10
Laddove la gente ha poca libertà di poter scegliere, è più probabile che le
differenze nella salute vengano considerate ingiuste rispetto ai rischi che
vengono assunti in modo volontario.
Sotto il profilo delle politiche pubbliche e in particolare dell’erogazione
dei servizi sanitari si deve quindi riflettere su una giusta ed equa distribuzione
delle risorse disponibili a beneficio dell’intera popolazione.
Una definizione di equità nell’assistenza sanitaria che presenta una
significativa utilità pratica è quella che si propone di realizzare tre obiettivi:
uguale accesso ai servizi sanitari; uguale utilizzo a fronte di bisogni uguali;
uguale accesso a parità di bisogni.
2
Il primo obiettivo fa riferimento alla
possibilità di accedere nella stessa misura alle prestazioni sanitarie. Il concetto
di utilizzazione tiene conto invece della reale accessibilità dei servizi,
considerando i diversi fattori che la caratterizzano. Il terzo e ultimo obiettivo
tiene conto che, in presenza di limitate risorse, l’accesso deve essere maggiore
per chi ha più bisogno.
3
A partire dal riconoscimento della centralità di questa problematica, la
tesi, che nasce con l’obiettivo di riflettere e confrontarsi attorno a questo tema,
prende in esame alcuni interventi e alcune politiche volte a ridurre le
disuguaglianze sociali nella salute, e cerca di stabilire, a fronte delle
considerazioni che sono state in precedenza delineate, quali potrebbero essere
le modalità di azione da intraprendere per aumentare il grado di equità nella
salute e nell’accesso ai servizi sanitari.
Lo scopo di questa tesi è dunque quello di offrire al lettore una serie di
strumenti concettuali e metodologici mediante i quali affrontare l’analisi della
politica sanitaria ed in particolare il tema delle disuguaglianze sociali di salute.
La tesi è suddivisa in quattro capitoli. Il primo capitolo è dedicato alla
teoria dell’analisi delle politiche pubbliche ed è suddiviso in tre paragrafi. Nel
primo paragrafo vengono proposte alcune definizioni di politica pubblica. Tra
queste, la più completa è quella di James Anderson, il quale la definisce “un
certo corso d’azione che un attore o un gruppo d’attori segue per gestire un
2
Sito internet: http://www.bmv.bz.it/stampa_parole_chiave.asp?L=1&idmen=165
3
Ibidem.
11
problema o una questione di specifico interesse”
4
, mettendo in tal modo in
evidenza la pluralità degli attori decisionali e il legame tra l’azione del governo
e la percezione dell’esistenza di un problema che rende necessaria quella
azione.
Nel secondo paragrafo vengono presentati i principali approcci di diverse
scuole teoriche che ci permettono di comprendere il processo di formazione
delle politiche pubbliche. Uno dei modi più semplici per capire tale processo è
quello di suddividerlo in fasi separate ma interrelate, le quali corrispondono
alle fasi del meccanismo di problem solving: vengono riconosciuti i problemi, si
propongono le soluzioni, se ne sceglie una, la si mette in pratica, si controllano
e si valutano i risultati. Queste cinque fasi vengono definite nel processo di
policy: definizione dell’agenda, formulazione della politica, decisione,
implementazione della politica e valutazione della politica.
Nel terzo e ultimo paragrafo del capitolo verrà presa in esame la nota
tipologia di politiche pubbliche formulata da Theodor J. Lowi nel 1972.
Il secondo capitolo affronta il tema della politica sanitaria ed è ripartito in
sei paragrafi. Il primo paragrafo si incentra sul concetto di salute ed individua
alcuni fattori alla base di quest’ultimo: il patrimonio genetico, i fattori
ambientali, i fattori socio-culturali e lo stile di vita, e l’uso dei servizi sanitari.
Il secondo è volto a descrivere il sistema sanitario italiano ed in
particolare si sofferma sui principi che lo caratterizzano, quali l’universalità, la
globalità e l’uguaglianza. L’attenzione viene poi rivolta, nel terzo paragrafo, al
percorso che la sanità italiana ha condotto a partire dalla legge 833 del 1978, la
quale ha promosso il passaggio dal sistema mutualistico al sistema sanitario
nazionale, fino ad arrivare al decreto legislativo 229 del 1999, la cosiddetta
riforma ter, la quale ha intrapreso il cammino di regionalizzazione e
aziendalizzazione del sistema ampliando le responsabilità delle regioni.
Il quarto paragrafo descrive i tre livelli di governo del Sistema Sanitario
Nazionale: nazionale, regionale e locale, mentre il quinto mostra le principali
novità introdotte dalle riforme degli anni Duemila, riguardanti in particolare la
4
Anderson J.E. in Howlett M., Ramesh M., Come studiare le politiche pubbliche, il Mulino,
Bologna, p.10.
12
ridefinizione dei poteri tra i livelli di governo e l’autonomia finanziaria delle
regioni.
Il sesto e ultimo paragrafo è dedicato al tema dell’integrazione
sociosanitaria, un tema divenuto sempre più centrale in campo sanitario nel
corso degli ultimi anni.
Oggetto del terzo capitolo sono le disuguaglianze sociali nella salute.
Dopo aver definito, nel primo paragrafo, le disuguaglianze di salute e delineato
i principali fattori che danno luogo a tali disuguaglianze, queste ultime
vengono analizzate, nel secondo paragrafo, nei paesi in via di sviluppo, in
quelli delle economie emergenti e in quelli avanzati, ponendo attenzione, nel
terzo paragrafo, ai paesi europei. Le cause della distanza fra paesi ricchi e
poveri e all’interno degli stessi paesi in termini di salute dipendono dagli
squilibri di reddito ma soprattutto dalle differenze sociali e culturali e dal
valore che la popolazione attribuisce alla salute.
Il quarto paragrafo è dedicato al tema delle disuguaglianze di genere nella
salute e mette in evidenza la minore possibilità di accesso delle donne
all’istruzione e ai servizi sanitari.
Il quinto paragrafo presenta i diversi elementi che concorrono a delineare
il fenomeno proponendo alcuni modelli interpretativi. Due sono le principali
posizioni che hanno alimentato un vivace dibattito negli ultimi anni: quella
neomaterialista e quella psicosociale.
5
La prima considera il reddito assoluto la
principale variabile esplicativa delle disuguaglianze di salute. La seconda invece
si occupa del modo in cui i redditi risultano distribuiti all’interno della società e
dei meccanismi psicologici e sociali che mediano la relazione tra reddito e
salute.
Il quarto capitolo infine mette in rilievo l’importanza delle misure
adottate dalla Commissione europea sul tema delle disuguaglianze di salute. Il
capitolo si apre con una definizione dello stato sociale mostrando poi come e
perché si occupa di salute e affrontando la crisi del welfare state contemporaneo.
Il secondo paragrafo affronta alcune misure di politica sanitaria intraprese
dall’UE, in particolare i Programmi di azione comunitari. Il concetto di salute
5
Bronzini M., op. cit., p. 51.
13
impiegato da varie organizzazioni internazionali è ampiamente analizzato nel
terzo paragrafo.
Il quarto sintetizza l’impegno internazionale a ridurre le disuguaglianze
sociali nella salute attraverso tre approcci: creando sistemi a rete per il
monitoraggio delle malattie su scala globale e del loro differente grado di
diffusione nei diversi gruppi sociali; rafforzando i sistemi sanitari nelle
economie in via di sviluppo; dedicando un’attenzione costante alle
diseguaglianze di salute lungo tutti i suoi possibili assi di sviluppo.
L’ultimo paragrafo mostra infine come i sistemi sanitari e le politiche
pubbliche in questo settore possano essere di fondamentale importanza nel
ridurre le disuguaglianze di salute. In particolare, agendo a tre livelli:
redistribuendo le risorse sanitarie tra aree geografiche in modo da favorire
quelle maggiormente deprivate, facilitando l’accesso per i gruppi svantaggiati e
assumendo un ruolo guida nelle politiche pubbliche in genere.
6
In sede conclusiva, riprenderò il tema delle disuguaglianze sociali nella
salute e analizzerò in maniera più approfondita le politiche di contrasto a tale
problematica. Ritornando allo schema classificatorio proposto da Lowi e
presentato nel primo capitolo, collocherò la politica sanitaria all’interno delle
politiche redistributive. Tali politiche infatti richiedono collettività disposte ad
accollarsi i costi di misure delle quali si avvantaggiano altri gruppi o settori
sociali. Ed è proprio ciò che dovrebbe avvenire nell’ambito della sanità e delle
politiche volte a contrastare le disuguaglianze di salute.
6
Bronzini M., op. cit., p. 70.
14
CAPITOLO 1
Le politiche pubbliche
In questo capitolo si cercherà dapprima di capire che cos’è una politica
pubblica, facendo in particolare riferimento alle definizioni più note di public
policy forniteci da Thomas Dye, William Jenkins e James Anderson, per poi
chiarire due concetti che spesso vengono confusi: politics e policy. Nel secondo
paragrafo cercheremo di comprendere il processo di formazione di una
politica pubblica illustrando vari approcci impiegati da diverse scuole teoriche.
Si procederà poi, nel terzo paragrafo, alla presentazione della nota tipologia di
politiche pubbliche proposta da Theodor J. Lowi tra gli anni ΄60 e ΄70.
1.1 Le politiche pubbliche: definizioni e caratteristiche
La scienza delle politiche pubbliche, policy science, è una disciplina recente,
diffusasi nel Nord America e in Europa dopo la seconda guerra mondiale.
Alcuni studiosi di scienza politica iniziarono ad interessarsi al rapporto tra i
governi ed i cittadini ed alle attività di governo nella loro progettazione e
realizzazione.
Fondata da Harold Lasswell, la policy science voleva essere multidisciplinare,
orientata alla risoluzione dei problemi (problem solving), ed esplicitamente
normativa. Il primo elemento stava ad indicare la necessità di fare proprie le
scoperte di altri campi, quali l’economia, il diritto e la sociologia. Con problem
solving, Lasswell intendeva un’analisi delle politiche pubbliche tesa a risolvere i
problemi del mondo reale. Con esplicitamente normativa, si intendeva invece
la necessità di evidenziare l’impossibilità di separare il fine dai mezzi, ovvero, il
calcolo dell’utilità dall’applicazione delle tecniche.
7
Ciò che distingue la scienza delle politiche pubbliche dalla scienza politica
intesa in senso classico è il focus dell’analisi, che viene spostato dallo studio del
7
Howlett M., Ramesh M., Come studiare le politiche pubbliche, il Mulino, Bologna, 1995,
pp.5‐6.
15
potere e delle istituzioni allo studio delle azioni dei soggetti nell’arena pubblica.
Infatti, come suggeriscono Capano e Giuliani “studiare le politiche pubbliche
significa porre al centro della ricerca le specifiche azioni intraprese dalle
autorità pubbliche per affrontare, rinviare o eludere i problemi sorti in un
determinato ambito”.
8
Tra le definizioni più note di politica pubblica occorre menzionare quella
di Thomas Dye, il quale le descrive come “qualsiasi cosa un governo scelga di
fare o di non fare”.
9
Egli pone l’accento sulle azioni dei governi e sulle loro
decisioni di intraprendere o meno una serie di azioni. L’analisi delle politiche
pubbliche si occupa dunque di ciò che fanno o non fanno i governi, perché lo
fanno e con quali conseguenze. Tale formulazione non distingue però tra
aspetti di routine ed aspetti più significativi delle attività di governo.
Nonostante ciò, la sua definizione non è priva di merito. Dye specifica infatti
che l’attore decisivo del policy making è il governo e che quando si parla di
politiche pubbliche si deve fare riferimento alle azioni di governo.
Dye sottolinea inoltre che le attività degli attori non governativi possono,
e lo fanno, influenzare le azioni dei governi ma le loro decisioni non
costituiscono di per sé politiche pubbliche. Partecipano al processo di politica
pubblica molti altri attori: si pensi all’elettorato, ai partiti politici e ai gruppi di
pressione. Ma se il ruolo di questi attori è importante per capire le ragioni di
una politica, il ruolo esercitato dai burocrati è sicuramente determinante. Essi
non sono semplici esecutori, ma partecipano pienamente alle fasi di
formazione e di implementazione delle politiche un tempo affidate agli organi
legislativi e all’esecutivo.
Una definizione più completa di public policy ci viene proposta da William
Jenkins che definisce la politica pubblica “un insieme di decisioni interrelate,
prese da un attore politico o da un gruppo di attori sulla selezione degli
obiettivi e dei mezzi atti al loro raggiungimento all’interno di una situazione
specifica in cui gli attori hanno il potere di prendere tali decisioni”,
10
ponendo
8
Capano G., Giuliani M., Dizionario di politiche pubbliche, Carocci, Roma, 1996, p. 392.
9
Dye T. R. in Howlett M., Ramesh M., op. cit., p. 8.
10
Jenkins W. in Howlett M., Ramesh M., op. cit., p. 9.
16
così l’accento sull’aspetto processuale della politica pubblica. Diversamente da
Dye che definisce la politica come una scelta, Jenkins la considera come un
processo e riconosce inoltre come essa sia un insieme di decisioni, alcune delle
quali non volute piuttosto che intenzionali. I governi quindi difficilmente
affrontano un problema con una decisione singola, la maggior parte delle
politiche implica una serie molteplice di decisioni.
James Anderson definisce invece una politica pubblica “un certo corso
d’azione che un attore o un gruppo d’attori segue per gestire un problema o
una questione di specifico interesse”
11
, aggiungendo così altri due elementi.
Egli sottolinea che spesso le decisioni vengono prese da più gruppi di attori ed
evidenzia il legame tra l’azione del governo e la percezione dell’esistenza di un
problema, che rende necessaria l’azione.
Le definizioni di politica pubblica dunque sono diverse e a volte
contrastanti, complesse ed altre molto semplici. Nonostante tali differenze
tutte le definizioni condividono alcuni aspetti rilevanti, come il fatto di essere il
risultato di decisioni prese dal governo e che le decisioni di non agire del
governo siano atti di politica così come le decisioni.
12
Prima di addentrarci nei diversi modi di analizzare le politiche pubbliche,
è necessario distinguere due concetti che spesso vengono confusi: politics e
policy. In italiano infatti, il termine politica si presta a molteplici usi: nel suo
significato generale il termine viene usato per individuare le relazioni tra
governanti, leader di partito ed elettori basate sulla ricerca del consenso e del
potere. Questo generico uso del termine politica corrisponde a ciò che in
inglese è la politics. Un utilizzo differente coincide con quello inglese di policy e
fa riferimento a linee di azione e di attività poste in essere per fare fronte ad un
problema percepito come collettivo. Solo con riferimento a questo significato
che normalmente viene usata l’espressione politica pubblica.
L’approccio alle politiche pubbliche presuppone dunque un sistema
aperto di poteri e di rappresentanze che supera il modello statico di relazione
gerarchica tra gli attori per approdare ad un modello a geometria variabile che
11
Anderson J.E. in Howlett M., Ramesh M., op. cit., p. 10.
12
Howlett M., Ramesh M., op. cit., p.8.
17
si fonda sul concetto di governance. All’interno del sistema di governance il
principio gerarchico viene sostituito dalla logica della rete ponendo particolare
attenzione alle relazioni tra le istituzioni pubbliche e gli enti di patronato, le
associazioni del Terzo settore, le comunità locali e le organizzazioni degli
utenti e delle famiglie, che a diversi livelli e con modalità differenti partecipano
al processo decisionale.
13
Le definizioni di politica pubblica sono dunque varie e a volte
contrastanti ma ci aiutano a capire un fenomeno estremamente denso e
complesso. Nel prossimo paragrafo cercheremo di facilitare la comprensione
del processo di definizione di una politica pubblica illustrando vari approcci
impiegati da diverse scuole teoriche.
13
Fedele M., Il management delle politiche pubbliche, Editori Laterza, Roma‐Bari, 2002, p.
123.