2Il corso, oltre a farmi comprendere la situazione reale presente nel mercato del lavoro e nell ambito delle istituzioni politiche, mi ha fatto cambiare idea sulle cosiddette quote rosa . Prima di partecipare a questi incontri ero convinta che non servisse riservare alle donne una percentuale di posti nelle liste elettorali perchØ ritenevo che se una donna Ł veramente convinta di voler raggiungere un traguardo, impegnandosi al massimo ci riuscirebbe comunque, anche senza disposizioni legislative. Alla fine, per , ho compreso che per arrivare ai vertici politici non bastano la forza di volont e le competenze possedute, perchØ le donne che ci hanno provato si sono viste sorpassare da colleghi uomini, spesso meno competenti di loro. Grazie ad alcune testimonianze ascoltate durante il corso, mi sono convinta che le quote rosa possono essere positive se usate per colmare, momentaneamente, le differenze di opportunit che esistono tra donne e uomini. Non si tratta, come qualcuno ha sostenuto, di attribuire alle donne un certo risultato per il solo fatto di essere donne, ma si tratta di garantire a queste ultime le stesse condizioni di partenza da cui partono i loro colleghi uomini. Inoltre, vedere che in Francia, grazie anche alle quote rosa , SØgolŁne Royal ha concorso alle presidenziali, mi ha fatto sognare che forse, la loro introduzione, potrebbe portare anche da noi, un giorno o l altro, una donna al Quirinale. Il sempre maggiore interesse per gli argomenti trattati nel corso, mi ha portato a voler approfondire questa tematica. Per questo motivo ho deciso di farne l argomento della mia tesi di laurea. Prima di iniziare ad affrontare le tematiche relative ai provvedimenti che sono stati adottati per risolvere questo problema, ritengo utile riportare qualche testimonianza per comprendere meglio come la discriminazione si manifesti nel mondo del lavoro. Alcune testimonianze di discriminazione La Cisl ha redatto un dossier in occasione dell Anno Europeo delle Pari Opportunit , che riporta alcune testimonianze di donne, provenienti da ambiti diversi, ma accomunate dall aver subito discriminazioni sul posto di lavoro. Le principali problematiche emerse da queste testimonianze sono legate all organizzazione del lavoro troppo rigida, soprattutto nella definizione dei turni di lavoro, alle differenze salariali tra donne e uomini, al sistema dei servizi all infanzia, inadeguato anche negli orari di apertura, all assenza di asili nido aziendali, alla difficolt di usufruire del part-time, alla carenza di servizi pubblici di assistenza agli anziani, alla mancanza
3di tutele per la non autosufficienza, alle condizioni drammatiche per le badanti ed alle scarse possibilit per le lavoratrici immigrate di veder riconosciute le proprie qualifiche professionali. Tutto questo dimostra come esiste una cultura del lavoro che non tiene in considerazione le esigenze legate alla maternit e alla cura della famiglia. Inoltre, si evince come la societ risulti non essere attrezzata alla soluzione dei bisogni di conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia, conciliazione che continua ad essere affidata alla sfera privata, alla solidariet dei colleghi e delle colleghe di lavoro o a capi comprensivi. Di seguito vengono riportate alcune di queste testimonianze. AnnaritaAnnarita Ł un assistente di volo con un figlio di 11 anni, che nei mesi estivi parte per il Sudamerica per andare a trovare il padre. In quei mesi lei vive sensazioni contrastanti. Da una parte mancanza e nostalgia ma dall altra sollievo, leggerezza o, quantomeno, assenza di tensione. PerchØ fare l assistente di volo con un figlio o senza Ł molto diverso. In quei mesi, semplicemente, ritorna a non avere problemi se accadono cose, nel suo lavoro normalissime, come il ritardo di un volo o l impossibilit a rientrare per le condizioni atmosferiche. La maternit , di per sØ, non le ha dato problemi. Il contratto di categoria prevede, dato il tipo di lavoro, una buona copertura: si va immediatamente in aspettativa e si rientra quando il bambino compie un anno. Inoltre, le assistenti di volo mamme hanno la possibilit di effettuare orario ridotto, finchØ il bambino compie tre anni. Ma Ł, soprattutto, teoria. Nella pratica, Ł difficile fare orario ridotto con questo tipo di lavoro. L’alternativa Ł optare per i cosiddetti voli in giornata, per turni di lavoro che vanno dalle 6 alle 24 con rientro in sede. Ma i voli di questo genere non sono molti, se si parte da Roma. Quindi, si vola poco e, di conseguenza, si guadagna meno. Lo stipendio, infatti, Ł composto da una parte fissa e da una variabile, in funzione delle ore di volo effettuate. Se si sceglie una frequenza, come quella giornaliera, che fa volare poco, alla fine del mese la busta paga Ł molto piø bassa rispetto a quella di Fonte: www.fircisl.it
4chi vola normalmente. E c Ł anche un danno per l azienda che, comunque, sostiene i costi fissi di personale che non utilizza a pieno. Lei ha scelto un altra opzione. Come madre separata con un figlio minore di 12 anni ha diritto ai cosiddetti turni brevi, che comportano un assenza da casa che non supera i due - tre giorni. Se si ha un figlio, anche una notte fuori di casa ha il suo peso, ma Ł l unica alternativa proponibile tra quella che comporta lo stipendio ridotto e quella dei turni ancora piø lunghi, che durano ben 5 giorni. Annarita ha, comunque, dovuto assumere una donna fissa da quando Ł nato suo figlio. I costi sono alti, ma il vero problema nasce quando la sua collaboratrice si ammala o ha un problema di qualunque tipo o, ancora, quando la presenza della madre Ł necessaria, come nel caso di malattia del figlio. Per esempio, suo figlio si Ł dovuto operare e lei ha dovuto dormire cinque notti con lui in ospedale. Avrebbe dovuto volare e non ha potuto dare un preavviso consistente, perchØ dagli ospedali chiamano non piø di 24 ore prima del ricovero. Non le hanno dato i permessi e hanno considerato quelle assenze come giorni di ferie. Ma, a parte questi casi eccezionali, che magari possono anche non capitare, c Ł la normalit di tutti i giorni, fatta di ritardi, cancellazioni, maltempo, nebbia, scioperi. Basta un po di nebbia e Annarita rientra a casa con un giorno di ritardo. Lei ha risolto il problema con una persona fissa ma molte colleghe ricorrono alle baby-sitter a singhiozzo. Il problema, per , Ł la continua incertezza su quando si potr essere a casa. A breve, questa tensione potrebbe aumentare a dismisura, perchØ con il compimento del dodicesimo anno di suo figlio, Annarita pu essere destinata ai turni di cinque giorni e per chi deve lasciare una famiglia, sono troppi. I cambi di turno sono possibili solo in teoria, perchØ ci sono orari minimi di riposo tra un turno e l’altro ed Ł difficilissimo far combaciare tutto. Eppure non sarebbe difficile rendere la vita piø semplice a molti dipendenti. L ideale sarebbe fare un settore di voli in giornata, dedicato a chi lo richiede, perchØ i figli comunque vanno seguiti, anche se hanno piø di tre anni. Questo porterebbe anche dei vantaggi all azienda che potrebbe utilizzare di piø il personale e risparmierebbe i costi d’albergo. La soluzione sarebbe possibile, visto che la compagnia presso la quale lavora effettua la stessa cosa a Milano. AdaAda lavora in un Asl di una citt toscana, abita in un piccolo centro e passa molto tempo in auto ad accompagnare i figli da un posto all altro, quando non Ł al lavoro. Il
5primogenito ha quasi 15 anni, quando Ada scopre di essere nuovamente incinta. La bambina, che oggi ha 14 mesi, Ł affidata, quando Ada lavora, alle cure della suocera. I turni normali di un ospedale vanno dalle 7 alle 14, dalle 14 alle 21. Poi ci sono i turni di notte. Fino al primo anno di vita del bimbo si pu lavorare 4 ore ma al tredicesimo mese si pone il problema. A volte, dopo aver lavorato in notturno, Ada smonta alle 7 e corre a casa per darsi il cambio con il marito, che esce per andare in ufficio. A volte si incontrano per strada e si passano, letteralmente, la bambina. Agli asili non ci si pu appoggiare, perchØ se si comincia a lavorare alle 7 non sono ancora aperti e non esiste nessun asilo che copra il turno dalle 14 alle 21. Non esiste nemmeno l asilo aziendale, che sarebbe pienamente giustificato in una struttura dove lavorano circa 250 persone. Nemmeno il turno giornaliero, dalle 7 alle 14, che pure Ł una possibilit , servirebbe a qualcosa, perchØ ci vorrebbe un asilo aperto dalle 6.30 e comunque si dovrebbe far alzare il bimbo alle cinque e mezzo. L ideale sarebbe un orario di lavoro dalle otto alle dodici e dall una alle cinque. Con i turni non c Ł flessibilit . Al piø si possono chiedere cambi di turno ai colleghi. Salvo che non si chieda un part-time, allora la flessibilit c Ł. Ma non tutti possono. Una famiglia che ha un mutuo, due figli, due macchine non pu , perchØ il lavoro a tempo parziale dimezza lo stipendio. ClaraClara lavora come trader sui mercati azionari esteri. Inizia a lavorare nel 2000 con un incarico di rilievo: si occupa di negoziazioni azionarie per ordini di gestioni patrimoniali e fondi comuni. ¨ apprezzata, riceve elogi e premi di produzione. Mai una nota negativa. Tutto cambia quando Clara, verso la fine del 2001, rimane incinta. Si tratta di una gravidanza difficile ed Ł costretta a smettere di lavorare. Le conseguenze non tardano a farsi sentire. Nell ufficio gli stipendi, mediamente, non sono molto alti nØ vengono pagati gli straordinari ma c Ł un bonus abbastanza consistente, variabile, non legato a parametri predefiniti. ¨ una specie di via non ufficiale per riconoscere sforzi, produttivit , ore di over-time e risultati aziendali. Nel 2001 Clara aveva lavorato undici mesi su dodici e si aspettava un bonus notevole, visto che l azienda era andata molto bene. Invece, le arriva appena qualcosa in piø del normale stipendio. L anno precedente i risultati aziendali erano stati decisamente inferiori eppure il suo bonus era stato tre volte piø alto. L unico motivo che pu aver abbassato il bonus Ł la sua assenza per maternit . Allora Clara inizia a intuire che non l aspettano giorni facili e
6che quello che ha dimostrato professionalmente fino a quel momento non serve a niente. Quando il bimbo ha 6 mesi rientra al lavoro, lasciando il figlio a una baby-sitter. Chiede la riduzione di 2 ore al giorno per allattamento, come previsto dalla legge. ¨ una fase di stasi per l economia e, quindi, la sua riduzione d orario non crea problemi a nessuno, ma l atteggiamento nei suoi confronti cambia: iniziano le ritorsioni, dal togliere il saluto al non coinvolgerla nelle riunioni, al non riconoscimento della professionalit . Addirittura le tolgono alcuni programmi dal computer, cos non pu piø lavorare come gli altri. Lei stringe i denti e fa quello che deve fare. Nel 2003, scopre di essere nuovamente incinta. Anche stavolta la gravidanza Ł a rischio e il bambino alla nascita presenta problemi di salute. Per questo, anche dopo il rientro al lavoro, Clara prende molti permessi per la malattia del figlio, rispettando sempre le disposizioni di legge. Quando rientra scopre di non esistere e finisce al call center ad inserire fax dei promotori per ordini che non ritenevano utile inserire personalmente. Ma lei lavora, si trova bene con i nuovi colleghi e ha un rapporto positivo con il capo. Uno dei suoi genitori si ammala gravemente e va continuamente assistito. L altro, nel giro di pochi mesi, Ł colpito da un ictus. Clara si ritrova, cos , con due figli e due genitori sulle spalle e chiede un periodo di aspettativa. Ancora una volta, una richiesta legittimata dalle norme di legge e da un evidente e documentato stato di necessit . Quando il periodo sta per finire, Clara chiede un prolungamento, in base alla legge n. 53, per gravi motivi familiari. La nuova richiesta le frutta una convocazione da parte del direttore del personale, che le comunica di non vedere futuro per lei in azienda e che deve valutare l opportunit di un part-time di tre ore giornaliere o accettare un incentivo all esodo. Anche in questo caso, l incentivo offerto, che per tutti gli altri Ł pari a due anni di retribuzione, Ł sensibilmente inferiore. IsabelIsabel Ł un infermiera specializzata e badante che viene dal Perø, dove lei e il marito hanno lasciato due bambine che allora avevano 5 e 6 anni. L idea era di stare via qualche anno con l obiettivo di far vivere meglio la famiglia e comprare una casa. Ma per Isabel le cose sono andate diversamente. Lei e suo marito sono ancora in Italia, fanno gli assistenti domiciliari in due famiglie diverse, in una grande citt . Entrambi hanno un titolo qualificato, infermieri professionali, e lei pu vantare anche
7una specializzazione in assistenza psichiatrica che, per , praticamente non usa. Un capitale professionale sprecato, rinchiuso in una casa per mille euro al mese. In Italia, nasce, poi, il terzo bimbo. Quando rimane incinta la famiglia presso cui lavora la invita gentilmente ad andarsene. Contro un datore di lavoro privato, individuale, le armi sono poche, nemmeno la legge ci arriva. La tutela prevista dal contratto nazionale di categoria Ł, praticamente, lasciata alla coscienza del singolo. La gravidanza arriva al termine, Isabel partorisce ma quando prova a tornare a lavorare si trova di fronte ad una commedia dell assurdo: non le prendono il bambino all asilo nido perchØ non ha un lavoro e, quindi, pu badarci lei. Ma senza una struttura che si prenda cura del bambino lei non pu rimettersi sul mercato. Ci prova, ma non ci riesce. Alla fine non resta che una soluzione: mandare anche il bimbo, di un anno e due mesi, in Sudamerica, dalla sorella che gi sta facendo crescere le due figlie maggiori. Nel frattempo, con i soldi che arrivano dall Italia, le due figlie stanno frequentando l universit . Privata, perchØ quelle pubbliche in Perø danno poche certezze sulla durata del percorso di studio. Il loro futuro si sta costruendo, quello dei loro genitori molto meno perchØ le loro 24 ore su 24 non risultano in busta paga, quindi non sono tradotte in contributi. Per quanto riguarda i ricongiungimenti familiari, la legge d questa possibilit , la vita reale no. Per il ricongiungimento di una famiglia di cinque persone occorre, dice la legge, un abitazione di 150 metri quadri, per rispettare i dettami dell edilizia residenziale pubblica, e un reddito in proporzione. Suona come una beffa, ma Ł vero. Il bimbo piø piccolo, che ora ha 4 anni, andrebbe, comunque, assistito da qualcuno, ma i nonni non sono previsti, a meno che non siano gravemente ammalati o non autosufficienti. ¨ per questo che, in Italia, ci sono tanti bimbi nati da stranieri nelle scuole elementari ma non ce ne sono negli asili. Devono vivere lontano i primi anni, perchØ le strutture non bastano, le politiche per il sostegno non garantiscono l unit familiare. E i bambini quando tornano non sanno parlare italiano. Anche per il riconoscimento del titolo professionale vale un meccanismo analogo. Teoricamente la possibilit c Ł, ma in pratica occorre una trafila tale, incluso un fermo lavorativo di 6 mesi a scopo di studio, che farebbe praticamente decadere il permesso di soggiorno. Per una porta che si apre, ce n Ł un altra che si chiude. Anche in questo caso, una soluzione semplice potrebbe risolvere molti problemi: bisognerebbe tutelare la professionalit della badante con un albo, che potrebbe
8essere consultato dalle strutture pubbliche, territoriali, comunali, per reclutare il personale. Fermarsi per studiare non Ł possibile, anche perchØ il flusso economico che dall Italia parte ogni mese verso il Perø non si pu interrompere. E, comunque, ottenere un impiego in una struttura privata del settore non Ł facile. Nella maggior parte dei casi si ha a che fare con i meccanismi cooperativi, bisogna diventare socio lavoratore, e non c Ł la sicurezza economica che Ł, invece, l unica molla che spinge Isabel e suo marito a fare tutto questo per il domani dei figli. JosefaL ultima storia riportata nel dossier riguarda Josefa Idem, campionessa olimpionica di canoa. Sembra strano che la storia difficile di maternit e lavoro si ripeta, persino, quando la lavoratrice porta al datore di lavoro 6 ori, 9 argenti e 9 bronzi mondiali, piø 8 ori, 2 argenti e 1 bronzo a livello europeo. Ha iniziato nel 1984, a Los Angeles, con un bronzo. Allora gareggiava per la Germania. Dal 1990 gareggia per l Italia e porta alla Federazione un bronzo nel 1996, Olimpiadi di Atlanta, un oro nel 2000, Giochi di Sidney, e un argento nel 2004, Olimpiadi di Atene. Un qualsiasi imprenditore farebbe carte false per tenersi un elemento cos . Ma il mondo dello sport Ł una strana impresa, dove persino quest atleta che detiene un palmares praticamente irripetibile, e che con la progettata presenza a Pechino sar probabilmente l unica nella storia ad aver preso parte a sette edizioni dei Giochi per un arco complessivo di ben 28 anni, Ł considerata ufficialmente una dilettante : etimologicamente, una persona che pratica sport per puro divertimento. Lo sport, a certi livelli, invece, Ł un vero e proprio lavoro. Fatto di competenza, di regolarit e di regole, di 6-7 ore di allenamento al giorno. Ma per la legge italiana non lo Ł, soprattutto se sei una donna. Se non sei riconosciuto come un lavoratore, tantomeno puoi pensare di avere diritto a quelle tutele che gi ai lavoratori con contratto collettivo nazionale di lavoro vengono, a volte, faticosamente concesse: trattamento infortunistico, cassa malattia, previdenza. A trent anni smetti di gareggiare e devi ricominciare da capo, inventarti un lavoro. Cos , quando Josefa rimane incinta ha intorno a sØ il vuoto normativo. Non ci sono tutele, punti di riferimento. Tutto Ł lasciato alla discrezionalit del singolo. Lei non scommette su un fattore cos labile e, nel 1994, disputa un mondiale al terzo mese di gravidanza. L anno dopo disputa un altro Mondiale, quando ha partorito da poco piø di tre mesi ed Ł ancora in allattamento. Eppure il piazzamento che ottiene le consente
9di qualificarsi per le Olimpiadi di Atlanta, dove vincer un bronzo. Nel 2000 ottiene l oro a Sidney. E poi la storia si ripete sostanzialmente analoga, pochi anni dopo. Non gareggia per le selezioni ma disputa i Mondiali 2002, mentre Ł in attesa del secondo bimbo e in quelli del 2003 Ł nuovamente in allattamento. Si guadagna anche stavolta il biglietto per Atene, la sua sesta Olimpiade e torna con un argento. Tutto il globo, via satellite, la guarda camminare dopo la gara su un pontile di legno dove le corrono incontro due bambini biondi. L immagine di quell abbraccio invia in mondovisione un messaggio chiaro: si pu essere mamme e continuare a vincere. Josefa non ha voluto sperimentare cosa pu produrre il vuoto di regole e tutele e, in definitiva, si Ł comportata come se non fosse incinta. NØ con il primo, nØ con il secondo figlio cambia qualcosa, a livello di sostegno della Federazione. Nessuna attenzione particolare, che peraltro lei non richiede. Lei si porta il figlio ai Mondiali, ma c Ł il timore che la presenza di un bambino possa in qualche modo disturbare gli altri atleti. Cos , le loro stanze sono lontane da quelle della squadra, e fin qui nessun problema, se non fosse che il loro alloggio si trova a un quarto piano senza ascensore, con passeggino da caricare e tutti gli altri accessori necessari, quando si porta un piccolo in giro. Va bene, anzi benissimo, non disturbare gli altri, ma esistono forme piø delicate per farlo. Con il tempo, i suoi figli sono diventati le mascotte della squadra. Ma Ł evidente che dietro certe mancanze di attenzione c Ł un problema piø ampio: la societ non Ł piø a misura di bambino. Ci sono contesti lavorativi che inducono i genitori ad assentarsi per 10-12 ore. In quegli ambienti i figli non vengono considerati. Le storie raccontate sono tutte ambientate in Italia, ma la situazione non cambia di molto se ci si sposta negli altri Paesi dell Unione Europea. Per questo, l UE ha approvato una serie di direttive volte ad armonizzare le legislazioni nazionali, in modo da agire con una politica comune in questo ambito. Le Direttive, per , da sole non bastano. ¨ necessario un cambiamento radicale nella cultura, che permetta di vedere il mondo del lavoro e della politica in un ottica di genere. Fonte: www.repubblica.it
10CAPITOLO 1: LA SITUAZIONE DELLE DONNE NEL MONDO DEL LAVORO 1. La situazione occupazionale in Europa La situazione occupazionale delle donne in Europa nel 2005 Ł riportata nella Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni sulla parit tra uomini e donne , presentata il 7 Febbraio 2007. Dalla relazione si deduce che l occupazione delle donne Ł notevolmente aumentata nel corso degli ultimi anni, anche tra le lavoratrici meno giovani. Il motore della crescita dell occupazione in Europa resta, dunque, la manodopera femminile. Dal lancio della strategia di Lisbona nel 2000, sei degli otto milioni di posti di lavoro creati nell UE sono stati occupati da donne. Nel 2005 il tasso di occupazione delle donne ha registrato il dodicesimo anno consecutivo di aumento, arrivando al 56,3%, ovvero 2,7 punti al di sopra del livello del 2000, contro lo 0,1 di aumento per il tasso di occupazione degli uomini. Le proiezioni realizzate dalla Commissione europea indicano che il tasso di occupazione delle donne continuer a crescere, rendendo cos possibile il raggiungimento dell obiettivo di Lisbona di un tasso pari al 60% nel 2010. Contemporaneamente, l aumento del tasso di occupazione delle donne con piø di 55 anni Ł stato nettamente piø rapido di quello degli uomini e ha raggiunto ormai il 33,7%, ovvero quasi 7 punti in piø rispetto al 2000. Questo non deve, per , occultare la situazione ancora chiaramente sfavorevole delle donne sul mercato del lavoro rispetto agli uomini. Infatti, le disparit nelle modalit di lavoro e la segregazione del mercato occupazionale non accennano a diminuire e ci si riflette in una differenza di remunerazione sensibile e persistente. Di seguito si riporta una tabella (tabella 1) in cui vengono confrontati i tassi di occupazione femminile e maschile nel 2000 e nel 2005. ¨ possibile osservare come esistano notevoli differenze tra i diversi Paesi appartenenti all UE. In Finlandia, Svezia, Danimarca, Bulgaria e Slovenia il tasso di occupazione femminile supera di oltre 10 punti percentuali la media europea. Di contro, in paesi come Cipro, Spagna, Italia, Grecia e Malta, l occupazione femminile risulta inferiore rispetto alla media europea di circa 20 punti percentuali.