Introduzione
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti
alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Questo è quanto
recita il primo comma dell’articolo 3 della Costituzione Italiana, un
articolo che apparentemente potrebbe sembrare quasi scontato e ovvio,
ma purtroppo non è così. Ad oggi sono diversi gli articoli della
Costituzione che trattano l’argomento delle pari opportunità e numerose
sono anche le relative leggi attuative ma il percorso che è stato fatto per
ottenerle non è stato affatto facile come d’altronde non ne è facile
l’applicazione.
In questa testi ho deciso di dare visibilità ad un ambiente
lavorativo particolare e che da sempre viene associato al sesso
maschile ovvero quello dell’Esercito in particolare e delle Forze Armate
più in generale. In Italia esiste da sempre l'archetipo della donna
moglie, madre ma anche quello della donna-oggetto, un bel trofeo da
esibire ed affiancare all'uomo. La donna italiana quindi, per emergere
dal suo status di “angelo del focolare” ed arrivare alla parità di oggi, ha
incontrato ostacoli notevoli sia a livello normativo che a livello culturale.
Nei diversi capitoli verrà raccontato come si è giunti all’attuale
situazione di buona integrazione del personale femminile nelle Forze
Armate, anche se non è un argomento facile da affrontare perché
spesso pregiudizi e precognizioni si frappongono tra la realtà e la
comprensione. Ma lo scopo è quello di dare lustro e visibilità a coloro
che con sacrifici, coraggio e determinazione hanno contribuito a far si
che io (e molte altre come me), dopo quasi 7 anni dal mio arruolamento
e 18 da quello delle prime donne, alla domanda: “che lavoro fai?”,
possa orgogliosamente rispondere: “Sono un militare!”.
Il primo capitolo è incentrato sul corso degli eventi, a partire dalla
dea Atena e dalle mitologiche Amazzoni fino ad arrivare a citare alcune
delle figure femminili più importanti che hanno contribuito a scrivere i
libri di storia, passando per i vari conflitti armati come le due guerre
mondiali e facendo cenno alle avanguardie in campo di apertura al
personale femminile come la Polizia di Stato e la Polizia Penitenziaria.
Il secondo capitolo tratta maggiormente l’aspetto giuridico ed i
vari passaggi che hanno portato alla “svolta” avuta con la legge n. 380
del 1999. Un evento importantissimo per le donne grazie al quale
finalmente sono state aperte le porte a quelle ragazze che vogliono
servire la propria Patria indossando una divisa con le stellette al pari
degli uomini. Ruolo chiave in questo lungo Iter è stato rivestito da
Debora Corbi e la sua Associazione Nazionale Aspiranti Donne Soldato
con la quale è riuscita a dare voce alle giovani che avevano un sogno
apparentemente irrealizzabile: l’arruolamento. Nello stesso si fa anche
un doveroso accenno al 235° Reggimento che per primo ha ospitato le
nuove reclute tutte al femminile e si da uno sguardo al contesto
internazionale.
Il terzo ed ultimo capitolo è incentrato sulla comunicazione e
sull’immagine pubblica delle Forze Armate. In questo capitolo si
riportano l’impegno e la determinazione del personale in armi, ancora
oggi fondamentali per far si che le pari opportunità e l’integrazione
raggiunte persistano nel tempo e che si amplifichino nella mentalità
popolare al fine di eliminare gli ultimi stereotipi e maschilismi ancora
presenti nell’ideologia di una parte del popolo italiano.
Capitolo Primo: Un passo nella storia
1.1 Dalle semplici apparizioni nella storia fino al XX secolo.
Sin dagli antichi tempi sono sempre esistite figure femminili con
indole guerriera, patriottica o che semplicemente si battevano per ideali
profondi in cui credevano, gli stessi degni anche del sacrificio della
propria vita. Se volessimo associare la “donna” alla “guerra” forse la
prima cosa che ci verrebbe in mente potrebbe essere Atena (per i
Greci, o Minerva per i Romani) dea della strategia militare e della
guerra "giusta" (solamente presso i Greci). Figura mitologica rispettata
e venerata dagli antichi Greci anche durante la guerra di Troia. Ma se ci
soffermassimo qualche istante in più sul pensiero, potremmo ricordare il
mito delle Amazzoni che per alcuni, discendevano da Ares (dio della
guerra in generale), e “sin dall’età classica, rappresentano
l’impossibilità, persino biologica, delle donne di incarnare il ruolo di
guerriere se non menomando se stesse, divenendo androgine,
combattive ma pur sempre ambigue, eccezioni alla femminilità
tradizionale in quanto dotate di natura virile, forza e coraggio”
(1)
, per altri
invece, anche secondo recenti studi ed in seguito a ritrovamenti di
sepolture comuni di guerrieri e cavalli erano semplicemente donne
guerriere, infatti: “un terzo delle donne scite, che avevano le stesse
ferite da combattimento degli uomini, veniva sepolto con la propria
armatura. Il corredo funerario femminile comprendeva, infatti, anche
coltelli e pugnali. È questa la prova schiacciante che sono esistite delle
donne guerriere che corrispondono alla descrizione delle antiche
Amazzoni”
(2)
. Queste associazioni sulle “donne guerriero” possono
derivare dai romanzi e dalle storie che abbiamo letto o sentito fin da
1
A. M. ANDRISANO, Il mito delle Amazzoni tra letteratura e attualità, in <<Annali
online dell’Università di Ferrara, 2006, pp. 43-59.
2
http://www.nationalgeographic.it/popoli-
culture/2014/11/03/foto/chi_erano_le_amazzoni-2357591/1/?refresh_ce
quando eravamo piccoli, ma sfogliando approfonditamente i libri di
storia si trovano storie vere e quasi incredibili di donne coraggiose che
se pur non arruolate in eserciti riconosciuti, combattevano a pari valore
dei soldati. “Nel diritto romano la donna è connotata da imbecillitas
mentis (debolezza di spirito), naturalmente subordinata all’uomo a
causa dell’infemitas sexus, giustificazione per molti giuristi
dell’esclusione dal godimento dei diritti civili, nonché dal luogo in cui tali
diritti vengono esercitati”
(3)
. “Neppure in nome della proclamazione dei
valori democratici liberté, egalité, fraternité si avvia il processo per il
riconoscimento dei diritti delle donne”
(4)
.
Con l’atto normativo del Regno di Sardegna, legge 17 marzo
1861, n. 4761 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 67, Vittorio
Emanuele II proclamò la nascita del Regno d’Italia e assunse il titolo di
Re d’Italia. L’Unità d’Italia è sicuramente dovuta alle già note gesta di
Giuseppe Garibaldi e dei suoi “mille”, ma quello che non tutti sanno è
che dietro questi “grandi uomini” c’erano sempre delle “grandi donne”.
“Alle guerre prendono parte tutti, donne e uomini, ma non se ne trova
uguale traccia”
(5)
. Ricordiamo ad esempio: Cristina Trivulzio di
Belgiojoso che “nel 1848-49 fu in prima linea partecipando ad alcuni
episodi salienti: raggiunse Milano guidando la "Divisione Belgioioso",
200 volontari da lei reclutati e trasportati in piroscafo da Roma a
Genova e da lì a Milano. A Roma nei mesi della Repubblica guidata da
Mazzini, lavorò negli ospedali durante l'assedio della città, creando le
3
Y. THOMAS, La divisione dei sessi nel diritto romano, in Storia delle donne in
Occidente, a cura di Duby, Perrot, vol. 1 L’antichità, a cura di Pauline Schmitt Pantel,
Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 103-176.
4
G. BROCK, Le donne nella storia europea dal Medioevo ai giorni nostri, Roma-
Bari, Laterza, 2006.
5
M. LANZINGER, R. SARTI, Katharina Lanz, combattente tirolese nella guerra
antinapoleonica (1797): la costruzione di un’eroina, in Teatri di guerra:
rappresentazioni, Bologna, A. De Benedictis, Bononia University Press, 2010, pp.
265-294.
"infermiere" laiche, […] Alla caduta della Repubblica (luglio 1849), dopo
essersi battuta per salvare feriti e prigionieri, fuggì a Malta, ad Atene e
infine a Costantinopoli”
(6)
; Anita Garibaldi, che vestita da uomo, era
sempre sul campo con il marito Giuseppe fin quando, durante una fuga
a San Marino, si ammalò e poi morì nel 1849 a soli 27 anni vicino
Ravenna; e come loro due molte altre contribuirono, a loro modo, alle
varie battaglie storiche.
Nei diversi periodi di “pace” però, le donne tornavano ai lavori
domestici, dimenticandosi, insieme alla Storia, delle loro “paladine”. “La
tendenza a <<disarmare>> le donne è ravvisabile in molte società e ciò
spiega, tra l’altro, la loro assenza negli studi storici sul mondo
militare”
(7)
.
Approdando nel secolo scorso troviamo durante la prima guerra
mondiale le “portatrici carniche”, le quali “furono quelle donne che nel
corso della prima guerra mondiale
operarono, lungo il fronte della
Carnia, trasportando con le loro
gerle rifornimenti e munizioni fino
alle prime linee italiane, dove molto
spesso combattevano i loro uomini
nei reparti alpini”
(8)
. Una delle tante
fu Maria Plozner, della quale parleremo meglio più avanti.
Nel primo conflitto mondiale, precisamente dal 1917, tra le righe
della Russia si schierò anche un’unità da combattimento interamente
femminile, in una sorta di ultimo sforzo per mobilitare la popolazione russa
contro gli invasori austro-tedeschi nelle fasi finali della guerra.
6
http://www.wuz.it/articolo-libri/5672/libri-donne-risorgimento-unita-italia.html
7
H. CARREIRAS, Gender and the Military.
8
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Portatrici_carniche.
Portatrici Carniche