INTRODUZIONE
Le donne guerriere sono personaggi leggendari che hanno attraversato la storia a partire dalle
antiche civiltà matriarcali dell'Asia e dell'Africa sino ad arrivare a noi. Moltissimi autori e
storici si sono occupati di raccontare le loro gesta attraverso alcuni dei momenti fondamentali
della letteratura mondiale. Basti pensare che, tutt'oggi, personaggi televisivi come Xena e
Brienne di Tarth (quest'ultima appartiene alla fortunatissima saga americana del 'Trono di
Spade') sono modellati su figure antiche come le amazzoni o su principesse mascherate da
cavalieri come le eroine boiardesche, ariostesche e via dicendo.
In Italia la proliferazione di questi personaggi femminili è avvenuta principalmente tra '400 e
'500 a seguito del successo e della traduzione dei romanzi francesi che avevano narrato le
gesta di alcune celebri mogli armate in difesa della propria patria. Il topos della donna
guerriera ha così avuto modo di diffondersi rapidamente, soprattutto grazie all'alto gradimento
del pubblico andando a costruire personaggi sempre più definiti, complessi e affascinanti.
Per riuscire a dare al lettore un'idea più completa e dettagliata dell'argomento ho lasciato al
primo capitolo la maggior parte della contestualizzazione storica riguardante l'antichissimo
mito greco delle amazzoni (da cui, effettivamente, ha avuto inizio il topos della battaglia tra
donna guerriera ed eroe come ripristino dell'equilibrio della poleis), la storia della vergine
Camilla quale prima eroina epica della letteratura e modello di riferimento per numerosissimi
autori ed, infine, un ultimo paragrafo sulle figure di donne guerriere realmente esistite come
Matilde di Canossa ed Elisabetta I; in modo da poter avere un raffronto diretto con l'epoca
Medievale e Rinascimentale sulla quale mi sono poi maggiormente concentrata nel resto
dell'elaborato.
Nel secondo capitolo ho infatti lasciato ampio spazio allo sviluppo delle maggiori eroine
guerriere dei poemi cavallereschi scritti tra inizio '400 e metà '500: nel primo paragrafo mi
sono occupata di Luigi Pulci e delle sue più conosciute guerriere Antea e Meridiana, nel
secondo mi sono invece concentrata sulla Bradamante e sulla Marfisa boiardesche per poi, in
quello successivo, evidenziarne sviluppi e diversità attraverso la ripresa del poema di Ariosto.
Nel quarto e nel quinto paragrafo ho invece affrontato due autori minori, per fama, ma
fondamentali per l'introduzione dei personaggi femminili di Torquato Tasso: la Nicandra del
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Trissino e la Mirinda di Bernardo Tasso, entrambe guerriere ed entrambe fondamentali alla
costruzione del carattere della vergine Clorinda e alla struttura del duello contro Tancredi.
Infine, il terzo capitolo, ho voluto interamente dedicarlo alla splendida eroina tassiana,
lasciandole così abbastanza spazio per coglierne i graduali cambiamenti e i rispettivi confronti
con le guerriere precedenti (o interne all'opera stessa della Liberata): nella prima parte del
capitolo ho introdotto la principessa etiope e analizzato ciò che riguarda la sua introduzione
nel poema, il suo rapporto con l'esercito, le sue azioni in battaglia e, infine, lo svelamento di
Arsete e la predestinazione alla morte. Nella parte centrale del capitolo ho invece isolato il
momento fondamentale del duello di Clorinda e Tancredi e della metamorfosi della guerriera
in donna spiritualmente elevata ad un contesto cristiano di salvezza. Infine, l'ultima parte ho
deciso di dedicarla ai confronti diretti con i testi dei maggiori autori precedenti (nominati
precedentemente nella presentazione del secondo capitolo) andando ad evidenziare quelli che
furono i modelli principali e le grandi innovazioni del Tasso rispetto all'eroina della Liberata.
So bene che ci sarebbe stato molto altro da dire e che, per una questione di spazi e tempi, ho
dovuto fare una scelta di testi nonostante numerosi autori, soprattutto dopo Ariosto, avessero
sviluppato le vicende di donne guerriere come Marfisa e Bradamante. In ogni caso,
l'evoluzione di questo topos mi ha affascinata moltissimo e mi ha fatto capire che poco si
conosce e molto ancora sarebbe da scoprire riguardo a queste figure di eroine, soprattutto
tenendo conto di quanto esse si siano mostrate moderne rispetto ai tempi in cui si trovarono ad
essere rappresentate.
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1
ORIGINI E SVILUPPO DELLE DONNE GUERRIERE TRA
STORIA, MITO E LETTERATURA
1.1
LA LEGGENDA DELLE AMAZZONI
Risulterebbe pressoché impossibile intraprendere un discorso sulla ricorrenza delle donne
guerriere, nella letteratura italiana rinascimentale, senza considerare l'antichissimo mito delle
Amazzoni. Un argomento complesso in quanto espressione stessa del radicato maschilismo
che, per numerosi secoli, aveva contraddistinto la vita nelle poleis greche.
La leggenda in questione, infatti, si colloca geograficamente nelle zone limitrofe all'antica
Grecia, sino ad allora conosciuta, come le steppe deserte dell'Eurasia, quelle dell'Anatolia e
dell'Africa. Per secoli essa è stata alimentata da racconti di autori e storici dell'età ellenistica,
quali Erodoto e Diodoro, che avevano per oggetto terribili e bellissime donne le quali, invece
di prendersi cura della propria casa e della propria famiglia, lasciavano tutto per andare a
combattere, si mozzavano il seno per scoccare frecce più agilmente e, per quanto possa
apparire disumano, uccidevano i figli maschi concepiti durante folli riti di accoppiamento
1
.
Altri famosi scrittori Greci come Plutarco, inoltre, rincararono la dose di negatività attorno a
queste figure mitiche narrando la sottomissione a cui gli uomini erano costretti in forma di
schiavitù sessuale e psicologica: tanto da arrivare ad invertire completamente i ruoli
trasformando così le donne in violente dominatrici e gli uomini in semplici oggetti di piacere.
Le Amazzoni appaiono dunque, in questi racconti, quali immagini stesse della barbarie:
determinate, aggressive e terribili
2
. Tanto più che le regioni asiatiche e africane in cui si
diceva stanziassero erano, effettivamente, le più lontane e meno conosciute dai Greci: non a
caso le più distanti dal concetto stesso di società
3
.
Appare quindi evidente che sotto la parola amazzone si nascondono significati tutt'ora da
1 J. Davis-Kiball, Donne guerriere le sciamane delle vie della seta, Roma, Venexia, 2009, p. 264
2 J. Singer, Androginia, verso una nuova (teoria della) sessualità, Milano, la Salamandra, 1984, p. 59
3 P. Monaghan, Le donne nei miti e nelle leggende dizionario delle dee e delle eroine, Como, Red edizioni,
1987, p.12
5
chiarire. La parola stessa è, difatti, motivo di numerosi enigmi.
Secondo Erodoto fu Ellanico da Lesbo il primo a domandarsi il significato di questo nome,
postumo rispetto alla storia delle donne guerriere, egli riteneva che il nome amazzone avesse
etimo nella parola greca a-mazos o a-mastos, che doveva significare “priva di mammella”
4
.
Sembra infatti che le amazzoni scegliessero di amputarsi il seno destro e nella cultura ellenica
la destra esprimeva mascolinità mentre la sinistra femminilità. Dunque per gli storici come
Ellanico questa violenta amputazione poteva trovare un senso nell'esaltazione del lato
femmineo delle guerriere o nel più profondo significato di distacco da tutto ciò che appartiene
al mondo maschile.
Gli eruditi bizantini proposero invece una diversa teoria: si concentrarono sull'etimo maza,
che in lingua caucasica significa “pane”, termine che indicherebbe un'alimentazione priva di
questo particolare cibo. E questo perché numerose leggende raffiguravano le donne guerriere
quali assidue mangiatrici di selvaggina e animali sacri come lucertole, tartarughe e serpenti.
Questi animali, infatti, al tempo degli antichi greci avevano numerosi significati esoterici e
simbolici in quanto legati intimamente al culto della terra, elemento importantissimo nelle
culture matriarcali dalle quali l'uomo risulta sempre essere stato escluso o rigettato.
“In ogni caso l'alpha privativo ad inizio parola indica una mancanza che allude alla cultura
barbarica: barbarico è mutilare un seno, barbarico è non cibarsi di pane”
5
. E ciò indica
l'amazzone quale donna mancante di qualcosa.
Ma le contestazioni sull'origine del nome non cessarono, anzi, si volle vedere al posto
dell'alpha privativo la preposizione ama ottenendo così ben diversi significati quali: ama-
zoosai che esprime il concetto di “vivere insieme” oppure ama-zoonais che significa “con
cintura” indicando, così, etimologicamente gruppi di donne abituate a vivere insieme e ad
indossare cinture cariche di profondi significati sacri.
La cintura è infatti un altro elemento essenziale nella cultura mitica delle Amazzoni. Su
questo punto tutti gli autori sono unanimi nell'attribuire alle donne guerriere questo tipo di
indumento. Esso era considerato simbolo della forza e del valore delle guerriere e, in
particolare, la cintura della regina concentrava in sé tutta la potenza del femminile diverso e
invincibile. Impossessarsi di questa cintura era ritenuta, quindi, un'impresa che solo i grandi
4 E. Cantarella, L'ambiguo malanno, condizione e immagine della donna nell'antichità greca e romana, Roma,
Editori riuniti, 1981, p. 32
5 V . De Angelis, Amazzoni, mito e storia delle donne guerriere, Farigliano, Edizioni Piemme 1998, p. 49
6
eroi greci erano in grado di compiere.
In quasi tutte le nazioni vigeva la consuetudine che le fanciulle indossassero un cinto simbolo
della loro verginità
6
. Espediente a cui, infatti, alludono lo stesso Omero o il poeta Ovidio a
proposito di alcune protagoniste delle loro opere quali, rispettivamente, la figlia del re di
Tessaglia ed Europa, entrambe portatrici di simili indumenti.
Per un'amazzone perdere la propria cintura in guerra o doverla consegnare era un atto
terribilmente umiliante: significava la perdita stessa della propria identità amazzonica di
donna libera ed indipendente dall'uomo.
La conoscenza del mondo occidentale riguardo questa misteriosa popolazione deriva, come si
è visto, da numerosi autori greci e latini come Diodoro, Erodoto e (successivamente) Tacito,
che cercarono di contestualizzare la nascita e la storia di queste donne che, seppur prive di una
qualsiasi forma di scrittura, furono comunque in grado di lasciare molti indizi riguardo la
veridicità della loro esistenza
7
. Numerosissime sono infatti le rappresentazioni artistiche
riguardanti le amazzoni e le loro gesta più illustri.
La loro storia viene fatta risalire attorno al 2000 a.C. quando il popolo degli Sciti, donne e
bambini compresi, avanzò dalle steppe orientali verso l'Europa munito di archi e frecce.
Questo popolo nomade e cruento sembra si sia diretto, successivamente, a sud dove si stanziò
presso le porte dell'Asia minore
8
. Le loro continue aggressioni e i violenti saccheggi a scapito
dei popoli confinanti costrinsero quest'ultimi ad allearsi per cacciare definitivamente i nuovi
invasori nomadi: ne risultò un autentico massacro. Alle donne Scite non rimase infatti altro
che contare i propri morti: esse si ritrovarono, in una sola volta, vedove ed esiliate. Non
avendo molte alternative decisero di difendersi da sole: sapevano cavalcare e maneggiare arco
e frecce (abitudine derivata da usi del popolo stesso quando gli uomini avevano lasciato sole
le donne durante la guerra contro gli Egiziani) e, infatti, ben presto riuscirono a sventare la
minaccia delle popolazioni che avevano assassinato i mariti. Diodoro narra che
successivamente, stupite della loro stessa forza, decisero che non avrebbero mai più
sottomesso sé stesse agli uomini e presero una decisione che solo la forza della disperazione
poteva suggerire loro: governarsi da sole
9
.
6 Il Mito Greco, a cura di Giulio Guidorizzi, Milano, Mondadori, 2012, p. 723
7 P. Monaghan, 1987, p. 40
8 V . De Angelis, 1998, p. 21
9 D. Siculo, Biblioteca Storica (I-XL), Palermo, Sellerio editore, 1986, p. 167-8
7
Così sembra sia dunque nato il leggendario impero matriarcale; le donne guerriere si
spostarono lungo le rive del fiume Termodonte, presso la Cappadocia, dove fondarono la
mitica città di Temiscira. E qui, per evitare l'estinzione dovuta alla mancanza di uomini,
cominciarono a richiedere stagionali rapporti sessuali con uomini di tribù e popolazioni vicine
per crescere poi solo le figlie femmine che ne sarebbero derivate e continuare così il grande
progetto di una nazione guerriera governata unicamente da donne
10
.
Gli autori ellenici narrano, inoltre, la presenza di due regine di questo particolarissimo regno:
una per la difesa, l'altra per le questioni interne. Sembra infatti che, guidate dalla loro regina
guerriera, le Amazzoni formassero un possente esercito a cavallo e fossero munite di scudi a
forma di edera e di asce da guerra a doppio taglio. E mentre lo spirito di conquista Scita le
portava a combattere nei territori vicini per aumentarne le ricchezze e il prestigio, sul proprio
territorio esse vivevano, al contrario, pacificamente producendo tesori artistici molto
apprezzati anche lontano dalle proprie frontiere
11
.
Da tutte le descrizioni pervenuteci dai numerosi storici greci sembra che queste incredibili
donne chiamate alla guerra non avessero paura di rispondere con le stesse armi degli uomini:
a volte vincitrici, a volte vinte. Non solo, Erodoto scrisse riguardo alla loro avidità di
conquista che le spinse, guidate da un irrefrenabile spirito nomade, a conquistare vastissime
zone comprese tra il Mar Nero, il Danubio e l'attuale Turchia. E ad Erodoto si aggiungono
autori conosciuti come: Giustino, Plutarco e Diodoro unanimi nel riconoscere la Cappadocia,
presso le rive del fiume Termodonte, come effettiva spettatrice delle prime gesta del popolo di
guerriere
12
.
Ma Temiscira non fu l'unica città fondata dalle amazzoni: numerose medaglie ritrovate dagli
archeologi dimostrano infatti che anche Tyhatira (in Lidia), Cuma (in Campania) e Mirina,
presso l'isola di Lemno, di cui parlano anche ali autori Pomponio Mela e Strabone, furono
edificate dalle donne guerriere che, con le rispettive regine, si erano spinte fino in Egitto e,
addirittura, anche in Italia. Nonostante ciò solo Temiscira rimase una costante nei racconti di
tutti i massimi scrittori e autori greci. E fu proprio in questa famosissima città amazzonica,
che gli eroi Greci giunsero per sottomettere queste donne che avevano coscienziosamente
deciso di sottrarsi alla razionalità maschile macchiandosi di hybris
13
.
10 P. Monaghan, 1987, p. 39
11 P. Monaghan, 1987, p. 39
12 Il mito greco, 2012, p. 718-9
13 D. Siculo, 1986, p. 167-8
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