Il facilitatore linguistico così come il mediatore linguistico sono figure
professionali dotate di diverse competenze specifiche e specializzate nella
didattica dell’italiano come lingua seconda. La presenza di tali figure esprime
l’intenzione propria della scuola del terzo millennio che deve sempre più porre
l’apprendimento delle lingue al centro delle attività educative. Allo stesso scopo
vengono oggi proposti diversi metodi di insegnamento della lingua seconda così
come vengono analizzati i differenti metodi di apprendimento. L’apprendimento
dell’italiano (ostacolato spesso dalla difficoltà dei testi di studio) viene sempre più
stimolato grazie all’adozione di specifici interventi individualizzati e con l’aiuto
di una grafica accattivante, inserimento di immagini, glossari, finestre esplicative.
La comprensione e l’appropriazione dell’italiano L2 scolastico sono comunque
dei processi delicati e complessi che richiedono tempi lunghi e sostegni efficaci.
L’apprendimento della L2 avviene per passaggi ben precisi e necessita di alcune
fasi “ponte” indispensabili per assistere lo studente nel suo percorso di
apprendimento e di processi di semplificazione della lingua.
L’applicazione pratica dei concetti qui sinteticamente esposti rivela la bontà delle
stesse teorie e registra il successo delle metodologie fondamentali. In particolare
l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda mediante l’esperienza di
tirocinio all’interno di una scuola primaria ha prodotto risultati in linea con le
aspettative.
Con questa tesi si illustrano i risultati di un’esperienza di tirocinio che si è svolta
presso l’I.C.S. “Madre Teresa di Calcutta”, con un bambino del Bangladesh, di
nove anni, inserito in una classe di venti elementi nella quale ci sono altri bambini
stranieri.
5
Ostacoli all’apprendimento come la pigrizia e la scarsa applicazione sono stati
brillantemente superati nell’arco di poche settimane grazie all’instaurazione di un
clima positivo, di un rapporto amichevole e grazie all’attuazione di tecniche ben
note alla didattica L2.
Difficoltà legate all’uso dei verbi ausiliari e del passato prossimo così come
l’utilizzo dell’articolo determinativo “lo” sono state eliminate tramite: esempi ed
attività legate alla metodologia della didattica ludica, esercizi di memorizzazione
con scrittura e ripetizione, creazione di immagini visive suggestive per il
bambino.
Un altro grande blocco come la comprensione del testo è stato completamente
rimosso grazie all’uso di tecniche di successo già sperimentate, ovvero:
suddivisione del testo, semplificazione dello stesso, individuazione delle parole
sconosciute, inserimento di un glossario, utilizzo di immagini.
Grazie quindi alla messa in pratica delle diverse metodologie e tecniche di
successo, in fase di tirocinio si è potuta dimostrare l’efficacia della teoria in
campo operativo; tutto ciò ha permesso al bambino miglioramenti ampiamente
riconosciuti sia nella produzione scritta che in quella orale, dimostrando di fatto la
validità delle moderne teorie di apprendimento dell’italiano come lingua seconda.
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CAPITOLO PRIMO
L’arrivo dell’alunno straniero: l’inserimento in classe e il ruolo
del facilitatore
1.1 Il flusso migratorio e l’arrivo degli alunni stranieri nelle scuole
La scuola italiana ha cominciato ad affrontare il problema dell’inserimento degli
alunni stranieri a partire dalla fine degli anni 80, quando cioè l’afflusso migratorio
nel nostro paese si è fatto consistente.
La presenza di immigrati provenienti da tutte le parti del mondo ci permette di
prendere atto del carattere pluriculturale della nostra società.
I bambini stranieri nelle nostre scuole aumentano di giorno in giorno, ma il loro
disagio è sempre molto evidente.
Gli alunni che frequentano le nostre scuole si trovano in Italia per diversi motivi.
Una parte significativa dei bambini stranieri è nata in Italia invece altri sono
arrivati ad un certo momento della vita per ricongiungersi ai familiari. Poi ci sono
i piccoli che arrivano in seguito ad adozione internazionale da paesi asiatici,
latino-americani e soprattutto dall’Europa dell’est.
Altri bambini sono figli di coppie miste,poiché i genitori vengono da paesi diversi,
che si trovano spesso ad essere un ponte tra riferimenti e culture
1
.
1
P.Diadori, Orientamento linguistico degli immigrati in Italia, OIM Organizzazione
Internazionale Migrazioni, Roma 2003.
7
Vi sono adolescenti arrivati in Italia da soli o con una parte della famiglia, perché
fuggono dalla guerra, da situazioni di vita drammatiche o da rischi per la propria
sopravvivenza.
Infine troviamo Rom e Sinti, appartenenti alle comunità zingare di nazionalità
italiana o straniera .
Ciò che accomuna i bambini con storie e viaggi così diversi è il trascorso della
migrazione.
La migrazione è vista come un’opportunità e una risorsa per il proprio futuro,
nonostante i cambiamenti profondi che gli immigrati sono disposti ad affrontare.
1.2 L’arrivo dell’alunno straniero nel contesto scolastico
Quando un allievo che parla poco o nulla di italiano arriva in una classe, il primo
problema che di solito gli insegnanti si pongono è quello di rilevare le sue
competenze pregresse in lingua italiana e di metterlo nel più breve tempo
possibile in grado di comprendere quanto si dice a scuola e di farsi capire.
In realtà il problema appare più complesso: sicuramente il non avere una lingua
comune rende difficile la comunicazione, ma l’allievo può comunque essere
aiutato a valorizzare il complesso di abilità e di competenze che ha acquisito.
Senza parole, bisogna creargli attorno un clima positivo e accogliente, che lo
stimoli a socializzare e di conseguenza a comunicare, verbalmente e non
verbalmente
2
. Bisogna fargli sentire che lo si stava aspettando in quanto l’ansia
che il bambino ha è di solito quella di essere rifiutato e la “fretta” che hanno
2
P.Balboni (a cura di) (2000) Approccio alla lingua italiana per stranieri , Petrini Torino.
8
insegnanti e compagni di riuscire ad entrare presto in comunicazione verbale con
lui, gli fanno aumentare la sensazione di inadeguatezza.
A volte per creare un ambiente accogliente basta anche poco, può essere già un
buon punto di partenza la scritta benvenuto nella lingua del bambino o i cartellini
plurilingue con le scritte “bagno”, “segreteria”, ecc. sulle porte, che lo aiutino ad
orientarsi negli ambienti della nuova scuola. Ancora meglio, fornirgli una di
quelle “istruzioni per l’uso della scuola” plurilingue che gli facciano capire il
senso delle regole implicite nella vita scolastica (il suono della campanella, i ritmi
della ricreazione, le uscite...) che per lui sono solo confusione e mancanza di
regole.
E’ importante stabilire una relazione empatica con il nuovo arrivato
3
, fatta di
piccole attenzioni, parole pronunciate con calma e tono rassicurante, anche se il
bambino non ne capisce il significato, ne capisce il tono amichevole, che è
universale, è bene dargli piccole consegne comprensibili tramite esempi. Se il
bambino è già scolarizzato nel suo paese, gli si possono dare icone con il
comando scritto in italiano e nella sua lingua e gli si può insegnare a riconoscerne
il suono pronunciato dall’insegnante. La cosa importante è manifestargli
un’attenzione rassicurante.
Il bambino va inserito immediatamente in classe, con i suoi coetanei, perché
diventi subito parte del gruppo, aiutandolo con giochi di socializzazione, attività
in gruppi (meglio se di tipo artistico espressivo, di manipolazione...) e dandogli
sempre esercizi da fare perché non si abitui ad estraniarsi dalla lezione.
3
Balboni P. E., Didattica dell'italiano a stranieri, Siena Bonacci,1994.
9
Solitamente i bambini vanno inseriti in classe in base all’età, anche nel caso che
non avessero scolarizzazione pregressa, perché la maturità complessiva di un
bambino non deriva dalla sua alfabetizzazione. Nei lunghi tempi, mettere un
bambino in classi indietro rispetto alla sua età perché non sa l’italiano, significa
impedirgli di completare gli studi perchè quando l’adolescente si trova in classe
con bambini più piccoli di lui, aumenta il suo disagio e quindi anche la possibilità
di abbandono scolastico .
In questo contesto è molto importante rispettare i tempi, i silenzi e le ansie
dell’allievo, anche nel caso che la sua “fase del silenzio” duri a lungo, lasciandolo
libero di adottare istintivamente la strategia di apprendimento dell’italiano più
adatta a lui.
Capita spesso che i bambini possono attraversare la fase del silenzio, un periodo
di durata variabile, in cui il bambino può comprendere quanto ascoltato ma non è
ancora in grado di parlare. Naturalmente è necessario rispettare i tempi e i
processi di apprendimento degli allievi, forzarli a parlare provocherebbe solo
sentimenti di ansia, stress e paura con conseguente innalzamento del filtro
affettivo e blocco della motivazione. La fase silente è molto importante non solo
dal punto di vista psicologico ma anche cognitivo perché, durante questo periodo,
avviene quella che gli studiosi definiscono “attività di immagazzinamento” ossia
il bambino è impegnato a tentare di distinguere tra i suoni che recepisce, parole ed
espressioni e a dare loro un significato
4
. Una volta che il bambino ritiene che il
proprio “magazzino” sia sufficientemente pieno di parole ed espressioni comprese
ed utilizzabili nel contesto, si “butterà” spontaneamente nella comunicazione
4
Tratto da www.unive.it/progettoalias
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attraverso produzioni linguistiche autonome, all’inizio semplici e poi
progressivamente più ricche.
Quando un bambino italofono entra in una scuola di infanzia il suo sistema
linguistico è sufficientemente predisposto e strutturato per poter interagire con
l’educatore e permettergli di acquisire nuove conoscenze in maniera guidata. Il
bambino straniero, invece, si trova in una situazione linguistica svantaggiata,
perché non solo deve apprendere la nuova realtà linguistica, ma deve attraverso
essa impossessarsi di nuove conoscenze. È possibile superare questa disparità e
realizzare un contesto d’apprendimento gratificante promuovendo un dialogo
interculturale capace di rafforzare la convivenza e valorizzare le diversità
5
.
1.3 L’inserimento dell’alunno straniero in classe
L'inserimento a scuola richiede all'alunno straniero di sviluppare, nel più breve
tempo possibile, tutte le competenze linguistiche necessarie, non solo alla
relazione con i compagni e gli insegnanti, ma anche e soprattutto ad acquisire
quelle abilità di studio che ne fanno un buon studente.
Uno degli obiettivi prioritari nell’integrazione degli alunni stranieri è quello di
promuovere l’acquisizione di una buona competenza nell’italiano scritto e parlato,
nelle forme ricettive e produttive, per assicurare uno dei principali fattori di
successo scolastico e di inclusione sociale
5
Balboni P. E., Luise M. C., Interdisciplinarità e continuità nell'educazione linguistica, Roma
Edizioni Armando, 1994.
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