsprache, che punta a far apprendere la cultura tedesca
tenendo conto del fatto che non si rivolge in prima istanza a tedeschi madrelingua e
considera la tradizione della cultura tedesca in una prospettiva interculturale. Durante gli
anni universitari si dedica pure allo studio della slavistica. Dopo la laurea collabora come
assistente professore Bucknell University di Lewisburg (Pennsylvania)
Oltre allo studio, autofinanziato, si dedica alla scrittura creativa, scrivendo testi poetici in
lingua tedesca a saggi brevi e racconti.
Dal 2001 svariate riviste specialistiche pubblicano i suoi lavori, riviste del calibro della
Krachkultur, chiméra/sprachgebunden o Edit. Nel 2006 debutta con il suo romanzo
d'esordio, Wie der Soldat das Gramofon repariert, pubblicato dalla casa editrice Luchterhand.
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L'opera, in parte autobiografica, è ambientata in Bosnia durante la guerra civile. Il
protagonista, il giovane Aleksandar Krsmanovic, guida il lettore, passo dopo passo,
ripercorrendo le vicende che hanno determinato e caratterizzato il conflitto. Il libro, però,
non è solo una rivisitazione della guerra civile nella prospettiva di un bambino, ma è un
affresco della realtà bosniaca prima e dopo il conflitto. Alcuni critici non stentano ad
accostarlo all'altro illustre bosniaco, Ivo Andric. Infatti, non è difficile ravvisare la
somiglianza tra Il ponte sulla Drina e il romanzo di Stanišic. Oltre all'ambientazione comune,
si potrebbe dire, con ragione, che Stanišic continui il percorso iniziato da Andric e
presentia la realtà bosniaca dal punto in cui il predecessore si era arrestato. L'opera
raccoglie da subito il favore della critica e viene tradotta in ben ventisei lingue, tra cui
l'italiano.
Stanišic è stato insignito di numerosi premi per i suoi meriti letterari. Nel 2006 partecipa
all'Ingebor-Bachmann-Preis come giovane scrittore con il racconto Was wir in Keller spielen..,
modellato sempre sul tema della guerra civile. In quest'occasione Stanišic deve cedere la
vittoria al racconto di Thomas Langs, Am Seil, ma in compenso otterrà il Kelag-Publikumpreis
a Klagenfurt. Sempre nel 2006 il suo romanzo d'esordio, Wie der Soldat das Grammofon
repariet, viene decretato come finalista al Deuschen Buchpreis.
L'anno seguente ottiene un ulteriore riconoscimento al Literaturförderpreis, Premio letterario
città di Brema. Del libro viene realizzata una versione radiofonica a cura della Bayerischen
Rundfunk. Nell'ottobre del 2007 gli viene conferito l'Adelbert-von Chamisso-Preis, il premio
per gli scrittori in lingua tedesca che non sono di madrelingua.
A Stanišić vengono riconosciuti vari altri premi: un assegno di soggiorno a Villa Waldberta
(2005/06) e alla Künstlerhaus Lukas (2006), nonché il Grenzgänger-Stipendium della Robert
Bosch Stiftung(2006). Stanišic scrive prosa, spettacoli radiofonici, satira e conduce un Blog
letterario. Scrive regolarmente una colonna per la rivista “ U-Mag”. Nel 2006/2007 Stanišic
viene nominato Stadtschreiber, consigliere comunale di Graz. Nel 2008 lo Schauspielhaus
trasforma il suo romanzo Wie der Soldat das Grammofon repariert in uno spettacolo teatrale.
Medesima sorte tocca alla sua prima pièce teatrale, Go West, messa in scena nel marzo del
2008
2
.
2 Confronta Saša Stanišic Wikipedia
5
LA CRITICA E LA RICEZIONE
Come si è ricordato in precedenza il romanzo d'esordio di Stanišic è stato accolto con
favore dalla critica tedesca ed internazionale. Lo testimoniano i numerosi articoli sparsi in
rete o le parole di encomio della critica impresse sulla copertina delle varie edizioni del
libro. Considerata la diffusione del libro e il grande successo che ha portato alla traduzione
in ben ventisei lingue, non è sorprendente imbattersi in articoli e recensioni in diverse
lingue. Analizzando il panorama critico, saltano all'occhio del lettore alcuni aspetti comuni.
La stragrande maggioranza dei test critici, infatti, contiene un'indicazione dei fatti narrati
nel libro o, talvolta, è una rielaborazione e insieme interpretazione delle vicende narrate da
Stanišic. Si parte sempre con un'introduzione, che pone in risalto i fatti salienti della vita
dell'autore e della trama per arrivare a porre l'accento sulla padronanza del linguaggio, sul
fatto che Stanišic domini la lingua tedesca pur non essendo di madrelingua. Il giudizio
sull'opera viene così ridotto ad un mero riassunto delle vicende narrate.
La causa della mancata presa di posizione di alcuni critici può essere spiegata prendendo in
esame il tema trattato. La guerra civile bosniaca è una questione tuttora aperta e
strettamente legata alla situazione attuale del paese, pertanto qualsiasi giudizio o presa di
posizione rischierebbero di essere superflui o banali. Bisogna sottolineare che Stanišic
stesso non pone l'accento sulla guerra, anche se essa offre lo scenario e l'ambientazione. Il
suo romanzo d'esordio non è un romanzo politico o un diario di guerra. Per certi versi è
un'autobiografia, attraverso la quale il personaggio Aleksandar-Saša ha la possibilità di
ripercorre a ritroso il suo percorso di vita. Non bisogna dimenticare che questo viaggio
interiore scaturisce dai ricordi del fanciullo, che abita l'io più profondo dello scrittore.
Oltre al personaggio di Aleksandar e alla sua relazione con lo scrittore, la presente analisi si
propone come compito principale di analizzare “il prima” e il “dopo” della Bosnia per
mezzo degli stessi personaggi del romanzo. I cambi di regime, le vicende belliche e politiche
sono in correlazione diretta con la vita dei personaggi presentati da Stanišic, in quanto, per
tutti è possibile tracciare un percorso che evidenza bene i cambiamenti esperiti a causa
degli stravolgimenti esterni.
Premesso ciò, è più facile valutare la scelta del critico di astenersi da classificazioni e giudizi
su base razziale e bellica.
La critica in lingua tedesca ha certamente fatto proprio tale modus operandi. Gli articoli in
lingua originale, infatti, seguono l'ordine canonico. (dai dati biografici si passa al riassunto
del libro)
I critici tedeschi, tuttavia, non si sono limitati solo al presentare l'opera in senso asettico. E'
6
possibile gustare, infatti, spunti critici improntati su un particolare tema o aspetto del libro.
Monika Munch, nel suo articolo “Saša Stanišics Roman "Wie der Soldat das Grammophon
repariert" schaut mit kindlichem Blick auf den Krieg”
3
, si focalizza sull'aspetto di Aleksandar-Saša
fanciullo che assiste inerme alle vicende che sconvolgono il suo paese e lo costringono a
modificare la sua esistenza. La Munch non omette di citare l'illustre predecessore, Andric, e
non trascura il paragone con Il ponte sulla Drina, qualificando il romanzo d'esordio di
Stanišic come continuazione del grande capolavoro. L'articolo si conclude con un giudizio
positivo sull'insieme e con il riconoscimento del valore degli attestati di stima tributati negli
anni al giovane. E' molto profonda la frase di chiusura dell'articolo, “Dank Aleksandars
Phantasie können wir alle uns an etwas erinnern, was wir gar nicht selbst erlebt haben.”
4
Volker Weidermann, con l'articolo, “Ich bin Jugoslawien”
5
, apparso sul “Frankfurter
Allgemeine Sontangszeitung”, preferisce incentrare la sua analisi sul senso di appartenenza
jugoslava, visto come espediente di neutralità in un clima bellico e disgregativo della vecchia
unità nazionale. Weidermann esalta il modo in cui Stanišic descrive la realtà in cui vivevano
pacificamente musulmani e cristiani, ma nello stesso tempo sembra porre l'accento sul
drammatico epilogo ben noto a tutti. Il sentimento jugoslavo sopravvive ancora in alcune
persone, che preferiscono non considerare le differenze di culto o di sangue, da un lato.
Dall'altro lato, esiste la dura realtà che le guerre fratricide balcaniche hanno plasmato nel
corso degli anni novanta e che non si può accantonare facilmente.
Un altro contributo importante, apparso sul “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, è sgorgato
dalla penna di Richard Kammerlings. L'articolo in questione ha un titolo alquanto
suggestivo, “Als die Fische Schnurrbart tragen”
6
, con esplicito riferimento alla passione
smodata del ragazzino višegradese per la pesca. Il critico pone l'accento sull'infanzia del
protagonista, sulla sua funzione di Angelmeister nell'ambito della narrazione.
Degne di nota sono le statistiche demografiche che Kammerlings riporta. Pensare che nel
1978 il numero dei musulmani residenti a Višegrad ammontasse a 21.100 unità e
confrontare questo dato con il 1995 provoca scompiglio in ognuno di noi. All'epoca
dell'Accordo di Dayton, infatti, non era possibile incontrare nemmeno un essere umano di
etnia musulmana.
Christine Westermann, invece, riassume alla perfezione il giudizio globale della critica
tedesca. In una recensione, su Buchtipp, si esprime così:” diesen Roman muss man lesen,
wie man Schokolade isst: nicht zu schnell und nicht auf ein Mal. Damit man zu jeder Zeit
3
http://www.literaturkritik.de/public/rezension.php?rez_id=10153
4
Monika Munch, Sasa Stanisics Roman Wie der Soldat das Grammophon repariert schaut mit kindlichem Blick auf den Krieg, in literaturkritik.de
5Frankfurter Allgemaine Sontangszeitung 01.10.2006.Nr. 39 Seite 62
6 FAZ Archiv
7
spurt, wie gut und besonders das ist, was man zu sich nimmt
7
.”
Questo è solo uno dei tanti commenti entusiastici che sono apparsi sui vari giornali e
riviste, anche se potrebbe essere visto come il più intenso, dato che ricalca alla perfezione
l'esperienza di un lettore tipo che si avvicina al mondo di Stanišic.
Per quanto concerne l'ambito della critica in lingua tedesca, non bisogna dimenticare
l'importante funzione assolta dalle Besprechungen e dalle trasmissioni radiofoniche a cura di
Stanišic stesso. Una di queste, “Wenn Hochhäuser musizieren könnten
8
,” è degna di rilievo. Il
titolo ricalca fedelmente quello del capitolo presente all'interno del romanzo, anche se
l'articolo spazia su i temi principali del romanzo. Grazie all'eccentrico titolo, Stanišic si
guadagna un accostamento a Cervantes e ai fratelli Grimm. Accanto ai paragoni fantasiosi
trovano posto riferimenti sulla guerra civile, il genocidio, l'immigrazione e la difficoltà ad
ambientarsi in terra straniera. Hückstädt offre una buona introduzione, condita di
particolari intertestuali per chi volesse approcciarsi al libro.
Al di fuori dei confini nazionali la critica segue gli stessi criteri, quando si trova a recensire il
libro di Stanišic.
Per ragioni pratiche ci si soffermerà, in particolar modo, sulla critica in lingua italiana. A
chi si mette alla ricerca di una recensione in lingua italiana si presenta un panorama
variegato e inconsueto.
Il termine inconsueto non è usato a caso, in quanto, non è insolito trovare recensione
anonime di persone che, col loro contributo modesto, hanno voluto omaggiare Stanišic a
loro modo. Digitando il titolo dell'opera, in traduzione italiana, si fa conoscenze con svariati
forum usati da molte persone come mezzo per scambiarsi idee e consigli anche su letture,
specie quelle in vista dell'estate. Il soggetto specifico del mio riferimento è Orsella, la quale
è venuta a conoscenza casualmente del libro grazie ad un commento apparso in uno di
questi forum. Così commenta la sua recente scoperta:
Del tutto istintivamente sono andata a comperarmi il libro e me lo sono portato in vacanza.
Ho fatto davvero fatica a leggere le prime pagine. Eppure c’era qualcosa, in sottofondo, che mi ha
fatto andare avanti, c’era qualcosa che mi tratteneva e mi faceva leggere pagina dopo pagina.
Ebbene, a libro finito, il sapore che mi è rimasto in bocca è di poesia, di immagini, non ho letto
parole, ma visto immagini. Alterna momenti sfiziosi a momenti angoscianti, il tutto con grandissima
ironia e …. immagini
9
.
7 DR-Buchtipp, Christine Wetermann
8 Besprechung von Hauke Huckstadt in der Frankfurter Rundschau 4.10.2006
9 rsella.wordpress.com/.../la-storia-del-soldato-che-riparo-il-grammof...
8
Al di là delle evidenti lacune espressive e del dubbio valore critico, questa testimonianza
sottolinea la diffusione del libro in tutti gli ambiti in terra italiana.
Su Libero Libro è possibile leggere, invece, una testimonianza diametralmente opposta per
certi versi. Se, all'inizio dell'analisi sullo stato della ricezione di Stanišic, è stato sottolineato
il lato apolitico del giudizio, leggendo la recensione di Claudio Arzani, ci si imbatte in una
presa di posizione nettamente diversa. Arzani parte con parole di encomio per il libro,
lodando la scorrevolezza e la fluidità della penna del giovane autore. Il corpus centrale della
sua critica è occupato dal breve e sentito riassunto delle vicende salienti del romanzo. Non
omette di citare nemmeno la vecchia Yugo del padre di Aleksandar che, puntualmente,
abbandonava i Krsamanovic sulla strada impervia per Veletovo. Le sue osservazioni in
merito all'orrore della guerra e al difficile ritorno dei fuggiaschi al paese natale, sono
davvero brillanti e profonde. Ciò che stona è proprio la nota di chiusura dell'articolo, in
quanto, Arzani perde compostezza e si abbandona a giudizi politici, non consoni al
contesto. “Dunque Aleksander ritorna nella propria terra, torna per ritrovare la nonna
Fatima. Torna per scoprire immensi vuoti, lasciati dagli amici che, nonostante le origini,
amavano la fantastica Stella Rossa, la mitica squadra di calcio di Belgrado, ma questo non è
servito a fermare la pallottola del serbo che ha sparato con la pistola
10
.”
Al di là delle considerazioni particolari in merito al famigerato soldato serbo, è doveroso
sottolineare la mancanza di senso di una frase del genere. Il romanzo di Stanišic non è
politica, non connota razzialmente le persone o le giudica per la fede che professano, è
poesia pura che scorga dal fiume dei ricordi di un ragazzino che ha dovuto dire addio alle
cose più care per colpa di una guerra assurda. Poche righe più sotto, Arzani arriva alla
conclusione sopra esposta, affermando che la testimonianza di Stanišic è importante e
sottolinea che la guerra è sempre e solo mero orrore.
La critica più mirata, in ambito italiano, è quella di Matteo Galli. La sua recensione è
apparsa su “L'Indice” e risulta la più completa e la meglio strutturata di quelle finora
apparse. Galli è il primo a porre l'accento sul corpus testuale e sulle sue componenti. Egli
sostiene che siamo in presenza di un libro ambizioso dal punto di vista strutturale,
suddiviso in quattro parti, ognuna delle quali potrebbe costituisce un libro a se stante. Si
comincia, infatti, col romanzo picaresco che domina la prima parte, passando attraverso il
romanzo epistolare e la raccolta di miniature, per approdare al racconto epico di un nostos,
di scena nell'ultima parte. Per la terza parte, in particolre, si potrebbe parlare di meta-
narrazione, in quanto, il protagonista, Aleksandar, diventa l'autore di un libro nel libro. Dal
punto di vista contenutistico, sempre secondo Galli, Stanišic mescola almeno tre generi o
10 www.liberolibro.it/sasa-stanisic-la-storia-del-soldato-che-riparo-il
9
sottogeneri della tradizione epica occidentale: il romanzo familiare, il romanzo bellico sub
specie pueri, il romanzo epico. Il paragone con Marquez e Carpenter calza alla perfezione.
Nella seconda parte dell'articolo, Galli esamina il mondo intimo di Aleksandar, toccando i
temi più delicati come la morte dell'amato nonno e il fatto di sentirsi un misto. Le poche
parole che dedica a Slavko sono intense e il filo rosso che traccia tra la sua morte e la morte
della Jugoslavia è struggente, “ non a caso si chiama Slavko, non a caso: perché la morte di
Slavko prelude con tutta evidenza alla morte della Jugoslavia
11
.”
Il romanzo epistolare ospita le lettere che Aleksandar scrive alla ragazzina conosciuta,
durante il conflitto. Il tema ricorrente è la perdita della terra natale, il rimpianto e la
difficoltà ad ambientarsi nel paese straniero. Come fa notare l'autore della recensione, qui
l’elemento autobiografico si mescola alla Gastarbeiterliteratur degli anni sessanta e settanta. La
volontà di contestualizzare i ricordi è palpabile e spesso i testi sono delle brevi istantanee o
dei brevi flashback. La terza parte è dominata dalla maestosa presenza del fiume Drina,
l'elemento naturale più amato da tutti gli abitanti di Višegrad. L'accostamento ad Ivo
Andric non poteva mancare nemmeno in Galli, il quale non si esime dal paragonare
Stanišic pure ad un altro grande cultore della storia bosniaca, Emir Kušturica.
L'ultima parte dell'articolo il critico la dedica al compimento del nostos nella parte finale del
romanzo. Aleksandar ritorna nel paese che gli ha dato i natali, alla ricerca dell'identità
perduta. Vi scopre solo orrore e distruzione, niente è più come prima. Per dirla con Galli,
“L'archiviazione della memoria non è servita ad arrestare la distruzione, anzi i ricordi di
guerra delle persone incontrate ma anche dello stesso Aleksandar tracimano letteralmente
nella narrazione, fin quando il Leitmotiv si capovolge nel protocollo dell'inanità, in alcune
crudissime scene del romanzo
12
.”
Galli non poteva trovare miglior conclusione per il suo articolo del novello accostamento a
Cento anni di solitudine di Marquez.
A conclusione di questa parte, relativa alla ricezione critica del romanzo d'esordio di
Stanišic, è opporuno citare il commento di un lettore alla recensione di Matteo Galli, che
riassume quanto detto finora: “Tenero, feroce, spietato, leggero, divertente, tagliente. Ha
tutte le funamboliche caratteristiche di un libro scritto con l'istinto del cuore. Consigliato a
chiunque
13
.”
La valutazione generale del libro di Stanišic è positiva, in quanto l'autore ha descritto la
cruda realtà balcanica degli anni Novanta con la leggerezza e la spensieratezza che solo un
11
www.liberolibro.it/sasa-stanisic-la-storia-del-soldato-che-riparo-il
12
Matteo Galli, in “ L'Indice”
13Brollo Renzo, www.ibs.it/code/9788876849824/stanisic.../storia-del-soldato.html
10
bambino può avere, non a caso infatti la voce narrante è un bambino. Questo modo di
procedere e l'impostazione data al libro rendono il romanzo fruibile ad un pubblico molto
vasto, sensibilizzando nel contempo l'opinione comune sulla drammatica situazione recente
di quella regione.
11
1.La figura del nonno Slavko
1.1 La morte terrena di Slavko
Il nonno Slavko Krsmanovic potrebbe essere considerato una delle figure di rilievo del
romanzo, se non addirittura la figura principale per eccellenza. Un fil rouge lega Slavko alle
vicende belliche e politiche che colpiscono la regione intorno alla Drina, un legame che
continua anche dopo la morte fisica dell'uomo.
La storia del nonno inizia, paradossalmente, con la narrazione della sua morte. Nel primo
capitolo si legge, infatti, un bell'affresco delle tradizioni bosniache in materia di morte.
Un giorno qualunque, in cui non presagiva la sua fine, Slavko ha lasciato la sua eredità più
preziosa al giovane nipote Aleksandar, “einen Zauberhut, einen spitzen Zauberhut aus
Kartonpapier”
14
. Il dono, apparentemente, insignificante è simbolo di volontà, indomito
coraggio di cambiare e di opporsi agli eventi. Poche ore prima della morte, il nonno
rammenta, infatti, al “giovane mago”: “die wertvollste Gabe ist die Erfindung, der größte
Reichtum die Fantasie
15
.”
Dopo queste parole dal sapore fiabesco, lo scenario cambia, facendo ripiombare i
protagonisti nella loro quotidianità. Il grande cuore del nonno si è spento, “Opa starb in
9,86 Sekunden, sein Herz lieferte sich ein Kopf-an-Kopf-Renen mit Carl Lewis- das Herz
stand still, und Carl raste wie ein Wahnsinniger”
16
, lasciando solo sconforto dietro di sé.
In casa Krsmanovic alberga uno spirito nostalgico che spinge tutti i presenti a ricordare i
giorni passati, a ricordare i momenti belli e a rendere omaggio a chi ormai non è più tra
loro, “es ist üblich, daß man hin und wieder wegen der Verstorbenen traurig wird. Bei uns
findet das statt, Regen, Kaffee und Oma Katarina zusammenkommen. Oma schlürft dann
aus ihrer Lieblingstasse, der weißen mit dem Sprung im Griff, weint und errinert sich an
alle Toten und an die guten Dinge, die Sie gemacht haben, bevor ihnen das Sterben
dazwischenkam
17
.”
modo di conoscere un mondo nuovo dove il ritmo della vita è ancora scandito dagli eventi
primari e fondamentali della vita, come la nascita, il trascorrere del tempo e la morte.
14 Un cappello da mago a stelle gialle e blu con dietro una coda gialla e blu. Le citazioni in traduzioni in italiana, da qui in poi, sono tratte da, Stanisic Sasa, trad da Lisa Scarpa,
Storia del soldato che riparò il grammofono, Milano Frassinilli 2007. La parti dal tedesco, invece, da Stanisic Sasa, Wie der Soldat das Grammofon repariert, 1. Auflage
Genehmigte Taschenbuchausgabe, Munchen, btb Verlag in der Verlagsgruppe Randon House GmbH 2008. Versione ita: p. 1; versione tedesca: p 11
15 Il dono più prezioso è l'invenzione, la ricchezza più grande la fantasia. Versione ita: p.1; versione ted: p. 11
16 Il nonno è morto in 9,86 secondi, in un testa a testa con Carl Lewis- il suo cuore si è fermato e Carl è sfrecciato come un matto. Versione ita: p.3; versione ted:p 13
17 E' normale rattristarsi per via dei morti ogni tanto. Da noi succede quando, la domenica, arrivano la pioggia, il caffè e nonna Katarina tutti insieme. La nonna beve dalla sua
tazza preferita, quella bianca con il manico incrinato, facendo un gran rumore, piange e ricorda tutti i morti e tutte le belle cose che hanno fatto prima che la morte gli
facesse l'improvvisata. Versione ita P: 2; versione ted P:12
12
Presso i popoli balcanici, infatti, i riti funerari sono di grande rilevanza e sono dotati di un
loro codice comportamentale, a cui obbligatoriamente ci si deve attenere.
Nel romanzo di Stanišic ciò è particolarmente evidente, dato che il nonno viene seppellito
dopo tre giorni dalla sua morte. E' opinione comune e radicata da secoli che il momento di
transizione del defunto debba essere accompagnato da veglie e altri piccoli riti compiuti dai
parenti addolorati.
Una domenica ventosa offre lo scenario triste per l'ultimo viaggio dell’amato nonno. Ci
sono tante persone a rendergli omaggio, tanti a cui è rimasto nel cuore. La cerimonia
funebre è conforme alle idee del defunto, non ci sono preti ad elogiarlo, ma i fidatissimi
compagni di partito, “bei uns gibt es keinen Popen- es reden sechzigjährige Brustorden
18
”
Parole commoventi e degne di significato scandiscono l'addio di Slavko, parole per cui i
presenti si immaginano addirittura una risposta del defunto, “nein Genosse Poljo, würde er
sagen, ich habe letzen Freitag nichts getan, um di Inflationsrate zu senken, und am Samstag
habe ich lange geschlafen und habe nicht die Erfüllung des Plans in verschiedenen
Kollektiven der Region vorangetrieben
19
.”
A cerimonia conclusa tutti i partecipanti ritornano alle loro occupazioni quotidiane.
Il ricordo di Slavko per alcuni si affievolirà da subito, per altri, invece, continuerà ad essere
il motivo portante quotidiano.
18 Non ce li abbiano noi,i pope, da noi sono le decorazioni sui petti sessantenni a parlare. Versione ita: p. 20; versione ted: p 29
19 No, compagno Poljo, direbbe il nonno, non ho riformato il nostro paese quotidianamente, venerdì scorso non ho fatto niente per diminuire il tasso d'inflazione e sabato ho
dormito fino a tardi e non ho accelerato la realizzazione del piano in diversi collettivi della regione. Versione ita: p. 20; versione ted: p. 30
13
1.2 L'ideologia. Slavko come simbolo del passato comunista
Slavko Krsmanovic è il trait d'union di tutte le vicende del romanzo. La sua esistenza
trascorre felice nella piccola cittadina di Višegrad, situata sulle sponde della verde Drina.
Slavko è un uomo attivo in politica e ricopre un ruolo di grande importanza in seno al
Comitato locale del Partito. Portatore di grandi ideali vorrebbe rivoluzionare il modo di
pensare delle masse, pur mantenendo salda la sua fede nel comunismo.
Slavko, in più occasioni, mette in mostra, infatti, il suo carattere innovativo: “Die
Rolle und die Perspektiven von Ehe und Familie im Proletariat! Ach Slavko und seine
Perspektiven! Die Mutterfrage! Die Erziehungsfrage! Die sexuelle Frage! Hochaktuell!”
20
Tuttavia, nonostante le idee e i propositi ambiziosi, l'animo di Slavko è pervaso da idee
contrastanti. Non è difficile intuire, infatti, il rimpianto per i sogni coltivati e mai raggiunti.
In molte occasioni il personaggio vorrebbe osare, vorrebbe lasciarsi alle spalle la realtà
locale e tentare la scalata al potere, ma legami familiari e sentimentali lo frenano.
La sua vita, seppur felice, sembra essere vissuta a metà. Lasciate le ambizioni alle spalle,
non rimane che sperare in piccoli colpi della cieca fortuna come, per esempio, la malattia di
un relatore delegato al Congresso della Lega dei Comunisti di Jugoslavia, dove avrebbe
potuto mettere le basi per la sua ascesa politica. La sorte non fu dalla sua parte nemmeno
in questa occasione, lasciandolo solo con i suoi pensieri e il suo discorso redatto con cura.
Nonostante Slavko fosse un fedele servitore del partito e dei suoi dettami, coltivava al suo
interno il germe della modernità, il fecondo seme della nuova era, che avrebbe portato alla
fine della Jugoslavia e alla guerra. Principii cardine del suo pensiero erano l'uguaglianza e il
rispetto per tutti. Non si poteva ammettere una distinzione basata sul credo o sulla razza.
Secondo Slavko tutte le questioni sociali e politiche dovevano essere ponderate bene e,
soprattutto, dovevano essere considerati molteplici punti di vista. Nemmeno una curiosità
puerile poteva essere considerata in una prospettiva che non fosse generale. L'amato nipote
Aleksandar definisce i pesci siluro “Fisch-Popen”
21
, incontrando immediatamente
l'integrazione necessaria dell'amorevole nonno “oder Fisch-Hodschas, nickte Opa
22
.”
Dunque il personaggio di Slavko potrebbe essere visto come l’incarnazione dell'unità e del
benessere della nazione. Lui, uomo comune legato alla sua realtà locale è il risultato più
convincente degli ideali allora dominanti. Slavko e il suo mondo sono oggetto di rimpianto
per chi li osserva a posteriori e per chi ha avuto modo, seppur in minima parte, di provare
ciò he veniva definito lo spirito jugoslavo, quel sentimento che univa la gente di diverse
20 La questione della maternità! La questione dell'educazione! La questione della sessualità! Attualissimo! Versione ita:p. 150; versione tedesca: p. 156
21 I pope dei pesci Versione ita: p.193; versione ted: p. 197
22 Oppure gli hoja dei pesci. (il corsivo è presente in entrambe le versioni) Versione ita: p.193; versione ted: p. 197
14
etnie sotto la stessa bandiera, senza la minima considerazione delle differenze
socioculturali.
La Jugoslavia è stata una madre benevola per i suoi figli, un'isola felice e pacifica,
anche se effimera dai primordi.
Di certo un lettore o critico esterno potrebbero giudicare diversamente la frase precedente,
ma è pur sempre opportuno rispettare tutti i punti di vista, specie quelli coinvolti
direttamente nella vicenda, come quelli dei personaggi del romanzo presi come testimoni di
un’epoca. Con Slavko si possono ripercorrere tutte le tappe che hanno caratterizzato l'area
balcanica dalla metà del secolo scorso fin quasi ai giorni nostri. Il valoroso uomo di partito
è il simbolo assoluto di quel benessere, forse fittizio, allora in auge, “als alles gut war”
23
.
Al di là delle idee politiche di Slavko, ci sono molti quesiti che tuttora non trovano una
risposta. Avessero gli uomini mantenuto la capacità di osservazione e acutezza di Slavko, si
sarebbero mai verificati i fatti sanguinosi che tutti ben noti all’opinione pubblica?
Forse la domanda è alquanto retorica, dato che non si può essere mai certi del tutto che un
ideale politico riesca a plasmare l'animo umano dall'interno. Gli ideali politici, nella maggior
parte dei casi, sono effimeri, pertanto è difficile determinare con certezza la loro incisività
in ambito umano. Altrettanto arduo è determinare quanto l’ideale, rappresentato da Slavko
nel romanzo, fosse patrimonio diffuso fra i cittadini jugoslavi. E’ possibile, però, affermare
con certezza che sarebbe stato idilliaco continuare a vivere il suo sogno jugoslavo.
23 Quando tutto andava bene. Il titolo della seconda parte del romanzo. Versione ita: p. 151; versione ted: p. 157
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1.3 Slavko e Rafik: storia del “Tito locale” e del “bohemien comunista”
Nel capitolo precedente si è parlato ampiamente degli ideali politici di Slavko, senza quasi
accennare alla sua sfera familiare. Oltre alla posizione di riguardo in politica, gli spettava
pure il ruolo di capofamiglia stimato e amato. Dal matrimonio felice e prospero con la
fedele compagna Katarina ha avuto tre eredi maschi: Miki, Bora e un terzo di cui non è
dato conoscere il nome. Si può affermare con certezza che nessuno dei tre figli raccoglierà
l'eredità del padre, ognuno intraprenderà, infatti, strade proprie e spesso inconciliabili tra
loro.
Bora, il figlio più grande, potrebbe essere considerato quello più vicino alle idee paterne.
Raggiunta l'agognata maggiore età contrae matrimonio con una ragazza del posto, alla
quale, oltre ai gusti e alle passioni comuni, è unito dalla comune etnia. Miki è il figlio più
giovane della coppia. Quando sopragiunge la morte del padre è ancora un adolescente,
dominato dall'incertezza dell'avvenire e senza una precisa posizione in merito alla
situazione politica. In lui oscillano, pericolosamente, idee e stati d'animo contrastanti; pace
e guerra, amore ed odio verso tutto ciò che lui ritiene diverso da se stesso. Si potrebbe,
ragionevolmente, affermare che in Miki germoglia il seme di colui che diverrà il vero alter
ego di Slavko, l'unico che sarà capace di assumere posizioni nettamente contrastanti con
quelle del padre. Ultimo, non certo per importanza, è il figlio senza nome, il padre della
giovane voce narrante. Senza una precisa ragione non è dato conoscere molti dettagli di
questa figura misteriosa. Scorrendo le pagine del romanzo, si scopre che conduce
un'esistenza banale e grigia che non lo soddisfa affatto. Lavora come impiegato presso una
ditta che produce oggettistica in legno, ma il suo animo tende costantemente altrove, verso
mete lontane che può raggiungere solo in sogno. L'uomo, infatti, è appassionato di pittura,
passione all'epoca sconveniente a causa del regime e del tutto inutile da seguire. A tale
proposito, lontano da occhi indiscreti, si è ritagliato uno spazio personale, “un cantuccio a
se fatto”, dove potersi esprimere liberamente.
Degno di nota è il suo isolamento e il suo rifiuto all'integrazione sociale. Lui è cosciente di
essere diverso e lo considera un segno distintivo, non curandosi affatto di chi giudica
negativamente il suo modus vivendi.
Tuttavia esiste una nota di colore che ravviva quotidianamente la sua esistenza ed è
incarnata nella figura della sua giovane moglie. Entrambi condividono l'anonimato, in
quanto di loro si hanno pochissime informazioni nel romanzo. Infatti, dell'affascinante
signora sappiamo solo che la traduzione del suo nome significa “Schiff oder Frühling oder
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Genuss
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.”
Slavko, uomo di ampie vedute, attraverso il matrimonio del figlio entra in contatto con una
realtà diversa, con usi e costumi diversi. Quest’unione sancisce, infatti, l’incontro tra due
etnie che da tempo abitano in territorio bosniaco, ovvero, quella serba e quella musulmana.
All’epoca non era costume opporsi ai matrimoni misti, infatti, Slavko sembra accettare di
buon grado la decisione del figlio. L’audace uomo di partito, come figlio fiero della
Jugoslavia, non poteva che rifuggire i particolarismi e le divisioni etniche.
Le famiglie degli sposi, nonostante siano compatte al loro interno, sono agli antipodi per
usi, costumi e abitudini. La differenza è ecclatante se si confrontano i due capofamiglia,
ovvero, Slavko e Rafik..
Rafik, infatti, è il padre della giovane sposa avuta dall’unione con la consorte Fatima.
A differenza di Slavko non è un uomo molto presente in famiglia e non è nemmeno
stimato e apprezzato né in ambtio familiare e né in quello sociale.
Nel corso della narrazione poche righe sono concesse a questo personaggio, come se si
volesse limitare la sua importanza. Oltre al nipote Aleksandar nessuno vuole ricordare
Rafik. Il motivo dell'oblio non ha radici nel passato e non si spiega con un'azione o
comportamento del personaggio. Si potrebbe dire che solo i vincitori passano alla storia,
per i derelitti non c'è nemmeno un posto in seconda fila. Di Rafik si può certamente
affermare che non ha avuto un'esistenza facile, sposatosi probabilmente in giovane età ha
dovuto trovare un'occupazione per mantenere la famiglia nascente. La sua terra natale
offriva ben pochi sbocchi a chi, come lui, non era membro del partito, pertanto e si è
dovuto accontentare di un impiego presso le ferrovie dello stato, lavoro che avrebbe finito
coll'apprezzare nel corso degli anni. Il tempo scorreva tranquillo nelle località limitrofe alla
Drina, quando il regime di Tito ha deciso di operare cambiamenti netti in materia di
collegamenti ferroviari. Come ogni cambiamento politico, anche questo ha significato la
perdita di innumerevoli posti di lavoro. In mezzo al folto gruppo si trovava anche Rafik, il
quale a causa di questo provvedimento ha perso il suo impiego e con esso ogni ragione di
vita.
seit sie die Eisenbahn abgeschafft hatten, seit kein Zug mehr durch die Stadt fuhr, dem
dein Trauriger Weichen stellen, Signale setzen und Schranken heben konnte. Er verlor seine Arbeit
und verlor darüber kein Wort, es gab nichts mehr zu tun, und es gab nichts zu sagen. Er wurde in
Rente geschickt und verstoff sie Tag um Tag, erst heimlich, oben am Bahnhof, der keiner mehr
24 1Nave o primavera o delizia. Versione ita: p. 277; versione ted: p. 281