5
specifiche disposizioni tese a renderle valide nonostante la
mancanza di capacità di disporre e di ricevere per testamento, la
mancanza di forma e contenuto, richiesti, invece, per tutti i
testamenti. Ciò in conseguenza degli scopi oltremondani degli
stessi e dei vantaggi che arrecavano alle istituzioni ecclesiastiche
2
.
I lasciti per l’anima ebbero una diffusione larghissima in tutti
i paesi cattolici, assumendo le svariate forme giuridiche offerte
dalle varie legislazioni. Il loro moltiplicarsi, soprattutto di quelli
sotto forma di fondazioni di anniversari perpetui di messe,
provocarono una reazione da parte degli Stati, a cominciare dalla
2
Falco M., Bertola A., Anima (disposizioni a favore dell’) in Novissimo digesto
italiano, 1957, pag. 621. Al riguardo, Giustiniano stabilì quali chiese dovessero
ritenersi istituite qualora fosse stato nominato erede Gesù Cristo o un arcangelo o
un martire (L.25 (26), C, de sacrosanctis ecclesiis, 1,2), a quali istituzioni
dovessero pervenire i beni in caso di nomina come eredi di poveri o di prigionieri
(L. 48 (49), C, de episcopi set clericis, 1,3), diede ai vescovi ampi poteri per
l’esecuzione dei legati pii e per la vigilanza sull’adempimento di essi da parte degli
eredi (L.48 (49), § 2, C, de episcopi set clericis, 1,3; Nov. 131, c. 12 pr.). La
Chiesa, fin dai concili dei primi secoli, accolse e canonizzò le leggi giustinianee in
materia e pretese che essa appartenesse alla sua giurisdizione e legislazione,
comminando pene contro coloro che avessero adempiuto alle pie disposizioni dei
defunti.
6
seconda metà del settecento, posto che, in sostanza, contenevano
legati a favore della Chiesa
3
.
Le suddette reazioni si manifestarono in vario modo: in
alcuni casi vennero poste limitazioni di carattere economico in
odio alla manomorta, in altri vennero dichiarate nulle le
disposizioni per l’anima
4
.
Per quanto riguarda il diritto italiano odierno, l’art. 831 del
codice civile del 1865 comminava la nullità delle disposizioni a
favore dell’anima generiche. Ciò in base al principio di diritto
successorio (espresso in particolare nell’allora art. 830 c.c.) per cui
non possono considerarsi valide quelle disposizioni testamentarie
in cui non sia determinato il soggetto beneficiario.
Nelle disposizioni a favore dell’anima, infatti, il defunto non
può essere considerato il beneficiario della disposizione in qualità
di erede o legatario. Ne conseguiva che le erogazioni patrimoniali
dirette a compiere tutte quelle opere di culto necessarie a
3
Falco M., Anima (disposizioni per l’) in Enc.it., vol. III, pag. 365.
4
In questo senso il dispaccio napoletano 22-VIII-1772 con cui fu dichiarato nullo e
come non fatto il testamento in cui è istituita erede l’anima propria. Cosi Ruffini,
Le spese di culto delle opere pie, Torino, 1908, pag. 95.
7
suffragare l’anima del defunto erano colpite da nullità qualora non
fossero state specifiche
5
.
La dottrina dell’epoca era divisa in merito agli elementi
sufficienti che una simile disposizione doveva presentare per
considerarsi specifica.
Secondo la teoria prevalente, perché una disposizione pro
anima fosse specifica, era necessaria la presenza della
determinazione del soggetto, erede o legatario, beneficiario del
lascito da impiegarsi nei suffragi e quella dei beni da destinare al
suffragio medesimo
6
.
Secondo alcuni autori
7
, invece, oltre agli elementi suddetti,
occorreva anche la determinazione circa la specie di suffragi da
compiere; secondo altri
8
, infine, bastava soltanto la determinazione
della somma da impiegare atteso che, laddove esisteva una persona
giuridica o fisica, quali l’erede o altra persona fisica o morale
5
Scarpello G., Anima (disposizione a favore) in Enc. del dir., 1958, pag. 415.
6
Scarpello G., Anima cit., pag. 415.
7
Filomusi-Guelfi, Delle disposizioni per l’anima o a favore dell’anima nel
diritto civile italiano in Riv. it. scienze giur., 1886, I, pag. 74.
8
Scaduto, Diritto ecclesiastico vigente in Italia, I, Torino, 1892, pag. 744.
8
incaricata dell’esecuzione, come le fabbricerie
9
, i medesimi
potevano identificarsi come i soggetti legittimati a richiedere
l’adempimento.
9
Le Fabbricerie sono fondazioni (fabbrica ecclesiae) o associazione (consilium
fabricae) di origine antichissima che hanno il compito di provvedere, senza
ingerenza nei servizi di culto e con i proventi derivanti dall’amministrazione del
patrimonio, alla manutenzione ed ai restauri delle chiese cui sono preposte . Esse,
anche se regolamentate nell’ambito della legislazione pattizia, non hanno lo status
di enti ecclesiastici, ma di enti di diritto privato, come recentemente statuito dal
Consiglio di Stato. Tali enti, regolamentati dall’art. 72 della legge 222/1985 e dagli
artt. da 35 a 41 del D.P.R. 33/1987, sono gestiti da consigli di amministrazione
composti da laici ed ecclesiastici. Particolare rilievo rivestono le fabbricerie di
chiese cattedrali e di quelle dichiarate di rilevante interesse storico-artistico, i cui
consigli di amministrazione sono composti da sette membri, nominati per un
triennio, due dal Vescovo diocesano e cinque dal Ministro dell’interno sentito il
Vescovo stesso. Sono rette da uno statuto approvato con decreto del Ministro
dell’Interno, sentito il Vescovo diocesano. Il Ministro nomina anche con proprio
decreto il presidente, che è eletto tra i membri della fabbriceria. Le fabbricerie
delle altre chiese sono composte dal parroco ( o rettore) e da altri quattro membri
nominati per un triennio dal Prefetto, di intesa col Vescovo diocesano. Il Prefetto
approva il regolamento, sentito il Vescovo, e nomina con proprio decreto il
presidente, anch’esso eletto tra i fabbriceri (art. 35 D.P.R.33/1987). La fabbriceria,
che non sia persona giuridica, cessa di esistere se la chiesa presso cui opera perde
la personalità giuridica ovvero se non vi sono più beni da amministrare. La
soppressione è disposta con decreto del Ministro dell’Interno anche per le
fabbricerie che hanno la personalità giuridica ma che non dispongono più di beni da
amministrare. All’epoca le fabbricerie avevano anche il compito di curare
l’adempimento delle pie disposizioni.
9
Queste ultime tesi, tuttavia, vennero criticate dall’opinione
maggioritaria posto che, nel primo caso, risultava superflua
l’indicazione della specie dei suffragi, dovendosi ammettere, in
mancanza di diversa volontà contraria, che il disponente avesse
voluto richiedere la celebrazione di messe; nel secondo, invece, si
notava che, in base al diritto successorio, il testatore doveva
indicare il soggetto onorato del lascito e gravato dall’esecuzione
dei suffragi.
Secondo una illustre dottrina
10
, la ratio della norma doveva
ravvisarsi nel generico sfavore per le disposizioni a favore della
Chiesa e nella integrale applicazione delle norme del diritto
comune anche alle disposizioni a suffragio dell’anima.
Ne conseguiva che il requisito della specificità richiesto
dall’art. 831 finiva per non essere altro che il requisito di ogni
disposizione testamentaria con cui si istituiva un erede o un
legatario. In tal modo, pertanto, potevano considerarsi invalide le
disposizioni più specifiche in merito alla specie e al numero di
10
Falco M., Bertola A., Anima cit., pag. 623.
10
messe da celebrare in suffragio ma senza l’indicazione di un erede
o di un legatario a cui l’onere avesse fatto carico.
Nella disciplina allora vigente, tuttavia, esisteva un ulteriore
sbarramento alla validità delle disposizioni per l’anima. Esso
derivava dal divieto contenuto nell’art. 833 c.c. secondo cui non
erano ammessi oneri perpetui di culto
11
.
La conseguenza era che una disposizione pro anima, anche
se specifica, poteva risultare invalida qualora presentasse elementi
contrari al divieto di cui sopra
12
.
Tale situazione oggi non esiste più posto che la noma non è
stata riprodotta. Ne deriva, pertanto, che “le private disposizioni
dirette a porre in essere, a vantaggio dell’anima del disponente o
di altri, qualunque fondazione ecclesiastica, come persona
giuridica, devono sottostare semplicemente alle condizioni
dell’art. 29 lett. d) del Concordato e norme esecutive”
13
.
11
Contursi-Lisi L., Istituzione di erede e legati (art. 624-632), sub art. 629 c.c. in
Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1983,
pag. 115.
12
Contursi-Lisi L., Istituzione di erede e legati cit., pag. 115.
13
Falco M., Bertola A., Anima cit., pag. 626.
11
1.2 L’elaborazione legislativa dell’art. 629 del codice civile
del 1942
L’art. 629 del codice civile del 1942, a differenza
dell’articolo del codice previgente, stabilisce, al primo comma, le
condizioni per la validità della disposizione pro anima (così
“siano determinati i beni o possa essere determinata la somma da
impiegarsi”); al secondo, richiama l’art. 648 c.c. (adempimento
dell’onere e risoluzione del lascito per inadempimento) ai fini
della disciplina giuridica applicabile all’istituto in esame; al terzo
comma, stabilisce che il testatore può designare una persona che
curi l’esecuzione della disposizione, anche nel caso in cui manchi
un interessato a richiedere l’adempimento.
Per quel che più concerne le fasi di elaborazione dell’articolo
suddetto, occorre precisare che il progetto preliminare (art. 198),
sulla scia della comune opinione di dottrina e giurisprudenza
14
,
14
Al riguardo si cita la nota sentenza della Cassazione del 14 luglio 1931 (Cass.del
Regno, 14 luglio 1931, Merla c., Farina in Dir. eccl., 1931, XLII, pag. 511) sul
12
stabiliva che la validità delle pie disposizioni fosse subordinata
alla determinazione del soggetto, erede o legatario, a cui erano
devoluti i beni per i suffragi e della somma da erogare
15
.
Tuttavia, nel progetto definitivo (art.171), venne mantenuto
come requisito di validità solamente la determinazione della
somma da impiegare nel suffragio atteso che l’obbligo di
provvedere ad esso era considerato un onere gravante sull’erede
istituito col testamento o sul legatario, o in mancanza di altre
indicazioni, sull’erede legittimo
16
.
caso di un testatore che aveva incaricato il vescovo pro tempore di vendere tutti i
beni relitti e di erogarne il contenuto in suffragio della sua anima senza nominarlo
né erede né legatario. Al riguardo, la Cassazione ritenne erede il vescovo e valida
l’istituzione di erede sebbene sia assente un qualsiasi vantaggio economico.
15
Scarpello G., Anima cit., pag. 415. La formulazione contenuta nel progetto
preliminare sollevò numerose osservazioni da parte degli organi giudiziari e delle
Università cui era stato sottoposto il progetto. In particolare, l’Università di Milano
(relatore Falco) criticava l’uso del termine “devoluzione” dei beni atteso che esso
non chiariva se la devoluzione avvenisse a titolo di eredità o legato oppure se
avvenisse a persona incaricata della erogazione pur senza assumere la qualità di
erede né di legatario. Così Falco M., Bertola A., Anima cit., pag. 624.
16
Dalla Relazione Solmi al codice civile (libro III, Progetto definitivo, Roma,
1937, n. 139) risulta che, premesso che la legge vuole essere intesa “ a tutelare il
sentimento religioso che attraverso a tali disposizioni si manifesta, anche quando
esse non assumono l’apparenza propria di un onere…..la nuova norma…vale come
interpretazione della volontà del testatore, dando alle espressioni equivoche di lui