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INTRODUZIONE
Se in passato le squadre di calcio erano considerate come delle mere associazioni
sportive, con il passare degli anni hanno assunto il carattere di imprese a tutti gli
effetti. Questo fenomeno ha assunto una rilevanza sempre maggiore, tanto da
poter paragonare il volume d’affari che gira intorno al settore calcio, a quello
degli altri settori dell’economia. Per questo motivo, nell’attuale scenario
competitivo, una società calcistica deve essere ormai gestita con gli stessi
strumenti propri delle altre imprese, il cui utilizzo diviene indispensabile per il
raggiungimento di un adeguato equilibrio economico e finanziario.
La seguente tesi si pone l’obiettivo di analizzare le società di calcio quali
configurazioni di risorse eterogenee e determinanti per il conseguimento di
risultati sportivi e finanziari superiori a quelli dei competitor. La prospettiva
resource-based, infatti, ci permetterà di capire come può essere spiegato il
differenziale sistematico di performance tra società calcistiche operanti nelle
stesse leghe, enfatizzando l’importanza delle variabili interne delle società come
fonte di profittabilità.
L’elaborato è strutturato in quattro capitoli. Il primo capitolo sarà interamente
dedicato all’esposizione dei maggiori contributi teorici riguardanti la prospettiva
Resource Based. Si approfondiranno, inoltre, entrambi i concetti di competenze
dinamiche e competenze distintive.
Nel secondo capitolo si procederà con la descrizione delle risorse caratterizzanti
una società di calcio. In apertura si argomenterà sugli aspetti peculiari e atipicità
dell’industria calcistica rispetto agli altri settori, dopodiché si procederà con
l’analisi approfondita di ciascuna categoria di risorse: umane, intangibili e
tangibili. Nella prima tipologia di risorse sono inclusi i calciatori, l’allenatore e il
settore giovanile di ciascuna squadra. Nella seconda categoria sono compresi la
reputazione ed il valore del brand assieme al capitale sociale dell’organizzazione,
da intendersi come la rete di relazioni che si sviluppa nel tempo tra
un’organizzazione e il proprio contesto socio-economico. L’ultima categoria di
risorse annoverate, e cioè le risorse tangibili, viene divisa a sua volta in due
gruppi: le risorse fisiche, individuate principalmente nello stadio di proprietà, e le
5
risorse finanziarie, all’interno delle quali sono comprese sia le attività economiche
“tradizionali”, come la vendita dei tagliandi d’accesso alle partite (biglietti e
abbonamenti) e il merchandising, sia quelle più moderne come i proventi derivanti
da diritti televisivi, sponsorizzazioni e quotazione in borsa.
Relativamente a ciascuna risorsa annoverata, verrà realizzato un confronto, con
l’ausilio di diversi grafici, sia in un’ottica “macro”, concernente perciò le cinque
leghe calcistiche più importanti d’Europa (Bundesliga, Premier League, Serie A,
La Liga, Ligue 1), che in un’ottica “micro”, prendendo come riferimento le
principali squadre delle suddette leghe.
Il terzo capitolo consiste in un’analisi dettagliata sull’evoluzione e composizione
del fatturato delle leghe Big Five dalla stagione 2006/2007 alla stagione
2012/2013. Verrà realizzato un confronto tra i cinque campionati in termini di
ricavi da gare, ricavi da sponsorship e commerciali, ricavi da diritti televisivi e
incidenza del costo degli stipendi sul fatturato totale.
Il quarto e ultimo capitolo verterà sulla relazione esistente tra risultati sportivi e
performance finanziarie delle società di calcio. Verranno dapprima presentati una
serie di contributi teorici concernenti tale relazione, in seguito si cercherà di
spiegare il legame esistente tra risultati sportivi e spesa per stipendi, prendendo
come oggetto dell’analisi gli stipendi pagati dalle società di Serie A ai propri
calciatori nel campionato di calcio 2013/2014. Successivamente verrà illustrato il
concetto di “circolo virtuoso” inteso come la strategia competitiva attuata dalle
società per ottenere il migliore risultato possibile (sportivo e finanziario) date le
risorse a disposizione. Si distinguerà in questo senso la strategia perseguita dai
grandi club calcistici che primeggiano nella parte alta della classifica, e quella
perseguita dai piccoli club, che invece si trovano nella parte bassa, o nelle serie
minori. Infine verrà delineato il concetto di Team Stability, dimostrando come le
squadre che presentano questa caratteristica (e che quindi hanno un basso turnover
dei giocatori), ottengano in media risultati decisamente migliori in campo, rispetto
alle squadre con un alto livello di turnover.
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CAPITOLO 1 - LA RESOURCE BASED VIEW
1.1 Introduzione
La resource-based view ha fornito negli ultimi anni un contributo fondamentale
nell’ambito degli studi di strategia di impresa. I sostenitori di questa nuova teoria
si collocano in un contesto imprenditoriale dinamico, definendo una serie di
aspetti economico-manageriali critici per il raggiungimento di un vantaggio
competitivo difficilmente replicabile dai concorrenti. In particolare, sono proprio
le risorse e il modo nel quale sono combinate tra loro a rappresentare il punto di
forza di un’impresa. L’attrattività delle risorse stesse è inversamente
proporzionale al loro grado di sostituibilità, pertanto più una risorsa è considerata
rara, più questa sarà essenziale ai fini del raggiungimento di un vantaggio
competitivo.
Per la prima volta l’analisi strategica, tradizionalmente incentrata sul rapporto tra
l’impresa e l’ambiente esterno circostante, sposta la sua attenzione sull’ambiente
interno. Quindi se da una parte l’influenza e gli effetti della struttura del settore
non possono essere trascurati, dall’altra, l’approccio RBV sottolinea la rilevanza
dei fattori di unicità dell’impresa per la creazione del valore. Più precisamente,
secondo questo nuovo filone di studi, la strategia non consiste solo nell’allocare le
risorse aziendali al fine di aumentare la redditività nel lungo periodo, ma è anche
finalizzata all’espansione dell’impresa e al rafforzamento delle risorse stesse e
delle competenze.
L’obiettivo di questo primo capitolo è quello di delineare i punti chiave della
resource-based view e i contributi principali alla teoria. Viene approfondito,
inoltre, il concetto di risorse utilizzando un modello di classificazione proposto da
Grant
1
, e si illustrano quali sono gli attributi che una risorsa deve avere per essere
considerata strategica secondo lo schema Value-Rareness-Inimitability-
Organizational Orientation (VRIO). L’ultimo argomento trattato è quello delle
capabilities, in particolare ci si sofferma sul loro carattere dinamico necessario per
far conferire all’impresa un vantaggio competitivo sostenibile.
1
Grant R., (1996), “Prospering in a dinamically-competitive enviroments: Organizational
capability as a knowledge creation”, Organization Science
7
1.2 La resource-based view
Durante gli anni Settanta e Ottanta il filone economico dell’Industrial
Organization ha influenzato in maniera determinante gli studi classici di strategia
aziendale.
2
Prendendo spunto da questa scuola, le principali opere di Michael
Porter
3
hanno evidenziato l’importanza dell’analisi della struttura del settore come
punto di partenza per la definizione della strategia dell’impresa. Secondo l’autore,
quindi, il potenziale di profitto di un settore, e la relativa opportunità per le
imprese di conseguire prestazioni superiori a quelle dei concorrenti, dipende dalla
combinata interazione di cinque fattori, le cosiddette cinque forze di Porter.
4
Più
forti sono queste forze e minore è la capacità delle aziende appartenenti allo stesso
settore ad alzare i prezzi o aumentare la propria redditività.
In questo senso la visione di Porter è strettamente collegata al paradigma
dell’economia industriale, poiché identifica nella struttura dell’industria, quindi
nella scelta del mercato, il presupposto della profittabilità di un’impresa.
Ma le caratteristiche del settore non possono essere considerate come l’unico
fattore che influenza la redditività di un’impresa poiché, in questo senso, imprese
appartenenti ad uno stesso settore o raggruppamento strategico dovrebbero
conseguire gli stessi risultati. La presenza di differenziali di performance tra le
imprese di un identico settore va dunque ad incidere negativamente sulla
persistenza di lungo termine degli effetti industry-specific sulla performance.
Se.. , infatti, l’ambiente esterno è caratterizzato da continui cambiamenti,
se tecnologie diverse competono per soddisfare gli stessi bisogni, se l’identità dei
consumatori cambia rapidamente, allora l’approccio basato sui fattori esterni
non offre più un fondamento solido per la formulazione di una strategia di lungo
termine
5
. E’ necessario, perciò, spostare la prospettiva dall’esterno all’interno
delle aziende per capire a fondo come queste creino valore per i loro stakeholder.
2
Hoskisson R. E., Hitt M. A., Wan P. W., Yiu D., (1999), “Theory and research in strategic
management: swings of pendulum”, Journal of Management
3
Porter M., (1980), “Competitive Strategy”, Free Press; Porter M., (1985), “Competitive
Advantage: creating and sustaining superior Performance”, Free Press; Porter M., (1987),
“From Competitive Advantage to Corporate Strategy”, Harvard Business Review
4
Le cinque forze competitive secondo Porter sono: i concorrenti diretti, il potere contrattuale
dei fornitori, il potere contrattuale dei clienti, le minacce derivanti dall’ingresso di potenziali
concorrenti e le minacce derivanti dai produttori di beni o servizi sostitutivi.
5
Grant R., (1994), “L'analisi strategica nella gestione aziendale”, Il Mulino
8
Porter
6
nei suoi contributi riguardanti la catena del valore
7
, riconosce l’importanza
delle attività interne, ma questo riconoscimento non attribuisce la stessa rilevanza
alle risorse come invece fanno i sostenitori della teoria resource-based view.
8
L’iniziatrice di questo nuovo filone di ricerca fu Edith Penrose.
9
Uno dei suoi
lavori più influenti in questo campo, The Theory of the Growth of the Firm, ha
introdotto molti dei concetti principali applicati negli ultimi anni al pensiero
resource-based. Penrose fu una dei primi autori a fornire una ricca teoria della
crescita dell’impresa legata a un’efficiente gestione delle risorse. Insoddisfatta nei
confronti delle teorie stocastiche sulla crescita delle imprese, ha posto l’accento
sul fatto che le imprese siano istituzioni create dagli individui per perseguire le
finalità degli individui stessi. Come la stessa autrice ha affermato:
10
. La Penrose propone anche la seguente definizione di
risorse: the physical things a firm buys, leases, or produces for its own use, and
the people hired on terms that make them effectively part of the firm
11
. Le
interazioni dinamiche che si instaurano tra le risorse e le decisioni di tipo
amministrativo o gestionale, insieme al coordinamento dell’utilizzo delle varie
risorse, offrono quindi una spiegazione dell’eterogeneità presente tra le imprese.
12
Corollario di questa osservazione è che una delle fonti primarie dell’unicità delle
imprese deriva non tanto dalle risorse, che possono essere considerate come un
6
Porter M., (1985), “Competitive Advantage: creating and sustaining superior
Performance”, Free Press; Porter M., (1996), "What is Strategy", Harvard Business Review
7
La catena del valore, così come proposta da Porter, è uno strumento utilizzato per valutare in
maniera dinamica come viene ottenuto, mantenuto e difeso il vantaggio competitivo. Questo
modello considera l’impresa come un sistema di attività (primarie e secondarie) che generano
valore, inteso quest’ultimo come il prezzo che il cliente è disposto a pagare per un prodotto o
servizio.
8
Barney J., (1991), “Firm resources and sustained competitive advantage”, Journal of
Management; Wernefelt B., (1984), “A resource-based view of the firm”, Strategic
Management Journal
9
Penrose E.T., (1959), “The theory of the growth of the firm”
10
Un’azienda è più di un’unità amministrativa, è anche una raccolta di risorse produttive la
cui disposizione nel tempo e fra diversi utenti è determinata dalla decisione amministrativa .
Penrose, E. (1959). “The Theory of the Growth of the Firm”.
11
Le risorse includono le cose fisiche che un’impresa compra, affitta, o produce per il
proprio uso, e il personale assunto a condizioni che lo rendono effettivamente parte della
ditta . Penrose, E. (1959). “The Theory of the Growth of the Firm”.
12
Mahoney J. T., (2005), “Economic Foundations of Strategy”, Sage Publications, Inc